lunedì 30 marzo 2015

Rispunta un tratto delle Mura Aureliane a Roma

Il tratto delle Mura Aureliane riemerso a S. Giovanni, Roma
(Foto: Corsera)
A pochi passi dalla Basilica di San Giovanni a Roma, è stato fatto un ritrovamento eccezionale: 80 metri di Mura Aureliane che si credevano perdute. Giacevano sotto l'attuale piano di calpestio e sono state scoperte durante i lavori della costruenda linea C della metropolitana.
Sono emerse undici arcate, due torri e tracce di pittura medioevale che, secondo gli archeologi, potrebbero rappresentare la testimonianza del riutilizzo di questa parte di mura da parte di eremiti. Oltre alle tracce tardo antiche e medioevali sono emersi un sistema idraulico del '600 e le feritoie per gli arcieri modificate per adattarle alle armi da fuoco.
Questo tratto di mura fu interrato, con tutta probabilità, nel XVIII secolo, quando planimetria e altimetria della zona vennero modificate per rifare la facciata della Basilica di San Giovanni. "Quando abbiamo visto spuntare sotto i nostri piedi i primi archetti è stata un'emozione grandissima", dicono gli studiosi. La zona, ora, è puntellata e recintata da un cantiere gigantesco della metropolitana.
Per secoli si è pensato che questo tratto di mura fosse stato abbattuto per realizzare il terrazzamento del '700 davanti alla Basilica o fosse semplicemente crollato. Ora, invece, è riemerso in tutto il suo splendore e gli archeologi sperano che possa portare ad altre scoperte. Quanto ritrovato non sarà più coperto, ma piuttosto si cercherà di renderlo fruibile al pubblico, fondi permettendo, per mezzo di un camminamento che dal tratto di cinta riscoperto, scavallando Porta Asinara e Porta San Giovanni, proceda lungo via Carlo Felice fino a S. Croce in Gerusalemme.

domenica 29 marzo 2015

Hatshepsut, uccisa da una crema di bellezza

(Fonte: "la Repubblica") - Fu una delle regine più belle, ammirate e potenti della storia antica, seppe imporsi come giovane donna di potere in un mondo maschile. Ma la rincorsa della bellezza perfetta, allora un mito per le classi al potere, le fu fatale: morì a soli 35 anni, dopo almeno 20 anni sul trono, uccisa dal cancro che le creme di bellezza le avevano provocato. E' la tragica storia della mitica regina egiziana Hatshepsut, quella che la scienza ci ha svelato.
Grazie alle ricerche di un team di egittologi tedeschi dell'Università di Bonn, il mistero della morte di Hatshepsut è oggi svelato. E così la ricchissima eredità dell'antico Egitto nella cultura mondiale si arricchisce a suo modo di un monito: guai a fare l'impossibile per essere belli a tutti i costi.
Cosmetica, medicine, trucco e oggi lifting, botox e altri ritrovati, possono essere fatali. Hatshepsut, come ce la tramandano gli storici, pitture e bassorilievi, la decrittazione dei geroglifici e il suo splendido busto esposto al Metropolitan a New York, fu una delle donne più belle, affascinanti e potenti dell'antichità. Visse attorno al 1450 a.C. e regnò per venti anni sull'Egitto. "La prima delle donne elette che abbraccia Amun", significa, tradotto, il suo nome. Era astuta e intelligente, aveva l'istinto del potere. Figlia del faraone Tutmosi I e di Ahmose, sposò il fratellastro Tutmosi II e fu la sua reggente. La sua incoronazione fu memorabile: lei si gettò ai piedi dei sacerdoti che le conferirono di fatto i pieni poteri. Come Nefertiti, come Cleopatra, la sua bellezza divenne simbolo e incarnazione del potere.
Hatshepsut regnò vent'anni, ma a lungo la sua morte e l'ubicazione della sua mummia furono un mistero. La sua tomba fu identificata pochi anni fa nella Valle dei Re, nel maestoso complesso di templi funerari nell'attuale Deir el-Bahari. Adesso gli egittologi tedeschi hanno però risolto il giallo più difficile: la causa del suo decesso. E' avvenuto per caso, ha spiegato Michael Hoeveler-Mueller, uno di loro. Il team tedesco, lavorando insieme ai colleghi egiziani, aveva trovato e fatto analizzare alcune piccole ampolle, alte circa 15 centimetri. Ampolle con il sigillo di Hatshepsut, e che si credeva contenessero il suo profumo. "Con quei flaconi abbiamo svelato un mistero antico di 3500 anni", afferma Hoeveler-Mueller. Nei flaconi, spiega, non era contenuto un profumo, bensì una crema di bellezza per la pelle, che probabilmente Hatshepsut usava per curare gli eczemi che la affliggevano e conseguire la bellezza perfetta. Un mito nell'antico Egitto, il quale vantava un'industria della cosmesi altamente sviluppata. Fascino, sex appeal, eleganza, cura di ogni dettaglio, attenzione al messaggio erotico dell'abbigliamento e della pettinatura erano canoni irrinunciabili per la regina e per ogni donna o uomo al potere allora. Ma la crema di bellezza di Hatshepsut fu la sua condanna. Era a base di olio di palma e olio di noce moscata, dicono i ricercatori, ma conteneva anche due sostanze altamente cancerogene. Cioè catrame e benzopirene, quest'ultimo reso tristemente famoso nell'età moderna per i veleni dell'Italsider di Taranto.
Si supponeva già, spiegano i ricercatori di Bonn, che Hatshepsut soffrisse di cancro e diabete. Ma ora abbiamo praticamente la certezza che il tumore letale le fu scatenato dalla crema di bellezza. "Escludiamo ogni falsificazione, i sigilli della regina sui flaconi sono autentici", sottolinea Hoeveler-Mueller.
Destino amaro, insomma, per Hatshepsut. Lei mostrò tra le prime che una donna poteva governare, ordinò grandi lavori pubblici e spedizioni punitive contro forze ribelli in Nubia e in Palestina. Ma l'imperativo della bellezza perfetta, che nell'antico Egitto valeva per donne e uomini, le fu fatale. Nefer, era la parola che lo indicava, da cui derivarono il nome di Nefertiti e del dio della bellezza Nefertem, detto anche "il signore della cosmesi". Lezioni amare, ma importanti anche oggi: meglio accettarci come siamo e rassegnarci ai segni del tempo sulla nostra pelle.

