venerdì 28 febbraio 2014

L'antica chiesa carolingia di Magonza

Gli scavi nell'antico Duomo di Magonza
(Foto: DPA)
Nel cosiddetto Duomo Vecchio di Magonza, oggi chiesa evangelica di San Giovanni, gli archeologi hanno trovato i resti di un'altra chiesa costruita 1200 anni fa, all'epoca di Carlo Magno. Solo Trier, sul fiume Mosella, ha una chiesa più antica, risalente all'epoca romana.
Il Professor Matthias Untermann, dell'Istituto di Storia dell'Arte di Heidelberg, ha affermato che i reste delle mura carolingie vanno dalla cantina al tetto. Si tratta dell'unica cattedrale carolingia superstite in Germania.
L'attuale chiesa di San Giovanni ha praticamente inglobato l'antica chiesa carolingia. Durante gli scavi che hanno permesso il ritrovamento dell'antico edificio religioso sono state scoperte due sepolture precedenti la chiesa.

I misteri svelati di una mummia inca

La mummia della giovane donna inca custodita in Germania
(Foto: Panzer et. al, PLoS One 2014)
Una mummia finora sconosciuta e rimasta, per oltre un secolo, nelle collezioni tedesche, è stata analizzata recentemente dai ricercatori, che hanno scoperto che si tratta della mummia di una donna inca, uccisa da un trauma cranico.
Le ricerche intraprese per saperne meglio di questa misteriosa mummia, hanno rivelato anche che la donna soffriva di una malattia parassitaria che aveva attaccato il cuore e le pareti intestinali. Questa scoperta ha fatto pensare che la donna sia stata uccisa in obbedienza ad antichi riti religiosi, tanto più che, comunque, non le restava molto da vivere.
La storia della mummia sconosciuta è iniziata nel 1890, quando la principessa Teresa di Baviera acquistò, durante il suo viaggio in Sud America, due mummie, una delle quali è andata perduta mentre l'altra è stata donata allo Stato, entrando a far parte della Collezione Archeologica bavarese di Monaco. Diverse vicende hanno portato alla distruzione della documentazione che accompagnava la mummia.
Per poter conoscere qualcosa in più del misterioso reperto, i ricercatori hanno sottoposto la mummia ad una Tac. Dall'esterno la testa della donna sembra piuttosto ben conservata, ma la Tac ha rivelato che le ossa frontali erano state completamente frantumate da almeno due colpi estremamente violenti. Sono stati questi colpi ad ucciderla.
Dopo la morte la donna fu seppellita frettolosamente nel terreno arido del deserto di Atacama che ha rapidamente essiccato i fluidi corporei, arrestando la decomposizione del corpo e consentendone la conservazione. L'origine inca della donna è provata dalla caratteristica deformazione del cranio riscontrata nelle popolazioni mesoamericane. L'analisi del reperto ha restituito una datazione compresa tra il 1451 e il 1642.
La donna portava, avvolte attorno alla base dei capelli, delle fasce di alpaca o lama. L'esame degli isotopi contenuti nei capelli ha rivelato che, probabilmente, abitava vicino alla costa dell'attuale Perù o del Cile. La sua alimentazione doveva essere ricca di pesce e di mais. Aveva tra i 20 e i 25 anni quando venne uccisa.

I gladiatori di Carnuntum

Ricostruzione della scuola gladiatoria di Carnuntum, in Austria
(Illustrazione di M. Klein/7reasons)
Il completamento della mappatura di una scuola gladiatoria ritrovata in Austria, ha permesso agli archeologi di arricchire le conoscenze sulla vita di queste antiche "star" dello spettacolo.
La scuola gladiatoria è stata ritrovata nel sito di Carnuntum, fuori Vienna. Si tratta della prima scuola del genere ritrovata fuori dalla città di Roma. I resti sono celati sotto un pascolo ma sono stati interamente mappati con tecnologie di rilevamento non invasive.
Gli studiosi sono certi che più che ad una scuola, l'edificio somigliasse ad una prigione. "Vivevano in celle, in una fortezza con una sola porta", ha affermato il Professor Wolfgang Nebaure, archeologo dell'Università di Vienna. Nella scuola gladiatoria austriaca è stato stimato che vivessero almeno 80 gladiatori. La struttura aveva due piani ed era dotata di un'arena che corrispondeva al cortile centrale del complesso. I pavimenti venivano riscaldati per l'allenamento invernale, vi erano bagni, infermerie ed anche un cimitero nelle vicinanze.
Carnuntum era stata fondata dall'imperatore Adriano nel 124 d.C., in seguito divenne una roccaforte romana. La scuola copriva una superficie di 11.000 metri quadrati. Qui i gladiatori si allenavano tutto l'anno per combattere nel vicino anfiteatro. Si faceva molta attenzione a che i gladiatori non venissero uccisi, dal momento che costituivano un bene molto prezioso. Essi dormivano in celle piccolissime per una o due persone, tenute separate da camere più grandi che ospitavano i loro allenatori, di solito ex gladiatori che, sopravvissuti ai combattimenti nelle arene, si erano specializzati nell'insegnamento dell'arte delle armi e dei combattimenti.
L'unica uscita del complesso di Carnuntum si affacciava sulla strada che conduceva all'anfiteatro pubblico della città. L'analisi delle ossa ritrovate in un cimitero per gladiatori di Efeso, in Turchia, ha permesso di appurare che questi combattenti seguivano per lo più una dieta vegetariana. Gli archeologi austriaci si sono ripromessi di analizzare quanto prima i resti contenuti nel cimitero vicino la scuola gladiatoria.

Ritrovata una domus romana ad Arezzo

Parte del pavimento dell'edificio romano ritrovato ad Arezzo
(Foto: AnsaMed)
Antiche rovine romane ritrovate nei pressi della Fortezza Medicea di Arezzo durante i lavori per la riorganizzazione dell'edificio. Si tratta dei resti di un'antica struttura romana dei primi decenni del I secolo d.C., forse una domus.
Il Soprintendente regionale al patrimonio archeologico, Andrea Pessina, ha annunciato che i lavori di scavo saranno portati avanti per identificare con maggiore certezza l'edificio e per stabilire le sue dimensioni. La scoperta di questa domus si va ad aggiungere a quella della Chiesa di San Donato in Cremona, risalente all'anno 1000, ritrovata a pochi metri dai resti romani ed attualmente in fase di restauro.
Le rovine appena ritrovate appartengono, forse, ad un edificio residenziale. Finora sono state identificate tre stanze, in due delle quali sono stati rinvenuti resti di muro dipinto e pavimenti. Questi ultimi sono riconducibili all'epoca giulio-claudia e mostrano impressionanti similitudini con i mosaici della Villa dell'Ossaia a Cortona.
La chiesa di San Donato in Cremona (Foto: Tavanti)
Durante gli scavi è riemersa anche la sepoltura di un guerriero, forse un cavaliere medioevale, ancora parzialmente interrata. Si tratta di un uomo con una lunga spada di ferro la cui sepoltura è stata datata provvisoriamente all'anno 1000.
La chiesa di San Donato è ritornata alla luce nel 2012. L'edificio ha una lunghezza di circa 25 metri ed una larghezza di 10. A dirigere i lavori di riscoperta dell'antico edificio di culto è stato il Professor Maurizio De Vita, docente della facoltà di Architettura di Firenze. Il culto di San Donato risale all'anno 1000 e si è sovrapposta a diversi altri resti di origine romana.
La chiesa si trovava sotto il livello di calpestio dei primi del '900. L'edificio è menzionato a far partire dal 1098 e fu distrutta dai Francesi nell'Ottocento. Sono stati ritrovati i resti dei basamenti dei pilastri delle navate e parte dei muri perimetrali. Nelle navate erano presenti silos granari costruiti con mattoni con imboccatura lapidea che si apriva nel pavimento della chiesa.
La chiesa ha restituito anche un grande ossario con sepolture singole che sembra estendersi anche al sagrato. La cripta della chiesa è apparsa molto ben conservata e si trova sotto quello che, un tempo, era il presbiterio. Mostra la stessa ripartizione della chiesa soprastante e contiene elementi di riutilizzo. Le pareti della cripta sono conservate fino ad un'altezza di 4,30 metri.
La chiesa ebbe più fasi costruttive rintracciate almeno fino al XIV secolo.

