mercoledì 11 novembre 2009

Un anello misterioso dalle nebbie del passato


E' un oggetto d'oro, molto simile ad una torque, ritrovato in un tumulo a Pietroasele, in Romania meridionale (ex Valacchia), nel 1837. Fa parte di un tesoro datato tra il 250 ed il 400 d.C. ed è ritenuto di origine romana o mediterranea.
Sull'anello vi è un'iscrizione runica, oppure gotica, che rende l'anello un oggetto di notevole interesse accademico. Numerose sono le ipotesi avanzate sul misterioso oggetto, soprattutto sulla sua valenza funeraria.
Purtroppo l'iscrizione venne irreparabilmente danneggiata e non è più granchè leggibile. Molti sono stati i tentativi di lettura e di interpretazione. Recentemente è stato possibile ricostruire la parte danneggiata grazie al ritrovamento di alcune immagini che raffigurano l'oggetto al momento del suo ritrovamento. Il tesoro di cui faceva parte era nascosto all'interno di un tumulo noto come Istrita, nei pressi di Pietroasele, ed era composto di 22 pezzi. Un grande assortimento di oro, piatti e coppe, oltre alla gioielleria e due anelli completi di iscrizioni runiche.
Quando il tesoro fu scoperto, era tenuto insieme da una massa scura che non è stato possibile identificare. Probabilmente materiale organico che era stato utilizzato per celare meglio gli oggetti (tessuti o pelli) prima di interrarli. Il peso totale del tesoro era di circa 20 chilogrammi.
Avverse furono le vicende che colpirono gli oggetti del tesoro, alcuni dei quali furono rubati, altri danneggiati. Quelli rimasti (solo dodici sui ventidue complessivamente ritrovati) mostrano un'elevata qualità artigianale. Essi sono custoditi, attualmente, nel Museo di Bucarest e sono: una grande fibula con testa d'aquila e tre più piccole tempestate di pietre semipreziose; una patera o piatto sacrificale modellato con figure orfiche che circondano una dea tridimensionale raffigurata seduta; una coppa a dodici lati; un grande vassoio; due collane; una brocca ed il famoso anello con l'iscrizione runica.
Isaac Taylor, parlando della scoperta, nel 1879, avanzò l'ipotesi che gli oggetti potrebbero essere una parte di bottino recuperato dai Goti durante le scorribande in Mesia e Tracia, tra il 238 ed il 251 d.C.. Una delle prime teorie formulate in merito vuole che proprietario del tesoro fosse Atanarico, re pagano dei Tervingi e che costui l'avesse acquisito grazie al conflitto con l'imperatore romano Valente, nel 369 d.C.. Alcuni pensano che gli oggetti fossero parte di un regalo fatto dai capi romani ai principi germani alleati.
Recenti studi mineralogici svolti sugli oggetti hanno identificato almeno tre differenti origini geografiche dell'oro utilizzato per crearli: Urali meridionali, Nubia (Sudan) e Persia. Una comparazione della composizione mineralogica, delle tecniche di fusione e forgia ed analisi tipologiche, indicano che l'oro venne usato per creare le iscrizioni runiche all'interno dell'anello non è puro come quello solitamente usato dai greci e dai romani e non è nemmeno in lega come quello utilizzato dai germani. Dunque gli oggetti, pare, sono stati in parte realizzati con oro estratto dal nord della Dacia e potrebbero rappresentare oggetti in possesso dei Goti prima della migrazione verso sud.
L'anello in oro che costituisce, da solo, un vero e proprio enigma, contiene un'iscrizione runica in antico Futhark (antico alfabeto in uso nella Germania post romana), di 15 caratteri, alcuni dei quali piuttosto rovinati. I primi studiosi tradussero l'iscrizione "dedicato hailag al tempio o-wi(h) dei Goti Gutani", "sacro hailag al Giove iowi (ovvero Thor) dei Goti gutan(i)" e così via. Forse l'anello era una dimostrazione della presenza di un tempio o di un albero sacro, la cui esistenza, in tempi pagani, è documentata dalla letteratura in antico norreno e dai ritrovamenti archeologici. La divinità a cui era dedicato questo tempio era, con tutta probabilità, una Dea Madre, adorata dai Goti (culto delle Dìsir in altre aree della Germania orientale). Quindi l'anello con la misteriosa e controversa iscrizione non sarebbe altro che un dono votivo fatto ad una divinità, con tutta probabilità femminile.

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