sabato 13 aprile 2024

Grecia, scoperta una sepoltura nobile nell'antica capitale della Macedonia

Vergina, la tomba appena rinvenuta
(Foto: allthatsinteresting.com)

La costruzione di un nuovo sistema fognario nell'antica città macedone di Aegae (attuale Vergina) ha appena rivelato una splendida tomba antica. I ricercatori ritengono che la sepoltura appartenesse ad un notabile locale e a sua moglie, qui sepolti nel III secolo a.C.
La tomba ha una facciata semplice ed un portale chiuso da un mucchio di pietre. All'interno vi è uno spazio decorato con fasce dorate dipinte disegnate per somigliare a nastri con fiocchi.
L'uomo che vi era sepolto aveva come corredo uno scudo rinforzato con parti in ferro ed una serie di armi ben conservato che dimostrano il segno di un artigianato superiore.
L'uomo non venne sepolto da solo. La facciata della tomba sembra essere stata completata in due fasi, una per lui ed un'altra per una donna, probabilmente sua moglie, anch'essa trovata all'interno del sepolcro. A corredo della sepoltura femminile vennero collocate perline, collane ed una corona di mirto dorato.
Tra le scoperte nel cuore della città, vi è quella della sepoltura di un guerriero accompagnato da oggetti di notevole pregio, compreso un elmo che è stato collocato ai suoi piedi. Nella mano destra dell'uomo vi è anche una spada. E' presente anche una fibula per clamide, un mantello che era solitamente indossato dagli uomini nell'antica Grecia.

Fonte:
allthatsinteresting.com

Filippi, il ritorno di Apollo

Testa del dio greco Apollo ritrovata a Filippo
(Foto: Ministero della cultura greco)

Un team di archeologi dell'Università Aristotele di Salonicco ha scoperto una testa di marmo ben conservata del dio greco Apollo durante gli scavi a Filippi, nel nordovest della Grecia.
Datata al II o III secolo d.C., la testa presenta un giovane dai lineamenti fini con un'onda di riccioli e la consueta corona d'alloro, dettagli - secondo gli archeologi - che identifica la testa come appartenente al dio greco.
La scoperta è stata fatta nel 2023 da un team di 15 studenti guidati dalla professoressa di archeologia bizantina Natalia Poulos, che sta continuando il lavoro dell'Università di Salonicco in corso a Filippi dagli anni '60.
Quando venne scolpita, la statua di Apollo aveva una funzione devozionale, secondo i ricercatori. Tuttavia gli archeologi ritengono che la sua collocazione attuale suggerisca che sia stata riproposta in epoca medioevale e che fosse stata utilizzata come decorazione in una fontana della piazza cittadina. La scoperta, nel contempo, di una moneta raffigurante l'imperatore Leone VI ha portato i ricercatori a suggerire che lo spazio fosse in uso sin dall'VIII o IX secolo.
A differenza di altre divinità greche, Apollo non aveva una valenza simbolica nella Filippi cristiana. E' noto che statue di epoca classica e romana continuarono ad adornare edifici e spazi pubblici nel tardo periodo bizantino (all'incirca dal XIII al XV secolo) e la presenza della statua probabilmente indica una celebrazione sia della squisita arte ellenica che della continuità culturale della città.
La testa è stata rinvenuta a est della strada principale che corre a sud della città di Filippi, nel punto in cui si interseca con l'asse settentrionale della città. I lavori di scavo degli ultimi anni hanno gradualmente portato alla luce una piazza composta da edifici riccamente decorati. L'anno scorso gli archeologi hanno scoperto una statua di Ercole nello stesso sito, che si crede che appartenesse - anch'esso - ad una fontana.
Filippi venne fondata nel 356 a.C. dal re Filippo II di Macedonia, padre di Alessandro Magno. Crebbe in ricchezza e importanza grazie alla sua posizione sulla Via Egnatia, la strada che collegava l'Europa con l'Asia. La sua importanza non diminuì in epoca romana e fu luogo dello scontro tra Marco Antonio e Ottaviano da una parte e le truppe di Bruto e Cassio dall'altra. La città fu anche un importante sito paleocristiano in seguito alla visita dell'apostolo Paolo nel I secolo d.C.

