sabato 21 dicembre 2013

Sulla via delle epidemie a S. Pietro a Badia Pozzeveri

L'Abbazia di S. Pietro a Badia Pozzeveri
L'Abbazia camaldolese di S. Pietro a Badia Pozzeveri, in provincia di Lucca, custodiva un "segreto" archeologico importante per lo studio delle malattie e del loro evolversi in Europa. Si tratta di alcuni scheletri, ritrovati da Giuseppe Vercellotti, Clark Larsen (Ohio State University) e Hendrik Poinar (McMaster University).
I tre studiosi conducono da tre anni una campagna scavi mirata proprio a recuperare resti di un passato di malattie ed epidemie. Li studiano e li sottopongono all'analisi degli isotopi radioattivi.
L'Abbazia di S. Pietro a Badia Pozzeveri è posta lungo il percorso della via Francigena, la via percorsa dai pellegrini che, dal nord Europa, si recavano a Roma e poi fino al sud Italia, dove si imbarcavano per la Terrasanta. Si trattava di cavalieri, monaci e contadini che, oltre al misero bagaglio del pellegrino, sovente recavano con loro i virus di epidemie letali.
Quanto recuperato dagli studiosi a Badia Pozzeveri, permette di confrontare i genomi di individui di diverse classi sociali e di diverse epoche storiche. Questo consente di conoscere come vivevano e morivano queste persone ma anche come si sono evoluti gli organismi patogeni in tempi di carestia, guerra e spostamenti di truppe armate nel territorio della penisola.
L'interno dell'Abbazia di Pozzeveri
I pellegrini, molto probabilmente, furono i diffusori di epidemie quali quelle del vaiolo, del morbillo, del tifo, della tubercolosi, del colera e, soprattutto, della peste. Una specifica zona degli scavi nei pressi dell'Abbazia, infatti, ospita i resti di coloro che morirono di Morte Nera, la terribile epidemia di peste che uccise metà della popolazione europea tra il 1348 e il 1350. Agente provocatore dell'epidemia devastante fu lo Yersinia Pestis, come risultò da alcuni esami condotti su resti ritrovati a Londra nel 2011. I resti disotterrati nell'Abbazia di San Pietro permetteranno di studiare meglio il diffondersi del contagio e la sua virulenza.
L'Abbazia è nominata per la prima volta in alcuni documenti del 952 relativi a dei trasferimenti di proprietà di un'area boschiva e zone limitrofe da parte di Uberto, margravio di Tuscia e figlio di Ugo di Provenza, a Teudimondo Fraolmi. Nel 1039 un altro documento fa cenno ad un primo coagularsi di case e persone nel Burgo de Poctieuli, dotato di due chiese: la chiesa di S. Stefano e la chiesa di S. Pietro. Contemporaneo, in Toscana, fu il fenomeno dell'incastellamento a difesa dalle frequenti sortite dei Saraceni. L'ultimo documento che parla del Borgo de Poctieuli risale al 1044, dopo di che non si ha più notizia di questo agglomerato che, molto probabilmente, deve aver subito il fenomeno dello spopolamento.
Nel 1056 i primi sacerdoti danno vita ad una comunità nella chiesa di S. Pietro, nel tentativo di ripopolare la zona. La presenza di un abbas quale rettore del monastero fa la sua comparsa nel 1103, anno in cui è menzionata la presenza di un ospedale annesso al monastero e in stretto rapporto con il percorso della Francigena. Molte sono le donazioni effettuate all'abbazia in questo periodo e per tutto il corso del XII e XIII secolo. La comunità monastica si mantiene grazie alla coltivazione del terreno ma, soprattutto, attraverso la molitura e l'allevamento del bestiame.
Fasi dello scavo all'Abbazia di Pozzeveri
(Foto: Ohio State University)
Le guerre continue portano al progressivo abbandono dell'abbazia, i cui monaci si trasferiscono a Lucca. L'ultimo abbate fu un tale Agostino, che resse l'abbazia dal 1388 al 1408, praticamente privo di monaci.
Del periodo medioevale rimane la struttura della torre campanaria, almeno fino ad un tratto, dal momento che la chiesa ha subito un notevole intervento di restauro nel XIX secolo. Originariamente presentava un aspetto romanico, con unica navata, abside e transetto. L'abside rimanda ai migliori esempi di romanico lucchese del XII secolo. La base della torre campanaria risale, invece, al secolo precedente, epoca della prima canonica di Pozzeveri.
I resti del refettorio, del capitolo, del chiostro e degli ambienti in cui vivevano i monaci sono completamente sepolti. L'area cimiteriale occupava la parte retrostante l'abside della chiesa e quella adiacente al fianco nord. Qui sono emersi i resti più antichi, individui sepolti singolarmente in fosse delimitate da ciottoli in arenaria, datati anteriormente alla costruzione dell'edificio romanico.
Vicino al campanile è stato anche individuato un cosiddetto "paradisino", un cimitero per bambini, che ha restituito molte sepolture infantili risalenti al '700. Al di sotto di questo cimitero sono emerse le sepolture che gli archeologi definiscono "da catastrofe", vale a dire sepolture per morti collettive.
E' stata anche scavata una tomba collettiva, contenente gli scheletri di dieci individui e risalente al XII-XIII secolo. Si tratta, con tutta probabilità, di una famiglia benestante legata all'abbazia.

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