lunedì 24 febbraio 2014

Indagine su antichi denti e antichi microbi

Un team internazionale di ricercatori ha scoperto la presenza di antichi batteri sui denti di scheletri di duemila anni fa, questi batteri sono stati battezzati "microbioma Pompei".
Le antiche cavità orali umane erano popolate da numerosi agenti patogeni. Le malattie parodontali di cui soffrivano i nostri antenati erano causate dagli stessi batteri che affliggono gli esseri umani oggi, malgrado i notevoli cambiamenti nella dieta e nell'igiene.
I ricercatori hanno scoperto che l'antico microbioma umano che viveva nelle cavità orali, conteneva già il meccanismo genetico di base per la resistenza agli antibiotici più di otto secoli prima dell'invenzione degli antibiotici (1940). Oltre a queste importantissime informazioni, gli scienziati sono riusciti a recuperare il Dna alimentare dai segni di tartaro presente sui denti. Questo ha permesso di capire meglio il tipo di dieta seguita mille anni, rintracciando anche la presenza di verdure che, solitamente, lasciano pochissime tracce nella documentazione archeologica.
Questa pionieristica indagine sull'antica ecologia del microbioma orale è stata condotta dall'Università di Zurigo, dall'Università di Copenhagen e dall'Università di York. La ricerca è stata pubblicata sul periodico Nature Genetics.
"Il tartaro agisce sia come un serbatoio a lungo termine del microbioma orale e come una trappola per i detriti dietetici e ambientali. Questo ci permette di indagare la salute e la malattia, così come ricostruire gli aspetti della storia e delle attività della vita di un individuo. Mai prima d'ora siamo stati in grado di recuperare così tante informazioni da un piccolo campione", ha affermato il Dottor Warinner, dell'Università di Zurigo e dell'Università di Oklahoma.

domenica 23 febbraio 2014

Tracce di un antico assassinio in Scozia

Lo scheletro trovato in Scozia (Foto: Addyman Archaeology)
Lo scheletro di un giovane uomo vissuto tra il XII e il XIII secolo è stato scoperto durante uno scavo archeologico in Scozia. Il giovane è stato pugnalato a morte.
L'esame dello scheletro ha permesso di accertare che sono state quattro le pugnalate mortali, tutte alla schiena: due pugnalate sono state inferte alla spalla sinistra e due alla costole. Lo scavo, oltre a riportare alla luce lo scheletro della giovane vittima, ha permesso di accertare la presenza, nel North Berwick, luogo del ritrovamento, la presenza dei resti di un'antica comunità, rappresentati da strumenti in pietra, oggetti in piombo e ceramica, ossa di foche macellate, pesci ed uccelli marini.
Il giovane di cui è stato ritrovato lo scheletro aveva, all'età della morte, all'incirca 20 anni e presentava un'usura ad una spalla, compatibile con l'utilizzo dell'arco. Gli archeologi, che hanno ritrovato altre sepolture in loco, pensano che il giovane sia stato ucciso con un pugnale avente la sezione a forma di losanga simmetrica, con i bordi molto taglienti, di almeno 70 millimetri di lunghezza. Si trattava, forse, di un'arma utilizzata soprattutto dai soldati e questo si combina perfettamente con la precisione delle coltellate inflitte alla vittima.

Di cosa si moriva in Mesopotamia?

Lo scheletro di un uomo con la gamba amputata ritrovato a
Tell Barri (Foto: A. Soltysiak)
Dopo mezzo secolo di ricerche in Mesopotamia, gli archeologi sanno ancora ben poco delle malattie che affliggevano la popolazione locale.
Finora la ricerca si è focalizzata sugli scavi nelle città e negli insediamenti e sui testi cuneiformi. L'archeologo Arkadiusz Soltysiak, dell'Istituto di Archeologia dell'Università di Varsavia, ha deciso di raccogliere tutti i rapporti precedentemente pubblicati dagli antropologi che hanno esaminato i resti umani in Mesopotamia. Lo studioso è riuscito a trovare solo 44 pubblicazioni che menzionano tracce di malattie sulle ossa umane, malgrado si conosca da tempo la lingua sumera, l'accadico, l'assiro e il babilonese.
Purtroppo i resti umani in Medio Oriente sono mal conservati a causa del clima, con inverni umidi ed estati calde. Le ossa, estremamente fragili, finiscono per dissolversi. Anche la situazione politica instabile contribuisce ad una mancanza di continuità negli studi antropologici. I resti umani finora analizzati, a parte resti dell'uomo di Neanderthal scoperti nella grotta di Shanidar, in Kurdistan, riguardano essenzialmente il periodo Neolitico, circa 9000 anni fa. I resti umani di questo periodo mostrano un'elevata usura delle ossa, dovuta al sollevamento e al trasporto di pesi. Usura che andò mano a mano regredendo fino all'Età del Bronzo, quando cominciarono ad essere utilizzati gli animali da soma.
Nel periodo Neolitico, inoltre, sono stati riscontrati meno casi di malattie ai denti, quali la carie. Il momento più difficile per la Mesopotamia è stato l'inizio dell'Età del Ferro, con un collasso economico ed agricolo legato a cambiamenti climatici e frequenti conflitti. Una scoperta interessante è stata quella relativa al graduale aumento del numero di casi di malattie ai denti dall'età antica fino al medioevo, probabilmente da collegarsi ad un mutamento nelle abitudini alimentari.

Eccezionale necropoli scoperta a Concordia Sagittaria

Uno dei timpani recuperati nella necropoli di Concordia Sagittaria
(Foto: Il Gazettino)
Un grande complesso monumentale funerario del III secolo d.C. è stato scoperto in una campagna di scavo a Concordia Sagittaria. Il complesso è in ottimo stato di conservazione e si trova fuori dalle antiche mura della romana Iulia Concordia.
Lo scavo archeologico è finanziato e coordinato dalla Regione del Veneto attraverso fondi comunitari, sotto la direzione scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto. Gli archeologi hanno recuperato l'intero complesso con un podio in blocchi di calcare alto quasi due metri e lungo sei, con i resti di due sarcofagi sulla sommità. Altri due sarcofagi in pietra poco distanti, il basamento di un terzo ed i resti di una precedente necropoli della fine del I secolo a.C. sono riemersi durante il corso degli scavi.
Eccezionale è il ritrovamento di un frammento di iscrizione con il nome di quello che potrebbe essere il committente, Titus Vettius. La conservazione del manufatto è dovuto ad una calamità naturale, nel V secolo d.C. diverse alluvioni ricoprirono l'area con sabbia e detriti, rendendola inaccessibile.
Il recupero di uno dei sarcofagi (Foto: Veneziatoday)
La necropoli era sicuramente privata e serviva per seppellire i defunti della famiglia di Titus Vettius, un alto funzionario imperiale della colonia Iulia Concordia. Prime tracce del complesso sono state intercettate nel 2009, durante gli scavi per la verifica dell'antico tracciato della via Annia. All'epoca riemersero i resti di un primo complesso del I secolo a.C.-I secolo d.C. e blocchi del III secolo d.C.. Le ricerche furono, però, interrotte per mancanza di fondi.
Il monumento era composto di 30 blocchi, 27 dei quali rinvenuti. Di uno dei sarcofagi sono rimasti solo alcuni resti, del secondo, oltre ai frammenti, è stata ritrovata una testa di Medusa pertinente uno dei timpani. Altri due sarcofagi, aperti nei mesi scorsi, sono stati riutilizzati nel IV secolo d.C. come ossari. Uno di questi riporta l'iscrizione: "Il padre Publio Firmiteius Redentor al figlio dolcissimo che visse diciotto anni". Nelle vicinanze è stato rinvenuto un altro sarcofago in pietra, privo di iscrizioni. Nel corso del V secolo d.C., il basamento del monumento principale per recuperarne le parti metalliche che univano i blocchi. Questo evento fece frammentare gli altri due sarcofagi.
Tra il II e il III secolo d.C. l'area dove sorge la necropoli venne spianata per collocare circa 50 sepolture in fossa o in anfora, tra le quali una appartenente ad una donna nella quale sono stati ritrovati il coperchio in pietra calcarea e una coppa di vetro verdastro.

