domenica 28 settembre 2014

Novità sulla tomba di May, in Egitto

Interno della tomba di Min (Foto: Ansa - Ufficio Stampa
Min Project)
Una missione italo-spagnola ha scoperto, sei mesi fa, sulla sponda occidentale di Luxor, nella necropoli di Tebe, la tomba di May. Ora inizieranno gli scavi e già si preannunciano nuove scoperte.
May era un importante funzionario vissuto ai tempi di Akhenaton o di Tutankhamon. Il progetto di scavo si prefigge di far luce sugli affreschi visibili sulle pareti, che ritraggono il proprietario del sepolcro. Le ricercatrici a capo del Min Project sono arrivate alla tomba attraverso un cunicolo orizzontale che si trova all'interno del sepolcro vicino, appartenente a Min.
"Ci vorranno 10 anni di lavoro per aprirla al pubblico", hanno spiegato le archeologhe Irene Morfini e Mila Alvarez Sosa, che guidano il Min Project, il progetto che ha portato allo scavo della vicina tomba di Min (catalogata come TT109) e della sua estensione. Finanziano gli scavi il gruppo Fiat e la Nile Engineering.
Ingresso della tomba di Min (Foto: Ansa - Ufficio Stampa
Min Project)
La tomba di Min era stata già visitata, due secoli fa, da Jean François Champollion, considerato il padre dell'egittologia. Le poche immagini disponibili della tomba di May mostrano affreschi su tutte le pareti. L'identificazione di May quale proprietario del sepolcro è dovuta ad un cono funerario, trovato casualmente nel momento in cui gli archeologi entravano nella tomba.
I lavori di scavo vero e proprio inizieranno a metà ottobre dal cortile, i cui contorni si intravedono nelle immagini del sito. "Qui invece si vede della sabbia scura, segno che probabilmente ci sono mummie", hanno dichiarato le due archeologhe.
Un affresco della tomba di May (Foto: Mila Alvarez Sosa -
Min Project)
"Ci eravamo già accorte che lo spazio vuoto che si trovava nelle mappe nella montagna dietro la tomba di Min, la tomba TT109, era sospetto: sembrava strano che in quell'area non ci fosse una tomba dal momento che il resto della necropoli ne è totalmente costellato. - Ha affermato la Dottoressa Irene Morfini. - Non ci aspettavamo, però, quello che abbiamo trovato. Siamo entrate carponi in un cunicolo: c'era un'aria soffocante. Si vedeva pochissimo, avevamo solo le nostre piccole torce. Poi sono comparsi i primi colori, ci siamo guardate intorno, abbiamo studiato i geroglifici e alla fine, ecco il nome tanto atteso: May".
Il tipo di raffigurazioni, i colori, lo stile, hanno fatto pensare alle archeologhe che questa tomba possa risalire al tempo della XVIII Dinastia (1500 a.C. circa). Lo studio delle scene, poi, ha fatto pensare, poi, che May fosse un alto funzionario di corte. Gli affreschi sulle pareti raffigurano soprattutto scene di banchetto funerario, di offerta, di caccia e di pesca nelle paludi. I titoli onorifici con i quali May viene indicato nel testo del cono funerario che ha rivelato il suo nome, sono "sindaco", "principe", "supervisore dei cavalli del re", "supervisore dei campi", "supervisore del bestiame".
Le archeologhe Alvarez Sosa e Morfini che copiano le iscrizioni della
tomba di Min (Foto: Mostafa AlSaghir, Min Project)
Di Neferet, invece, moglie di May, non si sa ancora molto. Probabilmente è stata sepolta anche lei insieme al marito. Spesso, infatti, le tombe monumentali erano utilizzate per seppellire anche altri familiari oltre al defunto che ne era titolare. Le archeologhe, ora, attendono ulteriori scoperte per precisare meglio sotto quale faraone della XVIII Dinastia abbia vissuto May: Akhenaton o Tutankhamon.
Min, invece, proprietario della tomba limitrofa (la TT109) era "sindaco di Tjeny (Thinis) e delle Oasi", "Supervisore dei profeti di Osiride e Onuris" e tutore di Amenhotep II durante il regno di Tuthmosis III. Il suo ruolo di tutore emerge dall'osservazione dei rilievi, dove viene mostrato il principe seduto sulle ginocchia di Min mentre lo guarda in volto. Un altro rilievo mostra Min che insegna ad Amenhotep a tirare con l'arco. I testi narrano di una lezione di tiro con l'arco nella corte del palazzo di Thinis, il che induce a credere che il principe fosse di casa nella dimora di Min.
Min viene indicato, nella sua tomba, anche con altri titoli: "Portatore dei sigilli del re dell'Alto e Basso Egitto", "Supervisore dell'esercito della riva occidentale", "Amministratore capo del Signore delle due terre", "Sorvegliante del sud" e "Scriba". Sua madre si chiamava Say e i suoi figli Senty (soprannominato Iuty) e Sebekmose.

sabato 27 settembre 2014

Un altro gigante a Monte Prama

Il lavoro di ripulitura del Pugilatore
(Foto: La Nuova Sardegna)
Gli archeologi sono in fermento per un'altra statua di gigante raffigurante un pugilatore, ritrovata nella campagna di scavi condotta da Alessandro Usai e Paolo Bernardini nel sito di Monte Prama. Si tratta di una statua di notevoli dimensioni, quasi intatta (mancano soltanto i piedi e la testa, ma gli archeologi confidano di riuscire a trovarli presto) che "allude" ad altre raffigurazioni, quali quella di un bronzetto nuragico ritrovato a Vulci. Anche questa statua è in arenaria, come gli altri "fratelli" ritrovati in precedenza. I piedi del Pugilatore, come è stata battezzata la statua, potrebbero essere quelli scoperti qualche settimana fa con il basamento della statua.
Il Pugilatore è collegato alle altre statue ritrovate sul Monte Prama, ma presenta alcune differenze che hanno fatto incuriosire gli archeologi. Innanzitutto il Pugilatore ha le fattezze del volto simili a quelle di un bronzetto nuragico ritrovato a Vulci, nella necropoli di Cavalupo. Poi il pugno del Pugilatore è in una posizione diversa da quelli degli altri giganti ritrovati nelle precedenti scoperte e il suo scudo ha una forgia del tutto differente.
Tutti gli altri giganti di Monte Prama hanno lo scudo e i pugno con il guantone posti in alto sul capo, mentre il Pugilatore li ha sul petto e sul fianco. Anche questi particolari confermano ulteriormente che i giganti di Monte Prama sono l'esempio più antico di grande statuaria dell'area Mediterranea.
Gli scavi non sono ancora conclusi ed è stata scongiurata l'opera deleteria dei tombaroli. Ora il cantiere viene vigilato 24 ore su 24 dagli archeologi e dai vigilantes pagati dall'Università di Sassari.
Il nuovo gigante in arenaria potrebbe essere presto visibile, come tutti i suoi "fratelli" in una sala del museo civico di Cabras. 

Nuove scoperte a Burdag, in Polonia

Piastra di sperone placcata in argento
(Foto: M. Rudnicki)
Durante gli scavi a Burdag, in Warmia e Masuria (Polonia), gli archeologi hanno finora potuto esplorare ben 100 tombe a cremazione e sono rimasti sorpresi dalla quantità di reperti che vi hanno rinvenuto. Si tratta di oggetti e di ornamenti in bronzo e in argento, fibule, pendenti, anelli, perline, fibbie per cintura. La maggior parte degli oggetti rinvenuti sono in ceramica.
Molti sono stati i vasi ritrovati con diversi gradi di conservazione. Alcuni di questi vasi sono riccamente ornati e questo li distingue dai prodotti delle culture contemporanee circostanti (VI-VII secolo d.C.). Tra gli oggetti riemersi dal terreno anche un acciarino con pietra focaia con i resti del tessuto che lo avvolgeva, un frammento di vaso in vetro, coltelli con parte del manico ligneo conservato.
Gli archeologi hanno indagato appena il 10% della necropoli ma si sono fatti l'idea che la popolazione che si serviva di quest'ultima doveva essere molto fiorente. Forse era associata, sostengono i ricercatori, al cosiddetto gruppo Olsztyn. Sono riusciti anche ad identificare una forma sconosciuta di sepoltura, consistente nel collocare i resti dei defunti in fosse ricoperte di argilla solo nella parte inferiore. Si pensa che la popolazione locale fosse organizzata in una struttura tribale, certamente si distingueva per la sua ricchezza, dovuta ai numerosi contatti commerciali con le culture vicine.
Lo studio sul sito è stato condotto dagli archeologi polacchi in collaborazione con l'Università di Stato della Bielorussia a Minsk. Quella appena conclusa è stata la terza campagna di scavi.