Fonte:
news.artnet.com


Pompei, emerge una splendida sala da banchetto. Sulle pareti immagini della guerra di Troia

Pompei, la stanza appena scoperta con decorazioni che
narrano episodi della guerra di Troia
(Foto: Parco Archeologico di Pompei)

Un imponente salone da banchetto, dalle eleganti pareti nere, decorate con soggetti mitologici ispirati alla guerra di Troia, è uno degli ambienti recentemente portati alla luce durante le attività di scavo in corso nell'insula X     della Regio IX di Pompei e oggi completamente visibile in tutta la sua maestosità.
Un ambiente raffinato nel quale intrattenersi in momenti conviviali, tra banchetti e conversazioni, in cui si respirava l'alto tenore di vita testimoniato dall'ampiezza dello spazio, dalla presenza di affreschi e mosaici databili al III stile, dalla qualità artistica delle pitture e dalla scelta dei soggetti.
Il tema dominante sembra essere quello dell'eroismo, per le raffigurazioni di coppie di eroi e divinità della guerra di Troia, ma anche del fato e al tempo stesso della possibilità, sovente non afferrata, che l'uomo ha di poter cambiare il proprio destino.
Oltre a Elena e Paride, indicato in un'iscrizione greca tra le due figure con il suo altro nome, Alexandros, appare sulle pareti del salone la figura di Cassandra, figlia di Priamo, in coppia con Apollo. Nella mitologia Cassandra era conosciuta per il suo dono di preveggenza e per il terribile destino che le impediva di modificare il futuro.
La presenza frequente di figure mitologiche nelle pitture di ambienti di soggiorno e conviviali delle case romane aveva proprio la funzione sociale di intrattenere gli ospiti o i commensali, fornendo spunti di conversazione e riflessione sull'esistenza.
"Le pareti erano nere per evitare che si vedesse il fumo delle lucerne sui muri. Qui ci si riuniva per banchettare dopo il tramonto, la luce tremolante delle lucerne faceva sì che le immagini sembrassero muoversi, specie dopo qualche bicchiere di buon vino campano. - Sottolinea il Direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel. - Le coppie mitiche erano spunti per parlare del passato e della vita, solo apparentemente di carattere meramente amoroso. In realtà parlano del rapporto tra individuo e destino: Cassandra che può vedere il futuro ma nessuno le crede, Apollo che si schiera con i troiani contro gli invasori greci, ma pur essendo un dio non riesce ad assicurare la vittoria, Elena e Paride che con il loro amore politicamente scorretto sono la causa della guerra, o forse solo un pretesto, chi sa. Oggi, Elena e Paride siamo tutti noi: ogni giorno possiamo scegliere se curarci solo della nostra vita intima o indagare come questa nostra vita si intrecci con la grande storia, pensando per esempio, oltre a guerre e politica, all'ambiente, ma anche al clima umano che stiamo creando nella nostra società, comunicando con gli altri dal vivo e sui social".
Il salone misura circa 15 metri di lunghezza per 6 di larghezza e si apre in un cortile che sembra essere un disimpegno di servizio, a cielo aperto, con una lunga scala che porta al primo piano, priva di decorazione.
Sotto gli archi della scala è stato riscontrato un enorme cumulo di materiale di cantiere accantonato. Qualcuno aveva disegnato a carboncino sull'intonaco grezzo delle arcate del grande scalone, due coppie di gladiatori e quello che sembra un enorme fallo stilizzato.
L'attività di scavo nell'insula X della Regio IX è parte di un più ampio progetto di messa in sicurezza del fronte perimetrale tra l'area scavate e non, di miglioramento dell'assetto idrogeologico, finalizzato a rendere la tutela del vasto patrimonio pompeiano (più di 13.000 ambienti in 1.070 unità abitative, oltre agli spazi pubblici e sacri) più efficace e sostenibile.

