martedì 30 aprile 2013

Civiltà dell'Indo? Per niente pacifica

Harappa
La civiltà dell'Indo, sorta tra il Pakistan e l'India occidentale, era fatta di belle città ben pianificate, dove gli abitanti possedevano splendidi gioielli e potevano godere dei migliori impianti idraulici del monto antico. Ma questa non era gente pacifica.
Di quest'antica civiltà non si riescono ancora a leggere i documenti scritti, per cui i ricercatori devono accontentarsi di esaminare perline e resti di manufatti in ceramica per conoscere qualcosa di più. Da qualche tempo, però, oltre alle perline e alla ceramica, gli archeologi possono disporre di ossa umane. Due scheletri ritrovati in cimiteri dell'Indus hanno potuto permettere ai ricercatori di studiare le abitudini di vita degli antichi abitanti della valle dell'Indo. Tra le scoperte ricavate dall'esame delle ossa, vi è quella che veste di nuova luce la propensione alla pace dei popoli dell'Indo: si trattava di una civiltà tutt'altro che pacifica, pare.
All'apice del suo splendore la civiltà dell'Indo si espandeva su un territorio più vasto di quello dell'antico Egitto. I gioielli forgiati nelle officine di questa grande e complessa civiltà sono stati ritrovati in Mesopotamia, le case erano costruite su un modello a griglia, con canali di scolo per le acque reflue e discariche poste fuori dalle mura della città.
Cranio da un cimitero di Harappa con tracce di un
colpo frontale e della rottura del naso
Studi recenti si sono concentrati maggiormente su Harappa, uno dei centri più grandi e potenti dell'Indo, che poteva vantare una popolazione di 80.000 unità. Gli archeologi hanno esaminato la composizione chimica di alcuni denti ritrovati in un cimitero del 2550-2030 a.C.. Quest'analisi ha rivelato che la popolazione di Harappa era cosmopolita. Molti di coloro che sono stati sepolti in questo cimitero erano nati fuori Harappa, a manifestare un grande flusso migratorio verso la città soprattutto a scopo commerciale. Gli uomini si spostavano prevalentemente con la famiglia, in cui il ruolo della donna era piuttosto rilevante.
Spesso si è pensato che la civiltà dell'Indo fosse pacifica e tranquilla, a causa della mancanza di prove documentali di violenza e guerra e soprattutto non essendo state mai ritrovate raffigurazioni di soldati e di eccidi. Gli scheletri ritrovati ad Harappa, però, raccontano una storia ben diversa. Ossa umane risalenti al 1900-1700 a.C. circa, mostrano segni di una violenza selvaggia. Il cranio di un bambino tra i 4 ed i 6 anni di età era stato incrinato e schiacciato a colpi di mazza. Una donna è stata picchiata con una violenza tale da sfondarle il cranio. Lo scheletro di un uomo di mezza età aveva il naso rotto e danni alla fronte provocati da un attrezzo pesante e tagliente.
Dei 18 crani esaminati finora dagli archeologi e dagli antropologi, quasi la metà recava gravi lesioni dovute ad atti di violenza. L'analisi degli scheletri, in futuro, potrà completare meglio il quadro su quest'antica e semisconosciuta civiltà, anche se per il momento ci si deve accontentare di questi primi, parziali, risultati.

Resti di antichi guerrieri in Galles

Resti dell'Abbazia di Lewes
Sotto una scuola di Lewes, in Galles, sono state ritrovate delle ossa che potrebbero appartenere ad un guerriero medioevale morto in battaglia. Si tratterebbe, secondo gli archeologi, di un guerriero caduto durante la battaglia di Lewes, nel 1264. I suoi resti sono stati ritrovati dagli esperti dell'Università di York.
Lo scheletro appartiene ad uno dei 123 gruppi di resti trovati in un cimitero medioevale, dove una volta vi era la sede dell'Ospedale di San Nicola. Il cimitero fu creato dai monaci dell'Abbazia di Lewes. La maggior parte degli scheletri mostrano segni di lebbra ed altre malattie dell'epoca, ma lo scheletro dello sconosciuto si distingue da questi. Il cranio è stato attraversato e scoperchiato da un fendente inferto con la spada e il corpo è stato seppellito accanto al luogo in cui si era svolta la famosa battaglia di Lewes.
Gli archeologi ritengono che ci siano altri 1.000 scheletri simili a quello appena ritrovati, forse seppelliti al di sotto degli edifici centrali. La battaglia di Lewes fu una delle maggiori battaglie della seconda guerra dei Baroni e fu il maggior successo di Simone V di Montfort conte di Leicester, che in tal modo divenne signore d'Inghilterra.

I più antichi petroglifi del mondo

Uno dei petroglifi di Pilbara, Australia
La regione di Pilbara è un territorio roccioso situato nella parte occidentale dell'Australia, che si estende su un'area di circa 500.000 chilometri quadrati. La regione è geologicamente antica ed uno dei luoghi più affascinanti dell'Australia.
Birger Rasmussen, ricercatore del Dipartimento di Geologia della Curtin University, ha ufficializzato la scoperta, avvenuta nel 2011, di quella che è stata chiamata tranquillityite, un minerale che prende il nome dalla Base della Tranquillità, dove ammarò la missione Apollo 11. Per molto tempo si pensò che questo minerale esistesse solo sulla luna. La difficoltà a identificarla sul nostro pianeta è dovuta alla sua struttura filiforme che tende a disfarsi a contatto con gli agenti atmosferici.
Altri petroglifi di Pilbara, Australia
I campioni di tranquillityite recuperati in Australia sono molto antichi, si stima risalgano a più di un miliardo di anni fa. Ma Pilbara è nota soprattutto per i numerosissimi petroglifi aborigeni che vi si trovano, petroglifi più antichi di Stonehenge e delle piramidi egiziane. I petroglifi presentano figure stilizzate di esseri umani, animali (alcuni dei quali estinti circa 3000 anni fa), e volti umani. Lo studio condotto dalla squadra del professor Brad Pillans, geologo dell'Australian National University ha riservato una sorpresa circa la datazione di questi petroglifi. Pare che essi risalgano a ben 60.000 anni fa e siano, pertanto, i più antichi petroglifi del mondo.
Data la straordinaria qualità e quantità di questi petroglifi, ci si augura che l'area in cui sono stati trovati sia presto inserita dall'Unesco nel patrimonio mondiale dell'Umanità.

domenica 28 aprile 2013

Cerén, la Pompei del Centro America

Una delle strutture disotterrate a Cerén
Alla fine degli anni '70 del secolo scorso è stata scoperta quella che è stata subito definita la Pompei del Centro America, Cerén, patrimonio mondiale dell'Unesco, nota come Joya de Cerén, nello stato di San Salvador, borgo agricolo soffocato sotto diversi metri di cenere vulcanica alla fine del VI secolo d.C.
L'improvvisa e totale distruzione di Cerén ha congelato nel tempo l'antico villaggio. Gli archeologi, nel lungo scavo di recupero si sono imbattuti in diversi, interessanti ritrovamenti. Innanzitutto enormi quantità di una pianta tuberosa, che in precedenza non era stata associata con le coltivazioni Maya, un raccolto "invisibile" di manioca collocato a fianco a dei campi coltivati a mais ed alcune erbe che non esistono più nel moderno San Salvador.
Un'altra delle strutture ritrovate a Cerén
E' stata, inoltre, scoperta quella che si pensa essere la prima cucina Maya con tanto di giardino domestico perfettamente piantumato tutt'intorno la casa. Poi sono riemersi 70 vasi di ceramica che servivano per contenere fagioli, peperoni ed altri vegetali. Sono state riconosciute, inoltre, le tracce di grandi appezzamenti di terreno arate sistematicamente, con resti dei solchi e gli studiosi pensano che gli abitanti di Cerén coltivassero, accanto alle loro dimore, alberi da frutta.
Un percorso pavimentato, detto sacbe, veniva utilizzato dagli abitanti per scopi cerimoniali e commerciali. Questo percorso deve ancora essere indagato e studiato bene. Per questi ritrovamenti e per quelli che si pensa di fare in futuro, Cerén è considerata uno dei tesori dell'archeologia a livello mondiale. La città è stata abitata sin dal X secolo a.C. e venne abbandonata una prima volta nel 250 d.C. in seguito all'eruzione del vulcano Ilopango. Risorse nel V secolo a.C. ma venne nuovamente distrutta dall'eruzione del Loma Caldera, un vicino vulcano, nel VII secolo d.C.. Dal momento che non sono stati ritrovati resti umani, si pensa che gli abitanti hanno fatto in tempo a mettersi in salvo, lasciando immediatamente le attività che stavano facendo.