Nell'antica Epifane ci si curava con la musica

Le rovine di Iso (Foto: hurriyet daily news)
Nella provincia orientale turca di Hatay Erzin, in una città di 5000 anni fa è stata scoperta un antico ambiente dedicato alla musica risalente, probabilmente, ad epoca romana e con, sembra, funzioni di cura mediante i suoni.
L'ambiente sembra essere una sorta di odeon. Gli scavi ad Iso, antica Epifane, questo è il nome della città, vanno avanti da otto anni. Iso era un insediamento significativo già nel 545 a.C.. Nei pressi è avvenuto lo scontro tra Alessandro Magno e il re persiano Dario. La città è stata spesso ricordata come un fiorente centro commerciale, una città multiculturale, dove si incontravano influssi romani, bizantini, tardo ittiti, persiani ed ottomani.
Gli archeologi turchi, guidati da Hatay Omer Celik, hanno finora riportato alla luce alcuni tratti di una strada romana, rivelando la presenza di botteghe nella zona nordest del tracciato. Quest'anno è emerso l'odeon dove, secondo le ipotesi formulate dai ricercatori, ci si serviva della musica  per curare gli ammalati. Gli scavi su una vicina collina, invece, hanno fatto riemergere un anfiteatro di epoca romana, del quale sono stati rimessi in luce, finora, i sedili in pietra. Gli archeologi stanno, in questi mesi, scavando il palco dell'anfiteatro.

venerdì 26 settembre 2014

Forno per la ceramica scoperto in Turchia

Il forno ritrovato a Kutahya (Foto: Hurriyet)
Nella provincia occidentale turca di Kutahya è stato ritrovato un antico laboratorio di ceramica utilizzato, nell'arco temporale di un millennio, da varie culture.
E' dal 2006 che l'Università di Nar sta conducendo indagini nella zona, recuperando migliaia di frammenti di ceramica, che sono stati consegnati al Museo di Kutahya. Oltre al forno per la cottura della ceramica, sono state trovate le tracce di un giacimento di argilla e di ceramiche prodotte in loco. Molto probabilmente, sostengono gli archeologi, qui vi era un grosso centro per la produzione e lo smercio delle ceramiche. Sono stati identificati, infatti, anche altri forni non lontani da quello appena scoperto.

I tesori di Novae, campo dell'VIII Legio augustea

Le statuette ritrovate nello scavo di Novae (Foto: J. Reclaw)
Negli scavi di Novae, vicino Svishtov, in Bulgaria, sono emersi dal terreno più di 300 monete risalenti al I-VI secolo d.C. e centinaia di oggetti in bronzo, vetro, ossa e corna. Si tratta prevalentemente di oggetti di lusso utilizzati dai legionari romani di stanza in questa località.
Tra gli oggetti più importanti vi è sicuramente un pugnale con il manico in avorio. I ricercatori sono anche riusciti ad identificare i frammenti di una costruzione in legno risalente alla prima coorte dell'VIII Legione augustea, di stanza a Novae intorno alla metà del I secolo d.C.. Si tratta di ben 200 fori nel terreno, che ospitavano i pali che sostenevano la struttura, e frammenti di pareti in vimini e argilla.
La terza statuetta ritrovata a Novae (Foto: J. Reclaw)
Il campo romano di Novae venne edificato dall'VIII Legione augustea e dai soldati della I Legione Italica intorno al 69 d.C.. Tra gli edifici principali del campo vi era la residenza del comandante del campo, resti della quale sono stati trovati quest'anno dagli archeologi. Le pareti erano coperte di stucchi e affreschi e sono stati ritrovati anche i resti di un balneum privato.
Malgrado la zona sia stata più volte saccheggiata nel corso dei secoli, la dimora dell'ufficiale è riuscita a restituire, agli archeologi, pezzi di mobili in bronzo quali applicazioni e gambe di tavoli a forma di zampe leonine ed anche una lampada in metallo.
La più grande scoperta di quest'anno, però, restano tre statuette in bronzo finemente lavorate. Una raffigura un attore che, seduto, sta cantando con indosso una maschera comica. Le altre due statuette rappresentano due oratori vestiti con una toga. Tutte e tre le statuette risalgono al II secolo d.C.. Gli archeologi pensano che possano essere state delle decorazioni di mobili lussuosi oppure parti di un santuario a carattere familiare.

Il tesoro di Seaton...

Le monete romane ritrovate a Seaton
(Foto: APEX)
Nei pressi di Seaton, nell'East Devon (Gran Bretagna) è stato trovato un ingente tesoro di monete romane. Si tratta di ben 22.000 pezzi in lega di rame, uno dei tesori più importanti ritrovati finora in Gran Bretagna.
La scoperta risale al novembre del 2013 e a farla è stato un appassionato "armato" di metal detector, tale Laurence Egerton, che operava, in possesso di regolare licenza, su un terreno privato, nei pressi di un sito dove erano state ritrovate, in precedenza, tracce di una villa romana. Il Signor Egerton ha immediatamente segnalato il ritrovamento delle monete, in conformità con il Treasure Act del 1996, permettendo agli archeologi di intervenire e di recuperare con cautela le monete. Queste ultime sono state pulite, identificate e catalogate dagli esperti del British Museum.
Secondo l'archeologo Bill Horner si tratta di monete romane che risalgono ad un periodo compreso tra il 260 e il 348 d.C., recanti l'effige dell'imperatore Costantino, di membri della sua famiglia e degli immediati successori dell'imperatore. Le monete appaiono molto ben conservate. Con le monete sono stati ritrovati i resti di un sacchetto in tessuto o pelle che, però, non è sopravvissuto al tempo.
I ricercatori ritengono che le monete possano essere i risparmi di un privato, oppure il salario di un soldato o il prezzo di un qualche commercio. Il loro valore finanziario non è elevato.

martedì 23 settembre 2014

Le meravigliose cariatidi di Anfipoli

Le due cariatidi della tomba di Anfipoli (foto: Ministero della Cultura greco)
Sono state completamente riportate alla luce le cariatidi rinvenute nel grande mausoleo di Anfipoli, ancora in fase di scavo.
Ogni cariatide è alta circa 2,27 metri ed indossa un chitone, un abito drappeggiato per tutta la sua lunghezza, trattenuto in vita da una cintura ed un lungo himation, una sorta di mantella, con frange e diverse pieghe.
Ai piedi le cariatidi calzano i kothornoi, scarpe aperte simili agli stivali, calzature tipiche degli antichi attori greci. Le scarpe conservano ancora tracce di pigmenti rossi e gialli, mentre i piedi sono stati scolpiti in modo molto raffinato.
Le basi sulle quali si ergono le due figure femminili hanno una lunghezza di 1,33 metri e una larghezza di 0,68, mentre sono alte circa 0,30 metri. Vicino alle basi sono state rinvenute parti di armi.

Particolare dei piedi calzanti kothornoi decorati in rosso e giallo
(Foto: Ministero della Cultura greco)

Asce tedesche in Polonia

Le asce ritrovate in Polonia (Foto: PAP 2014 - Tomasz Waszczuk)
Tre asce germaniche del tardo medioevo sono state ritrovate da alcuni ingegneri impegnati nella rimozione di proiettili di artiglieria della seconda guerra mondiale nel Distretto di Wipsowo, in Polonia.
Le asce erano poste una accanto all'altra, in uno strato poco profondo di terreno, tra le radici degli alberi. Probabilmente erano state interrate da qualcuno che intendeva andarle a recuperare in un secondo momento e che, poi, non ha potuto più farlo.