sabato 22 febbraio 2014

I grandiosi resti di Baalbek

Baalbek, propilei del tempio di Giove (Foto: Wikipedia)
Il sito di Baalbek sorge nella valle della Beqaa, a circa 1.000 metri sul livello del mare. Il sito era frequentato già durante l'Età del Bronzo Antico (2900-2300 a.C.): sono stati ritrovati frammenti di ceramica dipinta e schegge di ossidiana. Nel 1900-1600 a.C. qui sorgeva un antico santuario dedicato a Baal-Hadad.
Il nome di Baalbek è composto dal nome della divinità semitica Baal e quello della divinità cananeo Hadad. In epoca romana venne qui costruito un complesso templare che risultò essere il più grande del mondo romano. Per edificarlo furono spostati enormi blocchi di pietra da una cava vicina, con i quali si eresse l'acropoli di cui il tempio era parte.
La storia di Baalbek inizia dopo la morte di Alessandro Magno, nel 323 a.C., quando la regione venne annessa ai possedimenti tolemaici. Un sovrano locale fece della città la sua capitale regionale, imponendole il nome di Heliopolis, la "città del sole". Nel 64 a.C. il luogo venne occupato dai Romani, guidati da Pompeo, e nel 15 a.C. Ottaviano ne fece una colonia per i suoi veterani: la Colonia Iulia Augusta Felix Berytus. Il compito di questi veterani era di assicurare l'ordine nell'appena costituita provincia romana di Siria. Proprio in questo periodo cominciò la costruzione del complesso templare.
Baalbek, le colonne superstiti del tempio di Giove (Foto: Wikipedia)
Il complesso di templi di Baalbek sorge su diversi strati abitati precedenti: fondazioni di case dell'Età del Bronzo Medio e un livello risalente al Bronzo Antico. Inoltre, a breve distanza da questi insediamenti, è stata scoperta una crepa naturale, sul fondo della quale si trova un piccolo altare scavato nella roccia, un luogo sacro di antichissima origine dedicato a Baal-Hadad, divinità semitica della pioggia e della tempesta. E' proprio su questo santuario che i Romani edificarono il gigantesco podio che, ancora oggi, sorregge i resti del tempio di Giove Eliopolitano.
Baal era la divinità adorata in tutto il Vicino Oriente antico; Hadad era il dio della tempesta semitico, che dispensava piogge ma poteva causare anche la siccità e devastanti inondazioni. In seguito Hadad divenne, nel mondo greco-romano, Zeus e Giove. Ambrosio Teodosio Macrobio, scrittore latino del V secolo d.C., scrive, sulla statua di Giove Eliopolitano: "La statua è d'oro, rappresenta una persona sbarbata che nella sua destra tiene una frusta, come un auriga, e nella sinistra un fulmine".
Baalbek, il tempio detto "di Bacco"
Sembra che Giove Eliopolitano avesse anche doti divinatorie: durante le feste pubbliche la sua statua veniva esposta al popolo convenuto sull'acropoli. La sua fama andò ben oltre gli angusti confini di Baalbek. Persino Traiano, durante la sua campagna militare contro i Parti, interpellò l'oracolo del dio di Heliopolis.
Anticamente si entrava nel complesso sacro attraverso i Propilei posti ad est. Questi furono costruiti sotto l'imperatore Caracalla: si tratta di 12 colonne terminanti con capitelli di bronzo dorato. Il tempio vero e proprio aveva una fronte costituita da 10 colonne. Il cortile di età traianea ospitava il grande altare a torre neroniana e i bacini laterali per le abluzioni. I portici laterali erano sorretti da 128 colonne di granito di Assuan ed erano sostenuti da criptoportici. Il tempio di Giove è il tempio più grandioso di Baalbek e conserva 6 delle 19 colonne corinzie del peristilio sudoccidentale. Originariamente misurava 90 metri di lunghezza e 50 di larghezza; 54 colonne ne scandivano il perimetro.
Il tempio Minore, detto "di Bacco", è quello meglio conservato del mondo romano. La sua attribuzione a Bacco fu data ai primi del '900, a causa della rappresentazione di vigneti e di una processione dionisiaca posti all'ingresso. Ovviamente il tempio ha dimensioni ridotte rispetto a quelle del tempio di Giove ma è più grande del Partenone. La cella misura 35 metri di lunghezza per 19 di larghezza; la porta di accesso è larga 6,5 metri ed è alta quasi 13. Si accedeva al tempio attraverso una scalinata di 33 gradini. Il tempio Minore era decorato da una fastosa decorazione a rilievo sulle pareti e sul soffitto della cella e del peristilio.
Il sito sacro di Baalbek (Foto: Martin Gray)
Il tempio dedicato a Venere è il terzo del complesso monumentale di Baalbek. Si tratta di un tempio circolare dedicato, in realtà, alla dea Fortuna di Heliopolis. La dedica a Venere è dovuta ai primi viaggiatori occidentali, che notarono le nicchie esterne decorate con motivi a conchiglia e colombe, elementi associati in genere al culto della dea dall'amore.
Gli studiosi pensano che a Baalbek venne adorata una triade divina, così come accadeva nei territori limitrofi del Vicino Oriente. Sono state ritrovate iscrizioni su tre basi di colonne dei Propilei che sono dediche a Giove, Venere e Mercurio. Il culto della triade eliopolitana si diffuse nel II secolo d.C. oltre i confini della Fenicia e della Siria.
L'avvento del cristianesimo portò ad una lenta decadenza del sito, accentuata dai terremoti che si susseguirono nella regione. Costantino, secondo Eusebio di Cesarea, vi costituì una sede vescovile e vi impiantò una chiesa. Giustiniano (527-565 d.C.) ordinò di asportare otto delle colonne del tempio di Giove per riutilizzarle nella basilica di Santa Sofia a Costantinopoli.
Nel 637 gli arabi di Abu 'Ubayda ibn al-Garrah trasformarono l'acropoli e il complesso templare di Baalbek in una cittadella fortificata con una grande moschea omayyade oggi in rovina. Nel 1025 la città cadde sotto il dominio dei Mirdasidi e, infine, dei Selgiuchidi (1075).
Gli scavi a Baalbek iniziarono nel 1898 e furono affidati ai tedeschi, guidati dall'archeologo Professor Otto Puchstein. I primi ad essere esaminati furono i resti del grande tempio di Giove: furono catalogati innumerevoli blocchi di pietra sparsi tra questo tempio e quello detto "di Bacco". Ai tedeschi subentrarono, dopo la prima guerra mondiale, i francesi e, in seguito, la Direzione Generale delle Antichità del Libano.

venerdì 21 febbraio 2014

Ritrovato un tesoretto in Israele

Il luogo di ritrovamento della brocca con gli oggetti d'argento
(Foto: Robert Mullins, Azusa Pacific University)
Nell'antica città biblica di Abel Beth Maaca, in Israele, è tornata alla luce una brocca contenente orecchini d'argento e dei lingotti. La scoperta è avventa nei pressi di una massiccia struttura, forse una torre. La brocca ed i gioielli sembrano risalire a circa 3200 anni fa.
La brocca non sembra essere stata deliberatamente nascosta ma non fu nemmeno recuperata dal suo proprietario. Il perché rimane un mistero. La zona dove è stata ritrovato il tesoro era sepolta da un accumulo di detriti e terra accumulatisi nel corso dei secoli.
La struttura che ospitava il tesoretto poteva essere una delle torri che dominava, un tempo, la valle di Huleh. La struttura cadde, nel tempo, in disuso e la zona a nord finì per essere utilizzata come abitazione. Forse il tesoretto risale a questo periodo di riuso.
L'attuale sito di Abel Beth Maaca era, un tempo, chiamato Tell el-Abil Qameh. Gli oggetti d'argento sono stati rinvenuti avvolti in una sorta di palla e sono stati consegnati al restauratore Mimi Lavi, della Hebrew University di Gerusalemme. Una volta pulito, il tesoretto ha rivelato cinque orecchini a cerchio, un oggetto d'argento a forma di nodo contorto, diversi lingotti o pezzi di scarto d'argento che potrebbero essere stati utilizzati per transazioni monetarie. All'epoca a cui risale il tesoretto, non era stata ancora inventata la moneta e si utilizzavano, nel commercio, pezzi d'argento.
Gli orecchini facenti parte del tesoro potevano essere indossati sia dagli uomini che dalle donne, poiché dall'analisi delle sepolture dell'epoca, è emerso che anche gli uomini avevano l'abitudine di portarli.
La brocca con il tesoretto di 3200 anni fa (Foto: Gaby Laron)
Il periodo a cui risale il tesoro fu un momento particolarmente critico per l'umanità, molte città furono distrutte e diverse civiltà finirono per crollare. La storia parla di Popoli del Mare che invasero il Medio Oriente portando caos e violenza nella regione, anche se sembra che la zona di Abel Beth Maaca non ne abbia risentito. Probabilmente, pensano gli studiosi, la città fu solamente abbandonata per un certo periodo di tempo e poi nuovamente ripopolata. Se ne hanno menzione ben oltre la data alla quale risalgono gli oggetti ritrovati.
La Bibbia nomina un beniaminita, Sheba ben Bichri, che si era ribellato a Davide e si era rifugiato proprio ad Abel Beth Maaca. La città venne posta sotto assedio mentre una donna del luogo proclamò l'appartenenza del centro urbano ad Israele. L'assedio, poi, si concluse con l'uccisione di Sheba ben Bichri, che venne decapitato. Alcuni studiosi ritengono che il re Davide sia vissuto 3000 anni fa, vale a dire due secoli dopo l'abbandono del tesoro d'argento appena ritrovato.