La collina dei lama

Uno dei petroglifi ritrovati a Cerro Kawsay
Un ricercatore messicano, Luis Alberto Martos Lopez, dell'Istituto Nazionale di Antropologia e Storia, ha scoperto una collina nella parte nordest dell'Argentina che contiene vari graffiti rupestri. La collina era considerata un luogo sacro ancor prima della conquista Inca della regione nel XV secolo.
L'esplorazione di questo spazio fa parte di un progetto più grande ed ambizioso che punta allo scavo ed al ripristino del sito Inca di Potrero de Payogasta, nella vasta Valle Calchaquì. E' un'iniziativa che è stata promossa e sostenuta dal Patrimonio Culturale della Provincia di Salta e finanziato dalla National Geographic Society.
In un recente viaggio attraverso la regione, che si trova a nord della Valle Calchaquì, Luis Alberto Martos si è fatto accompagnare dal proprietario di una tenuta nella zona, Guillermo Colque, fino ad una collina di circa 200 metri di diametro alla base e dell'altezza di poco superiore ai cento metri. Questa collina contiene un'infinità di incisioni rupestri. "Abbiamo registrato più di 88 rocce con incisioni rupestri, 70 sulla collina e il resto sulle colline collegate alla prima. Più di 60 di queste incisioni si trovano raggruppate, altre venti sono, invece, isolate", ha detto Martos.
Atri petroglifi di Cerro Kawsay rappresentanti dei lama
La collina è stata chiamata Cerro Kawsay, Collina della Vita in lingua quechua, e sembra essere stato un luogo sacro fin dal 900-1000 d.C., se non anche dal 500 d.C.. Un luogo sacro per i cacciatori. Molte delle incisioni riguardano animali, soprattutto il lama, legato ai miti delle origini del popolo Inca. I lama sono raffigurati individualmente e in gruppo, con le femmine spesso gravide. Il lama era estremamente importante per le civiltà andine in quanto era la personificazione dei figli di Manco Capac e Mama Ocllo, i fondatori mitici dell'impero.
La leggenda vuole che i figli di Manco Capac e Mama Ocllo, innamoratisi l'uno dell'altra, furono trasformati in lama dal dio Viracocha, per essere salvati dall'ira del padre. Tuttavia anche in questo modo essi non sfuggirono a Manco Capac, che li catturò e li sacrificò. Da allora le loro anime vagano nella Via Lattea, nella speranza di ritrovarsi e di iniziare una nuova era di pace ed armonia.
Proprio per questo, per la frequente rappresentazione di questo animale sacro, il dottor Martos ritiene che la collina fosse un centro cerimoniale, un luogo sacro per compiere riti connessi con la fertilità e l'abbondanza, la prosperità e la vita.

Agricoltura specializzata nella Svezia preistorica

Archeologi al lavoro a Karleby, in Svezia
Lo studio su un sito di 5000 anni fa ha rivelato la presenza di un'alta percentuale di sostanze azotate, presenti solamente se si utilizzano fertilizzanti azotati.
L'indagine è stata condotta dai ricercatori dell'Università di Goteborg, in Svezia, che per anni hanno studiato i resti di una comunità dell'Età della Pietra a Karleby, poco fuori la città di Falkoping, in Svezia. Gli studiosi hanno cercato di capire quale fosse la dieta di questi primi uomini ed attualmente stanno cercando di scoprire se siano mai stati utilizzati una sorta di fertilizzanti già all'epoca.
"Il nostro primo compito è stato quello di trovare i cosiddetti macrofossili, come vecchi semi di piante infestanti o pezzi di grano". Ha affermato l'archeologo Tony Axelsson. "Con le analisi dei macrofossili possiamo imparare molto sull'agricoltura dell'Età della Pietra e quanto essa sia stata importante in relazione all'allevamento".
Un altro obiettivo dei ricercatori è stato quello di raccogliere materiale osseo animale od anche resti di cibi dell'Età della Pietra. Sul sito è possibile, infatti, ritrovare ossa bovine e suine. "Attraverso lo studio dei livelli degli isotopi nelle ossa, possiamo scoprire dove sono stati allevati gli animali, cosa che può fornire utili informazioni sul loro ruolo e commercio." Ha detto l'altro archeologo che si occupa del progetto, Karl-Gorran Sjogren.
I risultati delle prime analisi sui resti di cereali hanno rivelato che sia l'orzo che il grano sono stati messi a cultura nel sito e che contengono entrambi alti livelli dell'isotopo N15 (azoto 15) che sta ad indicare che è stato utilizzato un qualche genere di concime per le culture già 5000 anni fa.

sabato 27 aprile 2013

La più antica nave vichinga e il suo ferale carico

Armi ritrovate su una delle imbarcazioni di Salme
Guerrieri vichinghi uccisi nella battaglia sull'isola estone di Saaremaa, sono stati seppelliti a bordo della loro nave, il più antico vascello vichingo che abbia mai attraversato il Mar Baltico.
I resti dell'imbarcazione e del suo prezioso contenuto sono venuti alla luce nel 2008, mentre alcuni operai stavano scavando la terra per porre in opera un cavo elettrico nel piccolo villaggio di Salme, sull'isola di Saarema, in Estonia. Immediatamente il lavoro è stato interrotto e sono stati avvertiti gli archeologi.
Il completamento degli scavi, nel 2012, ha mostrato qualcosa di straordinario: due sepolture in barche vichinghe di 30 metri per lato, entrambi risalenti al 750 d.C., l'anno a cui si data la nascita della civiltà vichinga. La più grande delle imbarcazioni è il più antico esempio conosciuto di barca a vela che abbia attraversato il Baltico. Entrambe le imbarcazioni rinvenute in Estonia sono più antiche di cento anni rispetto alla barca di Oesberg, in Norvegia, che a lungo ha costituito il primo esempio di una barca vichinga ritrovata nella regione.
Entrambe le imbarcazioni ritrovate in Estonia recavano un triste carico: i resti di diversi uomini uccisi in battaglia. Accanto a loro sono stati ritrovati i beni che avevano nella vita di ogni giorno, armi, pezzi di gioco, coltelli, pettini. Nessuno dei reperti recuperati proviene dalla regione. Essi appartengono ad uno stile associato agli insediamenti scandinavi attraverso il Baltico. Questi uomini erano estranei ai lidi in cui sono stati sepolti.
Continuando a scavare il terreno, gli archeologi hanno recuperato frammenti di spade piegate e rivetti di imbarcazioni. Inoltre si sono aggiunti, successivamente, frammenti di armi, ossa umane e animali e ben 75 pezzi da gioco ottenuti dalla lavorazione di ossa di balene o di femori bovini. Cinque di questi pezzi da gioco sono stati decorati ad incisione.
Lo scavo delle navi di Salme
Lo stile dei frammenti di armi recuperate, suggeriscono che i reperti appartengono all'inizio dell'era vichinga, vale a dire al 600-800 d.C.. Le armi erano state volutamente piegate e rotte, una pratica comune in quel periodo, e recano tracce di incendio. La successiva datazione al Carbonio14 ha confermato la datazione delle ossa umane ed animali al 750 d.C.
La maggior parte del legno delle imbarcazioni che custodivano le salme era marcito, tuttavia gli archeologi sono stati in grado di rintracciare la parte inferiore ed i contorni originari delle barche. Si trattava di navi spinte da almeno 12 remi ed erano molto sottili e veloci, facili da manovrare, come una nave da guerra.
Sono stati recuperati anche i resti delle persone sepolte. Si tratta di uomini e tutti di statura imponente. Alcuni di essi avevano più di trent'anni, al momento della morte, gli altri avevano un'età inferiore. L'esame dei denti ha consentito di stabilire che erano alimentati piuttosto bene e che godevano di buona salute. Solo uno dei defunti reca segni di carie. La maggior parte dei resti umani sono stati trovati al centro ed a poppa, perché una parte della prima imbarcazione è stata distrutta dallo scavo degli elettricisti. Non sono state trovate tracce di sepoltura al di fuori dello scafo. Gli uomini sono stati sepolti in posizione seduta, forse in ricordo della posizione che avevano, sulla nave, in vita.
Alcuni corpi dei guerrieri vichinghi di Salme
Le ossa animali recuperate dalla prima imbarcazione mostrano segni di macellazione, forse si tratta di resti di un banchetto funebre. Sono stati ritrovati anche diversi astori decapitati ed uno sparviero. Questi rapaci sarebbero stati utilizzati per la caccia per l'equipaggio durante i viaggi lungo la costa. Non sono stati rinvenuti né cani né cavalli, animali comuni nelle sepolture vichinghe successive.
Resti di un cane sono stati ritrovati, invece, sulla seconda imbarcazione, insieme a due scheletri umani ben conservati. Anche questi individui mostrano i segni di una morte violenta. L'omero di uno era stato tagliato in tre punti, mentre il secondo scheletro aveva due ferite nella parte anteriore del cranio, praticate con una spada o un'ascia.
Lo scavo ha mostrato che, in realtà, erano molti di più gli scheletri "ospitati" sulle due imbarcazioni. Quella di Salme, in sostanza, sarebbe una sepoltura collettiva. Al momento sono stati recuperati i resti di 33 individui, con i rispettivi corredi funerari.
I defunti della seconda imbarcazione sono stati sepolti su quattro strati. Quelli deposti nello strato inferiore erano stati disposti tra la costolatura dell'imbarcazione. I pezzi da gioco ritrovati nel relitto sono stati ricavati da zanne di tricheco e da ossa di balena. Molti pezzi da gioco sia nella prima che nella seconda imbarcazione sono dispersi tra le ossa dei defunti. Uno degli scheletri era dotato di un corredo funebre più ricco degli altri, con frammenti di spada a doppio taglio con elsa in bronzo dorato. Inoltre quest'uomo era stato deposto lungo l'asse centrale dell'imbarcazione, quasi a sottolinearne ulteriormente l'importanza.