Il sigillo di Sheshonq I in una miniera di rame

Particolare dello scarabeo trovato a Khirbat Hamra Ifdan
(Foto: University of California, San Diego)
Durante l'esplorazione di antiche miniere di rame nel sud della Giordania, un gruppo di archeologi ha trovato un amuleto egizio che reca il nome del potente faraone Sheshonq I.
Il manufatto potrebbe essere la traccia della campagna militare che Sheshonq I portò avanti nella regione circa 3000 anni fa. Lo scarabeo - l'amuleto ha questa forma - è stato ritrovato nel sito di Khirbat Hamra Ifdan, nel quartiere di Faynan, a circa 50 chilometri a sud del Mar Morto. Il sito è stato scoperto durante gli scavi del 2002. Qui si estraeva metallo in modo intensivo già durante la prima Età del Bronzo, tra il 3000 e il 2000 a.C., ma vi sono anche prove di fusione del metallo più recenti, durante l'Età del Ferro, tra il 1000 e il 900 a.C.
La sequenza di geroglifici presente sullo scarabeo recita: "Chiara è la manifestazione di Ra, scelto da Amon/Ra", che corrisponde al nome di intronizzazione di Sheshonq I, monarca fondatore della XXII Dinastia, che si ritiene abbia governato l'Egitto dal 945 al 924 circa a.C.. Gli scarabei erano per lo più amuleti che spesso recavano incise delle scritte ed erano utilizzati anche come sigilli personali o amministrativi. Molto probabilmente era questo l'uso dell'amuleto appena ritrovato.
La scoperta dell'amuleto riporta in auge una vecchia controversia sulla datazione delle antiche miniere di rame del Levante e i loro legami con gli eventi biblici. Nel 1930 il rabbino e archeologo americano Nelson Glueck annunciò al mondo di aver trovato le leggendarie miniere del re Salomone, quando ritrovò delle miniere di rame nella regione. Negli anni che seguirono, però, gli archeologi si mostrarono molto più cauti nell'attribuzione alle località scavate i richiami biblici. Negli anni '70 e '80 i ricercatori hanno scavato nel sud della Giordania, nella convinzione che l'Età del Ferro non sia iniziata prima del VII secolo a.C., molto più tardi rispetto all'esistenza di Salomone, datata al X secolo a.C.
In uno studio del 2008 pubblicato sulla rivista Proceedings of National Academy of Science, gli archeologi hanno utilizzato la datazione al radiocarbonio per dimostrare che gli artefatti ritrovati a Khirbat en-Nahas, un altro sito in cui sono state identificate delle miniere di rame, risalivano, in realtà, al X secolo a.C.. La polemica, però, non pare ancora giunta al termine.
La Bibbia ebraica fa riferimento alle gesta del re egizio Sisa, che, molto probabilmente, è Sheshonq I, che invase la regione appena cinque anni dopo la morte di re Salomone, nel 931 a.C., conquistando le città della Valle di Jezreel e della zona del Negev e giunse fino a marciare su Gerusalemme. Le iscrizioni incise nel complesso templare di Karkak, l'antica Tebe, menzionano proprio questa spedizione.

sabato 20 settembre 2014

Romani di Scozia

Punta di giavellotto scoperta nel forte romano in Scozia
(Foto: Guard Archaeology)
Ricerche archeologiche effettuate vicino Dumfries, in Scozia, hanno riportato alla luce reperti relativi all'occupazione della Scozia da parte dell'esercito Romano.
Tra le scoperte vi sono una punta di giavellotto in ferro, ceramiche e frammenti di piastrelle di Samo. Il ritrovamento è avvenuto a Wellington Bridge. Tutti i reperti sono stati datati a più di 1850 anni fa e vanno ad aggiungersi ad altre prove della presenza romana, individuate nel 1939 durante uno scavo.
Nel luogo di questi ritrovamenti sorgeva il forte romano di Carzield, costruito intorno al II secolo d.C.. Il forte era dotato di tabernae e di ogni altra comodità per chi vi viveva. La punta di giavellotto di ferro ritrovata durante la campagna di scavo di quest'anno conserva ancora parte della sua immanicatura in legno. I frammenti di ceramica proveniente da Samo attraverso la Gallia romana, recuperati dagli archeologi, sembrano indicare che una parte dei soldati, forse gli ufficiali solamente, avevano a loro disposizione del vasellame piuttosto pregiato.
Frammenti di tegole indicano anche la presenza di un balneum fornito di un qualche tipo di sistema di riscaldamento centralizzato. Gli archeologi affermano che le forniture alimentari del forte non venivano requisite alla popolazione locale, ma erano fornite direttamente dalle provincie romane del sud della Scozia. In effetti uno dei forti romani che sorge pochi chilometri ad est di Carzield venne chiamato dai Romani Blatobulgium, vale a dire "sacco di farina". Il forte aveva ben tre granai che indicano il suo utilizzo come deposito di approvvigionamento per le altre fortezze romane della regione.

Sepolture bizantine nel centro di Salonicco

La sepoltura ritrovata durante i lavori al centro di Salonicco
(Foto: ANA-MPA)
Durante i lavori di scavo per realizzare dei contenitori per rifiuti interrati lungo Aghia Sofia Street, nel centro di Salonicco, è tornata alla luce una sepoltura con resti umani.
La sepoltura risalirebbe al periodo bizantino e giaceva a solamente un metro di profondità. Con la sepoltura sono state trovate tracce di un muro della stessa epoca e di una piccola imbarcazione, risalente, con tutta probabilità, al XIV secolo. E' stata ritrovata anche una seconda tomba, con resti umani, ma è andata purtroppo distrutta durante i lavori di installazione dei contenitori per rifiuti.

Un monastero bizantino in Israele

Foto aerea dei resti di quello che gli archeologi pensano sia
un antico monastero bizantino in Israele
(Foto: Griffin Aerial Photography Company - Istrael Antiquities Authority)
Gli archeologi della Israel Antiquities Authority hanno scoperto un grande complesso monastico risalente al periodo bizantino a Ramat Bet Shemesh. Nel complesso erano presenti anche frantoi, torchi e mosaici pavimentali.
Durante l'esplorazione di alcune cisterne ostruite si è scoperta una cava e la sommità di diverse mura. Il monastero risultava praticamente sconosciuto ai ricercatori. Era circondato da un muro di cinta ed era diviso, al suo interno, in due zone: una industriale e una a prevalente carattere residenziale. Un torchio insolitamente grande e molto ben conservato veniva utilizzato per la produzione di olio di oliva. Un altro torchio di notevole grandezza, invece, doveva essere utilizzato per produrre il mosto dalle uve.
I reperti finora raccolti indicano che i residenti nel complesso monastico erano impegnati nella produzione di vino e di olio di oliva per il loro sostentamento. La dimensione impressionante degli impianti agricoli dimostra che queste strutture sono state utilizzate per la produzione su scala industriale di entrambi gli alimenti.
Uno dei mosaici ritrovati nel complesso monastico di Beit Shemesh
(Foto: Assaf Peretz - Israel Antiquities Authority)
Alcune stanze del complesso residenziale hanno il pavimento musivo ancora in opera. Parte di un mosaico colorato è stato esposto in una stanza dove, da quel che sembra, vi era una scala che portava ad un secondo piano che, però, non si è conservato. Nella stanza adiacente si è conservato un secondo mosaico colorato, del quale si riconoscono un grappolo d'uva circondato da fiori immersi in una cornice geometrica.
Sono stati riportati alla luce anche due forni per cottura presenti nel complesso. La Dottoressa Irene Zilberbod e la Dottoressa Thila Libman, direttrici dello scavo per conto della Israel Antiquities Authority, credono che il sito sia un monastero di epoca bizantina. Non è stata, comunque, trovata ancora una chiesa o una scritta che possa deporre in favore di questa tesi e che sia traccia del culto religioso che qui veniva praticato, ma la costruzione imponente, la datazione ad epoca bizantina, i magnifici manufatti, i pavimenti, le finestre, le tessere del mosaico così come gli impianti per la produzione di olio e di vino parlano tutti in tal senso.
Il complesso monastico ha cessato la sua attività all'inizio del periodo islamico (VII secolo d.C.) e, nel corso del tempo, è stato occupato da altre persone che hanno adattato le strutture alle loro esigenze.