giovedì 20 febbraio 2014

Primi cristiani d'Irlanda

I resti ritrovati a Caherconnel, Irlanda
Si ritiene che il cristianesimo sia arrivato in Irlanda poco prima del V secolo d.C.
Su una piccola altura accanto ad una valle, in un luogo in seguito noto come Caherconnel, sono stati seppelliti una donna anziana e due bambini, i cui resti furono collocati in due bare fatte con pareti di pietra accuratamente costruite. Le tombe furono poi sepolte sotto un basso tumulo di terra e di pietra. Questo è quanto deve essere accaduto nel VI-VII secolo d.C.
Recenti scavi della Field School Caherconnell of Archaeology dimostrano che, in realtà, le sepolture non appartengono propriamente al pieno periodo cristiano. Nel 2013 è stato scoperto che Caherconnel Cashel o' caher, un recinto a secco circolare al cui interno sorgevano case di abitazione ed altri edifici erano state costruite deliberatamente sopra la parte superiore di un tumulo precedente.
Caherconnel cashel (Foto: Michelle Comber)
Il tumulo precedente conteneva le due sepolture, il cui contenuto era ancora al suo posto. La più piccola delle due urne conteneva i resti di un bambino di circa uno-due anni di età. L'urna grande conteneva lo scheletro di una donna di almeno 45 anni di età, sofferente di una malattia articolare, probabilmente il risultato di un duro lavoro fisico nel corso della sua vita. Gli esami al radiocarbonio hanno datato i resti umani ad un periodo compreso tra il 541 e il 645 d.C. e tra il 535 e il 649 d.C., il che li pone entro i limiti cronologici di quello che un tempo era definita l'Irlanda paleocristiana.
Seguendo la tradizione cristiana, i corpi erano accompagnati di corredi e sono stati disposti con orientamento est-ovest. Non erano, però, sepolti in un cimitero cristiano. Sono stati, piuttosto, collocati al di sotto di un basso tumulo di pietra. Urne e cumuli si trovavano con una certa frequenza nel passato preistorico pre-cristiano dell'Irlanda. I defunti di che trattasi sembrano aver unito il sistema di credenze tradizionali con gli elementi della nuova religione.
Diversi secoli dopo la morte di questa donna e dei bambini, nel X-XI secolo d.C., su questo luogo di sepoltura è stato costruito un altro edificio che ha sfruttato la parte alta del tumulo che lo precedeva. Sembra che la conoscenza del tumulo e di quello che conteneva sia sopravvissuto nel X-XI secolo d.C. e che i nuovi occupanti della zona abbiano voluto deliberatamente inserire questi lontani antenati nel loro insediamento

E' stato ritrovato il tesoro dei Nibelungi?

Statuette in argento facenti parte del tesoro tedesco
(Foto: DPA)
Un archeologo dilettante "armato" di metal detector ha scoperto un tesoro di oggetti d'oro e d'argento in una foresta tedesca. Il tesoro risale ad epoca tardo-romana e già si parla del favoloso tesoro dei Nibelunghi, che ispirò la musica di Richard Wagner.
Il tesoro comprende ciotole d'argento, spille ed altri monili per abiti da cerimonia, nonché delle statuette che dovevano ornare una grande sedia. Si tratta di oggetti molto raffinati e preziosi che, forse, appartenevano ad un individuo di nobili natali.
Le autorità stanno, ora, indagando sui movimenti dell'uomo che ha scoperto il tesoro, perché sospettano che  possa aver venduto una parte degli oggetti ad un acquirente estero.
Il tesoro sembra essere stato seppellito in fretta e furia dal suo proprietario o, magari, anche da dei ladri. Gli archeologi pensano che il tutto sia avvenuto intorno al 406-407 d.C., quando i possedimenti dell'impero romano lungo il Reno andavano lentamente sgretolandosi.
Spille d'oro per abito cerimoniale (Foto: DPA)

martedì 18 febbraio 2014

Scheletri al centro di Malmo

Un operaio rimuove il terreno nei pressi di uno degli scheletri
(Foto: Johan Nilsson/TT)
Diversi scheletri umani sono emersi sotto una strada di Malmo, in Svezia. I resti appartengono ad adulti e bambini e sono tornati alla luce durante l'installazione di un sistema di teleriscaldamento nel centro della cittadina svedese.
In quest'area sorgeva, tra il 1690 e il 1820, un cimitero collegato all'ospedale di Malmo. La maggior parte delle persone sepolte erano i malati ed i poveri della città. Il sito era era già noto agli archeologi ed agli storici ed era stato accuratamente documentato, ma non era stato, finora, scavato.

Preistoria polacca

La sepoltura doppia della comunità lusaziana (Foto: A. Cieslinsk/PAP)
Diverse sepolture preistoriche sono state scoperte dagli archeologi durante gli scavi a Nowy Lowicz, nella più grande zona di addestramento militare polacca, vicino a Drawsko Pomorskie, in Pomerania occidentale.
Le tombe, esplorate nelle ultime tre stagioni di scavo, sono per lo più a cremazione ed appartengono alla civiltà lusaziana, vissuta in questi luoghi durante l'Età del Bronzo, più di 3000 anni fa. Le tombe, a tutt'oggi, sono più di 90. La stragrande maggioranza dei corpi cremati sono stati deposti all'interno di urne.
E' stata scoperta anche un'urna con doppia deposizione. Il sito di Nowy Lowicz è conosciuto soprattutto come un vasto cimitero della cultura Wielbark, fiorita circa 2000 anni fa. Questa civiltà era composta da individui di origine germanica.
Alcune delle fosse, per le loro ridotte dimensioni, hanno fatto pensare ad inumazioni di fanciulli. All'interno delle tombe degli individui più giovani sono stati trovati solo corredi piuttosto poveri, tra cui perle di vetro, tazze di argilla ed oggetti in bronzo. La ricerca è condotta dall'Istituto di Archeologia polacco in collaborazione con l'Università di Varsavia e il Museo di Koszalin.

Tracce di un antico villaggio in Israele

Veduta aerea del sito di scavo (Foto: Skyview Israel Antiquities
Authority)
L'Israel Antiquities Autohority ha comunicato che sono stati ritrovati i resti di un insediamento rurale la cui vita si è protratta per due secoli, durante il periodo del Secondo Tempio. L'insediamento si trova nei pressi della Burma Road, non lontano da Mitzpe Harel.
Lo scorso anno l'Israel Lines gas naturale ha iniziato la costruzione di un gasdotto di 35 chilometri di lunghezza che dalla pianura costiera arriverà alla periferia di Gerusalemme. Proprio durante i lavori sono state scoperte le evidenze dell'insediamento storico. gli scavi hanno rivelato poche case in pietra ed una rete di vicoli piuttosto stretti. Ogni edificio ospitava, con tutta probabilità, un nucleo familiare ed era composto da diverse camere ed un cortile aperto.
Il sito si trova in cima ad uno sperone roccioso posto a 280 metri sul livello del mare. I terreni circostanti sono stati sfruttati per la coltivazione di frutta e per impiantarvi con successo delle vigne, entrambi pilastri economici dei primi coloni della regione.
Il villaggio raggiunse il massimo del suo sviluppo in epoca ellenistica (III secolo a.C.), quando la Giudea era governata dalla monarchia seleucide erede di Alessandro Magno. L'abbandono avvenne alla fine della dinastia degli Asmonei. Non si conoscono ancora i motivi dell'abbandono del sito, ma i ricercatori pensano siano legati a problemi di natura economica.
Furono molti i villaggi e le fattorie in Israele abbandonate durante l'epoca asmonea. Questo fenomeno era, forse, legato ai massicci programmi edilizi di Erode a Gerusalemme, soprattutto alla costruzione del Monte del Tempio, che portò molte famiglie a spostarsi a Gerusalemme per trovare lavoro nei cantieri.

lunedì 17 febbraio 2014

Scoperto un mausoleo Wari

Archeologi al lavoro nel sito Wari (Foto: Peru.21)
Nel Perù centrale, nella regione di Ayacucho, gli archeologi che stanno scavando ad un complesso Wari affermano di aver trovato una grande tomba di mille anni fa.
L'archeologa Martha Cabrera ha detto che finora sono state scoperte e parzialmente scavate due gallerie sotterranee nei pressi del complesso. La prima galleria è lunga 15 metri e larga 1,4, per un'altezza di circa 1,75 metri. L'altra galleria è lunga 8,5 metri. I resti ritrovati fanno presupporre che il complesso ospitasse sepolture collettive per i membri della nobiltà Wari. Questa cultura abitava gran parte della costa e degli altipiani centromeridionale del Perù tra il 500 e il 1000 d.C., prima dell'impero Inca.
La Dottoressa Cabrera lavora da oltre dieci anni nei siti Wari della zona con l'archeologo Jose Ochatoma. Quest'ultimo ha dichiarato che sono stati ritrovati anche un grande tavolo di pietra lungo sei metri ed i resti di circa 60 persone. Lo scavo di queste gallerie è iniziato nel 2012.