Fonte:
Parco Archeologico di Pompei

sabato 6 aprile 2024

Iran, trovati i resti di un edificio circolare nel Khorasan meridionale

Khorasan, Iran, i resti dell'edificio appena rinvenuti
(Foto: arkeonews.net)

Gli archeologi hanno scoperto un edificio quasi circolare in mattoni con sei torri, costruito nel VI secolo a.C., vicino a Birjand nel Khorasan meridionale.
Gli scavi nel Khorasan, in gran parte inesplorato, sono iniziati nel 2009 e sono uno dei pochi scavi che sono continuati fino ai giorni nostri. Nell'est dell'Iran solo due siti archeologici erano stati precedentemente scavati: Dahane-i Gholaman nel Sistan a sud del Khorasan
e Tappe Rivi nel nord del Khorasan. 
La località, chiamata Tappe Takhchar-Abad, si trova vicino a Birjand e ai margini di una pianura arida; non sono stati identificati siti contemporanei e correlati. Si trova su una collina semiconica, con un diametro di base di 42 metri e un'altezza di 4 metri, attorno alla quale si trova una fossa larga circa 11 metri, con un canale a nordest che la riforniva d'acqua.
Dopo quattro stagioni di scavi sono stati scoperti i resti di un edificio quasi circolare fatto di mattoni e pisé con un diametro di 18 metri, sei solide torri e muri alti fino a tre metri. Questo edificio è stato completamente coperto e intenzionalmente riempito di sabbia. Inoltre è stato indicato da due sondaggi che questo edificio è stato riempito in due fasi. I test hanno rivelato che è stato intenzionalmente riempito fino a un'altezza di quasi due metri con strati alternati di mattoni rotti o intatti, sabbia e pietre. Dopo che l'edificio venne riempito, alcune strutture furono costruite sopra di esso durante il periodo dei Parti.
Tradizionalmente, i siti circolari sono stati attribuiti al periodo dei Parti, ma prove recenti suggeriscono che la costruzione di questi edifici iniziò nel Grande Khorasan durante il periodo achemenide e che circa dieci di questi siti furono identificati e scavati per la prima volta nella Battria, ad est del Grande Khorasan. Gli archeologi sono stati in grado di dividere e datare la ceramica trovata a Takhchar Abad in due periodi: la Tarda Età del Ferro/periodo achemenide (VII-VI secolo a.C.) e il periodo dei Parti (III-IV secolo d.C.). Il periodo achemenide durò circa 200 anni, dal 550 al 330 a.C. L'impero achemenide governava la più vasta regione imperiale dell'antichità, che si estendeva dal fiume Syr Darya, nell'Asia centrale all'Egitto.

Fonte:
arkeonews.net




Oman, rinvenuto un sigillo estremamente importante

Golfo di Oman, il sigillo rinvenuto
(Foto: H. David-Cuny)

Gli archeologi hanno scoperto un sigillo in pietra tenera risalente alla fine del III millennio a.C. a Kalba, una località costiera nel Golfo di Oman.
Dal 2019 l'Accademia austriaca delle scienze sta effettuando degli scavi nella penisola arabica sudorientale. I ricercatori possono aver individuato per la prima volta le estese reti commerciali che si estendevano dalla regione dell'Indo al mar Egeo circa 4500 anni fa. Secondo i ricercatori la regione del Golfo fungeva da collegamento tra Oriente ed Occidente circa 4500 anni fa.
Kalba è un sito multiperiodale nell'Emirato di Sharjah, negli Emirati Arabi Uniti, sul Golfo di Oman. Venne abitata ininterrottamente dalla prima Età del Bronzo all'Età del Ferro (2500-600 a.C. circa), nonostante i cambiamenti ambientali che resero l'area più arida. La posizione strategica di Kalba ne faceva un eccellente punto di ingresso per le rotte carovaniere che collegavano la terra e il mare. I monti Hajar possono essere ancora attraversati servendosi di questa strada, che permette anche il commercio di merci con la penisola arabica.
Secondo i ricercatori, il tipo di sigillo rinvenuto e prodotto nella regione di Dilmun, può essere datato alla fine del III millennio a.C. Il reperto raffigura un toro e forse un leone in posizione di attacco. Il motivo del toro, ampiamente conosciuto per il ritrovamento su sigilli simili, è influenzato dall'iconografia dei sigilli della valle dell'Indo. Il leone non è rappresentato, però, in questi sigilli, ma è piuttosto riconosciuto come motivo in sigilli cilindrici della regione mesopotamica più occidentale.
I motivi sul sigillo di Kalba sembrano, pertanto, rappresentare una potenziale sintesi delle tradizioni dei motivi orientali e occidentali all'interno di un distinto tipo di sigillo locale nella penisola arabica sudorientale.