giovedì 18 settembre 2014

Extensions...all'egiziana

Il cranio della donna con le extensions ritrovata ad Amarna
(Foto: Jolanda Bos e Lonneke Beukenholdt)
Più di 3000 anni fa, in un'antica città egiziana allora in costruzione, venne sepolta una donna con un'acconciatura particolarmente elaborata. Non venne mummificata, ma semplicemente avvolta in una stuoia.
Quando gli archeologi hanno ritrovato i resti di questa donna, sono stati sorpresi dalla sua complessa pettinatura, formata da circa 70 extensions fissate a diverse altezze della testa. I ricercatori non conoscono ancora il nome della donna, né la sua età o professione. Si tratta di una delle tante persone sepolte ad Amarna e la cui acconciatura è rimasta, nei millenni, intatta.
Amarna divenne capitale dell'Egitto tra il 1353 e il 1335 a.C. con il nome di Akhetaton. Venne fatta edificare dal faraone Akhenaton che vi insediò il culto del disco solare Aton. Amarna/Akhetaton venne abbandonata subito dopo la morte di Akhenaton.
Solitamente le acconciature elaborate erano riservate al momento della sepoltura, ma ciò non toglie che venissero talvolta utilizzate anche nella vita di tutti i giorni. Questo potrebbe voler dire che nell'antica Amarna era diffuso l'utilizzo di extensions. Diversi resti esaminati dagli archeologi ad Amarna presentano questo prolungamento dei capelli naturali. Dei 100 corpi analizzati, 28 avevano ancora i capelli e questi ultimi mostrano una sorprendente varietà: da neri e molto ricci a diritti e castani. Questo potrebbe essere l'indizio di una grande varietà etnica nella società amarniana.
I defunti con i capelli castani indossavano anelli o spirali attorno alle orecchie, uno stile molto popolare ad Amarna. Sembra che gli antichi abitanti amassero anche le trecce: nelle sepolture si sono osservate trecce semplici e riunite a tre, con una larghezza che va dai 0,5 centimetri al centimetro. Il grasso era un componente fondamentale per creare le acconciature, i ricercatori devono ancora capire se fosse grasso di origine animale o vegetale.
In un caso, poi, i capelli di una defunta di avevano un colore rosso arancio che sembrava coprire dei capelli brizzolati. Probabilmente la donna doveva essersi tinti i capelli con l'hennè, i ricercatori stanno analizzando questi capelli e la tintura per poter avere maggiori risposte in merito.

mercoledì 17 settembre 2014

Sepolture intatte a Trapezà, in Grecia

Parte di un corredo funerario ritrovato a Trapezà
(Foto: Udinetoday.it)
Le scoperte più importanti della quinta campagna di scavi presso Eghion, in Grecia, condotti e coordinati da Elisabetta Borgna, docente di Archeologia egea all'Università di Udine, sono costituite da sepolture micenee intatte, databili ad un periodo compreso tra il XV e il XIV secolo a.C.. Nelle sepolture sono stati rinvenuti anche dei corredi in ceramica, attrezzi in metallo e una sorta di altare per i rituali funebri. Gli archeologi italiani lavorano nell'ambito di un progetto internazionale del Ministero greco della Cultura, diretto da Andreas Vordos.
I ritrovamenti sono avvenuti in Acaia (Peloponneso Occidentale), nel sito protostorico di Trapezà, di cui si conosceva la necropoli risalente a 3500 anni fa, individuata proprio dai ricercatori dell'Università di Udine. Quest'anno ha visto la rivelazione completa delle sepolture che erano state identificate nelle campagne precedenti. Sono sepolture a camera, scavate nei pendii delle colline e spesso utilizzate per più generazioni. A Trapezà l'uso continuo è attestato durante tutto l'arco temporale che va dal XV all'XI secolo a.C.
In una di queste sepolture "di famiglia", gli archeologi hanno ritrovato delle inumazioni intatte, comprensive di corredi costituiti da anfore, vasi di diverso tipo, attrezzi ed ornamenti personali. Queste sepolture non vennero mai violate, pur essendo identificabili dal corridoio che precedeva la camera funeraria, pieno di offerte di culto agli antenati.
L'altro ritrovamento è costituito da una piattaforma costruita utilizzando le ossa degli "antenati". Su questa piattaforma furono, con molta probabilità, svolti riti di libagione e di offerta e venne anche deposto un defunto.
Gli scavi ed i recenti ritrovamenti consentono di meglio studiare i contesti funerari e le complesse pratiche rituali che venivano svolte in occasione delle inumazioni e che, talvolta, comportavano manipolazioni e rideposizioni dei resti umani.
Ora gli archeologi intendono allargare lo scavo alla zona dell'insediamento umano per studiare la vita quotidiana delle popolazioni che qui abitavano e che si servivano della necropoli.

Come morì Riccardo III, nuove scoperte

Ricostruzione della ferita inferta all'emibacino e all'osso sacro del re
dopo la morte. La linea rossa traccia la direzione del colpo.
(Foto: Università di Leicester)
Nuove ricerche promosse dall'Università di Leicester, in Gran Bretagna, forniscono per filo e per segno la cronistoria delle ferite inferte sul corpo di Riccardo III nella battaglia di Bosworth Field del 22 agosto 1485.
Le moderne indagini forensi sui resti scheletrici del re ha rivelato che tre delle sue ferite erano potenzialmente mortali. Si tratta di due ferite inferte al cranio ed una al bacino. I resti di Riccardo III, l'ultimo monarca inglese a morire su un campo di battaglia, sono stati trovati sotto un parcheggio dagli archeologi dell'Università di Leicester. L'identificazione dei resti con quelli del re è avvenuta grazie ad un team multidisciplinare dell'Università stessa.
Questo team, in collaborazione con l'Unità di Patologia Forense e il Dipartimento di Ingegneria dell'Università di Leicester, ha analizzato dettagliatamente, mediante tecniche moderne e scansioni, le ferite presenti sulle ossa di Riccardo III per individuare quale dei colpi fosse stato quello mortale. I risultati hanno condotto ad identificare undici ferite inferte in prossimità della morte o mortali: nove al cranio, chiaramente riportate in battaglia, dimostrano che il re si era tolto o aveva perso l'elmo che lo proteggeva. Due delle ferite sono state inferte alla parte post-craniale. L'assenza di ferite sulle braccia e sulle mani indica che il re indossava ancora l'armatura, al momento della morte.
I ricercatori, guidati dal Dottor Jo Appleby, dell'Università di Leicester, professore di Archeologia e Storia Antica, ipotizzano che le due lesioni post-craniali e la lesione al bacino, potenzialmente fatale, siano state inflitte dopo la morte del re. Questo perché se il re fosse stato vivo, nel momento in cui veniva ferito in questo modo, avrebbe indossato un tipo di armatura che, nel XV secolo, proteggeva tra le altre anche queste specifiche parti del corpo.
Le lesioni che, con maggiore probabilità, hanno provocato la morte del re sono quelle apportate alla parte inferiore del cranio. Risultano essere ferite inferte con una notevole forza, che hanno provocato un altrettanto notevole trauma. L'arma usata era probabilmente una spada o un'alabarda, dal momento che sono state riscontrate, sulle ossa, tracce della punta di un'arma da taglio.

Un manoscritto abruzzese nella biblioteca di New York

(Fonte: Il Pescara) - Un importante documento del IX secolo, scritto nel Monastero di San Bartolomeo di Carpineto della Nora, è custodito nella Pierpont Morgan Library di New York.
La scoperta è stata fatta nell'ambito del progetto "I Tesori della memoria", in collaborazione con il Servizio Civile Nazionale dall'Amministrazione comunale di Carpineto. Si tratta di un martirologio e di un lezionario in latino, scritto in beneventana e miniato tra il 1075 e il 1099.
Il testo era in mano nel 1893 ad un collezionista tedesco che lo ha venduto ad uno statunitense, che poi lo ha donato alla stessa biblioteca di New York.
Il Comune ora cercherò, assieme alla Fondazione Pescara-Abruzzo, alla Soprintendenza e alla Regione, di riuscire ad averne una riproduzione anastatica, da poter esporre nel monastero per promuovere l'immagine turistica e culturale del piccolo paesino del pescarese.