Scoperta una necropoli di cani in Messico

Le sepolture dei cani trovate a Città del Messico
(Foto: Meliton Tapia/Inah)
Gli archeologi messicani dell'Istituto Nazionale di Antropologia e Storia (Inah) hanno annunciato la scoperta di un luogo di sepoltura contenente i resti di 12 cani, animali dalla valenza religiosa e simbolica per gli Aztechi del Messico centrale. La necropoli canina si trova sotto un edificio abitativo di Città del Messico.
Prima dei resti animali sono stati rinvenuti resti umani che accompagnavano i cani o che fungevano da parte di offerte. E' la prima volta che vengono ritrovati resti di cani e di uomini sepolti nello stesso luogo. Gli Aztechi credevano che i cani guidassero le anime degli umani verso una nuova vita dopo la morte. Solitamente custodivano le piramidi e altri monumenti e venivano sepolti, per questo, sotto questi edifici.
I cani sono stati seppelliti tutti nello stesso periodo di tempo, tra il 1350 e il 1520 d.C., in un'unica fossa. La datazione è stata ottenuta dai ricercatori grazie all'esame delle ceramiche e degli oggetti contenuti nelle fosse vicine. Sarà necessario un ulteriore scavo per cercare di capire per quale motivi i cani sono stati sepolti in questo luogo. Nel frattempo si attendono i risultati degli esami delle ossa che possono determinare a che razza appartenessero i cani e come sono stati uccisi.
Gli Aztechi allevavano una razza di cani detta Techichi, con le gambe piuttosto corte, che si ritiene siano gli antenati dei moderni Chihuahua.

I pezzi perduti dei Colossi di Memnone

Uno dei blocchi ritrovati (Foto: MSA)
Una missione archeologica europeo-egiziana, guidata dall'egittologa Horig Sourouzian, ha riportato alla luce diversi blocchi di quarzite che appartengono ai famosi Colossi di Memnone, posti un tempo all'ingresso del tempio di Amen-Hotep III a Kom el-Hitan, sulla riva occidentale di Luxor.
Mohamed Ibrahim, ministro egiziano per le antichità, ha affermato che i blocchi di quarzite appartengono al colosso settentrionale e sono parti del braccio, della cintura dipinta e del gonnellino. Questi blocchi mancavano sin dall'antichità, quando un terremoto provocò la distruzione del tempio e danneggiò gravemente le statue del faraone poste a guardia dello stesso.
La missione archeologica ha ritrovato anche blocchi facenti parte della corona reale di uno dei due colossi. I ricercatori sperano di poter ricostruire, un giorno, le due grandi statue così come erano in passato.

L'Atlantide cinese

Una delle decorazioni di edifici di Lion City (Foto: Beezer.it)
Una vera e propria città sommersa è stata esplorata nelle acque del lago artificiale di Qiandao, in Cina. La città è stata ribattezzata Lion City e giace ad una profondità compresa tra i 25 ed i 40 metri
La città sembra ospitasse quasi 300.000 abitanti e fu sommersa nel 1959, quando fu costruita la centrale idroelettrica sul fiume Xin'an. Il sito è grande quasi quanto 62 campi di calcio e giace da 53 anni sotto le acque del lago artificiali. Sei sono le strade principali di questa città che è stata chiamata anche l'Atlantide cinese.
Il nome della città deriva dal monte nei pressi del quale sorgeva, vale a dire la "montagna dei cinque leoni". La ricerca di questa città è iniziata nel 2002 ed ora i suoi resti sono diventati meta dei tanti turisti appassionati ed esperti di immersioni subacquee. Costoro sono accompagnati da apposite guide subacquee a percorrere le strade principali della città.
In realtà le città sommerse sono due. La prima, Shi Cheng, fu costruita nel 621 d.C. durante la dinastia Tang. La seconda, invece, risale al 208 d.C. e fu costruita durante la dinastia Han. Oltre alle due città, la costruzione della diga provocò la scomparsa di 1377 villaggi e di circa 50.000 ettari di terreno agricolo.
Il lago di Qiandao è famoso anche per le sue acque limpide che vengono utilizzate per il marchio di acqua minerale Nongfu. Diverse isole sono presenti nel lago.

domenica 16 febbraio 2014

Ritrovata una necropoli sotto l'ospedale di Modena

L'Ospedale di Sant'Agostino a Modena
Sotto l'ex ospedale di S. Agostino a Modena è stata trovata una necropoli romana, con circa 40 sepolture degli antichi abitanti di Mutina.
Due anni fa gli archeologi della Soprintendenza hanno eseguito nell'area, circa 25.000 metri quadrati di terreno dove avrebbe dovuto essere aperto il nuovo cantiere, carotaggi fino a 4 metri di profondità. Proprio a questa profondità sono state individuate le tombe romane che, secondo gli archeologi, costituiscono solo un assaggio di quello che è celato ancora sotto il palazzo settecentesco in cui era ospitato l'ospedale della città. L'edificio sorge fuori dalle mura antiche di Mutina.
Nel V-VI secolo d.C. gli abitanti di Mutina continuavano a seppellire fuori le mura cittadine, in un'area vicina alla campagna. Nell'area circostante la necropoli sorgeva, un tempo, una zona artigianale dove già sono state individuate la strada romana, le steli ed altri resti.
Ora gli archeologi e i progettisti della nuova area che prenderà il posto dell'ex ospedale stanno cercando un compromesso per salvare i resti tornati alla luce e il progetto architettonico al momento bloccato.

Un vino dal passato, ancora Tel Kabri

Gli archeologi al lavoro a Tel Kabri (Foto: National Geographic)
Nella Bibbia il banchetto aveva una particolare importanza. Il banchetto prevede il pasto sacro accompagnato con il vino. Ora c'è un riscontro archeologico alla tradizione del banchetto.
Nello scavo del palazzo reale di Tel Kabri, in Galilea, amministrazione divisa tra Israele e Cisgiordania, sono stati trovati i resti di una sala per banchetti che poteva ospitare circa mille persone. Annesso alla sala vi era un magazzino con 40 giare, il tutto risalente a 4000 anni fa. Si tratta della più antica cantina di vino del mondo finora scoperta.
La campagna di scavi conclusasi agli inizi di agosto 2013 è stata diretta da Assaf Yasur-Landau, dell'Università di Haifa, e da Eric H. Cline, della George Washington University. Lo scavo è stato sovvenzionato dalla National Geographic, dalla Israel Science Foundation, dalla Bronfman Philanthropies e dall'Istituto per la Preistoria dell'Egeo. Il team internazionale comprende 60 persone tra cui molti volontari provenienti dal Regno Unito, Israele, Inghilterra, Canada, Paesi Bassi e Australia.
Un archeologo tra le giare del magazzino di Tel Kabri
Il palazzo di Tel Kabri è stato costruito circa 3850 anni fa, nel Bronzo Medio, e rimase attivo per almeno 300 anni. La sua superficie arrivò a coprire i 6.000 metri quadrati distribuiti su due piani. La sala banchetti appena scoperta era enorme e conteneva i resti di festini a base di carne. Il magazzino scoperto accanto alla sala copriva circa 15 metri quadrati. In un primo momento è stata rinvenuta una sola giara di circa un metro di altezza. Molte altre giare sono tornate alla luce durante la prosecuzione degli scavi. In tutto le giare sono risultate essere 40, pari a 3000 bottiglie di vino dei nostri giorni, vale a dire duemila litri del prezioso liquido.
Immediatamente gli studiosi si sono messi al lavoro per la conservazione e il restauro della ceramica, la datazione dei reperti, la geoarcheologia, la petrografia, lo studio dei resti animali e della microfauna.
Cantina e sala da banchetti risultano essere stati distrutti da un terremoto che ha coperto gli ambienti con detriti di mattoni in fango e intonaco. Andrew Koh, della Brandeis University, esperto in chimica archeologica, ha analizzato i materiali organici che coprivano le giare, trovando tracce di componenti base del vino e di composti che, all'epoca, rientravano tra gli ingredienti della bevanda a base di uva, vale a dire: resina di terebinto, miele, menta, cannella e bacche di ginepro. Sono più o meno gli stessi ingredienti utilizzati in un vino medicinale egiziano. "La ricetta di questo vino è stata rigorosamente rispettata in ogni vaso", ha dichiarato Andrew Koh. "Non era vino fatto in casa da dilettanti. Ogni singola giara conteneva vino fatto secondo la stessa ricetta, nelle stesse esatte proporzioni". Ora gli archeologi si ripropongono di ricreare l'antico vino cananeo.