Latrine e ... vecchi parassiti

Una scaletta che permetteva di entrare nel
quartiere cristiano di Gerusalemme 500
anni fa (Foto: Christa Clamer)
Lo scavo in una latrina di circa 500 anni fa a Gerusalemme, ha rivelato la presenza di migliaia di uova di parassiti umani, tra i quali alcuni si pensa provenissero dal nord Europa.
Probabilmente le persone che hanno utilizzato la latrina erano dei pellegrini provenienti dall'Europa del nord dove questi parassiti erano comuni. Inizialmente i ricercatori hanno individuato la latrina nel quartiere cristiano di Gerusalemme nel 1996. La latrina aveva pareti in pietra, un tetto a volta, un piano terra e due scivoli di ingresso su fronti opposti, nel caso in cui la latrina dovesse essere utilizzata da due persone alla volta.
Un frammento di carbone trovano nella fogna ha aiutato i ricercatori a datare la latrina alla fine del 1400, inizi del 1500, quando la città di Gerusalemme era sotto la giurisdizione del viceré di Damasco. Per studiare a fondo questa particolare storia della città, i ricercatori hanno dovuto setacciare i sedimenti all'interno della latrina, trovando 12 coproliti (feci fossili) leggermente mineralizzate. Con l'ausilio di microfiltri hanno cercato delle uova di parassiti all'interno dei coproliti.
Sono state individuate, in questo modo, sei specie di parassiti intestinali. Quattro erano vermi intestinali (ascaridi, tricocefali, tenie del manzo e del maiale e tenie del pesce), mentre due erano parassiti unicellulari che sono causa della dissenteria. I parassiti più comuni erano presenti in tutti e 13 i campioni di coproliti. Due dei parassiti, la tenia del pesce e il parassita che provoca la dissenteria, erano, al tempo, comuni nel nord Europa ma estremamente rari in Medio Oriente. I popoli del nord Europa tendono, infatti, a mangiare pesce crudo, affumicato o in salamoia. Nessuno di queste preparazioni consente di eliminare i parassiti intestinali. Testi arabi, inoltre, affermano che le persone che abitavano le città interne della Siria mangiavano raramente pesce e quando lo facevano avevano l'abitudine di cucinarlo e, in questo modo, i parassiti venivano eliminati.
Uova di tenia trovate nei coproliti
della latrina di Gerusalemme
(Foto: Hui-Yan Yeh)
All'interno della latrina, i ricercatori hanno trovato anche pezzi di ceramica italiana, il che contribuisce a rafforzare l'idea che vi era un nutrito scambio di popolazione tra l'Europa e Gerusalemme, alla fine del '400. E' anche probabile che la latrina si trovasse nei pressi di un caseggiato di proprietà di alcuni commercianti di Gerusalemme, che devono essere stati "contagiati" dal parassita durante i loro viaggi o durante il soggiorno in qualche ostello che ospitava anche pellegrini provenienti dall'Europa.
Testi medici dell'epoca, inoltre, confermano che non ci si rendeva conto che i vermi intestinali siano degli organismi viventi. Le malattie erano attribuite allo squilibrio dei quattro umori corporali: il sangue, la bile gialla, la bile nera e la flemma.

Riti funebri particolari nella Puglia neolitica

Le ossa disarticolate della grotta di Scaloria (Foto: UCLA)
Circa 7000 anni fa i primi coltivatori, in Italia, praticavano un rituale di sepoltura chiamata defleshing, consistente nel togliere la carne dalle ossa, nello smembrare lo scheletro e nel deporre i resti in grotta.
Il defleshing è un rito che è stato praticato in tutto il mondo, ma finora non era stato attestato in Europa, secondo quanto affermato dal Dottor John Robb, archeologo dell'Università di Cambridge e responsabile del progetto di ricerca in Italia. Con i suoi collaboratori, il Dottor Robb ha raccolto ed esaminato le ossa sparse in almeno 22 località di epoca neolitica, in particolare quelle conservate nella grotta di Scaloria, una grotta che si trova nel sudest del Tavoliere delle Puglie.
La grotta è rimasta intatta fino al 1931, anno della sua scoperta. Essa conserva resti umani mescolati in modo casuale con ossa animali, vasellame rotto e strumenti di pietra. Questo assemblaggio è molto difficili da interpretare e piuttosto insolito. Le comunità neolitiche seppellivano i loro morti sotto o acanto alle loro case oppure ai confini dei loro insediamenti. Nel caso di Scaloria, invece, la comunità che abitava la zona disperse le ossa dei morti 15-20 chilometri distante dall'abitato.
I tagli presenti sulle ossa della grotta di Scaloria
(Foto: Università di Cambridge)
Il Dottor Robb ed i suoi collaboratori hanno effettuato delle analisi dettagliate dei resti scheletrici che, attualmente, sono in prestito all'Università di Cambridge ma che sono normalmente custoditi nel Museo Archeologico Nazionale di Manfredonia. I risultati hanno mostrato che alcune ossa avevano segni di taglio, a dimostrazione che, prima di essere collocati nella grotta, i resti umani erano stati privati non solo della pelle, ma anche dei muscoli e dei tendini. Probabilmente i resti sono stati depositati anche un anno dopo la morte, dopo aver subito un'ulteriore pulitura. Quest'ultima fase ha rappresentato, con tutta probabilità, la fine del periodo di lutto e il definitivo distacco del defunto dalla comunità di appartenenza.
Il Dottor Robb pensa che le ossa possano essere state considerate equivalenti a stalattiti. Infatti, notando il collegamento tra l'acqua che gocciola dal soffitto della grotta e la formazione delle stalattiti, gli abitanti della zona nel neolitico avevano deposto dei vasi sotto queste ultime per raccogliere il liquido che, secondo loro, scaturiva dalle "ossa di pietra". La grotta di Scaloria, con il suo ambiente inferiore di difficile accesso, era sicuramente un posto speciale per le genti che abitavano il Tavoliere delle Puglie durante il neolitico. Proprio per questo sarebbe stato un posto adatto per svolgere dei rituali funebri.