I segreti dei Maya

Lo scavo del centro cerimoniale di Ceibal
E' stato scoperto il più antico complesso cerimoniale Maya. La piazza e la piramide, recentemente scavati, sarebbero serviti ai Maya come osservatorio solare e per lo svolgimento dei rituali collegati.
Il sito si chiama Ceibal e suggerisce che le origini della civiltà Maya sono più complesse di quanto si fosse creduto finora. Gli archeologi hanno sempre discusso se i Maya, famosi per il loro calendario, si siano evoluti in modo indipendente o se la loro civiltà sia stata in gran parte ispirata dalla antecedente cultura degli Olmechi. Le nuove ricerche suggeriscono che non è vera nessuna delle due ipotesi.
Il dottor Takeshi Inomata, antropologo dell'Università dell'Arizona ha dichiarato: "L'importante cambiamento sociale [che ha dato origine ai Maya] è avvenuto attraverso interazioni interregionali". Non sembra che gli Olmechi abbiano influenzato i Maya, ma che, piuttosto, l'intera regione sia stata attraversata da un cambiamento culturale intorno al 1000 a.C. e tutte le culture vicine hanno adottato stili architettonici simili e uguali cerimoniali.
La scoperta di Ceibal viene da sette anni di scavi in questo sito del Guatemala, occupato ininterrottamente per duemila anni. I primi edifici sono stati sepolti sotto 7-18 metri di sedimenti sui quali si è continuato a costruire. Le prime strutture scoperte comprendono una piazza con un edificio ed una piattaforma, un modello che si è riscontrato in diversi siti Maya e nel centro olmeco di La Venta, sulla costa del Golfo del Messico.
Scavi a Ceibal
La data di costruzione del 1000 a.C. rende le strutture di Ceibal di circa 200 anni più antiche rispetto a quelle di La Venta, il che vale a dire che le tecniche costruttive degli Olmechi non possono aver ispirato i Maya.
La prima fase della cultura Maya si sviluppa prima che sia stata stabilita una lingua scritta e prima ancora che sia stato fissato l'elaborato calendario conosciuto in tutto il mondo. Ciò non toglie che il terrazzamento appena scoperto sia stato uno spazio rituali. Tra i numerosi reperti rinvenuti durante lo scavo vi sono diverse asce di pietra verde, che sembrano essere state deposte come offerte.
Gli archeologi ritengono che coloro che si stabilirono a Ceibal avevano già un'idea ben precisa di come avrebbe dovuto essere un villaggio. Il passaggio da gruppi di cacciatori-raccoglitori ad una comunità di agricoltori stanziali è stata estremamente rapida. Non è ancora chiaro cosa possa aver indotto i Maya a rinunciare alla vita seminomade. Forse la coltivazione intensiva del mais, specializzatasi nel corso degli anni anche grazie all'apporto delle tecniche elaborate dagli Olmechi.
Attualmente esperti nel clima stanno lavorando sulle analisi ambientali per capire quale sia stato il clima al momento della costruzione dell'insediamento di Ceibal. E' chiaro, comunque, che la civiltà Maya non si è sviluppata da una precedente civiltà in fase di declino. La giungla, dunque, nasconde più segreti di quanti se ne siano trovati.

venerdì 26 aprile 2013

Il principe in mostra

Il principe di Ishoj
Nel 2007 gli archeologi danesi hanno fatto una scoperta senza precedenti nel comune di Ishoj, a 18 chilometri fuori Copenaghen. Si tratta della tomba intatta di un uomo di alto rango, un principe vissuto in età romana.
La scoperta è stata salutata come una delle più importanti degli ultimi tempi, in quanto ha fornito una visione unica della ricchezza materiale e del gusto estetico dell'antica élite danese. Sono emersi oggetti eccezionali come pezzi da gioco in vetro, gioielli d'oro e brocche in bronzo. Sepolture simili sono un fenomeno sconosciuto in Danimarca.
In questi anni gli oggetti raccolti nella tomba sono stati restaurati e studiati con le più moderne tecnologie. Nel frattempo sono state scavate altre 29 tombe nelle immediate vicinanze di quella del principe di Ishoj. Studiando la disposizione di queste sepolture, gli archeologi hanno determinato che quella del principe è stata la prima di tutte le sepolture.
Il principe di Ishoj visse in un periodo di particolare violenza ed a causa proprio di questa violenza trovò la morte. La sua posizione sociale elevata è sottolineata ulteriormente dal corno militare con il quale è stato seppellito. I vasi per le bevande e la gioielleria dimostrano, invece, la sua ricchezza.
Parte del corredo del principe di Ishoj
La presenza di manufatti romani in Danimarca è riconducibile alle ben consolidate rotte commerciali tra le provincie settentrionali dell'Impero Romano e quella che è attualmente la Danimarca. I primi Danesi, dunque, potrebbero aver semplicemente utilizzato oggetti romani senza aver mai messo piede sul suolo di Roma. Solo pochi avevano diretti contatti con l'Impero Romano.
Il principe di Ishoj sarà esposto alla Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen fino al 9 giugno 2013.

Cavaliere scozzese e... famiglia!

Due degli scheletri trovati ad Edimburgo
Un vero e proprio tesoro per l'archeologia medioevale è emerso in Scozia: ben sette scheletri sono stati ritrovati nella sepoltura di un cavaliere medioevale. Gli archeologi che lavorano al sito credono di aver scoperto una cripta di famiglia, con i resti di tre adulti, quattro bambini e un teschio.
La scoperta è avvenuta ad un mese di distanza dallo scavo della sepoltura di un cavaliere affettuosamente battezzato Sir Eck, ad Edimburgo. Su una pietra tombale in arenaria è stato ritrovata, scolpita, una croce elaborata ed una spada ornata, che hanno fatto immediatamente pensare al luogo di sepoltura di un individuo di alto rango, un nobile o un cavaliere.
L'archeologo Ross Murray, che per primo ha scoperto la tomba, ha dichiarato: "Questo sito si sta rivelando un vero e proprio tesoro per gli archeologi. Emergono in continuazione scheletri ed ossa. Il cranio dello scheletro trovato immediatamente al di sotto lo scheletro del cavaliere, sembra essere femminile e sembrano esserci anche i resti di un neonato".

Antiche civiltà in Oman

Un team internazionale di archeologi si è imbattuto in un deposito contenente reperti risalenti a diversi millenni in Oman. La scoperta è stata fatta nel quartiere di Musandam Dibba e si crede che il deposito risalga a 3500 anni fa.
Il sito, in realtà, è stato individuato lo scorso anno, quando alcuni lavoratori edili che stavano gettando le fondamenta di un club sportivo locale, si imbatterono in quella che aveva l'aspetto di un'antica sepoltura, cosparsa di ossa umane.
Archeologi greci ed italiani hanno scoperto dei gioielli ed una camera sepolcrale con i resti di almeno 188 persone. Attorno a tutto il sito sono state ritrovati resti di ceramiche, spade, pugnali e gioielli antichi. La camera funeraria presenta una struttura imponente, costruita con materiale calcareo e rocce provenienti da un wadi locale. Utilizzando il Ground Penetrating Radar, gli archeologi stanno cercando analoghe camere sepolcrali o strutture sotterranee.
Poco si sa delle origini della antiche comunità che si stanziarono in questa località, remota e montagnosa. I ricercatori pensano che abbiano avuto legami commerciali con le antiche civiltà, quali quella dei Persiani.