Gli antenati dei nativi Americani

Alcuni degli oggetti ritrovati in Montana nel 1968
(Foto: AP)
L'analisi del Dna di un bambino seppellito nello stato americano del Montana 12.600 anni fa, ha rivelato che i nativi americani discendono dall'uomo di Clovis. La cultura Clovis era presente in Nord America già 13.000 anni fa e prende il nome dal sito archeologico di Clovis, nel Nuovo Messico.
Il Dna del piccolo defunto è il più antico genoma mai recuperato nel Nuovo Mondo ed ha in sé il genoma degli antenati di molti popoli indigeni delle Americhe. Lo scheletro di Anzick, come è stato battezzato il reperto, è stato ritrovato con 125 altri reperti quali punte di lancia e strumenti intagliati nel corno. Era coperto di ocra rossa. Il Dna del defunto è simile a quello dell'80% degli odierni nativi americani, malgrado la cultura Clovis si sia estinta da moltissimo tempo.
L'analisi ha permesso di stabilire senza ombra di dubbio che l'uomo di Clovis non discende dagli europei, dagli asiatici o dai melanesiani, come volevano alcuni ricercatori. Piuttosto la cultura Clovis era strettamente legata alle culture dell'America centrale e Meridionale.
Manufatti e scheletro ritrovati erano ugualmente coperti di ocra rossa, un pigmento naturale che indica la presenza di un cerimoniale di sepoltura. Lo scheletro del bambino è stato scoperto nel 1968 vicino ad una scogliera rocciosa, ma solo negli ultimi anni gli scienziati sono riusciti ad estrarre ed analizzare il genoma completo dalle sue ossa.
La scoperta conferma le antiche tradizioni dei nativi americani, che sostengono di essere stati praticamente da sempre presenti nel continente nordamericano.

Le rune di San Valentino...

Il pezzo di osso con le rune interpretate come l'esortazione "Baciami"
(Foto: K. Jonas Nordby)
Finalmente sembra sia stato decodificato un antico codice norvegese, il codice Jotunvillur, che ha permesso di tradurre un messaggio d'amore di 900 anni fa. Il codice fu utilizzato nel XII secolo a Sigtuna, in Svezia. La decodificazione è stata fatta da uno studente dell'Università di Oslo, Jonas Nordby.
Il codice ha resistito 800 anni all'interpretazione ed è stato ritrovato soltanto in nove iscrizioni in tutta la Scandinavia. Solitamente veniva utilizzato su tavolette di legno scambiate un pò come si fa oggi con gli sms, brevi messaggi della vita di ogni giorno. Una delle nove tavolette, ha scoperto Nordby, recava i nomi, in alfabeto runico "normale", di due uomini, perfettamente leggibili: Sigurd e Lavrans. Dall'analisi della posizione delle rune/lettere, Nordby ha individuato la chiave di lettura ed ha potuto leggere il messaggio di Sigtuna, risolvendo il codice.
Il problema delle rune del codice è che sono essenzialmente la trascrizione fonetica delle rune. Tuttavia gli esperti ritengono che l'interpretazione delle rune incise sul pezzo di osso ritrovato a Sigtuna equivalga ad un'esortazione: "Baciami".
I crittologi sostengono che il codice Jotunvillur non sia stato utilizzato per comunicare messaggi segreti ma si tratterebbe, piuttosto, di uno strumento per l'insegnamento delle rune anche attraverso il rimescolamento delle lettere ed il loro diverso posizionamento nell'ambito di un testo o di una parola. Gli antichi abitanti della Scandinavia, insomma, potevano sfidarsi nell'apprendimento e nell'uso delle rune nel loro diverso significato. Una sorta di gioco, di competizione nell'arte di scrivere e leggere questi antichi segni.

A proposito di tunnel...

Uno dei tunnel sotterranei scoperti in Germania
(Foto: Heinrich Kush)
Durane l'Età della Pietra l'uomo ha creato una vasta rete di tunnel sotterranei che attraversano l'Europa dalla Scozia alla Turchia. L'archeologo tedesco Heinrich Kush ha trovato prove di diversi percorsi sotterranei in centinaia di insediamenti neolitici in tutto il continente.
In un suo libro, l'archeologo tedesco sostiene che la sopravvivenza di molti di questi tunnel antichissimi, dimostra che, nell'antichità, la rete doveva essere ben più ampia. Nella sola Germania sono stati ritrovati 700 metri di queste reti sotterranee, in Austria 350 metri. In tutta l'Europa ci sono migliaia di questi tunnel, dal nord della Scozia fino al Mediterraneo. La maggior parte sono larghi appena 70 centimetri, sufficienti per il passaggio di una persona. I tunnel sono intervallati da nicchie e nei tratti in cui si allargano sono provvisti di panche, di cavità utilizzabili come magazzini e persino di sale. Non tutti sono collegati tra loro, ma insieme formano una grandissima rete sotterranea.
Alcuni studiosi ritengono che questi percorsi sotterranei servissero a proteggere gli uomini dai predatori, mentre altri pensano che fossero, piuttosto, una sorta di autostrade primitive, che permettevano alle persone di viaggiare in modo sicuro in periodo di guerra o di generale violenza.

Un tunnel sotto lo stretto di Messina?

Un tratto di un tunnel sotterraneo scoperto in
Germania (Foto: Heinrich Kusch)
Sotto lo stretto di Messina è stato scoperto un tunnel sotterraneo di epoca romana. La scoperta è stata effettuata da un gruppo di operai che stavano facendo dei carotaggi sul tratto autostradale tra Villa San Giovanni e Scilla.
Gli archeologi della Soprintendenza, immediatamente intervenuti, hanno affermato che il tunnel, profondo tra gli 80 e i 200 metri e lungo più di tre chilometri, dovrebbe collegare le due sponde dello stretto. L'esame al C14 ha dato una datazione riconducibile alle guerre puniche (264-241 a.C.) e si pensa possa essere stato utilizzato dalle truppe romane che si recavano in Sicilia. In seguito il tunnel venne usato come riparo dai bombardamenti dell'ultima guerra mondiale.
Gli archeologi ed i geologi ritengono che questo tunnel faccia parte di una vera e propria rete di percorsi sotterranei che si estende in tutta la Sicilia. "Solo a Villa San Giovanni abbiamo trovato 700 meri di questa rete di tunnel sotterranei. - Ha dichiarato l'archeologo Marco Manti. - A Ganzirri ne abbiamo trovati altri 350. Si tratta di cavità ampie solo 170 centimetri, appena sufficienti a permettere il passaggio di una persona. I tunnel sono intervallati da piccole camere di stoccaggio e posti a sedere".
Ora si sta operando per mettere in sicurezza il tunnel e consentire ad un gruppo di geologi di effettuarvi un'ispezione.

sabato 15 febbraio 2014

Scoperta una sepoltura femminile in Scozia

La sepoltura ritrovata in Scozia (Foto: Scotsman.com)
Nelle Highlands scozzesi è stata scoperta una sepoltura dell'Età del Bronzo con i resti di un individuo di sesso femminile, dell'età di circa 40 anni che aveva sofferto, in vita, di mal di denti. A fare la scoperta sono stati dei lavoratori edili che hanno immediatamente allertato gli archeologi della Glasgow Guard Archaeology.
Gli osteoarcheologi hanno analizzato le ossa, scoprendo che l'età della defunta era tra i 40 e i 44 anni. Il radiocarbonio ha rivelato una datazione compresa tra il 1982 e il 1889 a.C.. La donna soffriva di una malattia dentale ed aveva una ciste, segno di scarsa igiene orale. I femori sono apparsi piuttosto robusti, segno che la donna deve aver fatto un lavoro pesante.
L'altezza della defunta non è stata stabilita, a causa dello stato incompleto in cui si sono conservate le ossa lunghe. La sepoltura si trova all'interno di una zona ricca di resti preistorici, molti dei quali ritrovati negli ultimi anni, non lontana da un piccolo cerchio di pietre composto da nove pietre verticali, che si pensa essere parte di un cerchio più grande.