sabato 28 marzo 2015

Cambridge, ritrovato lo scheletro di un cavallo

Lo scheletro di cavallo trovato in Gran Bretagna
(Foto: Cambridge Archaeological Unit)
Lo scheletro di un cavallo che gli archeologi pensano risalga ad epoca romana, è stato scoperto presso il Campus Biomedico di Cambridge, a tre metri sotto terra. Il cavallo aveva una gamba rotta.
Il ritrovamento di uno scheletro quasi completo è inusuale, quello ritrovato in Gran Bretagna risale a duemila anni fa. Nel luogo dove è stato ritrovato dovrà sorgere un hotel ed un centro conferenze. La gamba rotta del cavallo aveva iniziato a guarire, ma non si era ancora risanata, al momento della morte. I danneggiamenti, peraltro lievi, rilevati sullo scheletro sono, forse, dovuti ad interventi di sistemazione del terreno avvenuti nel 1960, quando si stava costruendo un nuovo ospedale.
Lo scheletro era in una fossa scavata, in epoca romana, per estrarre ghiaia. All'interno vi erano frammenti di ceramica e di altri animali. L'animale era, forse utilizzato nelle vicine cave di ghiaia. Si attendono i risultati degli studi sulle ossa.

Un piccolo tesoro gallese

Gli anelli d'oro scoperti in Galles (Foto: Amgueddfa Cymru)
E' stato scoperto, in Galles, un tesoro, formato da oggetti in bronzo e due anelli d'oro. Probabilmente apparteneva ad una persona che ricopriva un ruolo di rilievo all'interno di una società della tarda Età del Bronzo (10.000 - 800 a.C.).
Il genere di gioielli ritrovati in Galles alludono a possibili legami familiari tra le comunità del Tardo Bronzo di Galles ed Irlanda. Non si è ancora in grado di comprendere se gli "anelli" in oro siano stati utilizzati come orecchini o per tenere insieme i capelli. Gli archeologi pensano che questi oggetti così preziosi siano stati sepolti come offerta ad una divinità, forse alla morte di chi li aveva posseduti.

Una sepoltura medioevale trovata in Galles

La sepoltura trovata in Galles
(Foto: CR Archaeology)
Gli archeologi che stanno lavorando nei pressi di una chiesa nel nord del Galles hanno scoperto i resti di un muro che si pensa sia appartenuto ad un insediamento monastico medioevale, ed una tomba contenente uno scheletro.
Gli scavi sono condotti sotto le fondamenta della chiesa di S. Maria a Nefyn. Lo scheletro rinvenuto è stato identificato come appartenente ad una donna di circa 60 anni di età, in buona salute, con qualche segno di artrite. Si tratta di una sepoltura medioevale risalente al 1180-1250 d.C., una rarità per il Galles. Le analisi che saranno condotte sullo scheletro, permetteranno agli studiosi di acquisire maggiori elementi sulla vita della donna, sulla sua alimentazione, l'altezza e il luogo nel quale era nata e cresciuta. Negli scavi è stata rinvenuta anche una spilla risalente al XIII o XIV secolo.
Gli archeologi scavano nel sito dal 2013, la prima grande scoperta è stata quella dei resti di un grande muro di pietra intonacato sulla parte rivolta all'interno. Questo muro non compariva su nessuna delle mappe della zona ed è pertinente un antico insediamento monastico che, come risulta dalle cronache, si era sviluppato attorno alla chiesa primitiva.

giovedì 26 marzo 2015

Israle, il porcospino e la lucerna

Gli archeologi della Israel Antiquities Authority (IAA) hanno scoperto una lampada ad olio in ceramica risalente a 1400 anni fa. La scoperta è stata possibile grazie all'aiuto di un porcospino.
Durante un turno di sorveglianza nelle antiche rovine di Horbat Sive, un sito romano-bizantino vicino Emek Hefer, al centro di Israele, il simpatico animaletto ha portato alla luce questa lampada mentre stava scavando la sua tana.
La lampada ritrovata in Israele grazie ad un porcospino (Foto: IAA)

Polonia: trovato un braccialetto celtico

I resti del braccialetto celta ritrovato a Pakoszòwka, in Polonia (Foto:Dariusz Szuwalski)
Un bracciale in bronzo, risalente al III secolo a.C., è stato trovato a Pakoszòwka, in Polonia. Si tratta di un reperto che gli archeologi hanno associato ai Celti.
Il bracciale è stato rinvenuto in frammenti ed è difficile determinare le circostanze in cui l'oggetto è finito sotto terra. Gli archeologi ritengono che a Pakoszòwka esistesse un antico villaggio celtico, dal momento che qui sono stati rinvenuti diversi frammenti di ceramica, un frammento in vetro e una moneta d'oro. I Celti erano arrivata nel bacino del fiume San all'incirca nel III secolo a.C.. Si trattava di un popolo guerriero che, secondo alcuni, proveniva dal Reno Superiore e dal Danubio.