Una zona industriale greco-romana vicino Suez

Scavi ad est del Canale di Suez
(Fonte: Ansamed) Produceva anfore, piatti, vasellame vario, ma anche statue in bronzo la "zona industriale" greco-romana, risalente al 200 d.C., che una missione archeologica egiziana ha scoperto nel nord del Sinai, ad est del Canale di Suez.
Ad annunciarlo, il ministro dell'antichità Mohamed Ibrahim che, citato da al-Ahram online, ha definito la scoperta "molto importante", perché mette in risalto le relazioni economiche e commerciali dell'Egitto con i vicini delle coste del Mediterraneo.
La zona è stata scoperta durante uno scavo di routine nel sito archeologico di Tell Abu Seifi, dove sorge il forte eretto dall'imperatore romano Massimino il Trace, che regnò per soli tre anni tra il 235 e il 238 d.C.. Presenta atelier di artigiani e i loro alloggiamenti, magazzini ed una zona amministrativa. Per questo, ha spiegato il ministro delle antichità, il sito dà una buona idea di come potesse essere la vita quotidiana degli addetti della fabbrica dell'epoca. Il direttore della missione Mohamed Abd el-Maqsud, ha spiegato che durante gli scavi è anche stato rinvenuto un blocco di calcare con incisioni in latino sulla disposizione delle legioni all'interno della fortezza e una piccola immagine in terracotta del dio Bes, antica divinità egiziana venerata come protettore della casa.

giovedì 25 aprile 2013

Egizi d'Etruria o Etruschi d'Egitto?

Particolare dello scarabeo ritrovato nella necropoli
dell'Osteria, nel parco di Vulci
(Fonte: La Repubblica) Nuova luce sui rapporti tra la popolazione degli Etruschi e il Mediterraneo orientale dopo il ritrovamento di un sigillo egizio a scarabeo nella necropoli dell'Osteria, nel parco di Vulci. La soprintendente ai Beni Archeologici del Lazio: "Si aprono nuovi orizzonti di ricerca".
Riposava in una delle grandi tombe a camera destinate agli aristocratici etruschi, il sigillo egizio a scarabeo rinvenuto nella necropoli dell'Osteria, nel parco archeologico di Vulci. "Una scoperta che potrebbe contribuire a riscrivere la storia degli Etruschi e dei loro rapporti con il Mediterraneo orientale, aprendo nuovi orizzonti di ricerca", spiega la Soprintendente ai Beni Archeologici dell'Etruria Meridionale, Alfonsina Russo.
Il sigillo, databile fra il primo e il secondo quarto del VII secolo a.C., è stato riportato alla luce nei giorni scorsi dagli scavi diretti dalla soprintendenza e coordinati da Patrizia Petitti, direttore del Museo di Vulci, e da Carlo Casi, direttore di Mastarna, la società che gestisce il sito archeologico di Montalto di Castro. Nella necropoli, in tempi recenti, era stata già scoperta la tomba della Sfinge e ora si stanno indagando proprio le grandi tombe a camera, realizzate tra il VII e il III secolo a.C.. Da lì proviene lo straordinario scarabeo-sigillo, attualmente in fase di studio, che riporta un cartiglio e il segno "HR" del dio falco Horus, insieme alle iniziali "NB", che secondo gli studiosi rimanderebbero al faraone Nekao I (672-664 a.C.).
L'oggetto ritrovato serviva a imprimere i decori sui bolli di argilla destinati a sigillare grandi vasi, cofanetti, casse o rotoli di papiro. "Si tratta di una scoperta straordinaria, unica nel suo genere - spiega Russo - Se a Tarquinia, infatti, era già stata rinvenuta una fitula egizia risalente alla fine dell'VIII secolo, uno scarabeo-sigillo come questo qui non si era mai visto".
Il ritrovamento, da un lato conferma l'importanza della necropoli dell'Osteria e, dall'altro, la ricchezza della vita e degli scambi commerciali dell'aristocrazia di Vulci tra l'VIII e il VI secolo a.C., periodo di massimo splendore degli Etruschi nella zona.

Terremoti e mausolei

Il Mausoleo di Pinara. In alto le immagini attuali,
in basso le ricostruzioni effettuate dal computer
Il modo in cui i blocchi in pietra massiccia di un mausoleo romano in Turchia sono crollati potrebbe dare una risposta alla potenza del terremoto che l'ha distrutto. L'analisi del monumento potrebbe anche aiutare a fare luce sulla storia dei terremoti in una nazione fortemente sismica.
Il mausoleo indagato si trova a Pinara, le cui rovine risalgono ad almeno 2500 anni fa, all'antico regno di Licia, nella Turchia di sudovest. Pinara non è stata ancora scavata ed i geologi si stanno ora dedicando all'analisi di un mausoleo romano costruito sotto una rupe, ad un'altezza di circa 110 metri di altezza.
Il mausoleo è per lo più intatto ma mostra i segni di un danneggiamento. La maggior parte dei suoi blocchi si sono pesantemente spostati, altri sono caduti al di fuori della loro sede mentre la parte anteriore del mausoleo è crollata tra i pilastri che lo sostenevano. I ricercatori hanno sempre pensato che ad operare tale distruzione sia stato un terremoto. Per avvalorare questa ipotesi è stato approntato un modello in 3D del mausoleo e vi sono stati inseriti i dati provenienti da diverse scansioni laser della struttura.
Il mausoleo, in antico, era composto da circa 180 blocchi di pietra. Le analisi al computer hanno rivelato che non è stata una frana a causarne i danni, ma che quasi certamente lo smottamento dei blocchi è opera di un terremoto.
Tombe dell'antica città di Pinara
Pinara era, anticamente, chiamata Artymnesus o Artymnesos e sorgeva ai piedi del monte chiamato Cragus (oggi Hiera Acra), non lontano dal fiume Xanthos, luogo di culto dell'eroe Pandaro. Era la più grande città della Licia, con un grande porto insabbiatosi nel corso del tempo e diventato, attualmente, una palude. In lingua licia Pinara significa "collina rotonda", in riferimento alla collina sulla quale sorgeva la città.
Pinara fu conquistata da Alessandro Magno nel 334 a.C. e alla morte di questi cadde sotto l'influenza di Pergamo. Alla morte dell'ultimo re di Pergamo, Attalo III (133 a.C.), Pinara cadde sotto l'influenza di Roma. Un terremoto devastante, nel 141 d.C., interruppe il periodo felice della città. A questi ne seguì un altro nel 240 d.C.
Le rovine di Pinara furono scoperte da Sir Charles Fellows.