I misteri del relitto di Antikythera

Parte della mostra sul meccanismo di Antikythera allestita presso il
Museo Archeologico di Atene il 14 settembre di quest'anno (Foto: AFP)
Gli archeologi che stanno operando sul sito del naufragio dell'imbarcazione che ha restituito il meccanismo di Antikythera, hanno intenzione di servirsi di un nuovo e rivoluzionario apparato di ricerca subacquea per esplorare ulteriormente i fondali del naufragio.
Il meccanismo di Antikythera, forse il più antico calcolatore del mondo, datato al II secolo d.C., venne scoperto da alcuni pescatori di spugne al largo di un'isola nel mar Egeo nel 1900. Il meccanismo è piuttosto complesso: presenta fino a 40 ingranaggi in bronzo ed era utilizzato dagli antichi per monitorare i cicli del sistema solare. Da allora ci sono voluti più di 1500 anni perché venisse realizzato un orologio astronomico altrettanto sofisticato.
Gli archeologi intendo, ora, tornare ad esplorare il relitto che conteneva questo misterioso e complesso meccanismo, servendosi di uno scafandro che permetterà loro di raggiungere, in tutta sicurezza, una profondità doppia rispetto a quella alla quale abitualmente si immergono. Lo scafandro è molto simile ad una tuta spaziale e permette di arrivare fino a 150 metri di profondità.
Gli archeologi ritengono che vi siano altri reperti in attesa di essere recuperati dal relitto. Finora avevano potuto operare solo fino a 60 metri di profondità. Il meccanismo di Antikythera è stato rinvenuto assieme ad una spettacolare statua di bronzo raffigurante un giovane. Forse la nave affondata in questo luogo trasportava un ricco bottino di guerra diretto a Roma.
Il Responsabile della Direzione per le Antichità Sommerse greche, Angeliki Simosi ritiene che vi siano i presupposti per il ritrovamento di altri importanti oggetti trasportati dalla nave naufragata. In particolare gli archeologi sperano di poter confermare la presenza, sui fondali dell'Egeo, di una seconda nave, situata a 250 metri di distanza dal sito del relitto di Antikythera.
Antikythera era, un tempo, una cittadina posta su una delle più importanti e trafficate rotte commerciali dell'antichità. Era anche la base dei pirati cilici che catturarono Giulio Cesare.

Antichi rituali in Irlanda: corpi nelle Midlands

I resti ritrovati recentemente nelle Midlands (Foto: Museo Nazionale
d'Irlanda - PA Wire)
I ricercatori del Museo Nazionale d'Irlanda sperano di procedere in breve tempo alla datazione al radiocarbonio delle parti di un corpo recuperato nella palude delle Midlands. Si tratta del secondo corpo ritrovato in due anni nella stessa palude.
I resti ritrovati sono costituiti da una parte parziale della gamba di un adulto e dalle ossa e parte di tessuto di un piede. Sono stati scoperti da alcuni operai che hanno immediatamente allertato i ricercatori del Museo. I resti sono stati ritrovati vicino al luogo dove, nel dicembre 2012, sono emersi i resti di un individuo dell'Età del Bronzo chiamato Moydrum e datato al radiocarbonio ad un periodo compreso tra il 700 e il 400 a.C.
Prima di rimuovere i resti, un gruppo di archeologi e di restauratori del Museo Nazionale d'Irlanda ha trascorso un fine settimana per esaminare sia i resti sia il sito del ritrovamento. Non si conoscono ancora il sesso e l'età dell'individuo a cui appartenevano i resti, anche se i ricercatori sono convinti si trattasse di un adulto. Si attendono, pertanto, ulteriori esami che saranno svolti nel laboratorio di conservazione di Dublino.
Le condizioni di assenza di ossigeno nelle paludi sono ideali per la preservazioni di materiali organici quali i tessuti umani. La sopravvivenza di questi resti consente ricerche più approfondite e complete sugli individui che vivevano in queste zone.
Ritrovamenti del genere hanno avuto luogo in tutta l'Europa settentrionale, dall'Irlanda alla Scandinavia. Molti dei corpi ritrovati recano tracce di morte violenta e si ritiene si tratti di vittime sacrificali di rituali connessi alla regalità e alla sovranità. Il Museo Nazionale d'Irlanda detiene la più interessante e completa collezione di mummie di palude del mondo. 

Tracce di peque nelle ceramiche di Teotihuacan

La piramide del sole a Teotihuacan (Foto: Barna Tanko -
Shutterstock.com)
A Teotihuacan, in Messico, una delle più antiche città del mondo, i ricercatori hanno scoperto ed esaminato delle ceramiche che fanno pensare che gli antichi abitanti avessero l'abitudine di consumare un miscuglio alcolico lattiginoso. Questo antico liquore potrebbe aver contribuito a fornire dei nutrienti essenziali per la popolazione di Teotihuacan durante i periodi di carestia, molto frequenti nella regione.
Il nome Teotihuacan significa "città degli dèi", in lingua nahuatl, parlata dagli Aztechi. Teotihuacan era la più grande città del continente americano prima dell'arrivo di Cristoforo Colombo. All'apice della sua potenza essa si estendeva su circa 20 chilometri quadrati di territorio e ospitava una popolazione di 100.000 persone.
Gran parte di quel che concerne l'origine e la lingua delle persone che abitavano Teotihuacan rimane tutt'oggi sconosciuta. I ricercatori hanno tentato, dunque, di saperne di più sullo stile di vita e le abitudini di chi vi abitava studiando quello che mangiavano e bevevano.
La coltura fondamentale era il mais, ma la scarsa piovosità e le limitate risorse idriche sotterranee della regione rendevano oltremodo rischiosa la sua coltivazione. Inoltre il mais, a fronte di un alto contenuto di calorie, contiene solo basse concentrazioni di alcuni nutrienti essenziali quali il ferro, il calcio e le vitamine del gruppo B. Alcuni murales ritrovati a Teotihuacan raffigurano piante di agave, note anche con il nome di maguey, che somigliano molto all'aloe. Un certo numero di questi affreschi murari sembra raffigurare delle persone che bevono una pozione alcolica lattiginosa, chiamata pulque, ricavata dalla linfa del maguey. Anche la tequila, bevanda alcolica molto popolare in Sudamerica, è ricavata dalle piante di agave, ma è estratta dal cuore della pianta.
Diversi studi suggeriscono che il pulque avrebbe contribuito a sostentare la popolazione di Teotihuacan durante il gelo e la siccità, fornendo calorie e sostanze nutrienti essenziali. Per saperne di più sulla dieta e la cultura della popolazione di Teotihuacan, i ricercatori hanno analizzato più di 300 frammenti di ceramica raccolta sia dentro che fuori la città, risalente ad un periodo compreso tra il 200 e il 550 d.C.. Gli archeologi hanno letteralmente "macinato" i cocci ed analizzato la polvere che ne è risultata per scoprire quali sono le sostanze assorbite dalla ceramica non smaltata. Si sono, quindi, concentrati sui residui di un batterio dell'alcol noto come Zymomonas mobilis, presente anche nel pulque.
Sono 14 i frammenti che recano la prima traccia "chimica" della presenza del pulque tra le popolazioni dell'America Centrale. I ricercatori hanno scoperto che la linfa maguey fermentata è stata conservata in particolari vasi di ceramica sigillata con resina di pino.
Ora i ricercatori si propongono di analizzare altri antichi frammenti di ceramica provenienti da altre zone dell'America centrale per rintracciare residui simili a quelli ritrovati a Teotihuacan.

I misteri della cattedrale di Durham...