Micenei nel Peloponneso, scoperte delle sepolture

Archeologhe italiane al lavoro nel Peloponneso
(Foto: umbriaecultura.it)
Nel Peloponneso occidentale, in Grecia, sono state rinvenute, dagli archeologi italiani coordinati dalla Professoressa Elisabetta Borgna, docente di Archeologia Egea presso l'Università di Udine, tre sepolture micenee intatte, datate ad un periodo compreso tra il XV e il XIV secolo a.C., all'interno delle quali sono state trovate ceramiche e attrezzi di metallo nonché degli altari per libagioni e offerte.
Gli archeologi italiano sono alla quinta campagna di scavi presso Eghion, nell'ambito di un progetto internazionale del Ministero greco della Cultura diretto da Andreas Vordos. I ritrovamenti sono avvenuti nei pressi del sito protostorico della Trapezà, durante l'esplorazione di una necropoli di 3500 anni fa.
Le tre tombe a camera sono del tipo scavato dai Micenei nei pendii delle colline e venivano utilizzate per diverse generazioni. Una delle tombe ad inumazione collettiva ha restituito una serie di inumazioni primarie (in prima deposizione) inviolate. All'interno vi erano corredi di anfore, diversi tipi di vasi, attrezzi, ornamenti e oggetti personali.
Un altro ritrovamento consiste in una sorta di piattaforma realizzata con le ossa di chi era stato sepolto in precedenza. "Gli indizi emersi - ha dichiarato la Professoressa Borgna. - hanno suggestivi riscontri nelle informazioni tramandate dall'epica omerica e questo è un elemento di particolare rilievo per la definizione storico-culturale della necropoli della Trapezà". 

lunedì 23 marzo 2015

I segreti di Odessos

Lo scheletro rinvenuto negli scavi di Odessos
(Foto: Nova Tv)
Gli archeologi hanno scoperto lo scheletro di un uomo durante gli scavi di recupero e conservazione dell'antica città greco-romana di Odessos, sul Mar Nero. Lo scheletro è quello di un individuo piuttosto alto e giaceva in una sepoltura situata sotto il muro della fortificazione di Odessos. Qui scavano gli archeologi del Museo Archeologico di Varna.
Lo scheletro è stato datato al IV-V secolo d.C. e si trovava vicino alla chiesa di San Nikolay, a soli 20 metri di distanza dal luogo dove, a gennaio 2015, è stato scoperto un vaso di V secolo durante i lavori per l'approvvigionamento idrico della zona e il ripristino di una struttura fognaria.
Probabilmente lo scheletro appartiene ad un uomo morto durante la costruzione della fortezza di Odessos e sepolto in una fossa che, in origine, doveva essere una fossa di fondazione delle mura. Forse l'uomo fu vittima di un infortunio sul lavoro. In origine giaceva a tre metri sotto terra. Ulteriori prove di una sepoltura a seguito di una qualche cerimonia funebre, è il posizionamento dello scheletro in direzione est-ovest, mentre le mani erano collocate sulla vita.

La più antica fortezza romana conosciuta?

Le immagini del Lidar e la planimetria della
fortezza romana (Foto: Federico Bernardini)
Una squadra di ricercatori che stanno lavorando vicino al confine nordorientale tra Slovenia e Italia, ha scoperto i resti di quello che potrebbe essere il più antico esempio conosciuto di forte romano.
Esempi di forti romani sono venuti alla luce in diversi Paesi, ma nessuno, finora, era stato individuato in Italia. La scoperta è avvenuta grazie all'utilizzo del Lidar (Light Detection And Ranging), una sorta di scanner posto a bordo di un elicottero. Quest'apparecchiatura è in grado di rivelare strutture nascoste sotto gli alberi che non possono essere riconosciuti in altri modi.
I dati finora raccolti suggeriscono che la fortezza è stata costruita nel 178 a.C., alcuni decenni prima di qualsiasi altra fortezza romana. Questa struttura si trova non lontana dalla città di Trieste. I Romani intendevano sicuramente proteggere l'insediamento di Tergeste (che, in seguito, divenne l'attuale Trieste) dai pirati e dalle genti provenienti dal nord. Gli archeologi sperano di poter trarre, da questa scoperta, indizi utili sulla strategia e le origini dell'esercito romano.

Un anello che parla di Arabi e Vichinghi

L'anello d'argento con la scritta in arabo rinvenuto in una tomba del IX secolo d.C. in Svezia (Foto: Sciencenews.org)
A più di un secolo dalla sua scoperta all'interno della sepoltura di una donna vissuta nel IX secolo d.C., un anello inciso ha rivelato gli stretti legami esistenti, all'epoca, tra Vichinghi scandinavi e il mondo islamico.
Alcuni operai che stavano scavando in un centro commerciale vichingo in Svezia, hanno recuperato l'anello d'argento alla fine del 1800. Finora si è sempre pensato che l'oggetto fosse un gioiello con una pietra color viola ametista con incisi caratteri che imitavano quelli arabi. Un esame più attento al microscopio elettronico a scansione ha rivelato che la pietra dal colore ametista è un vetro colorato. L'iscrizione incisa si legge "per Allah".
Gli antichi Scandinavi usavano scambiare oggetti in vetro con l'Egitto e la Mesopotamia già 3400 anni fa. Attraverso i traffici marittimi potrebbero essere entrati in possesso di altri oggetti simili da commercianti islamici. Gli antichi testi menzionano incontri tra scandinavi e membri della civiltà islamica a partire da mille anni fa.
La superficie interna dell'anello non mostra segni di usura. Forse l'anello è stato creato da un argentiere arabo e non è dovuto passare da mole mani prima di raggiungere la dama vichinga nella cui sepoltura è stato trovato.