Tirinto e la scomparsa dei Micenei

Le mura ciclopiche di Tirinto
I Micenei, che hanno ispirato le leggende descritte nell'Iliade e nell'Odissea, scomparvero bruscamente dal panorama della storia nel 1200 a.C.. Dopo di loro iniziò una fase chiamata Medioevo Ellenico.
La scomparsa dei Micenei è un mistero. Alcuni ricercatori propongono un conflitto con ignoti invasori oppure una sommossa delle classi inferiori contro i governanti. Alcuni scienziati, però, pensano che sia stato un terremoto la causa della scomparsa di questa popolazione. Dalle rovine di un palazzo fortificato di Tirinto gli archeologi si aspettano di trovare la conferma alla loro ipotesi.
Tirinto era una delle più grandi città micenee. Sulla cima di una collina calcarea i Micenei avevano costruito un palazzo con mura ciclopiche, così dette per l'enorme spessore. Le pareti avevano circa 10 metri di altezza e 8 metri di spessore. Ciascun blocco pesa intorno alle 13 tonnellate.
Il sismologo dell'Università di Colonia Klaus Hinzen ha ricostruito, con l'aiuto di alcuni colleghi, un modello in 3D di Tirinto, basato su alcune scansioni laser delle strutture rimaste in superficie. I ricercatori hanno, come obiettivo, di determinare se il crollo delle possenti mura sia stato causato o meno da un sisma potentissimo. La scansione geofisica dei sedimenti e degli strati di roccia sotto la costruzione fornirà informazioni agli studiosi sia di ingegneria che di geologia.
L'Acropoli di Tirinto
Il lavoro non si presenta facile in quanto alcuni blocchi del palazzo furono rimossi dall'archeologo dilettante Schliemann nel 1884 e dopo i restauri del XX secolo ne furono tolti altri. Comunque già i primi risultati mostrano sezioni di mura disponibili per le analisi. I geologi si serviranno, inoltre, di una tecnica, la luminescenza ottica, per sondare il terreno sotto i blocchi e capire se le pareti sono crollate tutte nello stesso momento, come quando avviene durante un terremoto.
La letteratura non aiuta: non vi sono documenti scritti del declino della civiltà micenea a causa di un terremoto, né sono state tramandate leggende orali. L'abitudine dei micenei di costruire le loro fortezze sulla cima di colline calcaree, inoltre, è piuttosto deleteria, in caso di terremoti anche lontani. Geologi ed archeologi si ripromettono di studiare anche l'antica città micenea di Midea.
Tirinto venne abitata sin dal periodo Neolitico (VII-IV millennio a.C.) di cui resta traccia nel materiale di scavo (ceramica minuta) e rimase abitata ininterrottamente fino alla costruzione dell'imponente cittadella fortificata micenea.
Tirinto, particolare delle mura ciclopiche
I primi rilevanti ritrovamenti architettonici appartengono all'Età del Bronzo (III millennio a.c.) e sono costituiti da grandi blocchi di edifici che si adattano alla pendenza del terreno e che sono disposti attorno ad una struttura circolare del diametro di 27-28 metri. Quest'ultima è stata interpretata come uno spazio adibito a funzioni amministrative.
Tra il 1900 e il 1600 a.C. il terreno sull'Acropoli venne spianato e destinato all'edificazione, ma è piuttosto difficile, per gli archeologi, indagare questa fase, in quanto si sono sovrapposte, ad essa, altre fasi costruttive.
Il periodo aureo di Tirinto arriva con i Micenei (1600-1050 a.C.), quando le fortificazioni vengono completate e con esse anche l'Acropoli, alla quale si accedeva attraverso una rampa di 47 metri di lunghezza, posta sul lato orientale. Un grande portale, che ricorda la famosa Porta dei Leoni di Micene, è il punto di ingresso del percorso verso il Palazzo. Grandi e piccoli ingressi, cortili e corridoi immettevano in un cortile centrale percorso, su tre lati, da un peristilio mentre sul lato sud si sviluppava il megaron. A nord si trovava l'ingresso alla sala del trono preceduta da un piccolo peristilio. Nell'ala occidentale del megaron, invece, si trovavano gli appartamenti della famiglia reale mentre l'ala orientale era riservata alle donne. Sono state rinvenute, in tutti questi ambienti, complesse ed elaborate pitture.

Lavorare alle piramidi

L'archeologo Richard Redding, del Kelsey Museum dell'Università del Michignan crede di aver compreso come sia stato possibile organizzare efficacemente la forza lavorativa e, nel contempo, la società civile per permettere la costruzione delle piramidi, i monumenti che più di ogni altri, rappresentano una sfida al tempo.
L'archeologo ha calcolato che ai monumenti hanno lavorato tra gli 8.000 e i 10.000 operai alla volta per venti anni. Questi lavoratori non erano schiavi e non erano ebrei, ma erano lavoratori giovani, ben nutriti e che potevano godere di un'ottima assistenza medica, visto che stavano lavorando per il bene dell'intera società egizia.
Gli egizi credevano che il loro sovrano, una volta defunto, sarebbe andato a sedere a fianco delle divinità, intercedendo per il benessere del suo popolo e dissuadendo gli déi dal mandare piaghe o dal trattenere il limo generosamente regalato dal Nilo durante le sue alluvioni. Le piramidi sono state costruite proprio per preparare adeguatamente il sovrano al suo compito.
I lavoratori che hanno eretto questi grandiosi monumenti erano organizzati in squadre. I funzionari reali si recavano nei nomi (le provincie in cui era suddiviso l'Egitto antico) e qui, con la collaborazione dei governatori locali, prelevavano la forza lavoro.
Il dottor Redding ha fatto un calcolo delle calorie necessarie a ciascun lavoratore, tenendo conto che gli antichi egizi avevano un'altezza minore rispetto agli uomini moderni. Il risultato è stato che ciascun lavoratore mangiava, probabilmente, quasi sei chili di carne a settimana. La metà delle proteine necessarie proveniva dalla carne, un'altra parte era fornita dal pesce pescato nel Nilo.
L'archeologo ha calcolato anche quanti e quali animali fossero necessari ai 10.000 lavoratori che si occupavano di costruire l'ultima dimora terrena del loro sovrano: 105 bovini e 368 ovini o caprini ogni dieci giorni.
Con i suoi collaboratori, Redding ha studiato ben 175.000 ossa, la metà delle quali bovine, il resto proveniente da ovini e caprini. I ricercatori non sono ancora riusciti a capire come il bestiame fosse fatto arrivare nei pressi di Giza, se per terra o via fiume. Si sa per certo, però, che ogni due anni i funzionari reali facevano un censimento dei bovini, dei caprini e degli ovini. I risultati venivano riportati al sovrano che, pertanto, sapeva esattamente quello di cui il Paese disponeva e dove andarlo a prendere.
Gli operai che lavoravano alle piramidi vivevano tutti insieme in una sorta di città, con abitazioni e un grande centro amministrativo. Il cibo veniva preparato in cucine centralizzate dalle quali, poi, era distribuito. Coloro che rivestivano un grado elevato godevano del cibo migliore.
Le piramidi cessarono di essere costruite dopo la IV Dinastia. Forse perché, in parte, era venuta meno questa organizzazione estremamente capillare e centralizzata e in parte anche perché le disponibilità delle finanze reali si erano molto ridotte.

mercoledì 24 aprile 2013

Finché morte non vi riunisca...

Gli scheletri di Cluj-Napoca
Gli archeologi, scavando nel cortile interno di un ex convento domenicano, sembrano aver scoperto i Romeo e Giulietta rumeni. Sono stati riportati alla luce i corpi di una giovane coppia seppellita insieme, mano nella mano. La scoperta è avvenuta a Cluj-Napoca.
Gli esperti di archeologia e storia dell'arte stanno lavorando su quello che credono sia l'ex cimitero del monastero ed hanno già scoperto diversi corpi. L'uomo seppellito accanto alla sua compagna aveva subito un grave infortunio che gli aveva rotto il femore e che potrebbe essere stato la causa della sua morte. Dal momento che la donna, invece, sembra essere stata in buone condizioni fisiche al momento della morte, gli archeologi pensano che sia morta di crepacuore. D'altro canto il suicidio era considerato un peccato gravissimo nel Medioevo.
Si stima che i due corpi siano stati sepolti tra il 1450 e il 1550.

Tunnel e camere sotto il tempio di Quetzalcoatl

Il robot utilizzato per l'esplorazione del
tunnel sotto il tempio di Quetzalcoatl
(H. Romero/Reuters)
Un robot ha aiutato i ricercatori a fare una scoperta durante i test preliminari condotti in un tunnel sotto il tempio di Quetzalcoatl, nel sito archeologico di Teotihuacan.
Gli archeologi si aspettavano di trovare una sola camera nell'ultima sezione del tunnel, invece ne hanno trovate tre, utilizzati dai governanti di Teotihuacan circa 2000 anni fa per cerimonie reali e sepolture. I tunnel sono, però, ostruiti da fango e macerie.
Il robot del quale si sono serviti gli archeologi è studiato per attraversare spazi ristretti. E' dotato di una videocamera e di braccia meccaniche che gli consentono di superare, piuttosto agevolmente, gli ostacoli che incontra.
Lo spazio trovato sotto il tempio di Quetzalcoatl somiglia a quello ritrovato sotto la piramide detta Dom di Teotihuacan, dove, nel 1970, sono state esplorate quattro camere.
Del tunnel sotto il tempio di Quetzalcoatl sono stati esplorati finora 76 metri, ne rimangono ancora 30.