Gli archeologi al lavoro nel cosiddetto cimitero della cattedrale di Durham
(Foto: Durham University)
Le analisi iniziali condotte sulle ossa di 28 individui recuperati dagli archeologi in una fossa comune a Durham, nel nordest dell'Inghilterra, ha fornito alcune informazioni sulle loro origini e sulla loro identità, ma non ha portato ulteriori notizie.
Inizialmente i ricercatori ritenevano di essersi imbattuti nei resti di un cimitero medioevale pertinente la cattedrale di Durham, i cui confini antichi si estendevano ben oltre l'attuale sito di sepoltura. I resti umani, però, erano stati seppelliti tutti insieme e in maniera confusa, senza alcun apparente rituale funerario. Inoltre erano stati sepolti con orientamento nord-sud e non est-ovest, come ci si aspetterebbe in un tradizionale cimitero medioevale.
L'archeologo Richard Annis, del Dipartimento di Archeologia dell'Università di Durham ha affermato che il cimitero potrebbe essere, in realtà, una sorta di fossa comune ed i resti potrebbero essere quelli di prigionieri scozzesi morti nella cattedrale e nel castello di Durham dopo la battaglia di Dunbar del 1650. Questa battaglia ebbe luogo durante la guerra civile. L'esercito inglese sconfisse quello scozzese, impreparato e composto da soldati inesperti. I prigionieri catturati dopo la battaglia, dopo una lunga marcia, vennero imprigionati nella cattedrale e del castello di Durham. La cattedrale era, all'epoca, in stato di abbandono, il capitolo che la presiedeva era stato sciolto e l'ordine monastico che l'amministrava era stato soppresso da Oliver Cromwell. Durante il duro inverno del 1650-1651 molti dei prigionieri scozzesi detenuti nella cattedrale morirono per malnutrizione, malattie e freddo.
I test svolti dal Dipartimento di Archeologia della Durham University, compresi gli esami delle ossa umane, la datazione al radiocarbonio e le analisi degli isotopi radioattivi per accertare la dieta dei defunti, mostrano che tutti i 28 soggetti sepolti nella fossa erano di sesso maschile, con un'età compresa tra i 13 e gli oltre 46 anni. Circa la metà erano sotto i 20 anni di età. Nessuno degli scheletri presenta segni evidente di traumi da corpo contundente sulle ossa. I resti di due individui, datati al radiocarbonio, mostrano data di morte compresa tra l'ampio arco temporale che va dal 1440 al 1630.
Alcuni degli scheletri recavano con sé dei tubi di argilla che, un tempo, erano utilizzati per fumare il tabacco. Il tabacco fu introdotto in Inghilterra nel 1570 e divenne una moda diffusa alla fine del XVI secolo, il che fa ulteriormente restringere l'intervallo di datazione dei resti. Gli isotopi presenti nelle ossa di due degli scheletri sepolti, mostrano che costoro consumavano scarsamente pesce e frutti di mare, il che potrebbe significare che non vivevano sulla costa.
Le datazioni finora raccolte sono incompatibili con l'ipotesi dei prigionieri della battaglia di Dunbar. Visto l'interesse eccezionale che circonda la scoperta, l'Università di Durham ha deciso di finanziare ulteriori esami approfonditi su altri reperti che saranno pronti per il prossimo anno. Sarà, allora, possibile svelare il mistero degli scheletri della cattedrale di Durham?

Scoperta la più antica città della Croazia

Archeologi al lavoro in Croazia (Foto: haemus.org.mk)
Gli archeologi hanno riportato alla luce, in Croazia, quella che dicono essere la più grande città in pietra mai scoperta nella regione. Il centro urbano si estende su una superficie di 100.000 metri quadrati e si pensa che sia antica di 7000 anni. I ricercatori sono guidati da Maja Krznaric Skrivanko e Hrovoje Vulic, del Museo Civico di Vinkovci.
All'inizio degli scavi sono stati scoperti resti di cisterne, pozzi e ceramiche dell'Età della Pietra. Sotto appena 30 centimetri di terreno, sono stati rintracciati i resti dell'antica città. Ora i ricercatori si stanno concentrando su un'area di circa 3.000 metri quadrati dove sono stati ritrovati ben 325 reperti archeologici, quali recinzioni, pozzi e forni per ceramiche.
Sono stati trovati anche i resti di bambini sepolti con quello che ha tutta l'apparenza di un vero e proprio rituale funerario. I resti sembrano essere in buone condizioni, tanto da poter essere analizzati dagli specialisti. Nelle sepolture infantili sono stati trovati anche dei crani di bovini e delle corna, interrate accanto agli scheletri.
La cultura esistente nella zona tra il IV e il V millennio a.C. è detta Cultura Sopot e si estendeva in tutta quella che attualmente è la Croazia, la Bosnia e l'Ungheria. Le genti appartenenti a questa cultura si stabilivano solitamente lungo il percorso dei fiumi e nelle zone umide e si occupavano prevalentemente dell'allevamento del bestiame.

martedì 16 settembre 2014

Ritrovata la scomparsa Cappella di San Morrel

Volontari al lavoro su una piccola sezione di scavo a Hallaton
(Foto: Leicester Mercury)
Due scheletri che si tengono per mano sono stati scoperti dagli archeologi inglesi nel Leichestershire, in una cappella che si pensava scomparsa, la Cappella di San Morrell, un antico luogo di pellegrinaggio. Si tratta dei resti di un uomo ed una donna.
Sotto la cappella sono emersi i resti di un edificio romano. Lo scavo è condotto dai volontari della cittadina di Hallaton, dove si trova il sito, che lavorano qui da quattro anni. Responsabile dello scavo è l'archeologa Vicky Score, dell'Università di Leicester.
La datazione al carbonio su nove scheletri scoperti da quattro anni a questa parte, ha rivelato che i resti umani risalgono al XIV secolo. Si pensa che anche i resti ritrovati in questi giorni siano della stessa epoca. Gli scheletri sono stati rimossi perché l'Università possa analizzarli meglio.
Alcuni dei nove scheletri rinvenuti ad Hallaton avevano delle pietre poste sulla parte superiore del corpo. Si tratta di una tradizione propria dell'Europa orientale, che intendeva "fissare" il morto nel terreno.
La prima menzione della cappella di Hallaton è fatta in un testamento del 1532. I resti di un precedente edificio romano dimostrano, però, che questo luogo è stato frequentato da lungo tempo e nell'arco di almeno duemila anni. Della cappella si erano perse le trace nel corso dei secoli. Alcuni antiquari avevano fatto riferimento, in passato, ad essa ma senza indicarne la posizione, poiché sconosciuta.
San Morrell, al quale la cappella è stata dedicata, era diventato il quarto vescovo di Anjou, Francia, nel 430 d.C.. Probabilmente le sue spoglie furono portate in Inghilterra dagli angioini, quando quella zona venne unita al resto della Francia da Enrico II, primo della dinastia dei Plantageneti. Nel 1622 uno scrittore annotò, perché ne rimanesse memoria, che migliaia di pellegrini visitavano, ogni anno, la Cappella di Hallaton per ottenere guarigione da San Morrel.
Quattordici anni fa venne scoperto, ad Hallaton, un tesoro dell'Età del Ferro, comprendente un elmo e delle monete romane. Il luogo in cui venne rinvenuto questo tesoretto si trova a circa 500 metri di distanza dalla Cappella di Hallaton.

Procedono gli scavi nel mausoleo di Anfipoli

La cupola della terza camera realizzata in calcare
(Foto: Ministero della Cultura greco)
Gli archeologi che stanno lavorando alla tomba di Anfipoli, sono entrati, la scorsa settimana, nella terza camera sepolcrale dopo aver rimosso un grande ammasso di terra che si trovava dietro il muro decorato dalle cariatidi scoperte in questi giorni. Purtroppo vi sono problemi con l'integrità strutturale di questo terzo ambiente, soprattutto per quel che riguarda i pilastri in marmo che sembrano essersi distaccati dalla struttura principale alla quale erano uniti.
L'osservazione dell'ambiente ha rivelato che il livello del terreno sabbioso è inferiore rispetto alle due camere  precedenti e sono stati anche rinvenuti, nel terreno, sedimenti naturali contenenti fossili di conchiglie. La cupola che sovrasta la terza stanza, però, è in pericolo di collasso: essa mostra crepe profonde ed estese.
Vista assonometrica di quanto è stato scavato finora della
tomba di Anfipoli (Foto: Ministero della Cultura greco)
Quanto si è già distaccato è il risultato di una pressione immensa per la struttura, dovuta, con tutta probabilità, agli alti argini eretti ai lati della cupola. In particolare la parte meridionale della camera sopporta il peso di due metri di terra.
La cupola ad arco è stata costruita in pietra calcarea, come le precedenti due camere. Come in queste ultime, anche nella terza camera sono presenti pilastri con un architrave ionico decorato. La parte visibile della parete sud, a destra e sinistra delle cornici delle porte, mostra che il rivestimento in marmo continua. La porzione interna dell'architrave è caduta. I detriti sono stati rimossi con estrema cura per garantire che la cupola non collassasse.
Lo scavo del mausoleo di Anfipoli sta attirando l'attenzione degli studiosi e dei media, poiché si è cominciato a fare il nome di Alessandro Magno quale proprietario di questa monumentale sepoltura.