Scoperta un'enorme maschera di Pan in Israele

La maschera in bronzo di Pan ritrovata ad Hippos Sussita
(Foto: Newswise.com)
Una maschera di bronzo di grandi dimensioni raffigurante il dio Pan è stata scoperta nel Parco Nazionale di Hippos Sussita, da una missione archeologica dell'Università di Haifa.
A detta del Dottor Michael Eisenberg maschere in bronzo di queste dimensioni sono piuttosto rare e solitamente non rappresentano Pan o una delle altre divinità greco-romane. La maggior parte delle maschere in bronzo note sono, infatti, di dimensioni ridotte.
Ultimamente gli scavi di Hippos Sussita stanno riservando molte soddisfazioni agli archeologi. Nel 2011 è stata rinvenuta una scultura raffigurante Ercole, poi una lapide in basalto con il busto di un defunto ed ora la maschera in bronzo di Pan. Nel medesimo scavo che ha restituito questo straordinario reperto è stata scoperta una palla per balista in calcare, un materiale diverso dal più comunemente utilizzato basalto. Probabilmente, ipotizzano gli studiosi, si tratta di un proiettile lanciato all'interno delle mura cittadine da una balista nemica.
La maschera di Pan era completamente ricoperta di terriccio e di vegetazione. E' stata identificata anche grazie alle corna, tipiche di questa divinità. Una pulizia accurata in laboratorio ha rivelato fili di barba di capra, orecchie a punta e altre caratteristiche che hanno confermato l'identificazione con Pan. La maschera giaceva accanto ad una struttura in basalto con parete spesse che sembra sia di origine romana. I ricercatori ritengono che sia molto probabile che un altare a Pan sorgesse all'interno della città, sulla strada principale.
La città di Paneas, a nord di Hippos Sussita, aveva uno dei santuari più complessi dedicato a Pan, all'interno di una grotta. I riti dedicati a questa divinità dei boschi comprendevano, oltre ai sacrifici, anche l'adorazione estatica e gare di bevute. Gli archeologi, ora, stanno scavando la struttura di basalto accanto alla quale è stata trovata l'enorme maschera, sperando di scoprire anche le finalità per le quali è stata edificata. "Forse, in un periodo successivo, durante la Pax Romana, quando le fortificazioni della città non venivano utilizzate, quest'edificio venne trasformato in un luogo di culto per il dio dei pastori e, forse, quello che abbiamo trovato è parte di una magnifica fontana", ha dichiarato il Dottor Eisenberg.
Hippos Sussita si trova a circa 2 chilometri ad est del Mar di Galilea. Lo scavo è diretto dal Dottor Michael Eisenberg per conto dell'Istituto Zinman di Archeologia dell'Università di Haifa, in collaborazione con archeologi provenienti da Israele e da altri stati esteri.

sabato 14 marzo 2015

Sorprendente Egitto

Operazioni di scavo presso l'antica città di Tell Habua (Foto: Ministero per le Antichità egiziano)
Una sorta di albergo ante litteram, risalente a 3400 anni fa, è stato portato alla luce durante gli scavi effettuati presso l'antica città fortificata di Tell Habua, nei pressi del Canale di Suez.
L'edificio si estendeva su 1.200 metri quadrati e venne costruita con mattoni di fango durante la XVIII Dinastia. Sono ben tre gli edifici con funzioni analoghe scoperti nella zona, due dei quali appartenenti alla XIX Dinastia.

Emerge un'altra tomba a Sheikh Abd el-Qurna, in Egitto

Uno degli affreschi della sepoltura trovata a Luxor
(Foto: Ministero delle Antichità egiziano)
Scavi nella nuova tomba scoperta a Sheikh Abd el-Qurna (Foto: Ministero delle Antichità egiziano)
Nuova scoperta sulla riva occidentale del Nilo, a Luxor. L'American Research Center in Egitto ha riportato alla luce la seconda tomba in una settimana a Sheikh Abd el-Qurna.
Si tratta di una tomba della XVIII Dinastia, appartenente ad un certo Satmut ed a sua moglie Ta-kh-a. Sulle pareti della sepoltura sono raffigurate diverse scene di vita quotidiana in buone condizioni di conservazione. Solo alcune iscrizioni risultano deliberatamente cancellate. La tomba si trova accanto a quella scoperta la settimana scorsa.
La struttura della tomba è simile a quella scoperta in precedenza, a "T", con una stanza trasversale e camere laterali incompiute con pozzi, purtroppo già visitate da tombaroli nell'antichità.
Altri affreschi dalla tomba scoperta a Luxor (Foto:Ministero delle
Antichità egiziano)