martedì 23 aprile 2013

Sacrifici umani a Oaxaca

Veduta del recinto del tempio di El Palenque
(Foto: Charles Spencer e Elsa Redmond)
Un tempio dalla struttura complessa, appena ritrovato nella Valle di Oaxaca, in Messico, fa pensare agli archeologi che esistesse una gerarchia specializzata di sacerdoti che si occupava di compiere i sacrifici umani.
Le prove di questi sacrifici sono ancora ben lungi dall'essere provate, ma sono stati scoperti un dente umano e quello che potrebbe essere un arto in una stanza del tempio, mescolati con resti di sacrifici animali e lame di ossidiana. Il tempio risale al 300 a.C., al tempo degli Zapotechi.
Gli archeologi stanno scavando un sito nella Valle detta El Palenque. Il sito è il centro di quello che un tempo era un piccolo stato indipendente. Tra il 1997 e il 2000 sono emersi i resti di un complesso palaziale estremamente esteso, che è stato datato al 60 a.C. circa. Ora è stato riportato alla luce un complesso ben più grande sul lato est di El Palenque, con un tempio complesso formato da un tempio principale affiancato da due edifici. Sono emerse anche due residenze, riservate con tutta probabilità ai sacerdoti, ed un certo numero di focolari per le offerte.
L'intero complesso ricopre un'ampia superficie. La sala principale del tempio è disseminata di reperti come conchiglie, mica e ornamenti di alabastro. Gli archeologi hanno trovato anche recipienti in ceramica e bracieri di incenso. Lame di ossidiana e lance sembrano suggerire che i sacerdoti erano particolarmente "specializzati" nei sacrifici animali. Sono stati ritrovati resti di tacchini, colombi e altri animali, all'interno del tempio.
Nel complesso templare era presente anche una cucina che sembra suggerire che in questo luogo si consumassero anche dei pasti. Come il palazzo anche il complesso templare è stato bruciato e sembra essere caduto in disuso tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., il che lo rende il più antico tempio scoperto a tutt'oggi nella Valle di Oaxaca. Tra i misteri del sito vi è quello di un corpo sepolto frettolosamente accanto ad uno dei focolari del tempio.

lunedì 22 aprile 2013

Una donna coperta d'oro e ambra...

Ricostruzione della sepoltura femminile trovata a Windsor
Scavando nei pressi del Royal Borough, vicino Windsor, gli archeologi hanno scoperto lo scheletro di una nobildonna di circa 4400 anni fa. Lo scheletro era ornato d'oro e questo ha fatto pensare che appartenesse ad una classe sociale elevata.
La donna, al momento della morte, aveva circa 40 anni. Indossava una collana in lamina d'oro, ambra e perline. D'ambra erano fatte le fibule che servivano a fermare i capi della tunica che rivestiva il corpo, oramai scomparsa.
L'archeologo responsabile dello scavo, Gareth Chaffey, della Wessex Archaeology pensa che la defunta sia stata una persona di potere, forse una principessa se non, addirittura, una regina. Si sapeva che alcuni defunti di stato sociale elevato, ritrovati nel sud della Gran Bretagna, avevano oggetti ed ornamenti d'oro, ma questa è la prima volta che si tratta di una donna. Si pensa che l'oro utilizzato per gli ornamenti sia stato estratto a circa un centinaio di chilometri a ovest, mentre l'ambra proviene certamente dalla costa del mare del Nord. La lignite, una sorta di carbone, si pensa sia originaria della Gran Bretagna.
Al momento della morte, alla defunta venne messo tra le mani un bellissimo contenitore in ceramica che le doveva servire per bere. La coppa è alta circa 25 centimetri ed è decorata con motivi geometrici. La donna è stata seppellita con la testa rivolta verso il sud, mentre uomini e donne dell'epoca di Stonehenge erano sepolti in direzioni opposte: gli uomini con la testa rivolta verso nord, le donne verso sud.
Lo scheletro della donna è stato ritrovato 18 mesi fa, ma la notizia è stata rivelata solo in questi giorni per permettere ai ricercatori di completare le analisi d'obbligo sulle ossa e sugli oggetti ornamentali. Lo scavo dal quale è emersa la sepoltura è iniziato circa dieci anni fa e la donna coperta d'oro e d'ambra è solo l'ultimo degli spettacolari ritrovamenti effettuati in questo lasso di tempo, tra i quali figurano quattro case del Neolitico Antico, 40 sepolture dell'Età del Bronzo e diversi insediamenti dell'Età del Ferro.

domenica 21 aprile 2013

Verità sulla morte di Germanico?

Busto di Germanico Giulio Cesare
Una lastra di bronzo riemerge dalle nebbie del tempo. Si tratta di un reperto archeologico che, dopo decenni, ha qualche verità interessante da rivelare. La lastra ha uno spessore di sei millimetri ed una grandezza di 30 centimetri per 15. La sua superficie è inscritta con un testo latino di una ventina di righe lacunose.
La tecnica di scrittura ha fatto pensare agli archeologi all'incisore che scrive sulla tavola di cera poi ricoperta d'argilla. Una sorta di matrice su cui, successivamente, attraverso dei fori, è stato colato il bronzo fuso che, sciogliendo la cera, ne avrebbe occupato gli spazi restituendo una copia bronzea pressoché perfetta dell'originale.
La lastra si trova nei magazzini del Museo Archeologico Nazionale dell'Umbria, a Perugia. Qui la funzionaria addetta alla ricognizione dei depositi, Mafalda Cipollone, la sta analizzando pazientemente al fine di inserirla correttamente in un database. E proprio durante questa puntigliosa analisi sono emersi dei particolari interessanti che portano ad arricchire la storia del nostro passato di ulteriori particolari.
Il documento epigrafico è stato ritrovato in Umbria tra il 1953 e il 1974, insieme ad altri materiali. Esso riproduce parzialmente alcuni passi del "Senatus consultum de honoribus Germanici" della fine del dicembre del 19 d.C., due mesi dopo la morte del valoroso ed amato Germanico. Si tratta, in sostanza, di una sorta di antica Gazzetta Ufficiale, diffusa dal Senato di Roma, che stabiliva gli onori funebri da tributare a Germanico, morto ad Antiochia in giovane età ed in circostanze misteriose. Questi documenti erano solitamente esposti integralmente a Roma e in "sunto" presso i municipi e le province dell'Impero.
Gli studiosi pensano che questo tardivo tributo servisse, in realtà, a far tacere i sospetti di un coinvolgimento dell'imperatore Tiberio nella morte di Germanico. Evidentemente le voci dovevano aver acquisito notevole consistenza. In particolare si parlava di un avvelenamento.
Amelia, statua bronzea di Germanico
Pare che sia stato lo stesso Germanico, in punto di morte, ad avvalorare questa tesi. Attualmente esiste solo un altro frammento epigrafico simile nel mondo, quello della Tabula Siarensis, scoperta nel 1982 in provincia di Siviglia, proveniente, probabilmente, dall'antica Siarum, colonia romana. Il reperto umbro, però, presenta alcune righe inedite che integrano la tabula spagnola, fornendo una nuova chiave di lettura.
Entro i primi giorni di maggio l'autrice della scoperta ha in programma una conferenza presso il Museo Archeologico con l'intento di dissipare un pò l'alone di mistero che circonda la tavoletta bronzea, soprattutto per quel che riguarda il contesto in cui è stata ritrovata e il suo importantissimo contenuto.
Le disposizioni che il senato votò per gli onori funebri a Germanico sono narrate da Tacito nel II libro degli Annales e sono state più volte confermate dalle epigrafi su bronzo, tra le quali figurano: la Tabula Siarensis, conservata nel museo di Siviglia; la Tabula Hebana (dalla città di Heba, tra Vulci e Saturnia), conservata nel museo di Grosseto; il frammento di Todi custodito al museo Nazionale di Napoli; un frammento scoperto a Carissa Aurelia, nella Betica, il cui testo si può sovrapporre a quello della Tabula Hebana.
Germanico era nato ad Anzio, con il nome di Druso Claudio Nerone o Tiberio Claudio Nerone. Era figlio di Druso maggiore, figlio dell'imperatrice Livia Drusilla, e Antonia minore, nipote di Augusto. Il soprannome di Germanico gli fu conferito grazie ai successi del padre in Germania, tra il 12 e il 9 a.C.. Fu adottato da Augusto dopo le morti dei nipoti ed eredi al trono Lucio e Gaio Cesare. Della scomparsa prematura di costoro fu sospettata Livia Drusilla, tanto più che le cause della morte di entrambi lasciavano ampio spazio a tali sospetti.
Tiberio
Germanico si ammalò ad Antiochia e morì dopo lunghe sofferenze. Prima di morire pare che abbia confidato la convinzione di essere stato avvelenato da Pisone e pregò la moglie, Agrippina maggiore, di vendicarlo. Le sue ceneri vennero portate a Roma. Tiberio non partecipò alla cerimonia nella quale le ceneri di Germanico furono riposte nel mausoleo di Augusto. Probabilmente il giovane morì di morte naturale, ma il grande favore popolare di cui godeva a Roma enfatizzò in modo drammatico il suo decesso.
Della morte di Germanico fu accusato, insieme a Pisone, Tiberio. Le accuse non poterono essere efficacemente provate, ma Pisone, accusato nel frattempo di altri reati, decise di suicidarsi temendo la condanna.
Una bellissima statua in bronzo raffigurante Germanico è stata ritrovata in pezzi, nel 1963, ad Amelia, già Ameria, in Umbria. La statua è altra 2,14 metri circa ed è attualmente esposta, dopo anni di accurato restauro, nel Museo Archeologico della cittadina umbra.