Misteriosa costruzione megalitica rinvenuta in Israele

Il monumento a forma di mezzaluna ritrovato in Israele
(Foto: Google Earth
E' stato identificato, in Israele, un monumento in pietra a forma di mezzaluna che si pensa possa risalire a 5000 anni fa. Il monumento si trova a circa 13 chilometri a nordovest del Mare di Galilea. Si tratta di una struttura massiccia, con un volume di circa 14.000 metri cubi ed una lunghezza di circa 150 metri.
Le ceramiche rinvenute nello scavo indicano che il monumento potrebbe risalire ad un periodo compreso tra il 3050 a.C. e il 2650 a.C., una data che lo farebbe più antico delle piramidi di Giza e del cerchio di Stonehenge. Gli archeologi hanno dapprincipio pensato che si trattasse del muro di cinta di una città, ma recenti lavori di scavo indicato che non vi è alcun insediamento umano antico intorno alla struttura.
A questo punto è stata proposta l'ipotesi che si trattasse di un punto di riferimento importante nel paesaggio naturale, indicante un possedimento o la presenza di un'autorità che avanzava diritti sulle risorse naturali e sulla popolazione rurale. La sua forma a mezzaluna potrebbe avere una valenza simbolica: la falce lunare era, infatti, il simbolo del dio della luna mesopotamico Sin.
Ad un giorno di cammino dal misterioso monumento, poi, si trova un'antica città chiamata Bet Yerah, la "casa del dio della luna". Probabilmente il monumento litico ne segnava i confini pur non essendo propriamente una fortificazione difensiva.
La struttura ha una larghezza di 20 metri ed è conservata per un'altezza di sette. Si è stimato che ci siano voluti dai 35.000 ai 50.000 giorni di lavoro per completarla.
Bet Yerah era, un tempo, una grande città ben pianificata con un funzionale sistema di fortificazioni. I suoi abitanti commerciavano con i primi re d'Egitto, come è possibile evincere dai manufatti ritrovati, tra i quali una brocca con iscrizione geroglifica. La città era associata, questo era il significato del suo nome, al dio della luna, ma gli studiosi non sono sicuri che essa abbia portato sempre questo nome. Il nome di Bet Yerah, infatti, è stato rintracciato in testi rabbinici di 1500 anni fa.
Non lontano dal monumentale "muro" di pietra sono state rinvenute altre strutture rocciose di grandi dimensioni: una è stata chiamata Rujum el-Hiri e si trova sulle alture del Golan, una zona ad est del Mare di Galilea. E' formata di quattro cerchi con al centro un tumulo. La data di costruzione di questa struttura è ancora oggetto di dibattito. Una recente ricerca condotta dall'archeologo Mike Freikman, dell'Università Ebraica di Gerusalemme, indicherebbe che questi megaliti sono antecedenti alla costruzione del muro a forma di mezzaluna.
Recentemente, poi, è stato scoperto un altro tumulo gigante sotto le acque del Mare di Galilea. La sua datazione è sconosciuta ma, così come la struttura a mezzaluna appena ritrovata, anche il tumulo sommerso si trova vicino al sito di Bet Yerah.

Ritrovato il fortino romano perduto in Germania

Frammento di coccio con l'iscrizione della Legio Primigenia Pia Fidelis
di stanza a Mogontiacum (Magonza) - (Foto: Goethe Universitat
Frankfurt am Main)
Nel corso di uno scavo didattico nell'Assia (Germania), a Gernsheim, gli archeologi dell'Università di Francoforte hanno scoperto un fortino romano a lungo considerato perduto. Qui si stima che fosse di stanza una coorte (circa 500 uomini) tra il 70 e il 120 d.C.
Gli archeologi hanno rintracciato due fossati a forma di V, tipici di questo genere di fortino, e le buche per i pali della torre difensiva. Molti sono i reperti tornati alla luce, dal momento che le truppe romane, una volta smantellato il fortino, hanno riempito il fossato con quello che avevano. Si tratta di una vera e propria miniera d'oro, per gli studiosi, in quanto questi reperti possono comporre il quadro della vita nel fortilizio romano, nonché gli usi e le abitudini dei soldati che lo presidiavano.
Finora si sapeva ben poco del fortino romano di Gernsheim, anche se, nel XIX secolo, sono stati ritrovati dei reperti di epoca romana. L'unica cosa certa, fino a qualche tempo fa, era che, in base ai reperti, qui sorgeva un importante insediamento, un vicus, paragonabile ai vici che sono esistiti a Dieburg o a Landeburg. Si è ipotizzato che l'insediamento facesse perno su una fortezza, dal momento che i soldati solitamente vivevano con le loro famiglie. I venti anni di scavo in questa zona hanno, dunque, portato i frutti tanto attesi.
La fortezza di Gernsheim venne costruita dai Romani per controllare le vaste aree ad est del fiume Reno nel primo decennio del I secolo d.C. e per implementare le vie di comunicazione commerciale da e per il centro di Mainz-Mogontiacum (Magonza). Il forte sorgeva in una zona strategica: una strada si diramava dall'attuale percorso dell'autostrada Magonza-Augusta in direzione di altri centri principali. Si può persino parlare di un porto sul fiume Reno, ma ancora non se ne sono trovate le tracce.
Agli scavi ha partecipato anche il Goethe Institute of Archaeology.

sabato 13 settembre 2014

Uno, dieci, cento Stonehenge...

Stonehenge custodisce ancora dei segreti. Alcuni scienziati hanno appena presentato i risultati di uno studio quadriennale del paesaggio attorno al famoso sito con l'utilizzo di tecniche non invasive, come il radar a penetrazione del suolo. Queste ricerche hanno permesso di rilevare i segni di almeno 17 santuari neolitici precedentemente sconosciuti.
Stonehenge, dunque, non è il solo circolo in pietra strutturato della Gran Bretagna. In realtà esso fa parte di un paesaggio molto più complesso, realizzato per attività processionali e rituali che si svolgevano attorno ai monumenti.
I ricercatori non hanno ancora risposte certe al perché sia stato costruito il circolo di Stonehenge, resta il fatto che si tratta di uno dei più imponenti complessi attestanti la notevole capacità ingegneristica preistorica. Le pietre più grandi che lo compongono, note come sarsens, sono alte fino a 9 metri e pesano circa 22,6 tonnellate.
Degli altri santuari che circondavano Stonehenge sono stati individuati i fori lasciati dai pali di legno, dalle pietre e dai fossati, alcuni dei quali si estendono fino a 4 metri di profondità. Alcuni di questi monumenti hanno un disegno a cerchi concentrici molto simile a Stonehenge.
I ricercatori hanno esplorato dall'alto anche il Cursus, un immenso recinto preistorico posto a nord di Stonehenge, che risale al 3500 a.C. circa, che ha una lunghezza di 3 chilometri e 100 metri di larghezza. Qui hanno individuato una grande fossa sepolta all'estremità orientale del Cursus. Questo pozzo era stato allineato con l'"avenue" di Stonehenge, un percorso processionale che si allinea con il sole all'alba del solstizio d'estate. Un'altra fossa è, invece, allineata con la Heel Stone, all'ingresso di Stonehenge.
Sono stati mappati diversi tumuli funerari, nella zona, tra i quali un lungo tumulo che risale ad un'epoca antecedente a Stonehenge. Gli archeologi hanno rivelato un edificio in legno sepolto dentro il tumulo, che potrebbe essere stato utilizzato per un'inumazione rituale.