giovedì 12 marzo 2015

Una tomba volsca trovata a Frosinone

La tomba volsca scoperta a Frosinone (Fotto: Il Corriere.it)
(Fonte: Il Corriere della Sera) - FROSINONE: Le moderne tecnologie s'imbattono nella storia e riportano a galla antiche testimonianze. Erano impegnati a installare cavi per la fibra ottica quando da uno scavo, profondo soltanto poco più di un metro, è emersa una tomba volsca. A Frosinone spuntano nuovi tesori. La scoperta è avvenuta in piazzale De Matthaeis, nel cuore della parte bassa del capoluogo ciociaro.
Durante i lavori, di fronte al grattacielo, all'incrocio tra viale Roma e via Mària, è venuto alla luce un loculo (sarebbe la cinquantesima scoperta del genere nella zona) con resti umani, arredi funerari, vasi di ceramica e di bronzo, oggetti di ferro, tutto di età preromana. Lo scheletro volsco, vissuto 2500 anni fa, è in cattivo stato di conservazione. I reperti, dopo l'intervento della Soprintendenza ai Beni archeologici del Lazio con il funzionario Alessandro Betori, sono stati "impacchettati" e trasferiti al Museo comunale, che resta in attesa di essere ampliato. La nuova scoperta testimonia lo straordinario patrimonio archeologico del capoluogo ciociaro che ora in tanti chiedono di difendere e valorizzare.
Il sindaco di Frosinone, Nicola Ottaviani, assicura l'impegno dell'amministrazione comunale per arrivare, quanto prima, al restauro dei reperti rinvenuti. "Tutta l'area da Piazzale De Matthaeis allo stadio Matusa - dice Ottaviani - è di grandissimo pregio archeologico. Il problema, adesso, è di mettere a sistema tale straordinario patrimonio storico per riportarlo il più possibile alla luce e farne motivo di richiamo per la città. In questo senso - continua - penso anche a una convenzione con qualche università per portare avanti, insieme alla Soprintendenza, le attività di studio e di ricerca".
Per il primo cittadino "se nella zona di De Matthaeis si continua a scavare - conclude - di sicuro emergono altri eccezionali reperti". Più difficile, se non impossibile, sarà invece valorizzare nella stessa area, in viale Roma, l'anfiteatro romano risalente alla fine del primo secolo d.C.. L'antica struttura, capace di contenere fino a duemila spettatori, oggi si trova, infatti, sotto il garage di un palazzo costruito negli anni Sessanta. La storia sepolta dal cemento.

martedì 10 marzo 2015

Riapre il Tempio di Romolo al Foro Romano

Il Tempio di Romolo al Foro Romano (Foto: eveandersson.com)
Dal 10 marzo al 20 settembre torneranno visibili sette grandi sculture pertinenti la Fonte di Giuturna (Lacus Iuturniae), una fonte d'acqua considerata salutare, una delle più importanti dell'antichità. Nello stesso periodo sarà riaperto al pubblico il Tempio di Romolo al Foro Romano, restaurato nel 2000 (venne demolita una volta barocca).
Nel Tempio di Romolo la Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l'Area Archeologica di Roma ha voluto installare un'esposizione speciale di opere legate al mito dei Dioscuri. I due figli di Zeus (Dioscuri significa, appunto, figli di Zeus), con i cavalli e l'ara con le immagini legate alla loro leggenda, sarà in esposizione con la statua di Apollo e il puteale in marmo bianco del pozzo della sorgente di Giuturna.
Il gruppo dei divini gemelli venne ritrovato in pezzi nella vasca della Fonte di Giuturna e gli archeologi pensano che siano stati frantumati intenzionalmente. Le statue sono state datate alla fine del II secolo a.C. - I secolo a.C. e provengono da un'area vicina al Tempio di Romolo.

lunedì 9 marzo 2015

Scoperta una ricca favissa a Karnak

Alcuni degli oggetti trovati nella favissa del
tempio di Ptah a Karnak (Foto: CNRS)
Il Centro franco-egiziano di studi sui templi di Karnak (CNRS) ha appena completato lo scavo di una favissa, un pozzo scoperto all'inizio di dicembre 2014 nei pressi del tempio dedicato al dio Ptah.
Lo scavo ha riportato alla luce 38 tra statue, statuette e oggetti preziosi di natura religiosa. Un nuovo metodo di registrazione, poi, utilizzato durante lo scavo, riuscirà a ricostruire virtualmente ogni passo della scoperta, con precisione millimetrica.
Il CNRS collabora attivamente con il Ministero egiziano per le Antichità, al fine di studiare e ripristinare la zona di Amon Ra a Karnak (Luxor). Dal 2008 il programma di scavi del CNRS si è focalizzato sul tempio di Ptah, situato all'estremità settentrionale del tempio di Amon Ra.
Il tempio di Ptah venne costruito durante il regno di Thutmosis III (1479 - 1424 a.C. circa). In seguito venne ampiamente restaurato, ingrandito e adattato. I lavori andarono avanti fino al regno dell'imperatore romano Tiberio (14 - 37 d.C.). Il tempio era dedicato a Ptah, divinità associata alla città egizia di Memphis.
La favissa appena scavata si trova a pochi metri dal tempio di Ptah. Gli oggetti trovati al suo interno (statue, statuette, oggetti in calcare, lega di rame e faiançe egiziana) erano posti intorno alla parte inferiore di una statua che rappresenta Ptah seduto. Tra i reperti si contano: 14 statue di diversa grandezza del dio Osiride; 3 statuette di babbuini; 2 statuette raffiguranti la dea Mut, una delle quali coperta di geroglifici; una testa ed alcuni frammenti di una statuetta della dea Bastet, con la testa di una gatta; 2 basi di una non meglio identificata statuetta; una piccola targa e la parte superiore di una stele contrassegnate con il nome del dio Ptah; diversi intarsi.
Nella parte superiore del pozzo sono state recuperate una statua raffigurante una sfinge e una piccola testa di statua raffigurante il dio Imhotep. Si tratta di una scoperta eccezionale, in Egitto, sia in termini di dimensioni che di qualità. Lo scavo degli oggetti è stato registrato da un topografo predisposto per gli scavi archeologici, che realizza una serie di ricostruzioni fotogrammetriche di alta densità dell'immagine.

venerdì 6 marzo 2015

Ritrovato uno specchio in bronzo nella necropoli di Aege

Lo specchio ritrovato ad Aege, in Grecia (Foto: Greekreporter.com)
Gli archeologi hanno rinvenuto, nel centro dell'antica città greca di Aege, a Vergina, nella Grecia settentrionale, diverse figurine in argilla ed altri importanti reperti.
La missione di scavo in questa parte della Grecia è iniziata nel 2005 e da allora viene condotta in modo molto sporadico, poiché i finanziamenti sono pochi. Nella necropoli di Aege sono state scavate ventuno sepolture, sei delle quali non erano state saccheggiate.
Uno dei reperti più interessanti trovati è sicuramente uno specchio, rinvenuto nella tomba di una giovane morta nel IV secolo a.C.. I genitori l'avevano seppellita con ornamenti d'oro, orecchini e perle ed un piccolo capolavoro in bronzo: uno specchio con Eros e Dioniso scolpiti sulla parte posteriore. Eros è raffigurato come un bambino che vola per abbracciare il dio greco.
La tomba più ricca della necropoli, purtroppo saccheggiata, conteneva i frammenti di un letto funerario decorato con placche di argilla scolpita con la figura della dea greca Athena che sta guardando un duello tra Greci e barbari.

