sabato 26 maggio 2012

Hierapolis e la tomba di Filippo

Hierapolis, necropoli
Anticamente la valle del fiume Lykos - che ora si chiama Curuksu - affluente di un altro fiume famoso, il Meandro, era attraversata dalla Strada Reale Persiana, uno degli assi stradali più famosi dell'antichità, che collegava Persepoli con la costa dell'Egeo e con il Mediterraneo. Proprio lungo quest'asse viario, per controllare il territorio, era stata costruita la città di Colosse, nella quale risiedeva il satrapo. Ben poche testimonianze rimangono di questo periodo. Più numerose e ben conservate sono le testimonianze, invece, di epoca ellenistica.
La pianura del Lykos è anche attraversata da una faglia sismica ed i terremoti, nel corso dei secoli, hanno modificato e plasmato la geografia di questo luogo. Innanzitutto le fratture della faglia hanno permesso alle acque calde delle profondità della terra di emergere al suolo, ricche di carbonato di calcio, a formare delle spettacolari cascate di travertino che caratterizzano l'importante sito archeologico di Hierapolis, chiamato dai turchi Pamukkale, castello di cotone, proprio per il bianco abbacinante di queste cascate di pietra.
Hierapolis, il complesso di San Filippo
Nel III secolo a.C., in piena età ellenistica, questa località era densamente popolata. Furono, in particolare, fondate qui due città a poca distanza l'una dall'altra: Laodicea e Hierapolis. In quest'ultima già scaturivano le sorgenti termali dalle profonde lesioni nel banco di travertino e si aprivano varie grotte dalle quali, oltre a vapori utili e piacevoli, ne scaturivano altri venefici, anidride carbonica ed altri gas che potevano causare stordimento ed anche morte in chi li inalava. I latini chiamavano queste fessure ferali spiraculum Ditis, Apuleio le ribattezzò Ploutonion, vale a dire ingresso agli inferi.
Ben presto Hierapolis passò sotto il controllo di Roma che sfruttò la capacità delle sue acque termali di fissare i pigmenti ai filati di lana, colorati di rosso grazie alle radici della robbia. I tessuti così colorati venivano esportati in tutto il Mediterraneo perché somigliavano ai tessuti tinti di porpora ma erano più accessibili di questi ultimi.
Hierapolis, la tomba di Filippo
Augusto e Tiberio monumentalizzarono la cittadina ellenistica, costruendovi, tra le altre cose, la plateia, una lunga via lastricata che attraversava Hierapolis da nord a sud. Un'altra fase di grande sviluppo si ebbe all'epoca di Antonino Pio (138-161 d.C.), quando l'agorà nord fu dotata di diversi monumenti annessi. In seguito fu modificato anche il preesistente teatro, i sedili in travertino della cavea vennero sostituiti da sedili di marmo e pure di marmo fu dotata la frontescena, con tre ordini architettonici straordinariamente decorati con la raffigurazione dei culti di Apollo ed Artemide. Due grandi fontane accompagnarono la plateia: quella dei tritoni, lunga 70 metri, all'ingresso dell'area urbana e il ninfeo del tempio di Apollo, celebre per il suo oracolo, nel cuore di Hierapolis.
Dopo un violento terremoto verificatosi nel IV secolo d.C., la città non fu in grado di ricostruire molti dei monumenti di cui era un tempo dotata. La situazione economica era molto mutata dall'epoca delle munificenze imperiali ma, soprattutto, una nuova religione andava facendosi largo in tutto l'impero: il cristianesimo. Hierapolis si riorganizzò in un'area di circa 65 ettari protetta da possenti fortificazioni. Il complesso sorto in età antonina intorno all'agorà nord  sopravvisse soltanto nella parte termale, trasformata in chiesa. Il resto divenne una sorta di cava a cielo aperto di materiale a costo zero che, il più delle volte, veniva trasformato in calce.
Roma, la tomba di Filippo e Giacomo
A partire dall'età di Teodosio (347-395 d.C.) la città andò riorganizzandosi all'interno delle sue fortificazioni: gli antichi santuari pagani vennero smantellati e si cominciarono a costruire chiese sempre più ricche e complesse. Non lontano dall'antico santuario di Apollo venne costruita una straordinaria chiesa sostenuta da grandi pilastri in travertino. Da questa chiesa proviene un'iscrizione che menziona il patriarca Gennadios. Un'altra chiesa domina la conca del teatro da una collina dove, un tempo, sorgeva il Dodekatheon, l'altare dei Dodici dei.