venerdì 19 aprile 2013

Kit per la cura del tracoma in Gran Bretagna

L'impero romano nella sua massima estensione
E' di epoca romana una toeletta composta da pinzette, raschietti e altri attrezzi che, per lungo tempo, sono stati ritenuti coadiuvanti della bellezza femminile. Ora si è accertato che questi erano, invece, degli strumenti chirurgici, utilizzati per il trattamento di un particolare tipo di Chlamydia che infetta gli occhi.
Gli strumenti in questione sono stati ritrovati un pò in tutta la Gran Bretagna e risalgono ad un periodo compreso tra il 43 e il 410 d.C., quando l'isola era sotto il controllo romano. Essi somigliano agli strumenti estetici moderni e a quelli utilizzati nel trattamento del tracoma, la principale causa della cecità anche nel mondo moderno.
"Il tracoma è una malattia che ha afflitto l'uomo per millenni", ha affermato Wendy Morrison, ricercatrice presso l'Istituto di Archeologia dell'Università di Oxford. "Abbiamo esempi provenienti dalla moderna Africa ed altri esempi, storici, dall'India che mostra proprio questi utensili - pinzette e raspe - utilizzati per pulire le palpebre afflitte dalla malattia".
I kit ritrovati comprendono una pinzetta, dei cucchiaini, utilizzati con tutta probabilità per la rimozione del cerume, strumenti per pulire le unghie, sonde, smerigliatrici (che servivano a schiacciare le sostanze utilizzate per i cosmetici).
Il tracoma irruvidisce la superficie interna della palpebra e induce le ciglia a ripiegarsi. Palpebre e ciglia, quindi, arrivano a graffiare la cornea e questi graffi possono portare alla cecità. Il tracoma ha infettato gli esseri umani fin dalla preistoria: tracce della malattia sono state rinvenute sulle ossa di alcuni uomini primitivi australiani vissuti nel 12.000 a.C.

mercoledì 17 aprile 2013

Misteriosa sepoltura nell'Irlanda del nord

I resti della giovane donna ritrovati in Inghilterra
Il mistero circonda uno scheletro femminile di 600 anni fa, ritrovato nel sito di uno scavo archeologico nella contea di Fermanagh, nell'Irlanda del nord.
La donna aveva appena passato l'adolescenza quando è morta e non è stata seppellita in un cimitero tradizionale. Il direttore degli scavi, la dottoressa Nora Bermingham, ha datato la morte della ragazza al XV o XVI secolo, all'età di circa 18-19 anni.
Le cause della morte potranno essere scoperte solamente dopo l'esame delle ossa della giovane donna. Lo scheletro era disarticolato e questo ha fatto pensare agli studiosi che si trattasse di una sepoltura non regolare. Il cranio della donna sembra aver subito un trauma, ma gli archeologi non sono sicuri se il trauma sia stato inferto prima o dopo la morte.

Sepolture anglosassoni e chiese cristiane

Gli archeologi K. Horsley e S. Sherlock durante gli scavi
nella chiesa di Santa Hilda
La scoperta di una sepoltura anglosassone sotto una chiesa, potrebbe essere la prova dell'esistenza di un monastero del VII secolo d.C.. La sepoltura è stata riportata alla luce nella chiesa di Santa Hilda, sul promontorio di Hartlepool, in Gran Bretagna.
Il pavimento della chiesa è stato rimosso per far posto ad un impianto di riscaldamento ed è emersa, in questo modo, la sepoltura che sembra essere solo la prima di altre sei. Nella tomba sono state trovate anche alcune ossa. Altre sepolture erano state ritrovate nel 1970. La chiesa è situata nella zona dell'antico monastero anglosassone di Santa Hilda, a nord dell'attuale edificio religioso.
Le sepolture individuate sono allineate da est a ovest, mentre la tomba ritenuta di epoca anglosassone ha un orientamento nordest-sudovest.

Sorprese preistoriche nella piana reatina

Una fibula ritrovata nella piana reatina
(Fonte: Ansa) Reperti dell'Età del Bronzo, del 2000 o 1000 a.C., sono stati trovati nella piana reatina.
Si tratta di parti di armi, utensili, oggetti ornamentali. Tre i siti: Colli sul Velino, Labro, Rivodutri. I lavori, partiti lo scorso dicembre, sono diretti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio in collaborazione con l'Università "La Sapienza" di Roma, i tre comuni interessati e la Riserva dei Laghi Lungo e Ripasottile che hanno finanziato il progetto. Da luglio partiranno gli scavi.

martedì 16 aprile 2013

Nuova vita per Eleutherna

Vista generale del sito dell'antica Eleutherna
Il museo del sito archeologico di Eleutherna, nella prefettura di Rethymno, a Creta, sarà pronto a ricevere i primi visitatori nel 2015. Si sta ultimando, infatti, la sua costruzione. A tutt'oggi sono pronti il seminterrato e il primo piano.
Con la previsione di apertura è stato anche approvato un piano di scavo (2013-2015) che vedrà impegnate il Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti dell'Università di Creta, presente sul sito dal 1985. Le indagini scientifiche coinvolgeranno il professor Nicholas Stampolidis, docente di Archeologia Classica e la dottoressa Christina Tsigonaki, che si occupa di archeologia bizantina. Gli scavi mirano a rivelare la fase ellenistica e romana della città e ad individuare la reale ampiezza della necropoli geometrico-arcaica di Orthi Petra.
Gli scavi di Eleutherna hanno permesso di recuperare reperti eccellenti appartenenti a diverse fasi cronologiche, come case e strade lastricate, santuari, una grande cava di calcare, iscrizioni, sculture, oggetti e vasi in vetro e metallo, statuine e oggetti in avorio.
Uno dei reperti ritrovati nella necropoli
I reperti più importanti provengono dalla necropoli di Orthi Petra. Si tratta di gioielli in oro e resti di lamine del prezioso metallo applicate sui vestiti che indossavano le donne qui sepolte tra il 750 e il 650 a.C.. Inoltre una recente ricerca ha dimostrato che tutte le donne seppellite ad Orthi Petra erano in una qualche relazione di parentela di sangue tra di loro: erano madri, nonne, zie, figlie. Rimane un mistero il loro status sociale e la loro identità. Molte di queste donne sono state sepolte entro dei pithoi, dei grandi vasi, che ricordavano la funzione essenziale della donna, quella di gestire l'economia della casa, i beni, le ricchezze, gli animali. Il pithos, in questo caso, rappresentava la sicurezza durante il passaggio ad uno status diverso.
Nel 1990 sono stati scoperti i resti cremati di più di 100 guerrieri di stirpe aristocratica. Purtroppo non è stato possibile estrarre, dai resti, materiale utile per l'analisi del Dna. Ad Eleutherna nacquero il poeta Lino, il filosofo Diogene, il poeta tragico Ametor e lo scultore Timochares.
Placca in avorio di manifattura egiziana proveniente
da una domus patrizia a Eleutherne
Il nome la città lo mutuò da uno dei Cureti, legati alla mitologia dello Zeus cretese. La città, infatti, presenta una continuità di occupazione sin dall'età protominoica. Il primo scavo vi fu condotto nel 1929 dalla Scuola Britannica di Atene che non sortì risultati interessanti malgrado i rinvenimenti di statue, elementi architettonici, iscrizioni e ceramica. Nel 1985 inizia lo scavo guidato dal Dipartimento di Archeologia e Storia dell'Arte dell'Università di Creta.
La Dama di Auxerre,
proveniente da
Eleutherna
Eleutherna fu fondata dai Dori nel IX secolo a.C., al crocevia tra Kydonia, Knossos e il santuario del Monte Ida. Si schierò al fianco di Filippo V di Macedonia contro Rodi e Cnossos. Quinto Cecilio Metello, nel 68-67 a.C., conquistò l'isola di Creta e trovò la città di Eleutherna estremamente florida ed attiva. La popolazione continuò ad aumentare anche durante l'età imperiale fino a quando un terremoto devastò Creta nel 365 d.C.. In epoca bizantina fu sede vescovile e vi venne costruita una basilica (VII secolo a.C.). In quest'ultima venne ritrovata una scritta dedicatoria in cui è citato il committente, il vescovo di Eleutherna Eufratas, che partecipò al IV Sinodo di Calcedonia nel 451.
Nel corso dell'VIII secolo d.C. Eleutherna subì un tentativo di invasione da parte degli Arabi, ma riuscì a resistere fino ad una nuova incursione avvenuta ai tempi di Harun el-Rashid (768-809). La città venne definitivamente abbandonata dopo il 787 e fu nuovamente devastata da un terremoto nel 796.
La parte orientale della collina di Eleutherna venne scelta come luogo per la costruzione di dimore aristocratiche, di cui sono stati ritrovati due esemplari e le grandi terme tra il 1985 e il 2003. Una delle case ha tutte le caratteristiche di una dimora patrizia romana, munita di cisterna nella quale erano convogliate le acque piovane. Della villa sono state ritrovate, in frammenti, delle lastre di rivestimento e anfore vinarie locali del IV secolo, monete, tessere vitree colorate e molti frammenti di stucco colorato appartenenti a rivestimenti parietali.