Riemergono le sepolture dell'antica Thermae Himerae

Una delle sepolture trovate a Palermo (Foto: lasicilia.it)
Un guasto alla linea dell'energia elettrica a Termini Imerese, in Sicilia, ha permesso di scoprire due sepolture romane risalenti alla costruzione di Thermae Himerae dopo il saccheggio perpetrato dai Cartaginesi (V secolo a.C.).
Naturalmente è intervenuta la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo, con l'archeologa Monica Chiovaro, che ha documentato il ritrovamento. L'area sepolcrale si trovava al di fuori dell'antica cittadina e fin dalla metà del XVIII secolo è stata archeologicamente scavata a più riprese. Questi scavi hanno permesso di conoscerne i limiti e di datare le sepolture ad età tardo-ellenistica e romano-imperiale.
Nel 1914 era stata scoperta una tomba con un'iscrizione funeraria, urne cinerarie di piombo e terracotta e due sepolture sormontate da un epitymbion, un piccolo monumento a gradoni, simili a quelle trovate a Cefalù e a Polizzi. Delle sepolture trovate, la prima conteneva un sarcofago in lastre di marmo. All'interno sono state rinvenute tracce dello scheletro (braccia e gambe piuttosto consumati). La seconda sepoltura conteneva, invece, un sarcofago in piombo, un reperto raro nella necropoli dell'antica Thermae e in Sicilia in generale. All'interno lo scheletro era perfettamente conservato nella posizione in cui fu sepolto.

Scoperta una tomba celtica in Francia

Manico di un calderone in bronzo rappresentante il dio greco Acheloo ritrovato nella sepoltura di Lavau
(Foto: Denis Gliksman - INRAP)
Un'eccezionale sepoltura di V secolo a.C., probabilmente appartenente ad un principe celtico, è stata riportata alla luce alla periferia di Lavau, nella regione francese della Champagne.
La tomba contiene oggetti di fattura greca e forse anche etrusca ed i ricercatori pensano che il rinvenimento possa contribuire a far luce sul commercio in Europa durante l'Età del Ferro. Tra i reperti vi è anche un calderone per il vino in bronzo. Il tumulo custodisce il defunto e il suo carro. Gli studiosi pensano si tratti di un nobile della cultura celtica locale. La tomba è eccezionale non soltanto per le sue dimensioni ma anche per gli oggetti che custodiva.

Trovato villaggio neolitico a Diros Bay

Scavi a Ksagounaki (Foto: msuamec.wordpress.com)
Gli archeologi del Progetto Diros, un programma di scavi quinquennali a Diros Bay, in Grecia, hanno portato alla luce i resti di un villaggio megalitico e di una sepoltura risalente ad un periodo compreso tra il Neolitico e l'Età del Bronzo.
Oltre alla coppia rinvenuta "abbracciata" in una recente sepoltura, sono state trovate altre tombe ed i resti di un antico villaggio. Il tutto suggerisce che Diros, un tempo, era un centro importante. Il villaggio si trovava davanti all'ingresso della Grotta di Aleopotrya, presenta edifici di epoca neolitica e una necropoli con sepolture di adulti e bambini.
La Grotta di Alepotrypa è stata utilizzata sia per uso abitativo che per cerimonie rituali per tutto il Neolitico (6300-3000 a.C.). Il sito di Ksagounaki, dove sono stati trovati i resti di strutture megalitiche riferentesi ad un villaggio, è stato, invece, abitato nel Neolitico Finale (4200-3800 a.C.) quando le reti commerciali si erano estese ed avevano portato allo scambio di oggetti attraverso il Mediterraneo.
La scoperta più sorprendente, a detta del Dottor William Parkinson, del Field Museum, è quella di una sepoltura micenea, contenente decide e decine di ossa disarticolate accompagnate da ceramiche dell'Età del Bronzo, da perline in pietre esotiche, avorio e un pugnale miceneo in bronzo. Il Dottor Parkinson e la sua squadra pensano che le costruzioni megalitiche di Ksagounaki, erette nel Neolitico, potrebbero aver attirato l'attenzione dei Micenei più di duemila anni dopo essere state abbandonate.

giovedì 5 marzo 2015

Scoperta la Ciudad Blanca?

Uno degli oggetti trovati nella Ciudad Blaca. Forse raffigura un
giaguaro (Foto: Dave Yoder - Nationa Geographic)
Una missione archeologica ha scoperto, nella foresta pluviale dell'Honduras, le rovine inesplorate di un'antica città perduta di una civiltà non ancora identificata.
I ricercatori hanno seguito le "voci" che parlavano di un luogo favoloso, una "Città Bianca" (Ciudad Blanca), che da tempo indicavano la presenza di antichi edifici in una zona inesplorata e disabitata del Paese. Già nel 1920 erano partite spedizioni archeologiche alla ricerca della mitica città, descritta come una sorta di Eden nelle leggende indigene, un luogo in cui i nativi si sentivano al sicuro dagli esploratori spagnoli. La leggenda vuole che nessuno di coloro che partirono, all'epoca, alla ricerca della Ciudad Blanca sia mai tornato.
Gli archeologi hanno ora esaminato e mappato la zona ed hanno scoperto, grazie a quest'esplorazione, una grande quantità di sculture in pietra intatte. Uno dei reperti più interessanti è un reperto che raffigura uno dei potenti locali, forse uno sciamano. Il sito non è ancora stato scavato, ma gli archeologi hanno provveduto a documentare i reperti e tenere segreta la localizzazione esatta della Ciudad Blanca, per proteggerla dai saccheggiatori.