Le antiche suggestioni di Delfi

Il Tempio di Apollo a Delfi (Foto: Wikipedia)
Delfi è sicuramente uno dei siti archeologici più evocativi dell'antichità, sede di un famosissimo oracolo consultato dai Greci ma anche dai Romani, la cui fama è giunta fino ad oggi.
Il sito fu scelto dallo stesso dio Apollo, ai piedi del Parnaso, la dimora delle Muse, presso la famosa fonte Castalia, dalle acque purissime. Qui, secondo i Greci, si trovava l'ombelico del mondo, individuato dall'incontro di due aquile inviate da Zeus dai confini dell'universo. Segno visibile dell'ombelico (omphalos) era una pietra ogivale cava, custodita con un fuoco sacro che mai si estingueva nel tempio di Apollo. Un mito successivo voleva che l'omphalos fosse il masso che Rea fece inghiottire a Crono facendogli credere che fosse suo figlio Zeus.
Nel santuario sacro ad Apollo viveva ed operava una sacerdotessa di nome Pizia (o Pitonessa), che pronunciava i suoi oracoli nel nome del dio. Sono state identificate tracce del culto risalenti ad epoca micenea, nel II millennio a.C.. L'oracolo, con i suoi responsi, fu perno della politica greca: tra il VII e il VI secolo a.C. favorì l'espansione coloniale ellenica nel Mediterraneo.
Tempio di Athena a Delfi (Foto: Wikipedia)
Gli oracoli rilasciati dalla Pizia erano volutamente ambigui, ma avevano una tale influenza che gli aristocratici greci avevano creato l'Anfizionia di Delfi per regolarne l'uso. L'Anfizionia era formata da dodici tribù elleniche, garanti della neutralità degli esiti oracolari. In onore dell'Apollo di Delfi furono istituiti i Giochi Pitici, competizioni artistiche con danze, gare atletiche e corse di quadrighe che si svolgevano in uno stadio apposito visibile ancora oggi sul posto.
L'oracolo di Delfi perdette parte della sua importanza con le guerre persiane, quando il culto di Apollo venne "dirottato" sull'isola di Delo. Il culto, però, continuò ininterrottamente per quasi duemila anni fino ai decreti emanati da Teodosio (391-392 d.C.), che dichiararono il cristianesimo religione ufficiale dell'impero.
Nella "Passione di Artemio", opera agiografica medioevale di Giovanni il Monaco, Giuliano l'Apostata, persecutore di Artemio, avrebbe mandato il suo medico personale Oribasio (320-400 d.C.) a consultare la Sibilla delfica. Il santuario, dunque, conservava ancora l'opulenza originaria, fatta dei tanti sacelli e tempietti voluti dai beneficiati dall'oracolo, che custodivano tesori di statue ed altre offerte.
Nel V secolo a.C. il tempio di Apollo venne distrutto da un incendio e venne ricostruito grazie ai contributi dei Greci ed a quelli del faraone egizio Amasi. Da questo momento venne chiamato tempio degli Alcmeonidi, dal nome della famiglia che ebbe un ruolo fondamentale nella sua ricostruzione. Un'altra distruzione vide protagonista il tempio nel 373 a.C., a causa di un terremoto. Dell'edificio oggi sono visibili i resti del prònaos, del naòs e dell'opisthòdomos.
L'antico teatro di Delfi (Foto: Wikipedia)
Silla, nell'86 a.C., fu tra coloro che ne saccheggiarono i tesori e Nerone portò a Roma ben 500 statue in bronzo provenienti da Delfi. Nonostante questo, i tesori di Delfi, nel II secolo d.C., apparvero a Pausania straordinari.
Ma come fu scoperto il luogo preciso in cui costruire questo famoso luogo oracolare? Diodoro Siculo racconta che un pastore di nome Kouretas, attirato dai belati di una sua capra, scoprì l'accesso ad un antro sotterraneo, nel quale si addentrò venendo subito stordito dalla presenza divina che gli indusse visioni del passato e del futuro. Fu subito chiaro che gli individui e gli animali di sesso maschile morivano non appena penetravano nella grotta, per cui l'accesso venne riservato alle ragazze di giovane età. Il santuario fu gestito con regole estremamente rigide da un gruppo di sacerdoti.
Particolare della statua dell'Auriga di Delfi
I miti più antichi riguardanti Delfi fanno menzione di una drakaina, una dragonessa, che faceva la guardia all'oracolo. Il suo nome era Delfina e sembra sia sopravvissuto nel nome della località. Successivamente, nella mitologia, la drakaina venne confusa con Echidna, il mostro serpentiforme ed a lei si sovrappose l'immagine del Pitone (Python), guardiano del tempio di Gea, la Grande Madre. Forse questo primitivo santuario sorgeva dove oggi è visibile la fonte Castalia. Secondo alcuni studiosi il termine Pitone trae origine dalla radice del verbo greco pythein, "corrompere, far imputridire". Pitone, simbolo delle forze oscure avversarie della luce, venne sconfitto dall'arco e dalle frecce di Apollo, che simboleggiavano i raggi del sole. Alla morte del mostro, Apollo venne appellato Pizio e rifondò l'oracolo legandolo alle nuove generazioni divine di natura patriarcale.
Le più antiche statuette ritrovate a Delfi risalgono all'XI-X secolo a.C. e celebrano non Apollo, ma un'arcaica divinità femminile.
La Pizia, sacerdotessa di Apollo, fu rappresentata dagli antichi ceramografi seduta in un braciere di bronzo, dove si inebriava aspirando i vapori di sostanze psicotrope emanate dalle braci. Alcuni studiosi ritengono che i vapori erano emanati dalle foglie di alloro bruciate. L'alloro, infatti, era sacro ad Apollo ed inoltre la tradizione popolare vuole che le sue foglie abbiano proprietà allucinogene.
Ricostruzione del sito di Delfi  del Prof. Franco Pisano
Il ruolo di Pizia poteva essere svolto contemporaneamente da tre fanciulle, le quali dovevano osservare i voti di castità e purezza assolute. Diodoro Siculo (II secolo d.C.) racconta che Echecrate di Tessaglia, generale di Tolomeo IV Filopatore (III secolo a.C.) rapì e violentò la Pizia. A causa di questo episodio vennero, in seguito, scelte donne anziane.
In antico la profetessa dava i suoi vaticini solamente un giorno l'anno. Successivamente vaticinava nel settimo giorno di ogni mese ma per soli nove mesi all'anno. Chi voleva interrogare la Pizia doveva innanzitutto purificarsi bagnandosi nella fonte Castalia e poi fare un'offerta adeguata all'oracolo. Poi doveva mettersi in fila per accedere alla stanza del vaticinio. L'offerta, una vera e propria tassa, si differenziava a seconda che il consulto richiesto attenesse alla sfera privata o alla sfera pubblica.
I sacerdoti più importanti di Delfi, che erano due e che venivano nominati a vita, aspergevano, poi, una capra con l'acqua della fonte Castalia. Dai brividi che scuotevano l'animale venivano tratti i primi auspici sulla divinazione. La capra veniva poi uccisa e le sue viscere erano lavate nell'acqua della fonte. Degli aruspici scrutavano le viscere per darne il responso al richiedente. Se il responso era positivo, quest'ultimo era ammesso nell'adyton, la camera sotterranea segreta del tempio di Apollo. La tradizione vuole che quest'antro fosse una cavità naturale della roccia che, in passato, aveva ospitato culti antichissimi. Era in quest'antro che la Pizia dava i suoi vaticini, spesso poco chiari per cui dovevano intervenire dei sacerdoti specializzati. Ai due sacerdoti più importanti dell'oracolo di Apollo se ne aggiungevano altri cinque, nominati a vita anch'essi, che controllavano il rispetto dei riti: gli hòsioi. I prophétes, invece, assistevano la Pizia. Gli oracoli della Pizia erano così importanti da influenzare le scelte di sovrani e potenti famiglie aristocratiche.
Delfi, il Tesoro degli Ateniesi (Foto: Wikipedia)
Il pellegrinaggio a Delfi era considerato uno dei momenti più importanti nella vita religiosa sia greca che romana. Il pellegrino ascendeva al santuario attraverso un percorso montano alle pendici del monte Parnaso. Il percorso terminava solitamente al tramontare del giorno, di fronte al panorama del Golfo di Corinto.
Plutarco, che dal 95 d.C. fino al 125 d.C., anno della sua morte, servì quale sacerdote al tempio di Delfi, scrive che la Pizia si rinchiudeva in un antro dove dei "dolci vapori" fuoriuscivano dalle pareti per procurarle quelle che lo storico chiama "dolci visioni". Nel 2000 alcuni geologi italiani scoprirono che il tempio di Delfi sorge su una pericolosa faglia sismica e proposero che i sismi che si erano susseguiti nell'antichità avevano fatto in modo che emissioni carboniose e solforose venissero sprigionate dalla terra. Erano questi i "dolci vapori" che provocavano lo stato estatico della Pizia?
Negli anni seguenti geologi, archeologi ed esperti di tossicologia analizzarono l'acqua della fonte Castalia, rintracciando in essa metano ed etilene. Questi gas furono considerati i responsabili dei fumi che permettevano alla Pizia di profetare. Ma questa teoria venne presto smentita.
Museo di Delfi, testa di Apollo con trecce d'oro
Il sito di Delfi come oggi si può visitare è stato molto alterato dalle ricostruzioni di età romana. Qui hanno scavato, nell'Ottocento, gli archeologi della Scuola Archeologica Francese, che hanno spostato l'intero villaggio di Kastri, che sorgeva proprio sull'area archeologica. Nel 1939 gli archeologi fecero delle scoperte insperate: sotto le pietre della Via Sacra, davanti al Portico degli Ateniesi, ritrovarono due fosse riempite di materiali preziosi (oro, argento, avorio e bronzo), databili ad un periodo compreso tra l'VIII e il V secolo a.C.. Tra questi reperti vi erano i frammenti di una statua crisoelefantina, pezzi d'argento di un toro di grandi dimensioni, pezzi d'avorio lavorati a rilievo, spade e vasi. I reperti erano stati deposti con molta cura, forse nell'intenzione di proteggerli dai saccheggi del V secolo a.C., epoca in cui il tempio subì una delle sue numerose distruzioni.
Fra i reperti sicuramente più importanti vi è la statua bronzea dell'Auriga di Delfi, unica statua bronzea rinvenuta integra. Venne scoperta nel 1896 e ritrae un auriga in altezza naturale. Probabilmente guidava una quadriga, della quale sono stati trovati frammenti bronzei dei cavalli. Forse era inserito in un contesto raffigurante una sfilata. E' stato datato ad un periodo compreso tra l'epoca arcaica e quella classica (480-460 a.C.).
Sul lato occidentale del tempio di Apollo, percorrendo la Via Sacra, si accede al teatro (IV-III secolo a.C.) che permette di avere una splendida vista su tutta l'area sacra. Accanto al teatro si trova lo stadio, sede dei Giochi Pitici, che poteva accogliere fino a 5000 spettatori ed è uno dei monumenti meglio conservati della città.
Dinanzi al tempio di Apollo era posta una colonna in bronzo formata di serpenti, dono votivo, in cima alla quale vi era un tripode dorato che doveva ricordare la battaglia di Platea del 479 a.C.. Sempre qui intorno vi era il cosiddetto altare di Apollo rivestito di marmo policromo, donato dagli abitanti di Chio nel V secolo a.C.