Le testimonianze più importanti dell'età protobizantina, però, sono costituite dal complesso monumentale sulla collina orientale, conosciuto come il santuario di Filippo, uno degli apostoli, la cui presenza a Hierapolis è testimoniata in numerose fonti. A Hierapolis Filippo morì e fu sepolto.
Il santuario di Filippo è stato scavato, nel 1957, da una missione italiana, capeggiata dall'archeologo Paolo Verzone che concentrò lo scavo su una chiesa a pianta ottagonale che aveva identificato come il Martyrion di Filippo. Ad indirizzarlo in questa direzione era stata anche la simbologia legata ai numeri: gli otto lati del corpo centrale si riferiscono all'Aion, il tempio senza fine, l'Aeternitas; il quadrato che ingloba la chiesa richiama i quattro Evangelisti; i cortili triangolari alludono alla Trinità; le cappelle a sette lati ricordano la sacralità del numero sette, risalente alla tradizione giudaica e alle sette chiese menzionate nell'Apocalisse.
Hierapolis, il santuario di Filippo visto dall'alto
Nei primi anni della missione la tomba di Filippo venne cercata, senza risultato, all'interno della chiesa ottagonale. Nel 2000, grazie anche a mezzi più moderni, l'equipe guidata dal ricercatore Giuseppe Scardozzi riuscì ad identificare altri ambienti che circondavano il Martyrion. Si trattava, dunque, non di una singola chiesa quanto, piuttosto, di un complesso raggiungibile attraverso una lunga strada processionale che partiva dalla porta di ingresso a Hierapolis. Ai piedi della collina è stato identificato, inoltre, un secondo ottagono risalente anch'esso al V secolo d.C. e che era un luogo di sosta dove i pellegrini si purificavano prima di ascendere alla collina. Gli scavi hanno evidenziato la presenza di terme, all'interno della forma ottagonale, composte da piccole vasche accuratamente rivestite di marmo. Vicino sono stati rinvenuti piccoli recipienti in terracotta segnati da croci e altre immagini di santi, che dovevano contenere l'olio delle lampade che ardevano sui luoghi sacri della cristianità.
Un'altra sosta per la purificazione era prevista presso una fontana tuttora visibile dove campeggiava una gran massa di pietrame che, è stato appurato recentemente, altro non era che la copertura di un importante edificio mai indagato in precedenza. Ad attirare l'attenzione degli studiosi era la parte sommitale di una tomba a sacello di età romana, appena visibile al di sopra dei crolli. Questa tomba aveva una particolarità singolare: tutta la sua facciata era interessata da fori, alcuni dei quali conservavano ancora i chiodi di ferro. La cornice della porta, poi, appariva molto levigata.
Sigillo per il pane di Filippo
La struttura è stata scavata nel 2011 dall'archeologo Francesco D'Andria, ed ha rivelato una chiesa protobizantina a tre navate con abside centrale. Una chiesa che sembrava essere sorta attorno alla tomba romana di I secolo d.C.. I fori esterni non erano di epoca romana, ma denotavano la presenza, in antico, di un rivestimento di metallo, forse una porta in bronzo o in argento. Dal vestibolo interno una scala di marmo permetteva ai pellegrini di raggiungere una piattaforma sulla tomba stessa, dove, con tutta probabilità, ardevano le lampade votive alle quali i fedeli attingevano l'olio santo da portare al loro ritorno.
Nella navata centrale di questa chiesa, proprio accanto alla tomba, gli scavi hanno riportato alla luce due profonde piscine rettangolari rivestite di marmo, collegate a due vasche più piccole per le immersioni individuali. Questi ritrovamenti hanno fatto pensare agli archeologi ed agli storici che il culto di Filippo fosse anche collegato a pratiche di guarigione attraverso l'acqua. Quest'ultima era portata dalle sorgenti dell'altopiano sopra la città.