Emergono i corpi delle cariatidi di Anfipoli

Particolare del panneggio di una delle cariatidi del mausoleo di
Anfipoli (Foto: Ministero della Cultura greco)
Continuano gli scavi al mausoleo di Anfipoli, in Grecia. Gli archeologi hanno portato alla luce due figure femminili, due cariatidi, ed ora stanno lentamente scoprendo il resto del corpo delle statue, poste all'ingresso della grande sepoltura macedone risalente all'epoca di Alessandro Magno.
Le cariatidi sono figure familiari a chi visita l'Acropoli di Atene, poiché costituiscono le "colonne" dell'Eretteo. Anche se scolpite in pietra, le vesti diafane delle cariatidi di Anfipoli hanno eccezionali pieghe ricavate per movimentare gli abiti.
Il mausoleo di Anfipoli è racchiuso da un muro di marmo di circa 490 metri di perimetro. Le pareti interne hanno rivelato la presenza di colori e di affreschi. Sono stati rinvenuti anche interessanti mosaici ottenuti con ciottoli bianchi e neri disposti a forma di diamante.
Il braccio destro della cariatide scoperta ad ovest e quello sinistro della cariatide posta ad est sono tesi come ad impedire simbolicamente a chiunque di entrare nella tomba. Katerina Peristeri, archeologa responsabile dello scavo, crede che la tomba risalga al IV secolo a.C. e sia stata costruita da Dinocrate, architetto di Alessandro Magno. Al momento gli archeologi non si pronunciano sul nome del proprietario del mausoleo, anche se alcuni esperti hanno azzardato l'ipotesi che si tratti di uno dei generali di Alessandro Magno o di un parente stretto del sovrano macedone se non, addirittura, che il mausoleo possa essere stato costruito per ospitare le spoglie di Alessandro stesso.

Riemerge un palazzo a Yumuktepe

I resti dell'antico palazzo di Yumuktepe (Foto: AA)
Sono in corso gli scavi archeologici di uno dei siti più antichi del mondo, il tumulo di Yumuktepe, che si trova nel sud della provincia di Mersin, in Turchia. Proprio durante questi scavi sono tornati definitivamente alla luce i resti di un palazzo che risalirebbe al 4500 a.C.. La qualità della pavimentazione esterna del palazzo è stata una vera sorpresa per gli archeologi.
Le tracce di insediamento umano a Yumuktepe risalgono al 7000 a.C. e l'uomo continuò ad abitare qui fino al XIII secolo d.C.. I lavori di scavo sono diretti dalla Professoressa Isabella Caneva, del Dipartimento di Archeologia dell'Università di Lecce.
I resti del palazzo sono stati scoperti, in realtà, negli anni passati ma quest'anno è stata rivelata completamente la planimetria dell'edificio. Quest'ultimo, al contrario delle abitazione dell'epoca - piuttosto piccole - ha una grande sala centrale. Le altre stanze hanno dei bei pavimenti. Sono stati ritrovati anche i resti di 200 tazze e ceramiche, ad indicare che qui venne cucinato il pasto per molte persone.
L'edificio riportato alla luce ha un aspetto più monumentale e di qualità superiore, dal punto di vista architettonico, rispetto alle case dell'epoca. Le persone che vivevano qui dovevano certamente appartenere all'élite del luogo. L'edificio reca segni del passaggio di molte civiltà.
Yumuktepe, nota anche come Soguksutepe, venne fondata 9000 anni fa dagli agricoltori neolitici, le cui case in rovina costituiscono il nucleo dell'attuale sito di scavo. I primi scavi risalgono al 1936-1938 ad opera di J. Garstang. I resti carbonizzati di pistacchio, querce e pini estratti dai livelli più antichi di Yumuktepe dimostra che la zona era coperta di boschi più di quanto lo sia oggi.

giovedì 11 settembre 2014

Riemerge un'antica moneta lidia in Bulgaria

La moneta ritrovata nel mare di Sozopol
(Foto: Museo Nazionale di Storia di Sofia)
Nel Mar Nero, appena al largo del porto di Sozopol, in Bulgaria, è stata trovata una moneta che è, con tutta probabilità, la più antica mai venuta alla luce nel Paese.
Secondo Vladimir Penchev, numismatico presso il Museo Nazionale di Storia di Sofia, la moneta è di elettro, una lega di argento e oro e può essere attribuita al VII secolo a.C.. La moneta proviene dal regno di Lidia, il che significa che ha almeno 2650 anni di età. La Lidia era un'antica regione che si trovava nell'attuale Anatolia occidentale e che si estendeva fino al Mar Egeo.
Gli antichi Lidi godevano della fama di essere i primi creatori di monete. Il reperto ritrovato in mare, del peso di 0,63 grammi è pari ad 1/24 di statere, un'antica moneta greca fatta di una lega di oro e argento.
Sozopolis era un'antica città portuale greca, situata a 35 chilometri a sud di Burgas, sulla costa meridionale del Mar Nero. Fu fondata nel VII secolo a.C. da coloni greci provenienti da Mileto, sulla costa occidentale dell'Asia Minore. La città venne in origine chiamata Antheia, ma in seguito divenne nota come Apollonia Pontica o Apollonia Magna. Il nome di Sozopolis ha cominciato ad apparire nei documenti scritti del I secolo d.C.

La sepoltura della nonna dell'imperatore

Uno degli oggetti ritrovati nella tomba
(Foto: Cnwest.com)
Una grande sepoltura, appartenente alla nonna dell'imperatore cinese Qin Shi Huang, è stata riportata alla luce in un campus universitario, nello Shaanxi, provincia nordovest della Cina.
La tomba si estende su 173 metri quadrati circa, per una lunghezza di 550 metri ed una larghezza di 310. Finora sono state scavate due carrozze trainate ciascuna da sei cavalli, un simbolo di alto rango, il simbolo dell'appartenenza alla famiglia reale, che hanno confermato che la sepoltura apparteneva proprio alla nonna di Qin Shi Huang.
A sottolineare la nobiltà della proprietaria della tomba, sono stati recuperati oggetti in giada, oro e frammenti d'argento e ceramica finemente incisa. Questo è la seconda tomba di questa grandezza ad essere stata scoperta in Cina.
I resti di una carrozza tirata da sei cavalli ritrovata nella sepoltura (Foto: Cnwest.com)

lunedì 8 settembre 2014

Ritrovato un antico sonaglio per bambini in Turchia

Alcuni degli oggetti riportati alla luce negli scavi di
Kutahya (Foto: AA)
Gli scavi nel tumulo di Seyitomer, nella provincia occidentale turca di Kutahya, hanno portato alla scoperta di un pennello e di un sonaglio per bambini che si stima risalgano a 5000 anni fa. A fare la scoperta sono stati gli archeologi della Dumlupinar Universiti, Dipartimento di Archeologia.
Il pennello è stato utilizzato per la produzione della ceramica nella prima Età del Bronzo. Il sonaglio per bambini è pervenuto intatto. Nel tumulo sono stati trovati, nel corso delle campagne di scavo che sono iniziate nel 2006, numerosi oggetti appartenenti a molte civiltà: del Bronzo, greca, ellenistica, romana, achemenide e bizantina. Tra gli oggetti ci sono anche molti pesi da telaio per la tessitura, forgiati in argilla e statuette di toro che aveva un significato simbolico per le antiche civiltà che qui vivevano.

Le meraviglie della tomba di Anfipoli

Una delle cariatidi ritrovate durante lo scavo della tomba di Anfipoli
(Foto: Ministero della Cultura greco)
Due cariatidi di eccezionale valore artistico sono state rinvenute, nei giorni scorsi, durante gli scavi nella tomba reale dell'antica Anfipoli, nel nord della Grecia. Questo ennesimo ritrovamento conferma ulteriormente la grande importanza del monumento.
Il volto di una delle cariatidi è quasi intatto, mentre l'altro manca. La loro posizione è tale da impedire, simbolicamente, l'ingresso al sepolcro. La tecnica utilizzata nello scolpirle è simile a quella delle sfingi che sono state trovate nel medesimo scavo. Sulle cariatidi sono state trovate tracce di colorazione rossa e blu, che fanno riferimento alle statue delle Kore arcaiche.
La cariatide intatta ritrovata durante gli scavi alla tomba di Anfipoli (Foto: Ministero della Cultura greco)

Turchia, gli "inviti" di Antioco I di Commagene...

Turchia, l'iscrizione di Antioco di Commagene (Foto: AA) Un'iscrizione trovata vicino a Kimildagi , nel villaggio di Onevler , in Tu...