Fonte:
arkeonews.net
 


Ferrara, scoperti 12 capitelli romanici nella cattedrale di San Giorgio Martire

Emilia Romagna, uno dei capitelli romanici rinvenuti
nella cattedrale di San Giorgio Martire a Ferrara
(Foto: ilgiornaledellarte.com)

Dopo un lungo intervento di restauro le porte della Cattedrale di San Giorgio Martire, a Ferrara, resteranno aperte restituendo al culto e alle visite il monumento interno della chiesa, uno scrigno d'arte e devozione di origine medioevale ma dall'identità complessa per la stratificazione di interventi artistici che rendono leggibili otto secoli di storia.
L'indagine sui pilastri, intervenuta in seguito al terremoto del 2012, ha rivelato come l'originaria articolazione degli spazi fosse a cinque navate a differenza delle tre attuali, ma soprattutto ha consentito il rinvenimento di 12 capitelli figurati di fattura romanica con tracce di policromia, custoditi per secoli entro poderose strutture portanti che avevano inglobato quelle precedenti.
Tra le immagini scolpite figurano foglie di acanto con tracce di pittura rossa, volti umani, protomi zoomorfe e un leone dal ruggito potente. Questa scoperta costituisce la più rilevante sorpresa regalata dal restauro. I capitelli rinvenuti sono di indiscutibile pregio, di una forza espressiva vicina alla prima fase costruttiva e allo stile di Nicholaus, maestro del Romanico settentrionale autore dei rilievi del mirabile protiro del 1135 incastonato nella facciata.
E' stata condotta una delicata azione per lasciare visibile cinque capitelli e garantire l'accessibilità agli altri attraverso coperture asportabili. I lavori sullo splendido quanto fragile monumento ferrarese, però, non sono tuttavia ancora terminati. Fino a settembre i tecnici saranno all'opera sugli ultimi tre pilastri dell'interno, mentre ancora si attendono notizie certe sull'inizio dei lavori sulle preziose facciate lapidee, in urgenza di restauro come il campanile rinascimentale attribuito a Leon Battista Alberti.

Fonte:
ilgiornaledellarte.com


Sicilia, trovato un teschio a Pantalica

Pantalica, la valle dell'Anapo (Foto: archeomedia.net)

Importante scoperta a Pantalica, nel Siracusano: l'ambientalista Sebastian Colnaghi, durante un'escursione nella valle dell'Anapo, ha rinvenuto un cranio, verosimilmente appartenente ad un essere umano. In seguito al ritrovamento, i carabinieri della stazione di Sortino hanno provveduto al sequestro del cranio, quindi hanno avviato un'indagine per determinare il periodo della sua origine.
Dalle prime analisi è emerso che non è di epoca recente, ma saranno le analisi al carbonio 14 a confermare la sua antichità e fornire ulteriori certezze.
Si pensa che il cranio risalga al periodo compreso tra il XIII ed il VII secolo a.C. e che fosse originariamente custodito in una tomba prima di essere profanata dai tombaroli. La necropoli di Pantalica è uno dei più grandi siti archeologici rupestri d'Europa. Abbracciata dalle gole del fiume Anapo e dai suoi affluenti, ospita oltre 5.000 tombe scavate nella roccia databili dal XIII al VII secolo a.C., testimonianza delle culture preistoriche, sicule e greche che si sono succedute in queste terre.
Pantalica, il cui nome deriva probabilmente dalla parola greca "Pantaleon" che significa "tutto leone", fu il centro di un antico regno conosciuto come il regno di Hybla, rinomato per la sua ricchezza e potenza. Le sue necropoli, suddivise in cinque principali complessi (necropoli nord, sud, Anaktoron, Filiporto e Cavetta), offrono uno spettacolo mozzafiato, con le tombe che si ergono come finestre sul passato, scavate verticalmente lungo le pareti dei canyon calcarei.
Al centro del sito si erge l'Anaktoron, il "Palazzo del Principe", una struttura megalitica che riflette influenze micenee e che è stata interpretata come una possibile reggia o centro cerimoniale.