La vera tomba del tiranno cinese...

La sepoltura di Yang Guang a Yangzhou
La sepoltura di uno dei più famosi imperatori della storia cinese è stata recentemente scoperta in un cantiere a Yangzhou, nella provincia di Jiangsu, mentre si è appurato che il suo supposto luogo di sepoltura era, in realtà, un falso.
La sepoltura apparteneva a Yang Guang, considerato uno dei peggiori tiranni della storia cinese, colui che terminò la dinastia Sui e completò diversi grandi progetti di costruzione, quali quello della Grande Muraglia. E' stata ritrovata, nella sepoltura, una tavoletta con un'iscrizione che, secondo Shu Jiaping, direttore del Servizio Archeologico di Yangzhou, era una sorta di attestazione di proprietà.
"La tomba di Yang non è nemmeno più lussuosa delle sepolture delle persone nobili della dinastia Sui. Probabilmente a causa della morte precoce del tiranno, durante le rivolte di Jiangdu", ha affermato Shu Jiaping.
La sepoltura è lunga 4,98 metri da nord a sud e 5,88 da est ad ovest. E' stata già depredata in passato e la sua copertura non è in buone condizioni, poiché accanto al sito e sopra di esso sono stati costruiti alcuni edifici residenziali. Malgrado le depredazioni subite, la tomba ha restituito battenti in oro e ferro a forma di leone ed una cintura di giada decorata in oro. Tuttavia non sono stati ancora rinvenuti i resti della bara.
Accanto alla tomba di Yang gli archeologi hanno ritrovato un'altra sepoltura che, si pensa, forse apparteneva alla moglie del tiranno. La nuova scoperta ha permesso di archiviare come falso un mausoleo che si trova a circa 6 chilometri dal sito e che, per lungo tempo, si pensava essere il luogo di sepoltura di Yang. Questa "falsa" sepoltura occupa una superficie di 30.000 metri quadrati e possiede dei bellissimi archi commemorativi e porte.

lunedì 15 aprile 2013

Galli in Francia meridionale

Una delle sepolture ritrovate in Francia
Gli archeologi francesi hanno riportato alla luce le tombe di diversi guerrieri Galli, risalenti a 2300 anni fa nei pressi della città di Troyes, nella Francia meridionale.
Si tratta di 30 tombe databili tra il 260 e il 325 d.C., la metà delle quali è ancora in fase di scavo, che hanno rivelato le deposizioni ed i resti di guerrieri Galli con armi e scudi. Accanto a loro la deposizione delle mogli.
Gli archeologi sono sorpresi dalla presenza di queste sepolture, perché non è registrato, in questo sito, alcun centro abitato. Forse il luogo è stato scelto perché erano presenti antiche sepolture risalenti all'Età del Bronzo.

Elaiussa Sebaste, da Roma a Bisanzio

Veduta aerea del palazzo bizantino di Elaiussa Sebaste
La spedizione archeologica italiana dell'Università di Roma "La Sapienza" ha esplorato i fondali del mare prospiciente il promontorio turco di Elaiussa, nella provincia di Mersin, dove sono stati localizzati i resti di due relitti di navi, l'una di età imperiale romana e l'altra del VI-VII secolo d.C., con carichi di anfore e marmi.
Una vasta zona intorno al luogo di giacimento dei relitti è risultata, inoltre, ricca di manufatti in terracotta, litici, lignei e metallici. Il primo dei due relitti, del II secolo d.C., recava un carico di anfore iberiche e di marmi e avrebbe dovuto attraccare al porto settentrionale di Elaiussa. Il secondo relitto, di età bizantina, recava materiali locali e provenienti dall'Egeo, dalla Palestina e dall'Africa.
Basilica cristiana all'interno dell'agorà romana
L'antico porto di Elaiussa Sebaste (oggi Ayas) si trova a circa 60 chilometri dalla città di Mersin, di fronte all'isola di Cipro. La città fu uno dei principali porti commerciali della Cilicia e conservò il suo prestigio fino all'età bizantina. Della città sono finora emersi monumenti pubblici e privati di età romano-imperiale (teatro, terme, agorà, tempio, necropoli) e del periodo proto bizantino (un palazzo che doveva essere destinato all'autorità civile e numerose basiliche cristiane).
Lo scavo ha permesso di accertare che Elaiussa Sabaste fu parzialmente distrutta e poi abbandonata all'epoca dell'invasione araba nel 672 d.C.
La città occupava un'area complessiva di 23 ettari e si estendeva su un promontorio e su un'ampia fascia costiera. Era dotata di due bacini portuali, il più grande a nord, il più piccolo a sud del promontorio, entrambi attualmente insabbiati. Proprio l'insabbiamento dei due porti ebbe come conseguenza una diminuzione d'importanza della città a vantaggio della vicina Corycos. In epoca bizantina Elaiussa Sebste divenne sede vescovile e venne arricchita da numerose basiliche cristiane.
Sono ben conservati tratti delle mura che cingevano l'antica città. Sulla estrema punta nord del promontorio è stata riportata alla luce una basilica a tre navate con tratti ben conservati del pavimento in piastrelle di calcare e di marmo di diversi colori.
Il teatro, risalente al II secolo d.C., è stato ricavato dalle pendici di una collina sulla quale, in precedenza, sorgeva una villa con pavimenti musivi ed un complesso termale. Sulla collina sud della città vi sono i resti di una piccola basilica di età bizantina con annesso convento, ricavati da un tempio romano.

Scoperte nella pianura bergamasca

Alcuni dei reperti emersi nelle indagini archeologiche
nella pianura bergamasca
Testimonianze della vita di 2000 anni fa rivelate dall'Alta Velocità nella pianura bergamasca. Da un anno sono partite le indagini archeologiche lungo il percorso che vedrà posizionati i binari della Tav. Il primo bilancio non è certo di poco conto: 33 cantieri archeologici tra Treviglio e Antegnate hanno riportato alla luce reperti risalenti ad un periodo che va dalla tarda Età del Bronzo (XII secolo a.C.) fino all'Età Rinascimentale (XV secolo d.C.).
Quanto è stato scoperto finora riguarda insediamenti abitativi e necropoli, dai quali sono emersi monete e monili d'argento, punte di freccia, giavellotti in bronzo e molti oggetti in ceramica e vetro. tutto ad una profondità di appena 20-60 centimetri.
Il maggior numero di ritrovamenti sono ascrivibili all'età romana e tardo romana (I secolo a.C. - IV secolo d.C.). Particolarmente interessante è una necropoli ritrovata a Bariano, composta da 36 tombe disposte lungo una strada antica larga sei metri che faceva parte della rete viaria romana nella pianura bergamasca. Le tombe contenevano corredi funerari con piatti, coppe, olle, balsamari, il tutto piuttosto frammentato. Sono state trovate anche delle monete, il famoso "obolo di Caronte" che, come si credeva in antico, i defunti dovevano consegnare al terribile nocchiero dell'Ade per poter usufruire di un "passaggio" sull'infernale traghetto che attraversava il fiume Acheronte.

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