Lo scavo è proseguito nella zona absidale, dove è stato intercettato un recinto con colonne di marmo che aveva la funzione di dividere i fedeli dalla zona in cui si svolgeva il culto. Qui è stato ritrovato l'altare martiriale. Sopra una lastra di marmo poggiavano le quattro colonnine che sostenevano la mensa eucaristica. Sotto la lastra è stata trovata una camera funeraria delle stesse dimensioni dell'altare che doveva, forse, contenere le reliquie del santo che si onorava. Il piano dell'altare era collegato con il vano sottostante attraverso una tubatura in terracotta, utilizzata per versare l'olio profumato (myron) e per introdurre i brandea, sottili strisce di tessuto che diventavano reliquie al momento del contatto con la tomba del santo.
Hierapolis, edificio oracolare di Apollo
La conferma che attesta che la costruzione è veramente la tomba di Filippo è arrivata da un piccolo oggetto custodito nel museo di Richmond, negli Stati Uniti. Su quest'oggetto ci sono delle immagini che prima di questi ultimi scavi a Hierapolis non si riusciva a decifrare. Si tratta di un sigillo in bronzo di circa 10 centimetri di diametro che serviva per autenticare il pane di San Filippo da distribuire ai pellegrini. Sono state trovate delle icone che raffigurano proprio l'apostolo con in mano un grosso pane. Il sigillo serviva a distinguerlo dal pane comune, cosicché i pellegrini sapessero che si trattava di un pane speciale da custodire con cura. Sul sigillo custodito a Richmond vi è la figura di un santo con un mantello da pellegrino e la scritta "San Filippo". Sul bordo del sigillo un'antica frase di lode a Dio: "Santo Dio, Santo forte, Santo immortale, abbi pietà di noi". Gli studiosi hanno sempre affermato che il sigillo proveniva da Hierapolis. La figura di Filippo è rappresentata tra due edifici, alla sinistra un edificio coperto da una cupola, il Martyrion ottagonale, l'edificio a destra ha un tetto a due spioventi come l'edificio appena ritrovato dalla missione italiana. Entrambi recano sulla sommità una scalinata
Il professor D'Andria
Le reliquie di Filippo, però, non giacciono più a Hierapolis da molto tempo: nel VI secolo d.C. furono trasferite in parte a Costantinopoli ed in parte a Roma, dove fu costruita un'apposito edificio religioso per ospitarle. Edificio religioso del quale non rimane quasi nulla, perché fu rifatto per intero in epoca rinascimentale ed oggi è la chiesa dei Santi Apostoli, non lontana da piazza Venezia. Qui, nel 1869, degli scavi hanno individuato, sotto l'altare, una struttura martiriale dotata di marmi molto preziosi. Un foro rotondo collega l'altare al sottostante loculo dove fu rinvenuto un cofanetto in argento con alcune ossa all'interno. Che siano queste le ossa di Filippo, un tempo custodite a Hierapolis?
Notizie storiche su Filippo non ce ne sono molte. Era originario di Betsaida, sul lago di Genezaret e, molto probabilmente, apparteneva ad una famiglia di pescatori. Entrò nel gruppo degli apostoli di Gesù fin dall'inizio ed era presente, secondo gli Atti degli Apostoli, al momento dell'Ascensione al cielo di Gesù e nel giorno della Pentecoste. Fin qui le notizie dei Vangeli. La tradizione vuole che Filippo abbia predicato in Scizia, in Lidia e, in prossimità della sua morte, a Hierapolis, in Frigia.
Una lettera di Policrate, vescovo di Efeso alla fine del II secolo d.C., a papa Vittore I menziona Filippo, affermando che morì a Hierapolis e che aveva delle figlie, una delle quali fu sepolta ad Efeso. La lettera è ritenuta attendibile, dagli studiosi, e risale a circa cento anni dopo la morte dell'apostolo. Nella stessa lettera Policrate afferma che Filippo trascorse a Hierapolis gli ultimi anni della sua vita con due delle sue tre figlie.
Sulla morte dell'apostolo, gli antichi documenti affermano che avvenne per martirio, all'età di 85 anni. Nella necropoli di Hierapolis è stata ritrovata un'iscrizione che accenna ad una chiesa dedicata a Filippo.

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