Fonte:
archeomedia.net


sabato 30 marzo 2024

Gran Bretagna, rinvenuti i resti di un complesso di ville romane

Gran Bretagna, un'immagine dal drone dell'antico
complesso della villa romana
(Foto: SUMO GeoSurvey)

In Inghilterra è stato portato alla luce dagli archeologi un complesso di ville romane che ha restituito asce in miniatura ed altri manufatti che potrebbero essere stati utilizzati duranti rituali religiosi.
Il luogo, nel sud dell'Inghilterra, era stato utilizzato dagli umani già nell'Età del Bronzo. In seguito fu scelto dai romani per edificarvi una villa riccamente decorata ed edifici a navate laterali impreziositi da intonaco dipinto, mosaici, piastrelle decorate, colonnati, pavimenti in mattoni e altri ornamenti.
Nel corso del tempo il complesso arrivò ad inglobare diversi edifici a navate risalenti alla fine del I e al II secolo d.C. Contengono quattro enormi basi di colonne che sono tra le più grandi del loro genere di epoca romana in Gran Bretagna. Accanto a questi edifici, gli archeologi hanno rinvenuto una villa con ambienti collegati da un corridoio centrale.
Sulla base delle centinaia di manufatti rinvenuti in loco, i ricercatori hanno stabilito che il sito, noto come Brookside Meadows, venne occupato dai romani fino alla fine del IV o all'inizio del V secolo d.C., quando la Gran Bretagna sfuggì al controllo romano.
Gli archeologi hanno rinvenuto monete, anelli, spille, stoviglie di argilla rossa, un forno per l'essiccazione dei cerali ed una fibbia per cintura con testa di cavallo. Quest'ultima, risalente al 350-450 d.C., era probabilmente indossata dalle élite dell'esercito romano o ad esso associate.
Sono state portate alla luce anche diverse asce grandi quanto un palmo di mano ed una serie di rotoli di piombo strettamente arrotolati che, una volta srotolati, sembrano essere molto simili a tavolette di maledizione romane. Per quel che riguarda le asce, oggetti simili, utilizzati per le offerte, sono stati trovati in altri siti di culto o nei pressi di templi in tutta l'Inghilterra.

Fonte:
livescience.com
  


venerdì 29 marzo 2024

Sicilia, ritrovate le tracce dell'antica Abakaion

Sicilia, la stoà dell'antica Abakaion
(Foto: finestresullarte.info)

Importante scoperta archeologica in Sicilia, dove a Tripi, in provincia di Messina, paesino di poco più di 700 abitanti immerso tra i monti Nebrodi e Peloritani: è stata infatti ritrovata l'agorà dell'antica Abakainon, antica città citata da Diodoro Siculo che si trovava nel territorio dove oggi sorge Tripi.
Si tratta di resti di un'imponente stoà, un lungo porticato di epoca greco-romana, caratterizzata da blocchi di pietra e un terrazzamento che indicano la presenza di uno spazio porticato tipicamente adiacente alla piazza o all'agorà.
L'antica città di Abakainon, conosciuta anche come Abacaenum nell'epoca romana, è stata a lungo dimenticata. Tuttavia, un tempo era una delle città più importanti della Sicilia, prospera grazie alla sua vocazione agricola e al suo posizionamento strategico nei traffici commerciali dell'epoca. Governava un vasto territorio che si estendeva dal mar Tirreno fino alle pendici dell'Etna, vantando una florida economia. Abakainon era così influente che decise persino di coniare le proprie monete, di cui splendidi esemplari si trovano oggi al British Museum di Londra e al Museo "Santi Furnari" nel centro del paese.
La sua alleanza con Cartagine e, successivamente, la sua sottomissione a Roma portarono alla sua distruzione e alla seguente scomparsa. Questa era la narrazione accettata fino a tempi recenti. Tuttavia il rinvenimento di monete durante i recenti scavi sembra sfidare questa storia consolidata. Fin dalla seconda metà del secolo scorso, si erano diffuse ipotesi credibili sulla vera collazione di Abakainon nel territori di Tripi e sulla sua effettiva grandezza. Le campagne di scavo promosse dall'amministrazione comunale attuale hanno ora confermato in modo inequivocabile la presenza di una città antica di dimensioni significative e di grande ricchezza.