venerdì 14 febbraio 2014

Sorprese dal sottosuolo dell'Oman

Alcuni dei reperti ritrovati durante i primi scavi nel sito di Bildat Al Ayoon, in Oman
(Foto: ONA)
Gli archeologi del Ministero per i Beni e le Attività Culturali dell'Oman ha avviato la documentazione e l'esplorazione di un nuovo sito archeologico, quello di Bildat Al Ayoon, nel sud del governatorato di Al Sharqiyah.
I primi risultati delle ricerche indicano la presenza di reperti del III secolo a.C. e di altri risalenti all'Età del Ferro. Il sito archeologico di Bildat Al Ayoon è stato scoperto durante i preparativi per la costruzione di una strada. Vi sono state già individuate circa 250 tombe riferentesi alla media Età del Bronzo della civiltà Majan e all'Età del Ferro. Tra i manufatti spiccano anche numerose ceramiche e gioielli.

Il Sarcofago delle piume, altro ritrovamento in Egitto

Particolare del sarcofago del funzionario della XVII Dinastia ritrovato
a Luxor (Foto: Consiglio Supremo Egiziano delle Antichitò)
Nella necropoli di Dra Abul-Naga, sulla riva occidentale del Nilo, nei pressi di Luxor, è stato ritrovato il sarcofago dipinto di un alto funzionario governativo vissuto all'epoca della XVII Dinastia. La scoperta è stata fatta da una squadra di archeologi spagnolo-egiziani che lavorano sulla riva occidentale del Nilo.
Gli archeologi stavano lavorando ad uno scavo di routine alla tomba di Djehuty, ministro del tesoro sotto la regina Hatshepsut, nella necropoli di Dra Abul-Naga. Il sarcofago ritrovato è interessante per le raffigurazioni dettagliate di piume e di uccelli di varie dimensioni raffigurati sul coperchio. Questo è valso al reperto il titolo di Sarcofago delle piume.
Il sarcofago misura due metri di lunghezza e 42 centimetri di altezza ed è in ottime condizioni. Vi è inciso il nome ed i titoli del defunto che, però, gli archeologi non sono stati ancora in grado di decifrare. Si sa per certo che il proprietario era un alto funzionario della XVII Dinastia.
Nel sito sono state rinvenute altri due sarcofagi, purtroppo vuoti. Forse sono stati depredati già nell'antichità. La missione spagnolo-egiziana ha cominciato a lavorare alla tomba di Djehuti 13 anni fa, ritrovando immediatamente molti reperti delle Dinastie del Nuovo Regno. Lo scorso anno gli archeologi hanno riportato alla luce il sarcofago di un bambino vissuto durante la XVII Dinastia, seppellito con vasi in terracotta e ushabti avvolte in teli di lino.

Un'antica scuola, giovani allievi e...droghe antiche

I resti della scuola antica nell'oasi di Dakhla, in Egitto
(Foto: Eugene Palla)
Gli archeologi impegnati in uno scavo nel deserto occidentale egiziano, hanno scoperto i resti di una scuola di 1700 anni fa che reca, sulle pareti, scritte greche e, tra queste, un testo sull'uso antico della droga, con riferimento ad un passo dell'Odissea di Omero.
La scuola era dotata di panche per consentire agli studenti di sedere e leggere oppure di stare in piedi e scrivere sui muri. Risale al periodo in cui i Romani controllavano l'Egitto e il greco (la koiné) era la lingua più parlata del bacino del Mediterraneo. L'edificio restò in uso per più o meno venti anni per divenire, in seguito, parte di una grande casa con affreschi degli dèi olimpici.
La casa e la scuola si trovano nell'antica città di Trimithis, l'odierna Amheida, nell'oasi di Dakhla. La casa venne scoperta nel 1979, nel 2001 un nuovo progetto di esplorazione archeologica, sponsorizzato in massima parte dalla New York University, ha, negli anni, portato alla scoperta della scuola e delle scritte greche sui suoi muri.
Il testo greco che fa cenno ad un passo dell'Odissea
(Foto: Eugene Palla)
Nel mondo antico le scuole erano situate spesso in stanze o locali di residenze private, di edifici burocratici o templi, al punto che è sempre piuttosto difficile, per gli archeologi, identificarle con certezza. Gli archeologi sono a conoscenza che vi era, in Egitto, un'altra antica scuola, una sorta di Università, situata ad Alessandria. Malgrado questo, la scuola di Amheida è unica nel suo genere, perché sono state ritrovate, intatte, le scritte alle sue pareti. Proprio questi scritti sono un'ulteriore prova dell'insegnamento e dell'apprendimento che si svolgeva tra le antiche mura e confermano che l'edificio era sicuramente una scuola.
Una delle scritte fa riferimento all'Odissea e racconta dell'antico uso di droghe. Si tratta del brano in cui Elena offre ai suoi ospiti una bevanda - forse oppio - che "toglie il dolore e la rabbia, e porta alla dimenticanza di ogni male", come si legge nel testo sul muro della scuola di Ahmeida. "Chiunque l'avrebbe bevuto quando è ben mescolato nella ciotola, non avrebbe lasciato cadere una lacrima sulla guancia, almeno nel corso di quella giornata. Imitate". L'esortazione "imitate" era sicuramente rivolta agli studenti che avrebbero dovuto, in qualche modo, copiare quest'antico passaggio.
Gli affreschi della casa di Soros nell'oasi di Dakhla
(Foto: Eugene Palla)
Documenti antichi affermano che molti credettero nell'esistenza di questa magica pozione che poteva calmare gli animi dei giovani. In un'altra stanza della scuola, gli archeologi hanno scoperto un altro testo, vergato da un insegnante, che vanta la capacità di elevare le abilità degli allievi fino a renderle degne degli dèi, non ultimo Hermes. L'insegnante conclude con l'esortazione a lavorare sodo: "Siate audaci, ragazzi miei, il grande dio vi garantirà una bella corona di molteplici virtù".
La scuola non fu in uso per molto tempo, forse perché chi vi insegnava dovette spostarsi o, semplicemente, perché morì. La scuola venne, in seguito, chiusa e l'edificio venne incorporato in una casa vicina, probabilmente appartenente ad un personaggio della burocrazia locale, un certo Serenos, che utilizzò lo spazio dove, un tempo, si riunivano gli allievi, come magazzino.
Nel 1979 gli archeologi hanno ritrovato, nella casa di Serenos, un dipinto raffigurante gli dèi olimpici. Scavi più recenti hanno riportato alla luce altri dipinti, tra i quali uno raffigurante un suonatore di flauto, in una stanza che doveva avere le pareti interamente affrescate con scene e figure dai colori vivaci, al punto che doveva costituire un'esperienza particolare entrarvi.
Serenos sembra aver avuto cura di conservare le scritte sulle pareti della vecchia scuola. Forse lui ed i suoi familiari ritenevano queste scritte una sorta di bizzarra raffinatezza culturale.

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