Fonte:
finestresullarte.info


domenica 24 marzo 2024

Egitto trovato il busto di una statua di Ramses scoperta nel 1930

Egitto, il busto di Ramses II appena rivenuto
(Foto: finestresullarte.info)

Un team di archeologi egiziani e di ricercatori dell'Università del Colorado hanno scoperto, dopo un anno di scavi nella località di El Ashmunein, a sud della città di Minya, sulla riva occidentale del Nilo, la sezione superiore di una scultura in pietra calcarea di Ramses II, con la testa e il busto del faraone vissuto intorno al 1200 a.C. In antichità la città di El Ashmunein era conosciuta come Khemnu e in epoca greco-romana era la capitale della regione di Hermopolis Magna.
La sezione superiore, alta 3,8 metri, raffigura la testa, le spalle e la parte superiore del busto del faraone. Ramses è raffigurato con indosso la doppia corona che indica il suo dominio sia sul regno superiore che su quello inferiore dell'Egitto (Alto e Basso Egitto), mentre sulla parte anteriore della corona è visibile un cobra, simbolo della regalità.
Le scansioni preliminari del blocco di calcare hanno confermato che fa parte della statua di Ramses II portata alla luce nel 1930 dall'archeologo tedesco Gunther Roeder. Una volta unite le due parti, la statua dovrebbe raggiungere i sette metri, ha affermato il Dottor Bassem Gehad, capo della squadra egiziana che ha preso parte alla missione di scavo. 
Al momento i lavori archeologici sono concentrati sulla pulizia del volto di Ramses II. In una fase successiva, un processo di digitalizzazione sarà utilizzato per ricreare un'approssimazione dell'aspetto originale della scultura, collegando le sezioni risalenti al 1930 e al 2024 tramite l'ausilio di computer, senza compromettere l'integrità dei reperti storici.
Ramses II fu il terzo faraone della XIX Dinastia e governò dal 1279 al 1213 a.C. I ricercatori hanno spiegato che lo scavo ad Ashmunein era iniziato con lo scopo di trovare un complesso religioso che si ritiene risalga al Nuovo Regno (1550-1070 a.C.) prima di crollare durante il dominio romano dei secoli successivi.

Fonte:
finestresullarte.info
 


sabato 23 marzo 2024

Egitto, rivede la luce la mastaba di Seneb-Neb-Af e di sua moglie Idut

Egitto, i dipinti di una mastaba scoperta
nel Dahshur (Foto: MoTA)

Nella necropoli di Dahshur, in Egitto, la missione archeologica dell'Istituto Archeologico Tedesco al Cairo ha scoperto una mastaba dell'Antico Regno. La missione tedesco-egiziana, diretta dal Dottor Stephan Seidlmayer, ex direttore dell'Istituto, ha portato alla luce la tomba di mattoni di fango appartenuta a Seneb-Neb-Af e sua moglie Idut.
Il Dottor Hesham El-Leithy, attualmente Segretario Generale ad interim del Consiglio Supremo delle Antichità, ha sottolineato l'importanza di questa scoperta, quella della necropoli, venuta alla luce nel 2002.
Seneb-Neb-Af ricopriva diverse cariche all'interno del palazzo reale, tra cui quella di "amministratore degli inquilini". Sua moglie Idut era, invece, sacerdotessa di Hathor e "Signora del Sicomoro". La mastaba è stata datata tra la fine della V e gli inizi della VI Dinastia.
Di particolare rilievo sono le pareti dipinte della tomba. Queste raffigurano scene di vita quotidiana, dal mercato alla trebbiatura del grano, dalla navigazione sul Nilo alle offerte votive. Si tratta di un tipo di iconografia raramente rinvenuto a Dahshur.
La scoperta della mastaba di Seneb-Neb-Af e Idut rappresenta un importante tassello per la ricostruzione della società egiziana dell'Antico Regno. Le raffigurazioni rinvenute offrono una preziosa finestra sulla vita quotidiana dell'epoca, arricchendo il patrimonio archeologico di Dahshur nonché il quadro storico del sito, famoso per la Piramide Romboidale e la Piramide Rossa di Snefru.

Fonte:
mediterraneoantico.it

Grecia, scoperta una sepoltura nobile nell'antica capitale della Macedonia

Vergina, la tomba appena rinvenuta (Foto: allthatsinteresting.com) La costruzione di un nuovo sistema fognario nell'antica città macedon...