Scoperta una nuova sepoltura in Egitto

L'ingresso della stanza laterale della tomba
(Foto: english.ahram.org.eg)
Una tomba della XVIII Dinastia è stata scoperta in Egitto da una missione archeologica del Centro di ricerca americano al Cairo, durante degli scavi effettuati nella necropoli di Gorna, sulla riva occidentale di Luxor.
Secondo quanto affermato dalle autorità, la tomba ha una forma a T, con due ampie sale e una piccola nicchia incompiuta. Un unico ingresso conduce ad una camera laterale a sud della tomba. Le pareti della sepoltura sono ricoperte da affreschi raffiguranti il proprietario della tomba e sua moglie di fronte ad una tavola d'offerta. Altri affreschi restituiscono le immagini di scene di caccia.
La tomba è stata saccheggiata già nell'antichità. Alcune parti degli affreschi ed alcuni testi geroglifici sono stati cancellati, tra questi il nome del dio Amon. Probabilmente a danneggiare la tomba sono stati i seguaci di Akhenaton. A fine aprile si spera di poter aprire la tomba ai visitatori, dopo il necessario restauro.

Trovato un affresco del '400 in una chiesa milanese

Affreschi della chiesa di S. Cristoforo a Milano
(Foto: Il Giornale)
Sorpresa nella chiesa di San Cristoforo a Milano: nell'anno dell'Expo i lavori restituiscono un affresco nascosto da secoli da un controsoffitto. L'esperta: "E' inestimabile".
L'equipe della Dottoressa Valentina Parodi aveva il compito di sistemare l'affresco dell'Annunciazione, sull'arco della chiesa. I lavori erano appena cominciati quando, un giorno, saliti sul sottotetto, i restauratori hanno scoperto un tesoro nascosto: l'affresco del '400, appunto, raffigurante un Dio Padre benedicente in una mandorla di cherubini. Un gioiello dal valore inestimabile.
Il soffitto ligneo aveva mantenuto per anni il suo segreto e aveva preservato il resto dell'affresco. I restauratori, ora, si propongono di rendere visibile a tutti questo gioiello sconosciuto.
La chiesa di San Cristoforo è un edificio romanico con un'aula coperta a tetto e una piccola abside semicircolare. La facciata è ornata da un ricco portale in cotto, da un rosone gotico a raggi intrecciati e dagli stemmi dei Visconti, di Milano e del cardinale Pietro Filargo da Candia, vescovo di Milano e futuro papa Alessandro V.
La facciata della Cappella Ducale ha un portale semplice affiancato da alte monofore gotiche e resti di affreschi.

martedì 3 marzo 2015

I segreti di Parigi...

I resti trovati a Parigi sotto un supermercato (Foto: Denis Gliksman - INRAP)
Sono più di duecento i corpi trovati, disposti in file ordinate, in una fossa comune sotto un supermercato al centro di Parigi. In origine qui vi era il cimitero di un ospedale in attività dal XII al XVII secolo, ma si è sempre pensato che i corpi fossero stati spostati nelle catacombe della città nel XVIII secolo. Le catacombe di Parigi ospitano le ossa di ben sei milioni di persone che furono qui trasferite duecento anni fa.
Gli archeologi dell'Istituto Nazionale francese per le Ricerche Archeologiche Preventive (INRAP) sono rimasti molto sorpresi dal ritrovamento ed hanno immediatamente predisposto il necessario per prelevare il Dna dai corpi e confermare che si tratta di quelli sepolti nel cimitero dell'antico ospedale della Trinità, uomini e donne morti di peste o a causa di una carestia.
I corpi sono stati trovati sepolti in otto fosse comuni, sette delle quali contenevano un massimo di venti persone, mentre l'ottava ospitava più di 150 individui. Tutti i corpi sono stati deposti con estrema cura, collocati testa-piedi per risparmiare spazio. Sembra che siano stati tutti sepolti contemporaneamente e questo ha fatto pensare alle vittime delle pestilenze che colpirono Parigi nel XIV, XV e XVI secolo.

lunedì 2 marzo 2015

Scoperte le cause della morte del faraone Seneb Kay

Le ferite inferte al cranio di Seneb Kay (Foto: Josef Wegner)
Gli archeologi dell'Università della Pennsylvania, in collaborazione con il Ministero delle Antichità egiziano, hanno scoperto nuove prove sulla vita e la morte del faraone Seneb Kay, fondatore della XVI Dinastia durante il Secondo Periodo Intermedio.
L'analisi forense sui resti del faraone è stata condotta dal Dottor Josef Wegne, il quale ha indicato le cause della morte in una serie di ferite infertegli durante una terribile battaglia o in un agguato. Lo scheletro di Seneb Kay è stato trovato lo scorso anno da una missione archeologica dell'Università di Pennsylvania, all'interno della tomba ad Abydos. L'analisi dello scheletro dimostra che il re ha ricevuto diciotto ferite che hanno intaccato le sue ossa, le principali hanno raggiunto le ossa dei piedi, delle caviglie e della parte bassa della schiena. Sono evidenti anche i colpi inferti al cranio dalle quali si può risalire al tipo di armi utilizzate nel periodo in cui visse il faraone.
Dall'angolazione delle ferite i ricercatori hanno appurato che Seneb Kay si trovava in posizione elevata, rispetto a chi lo aveva assalito. Forse era a cavallo o si trovava su un carro. Forse chi l'ha assalito ha colpito in prima battuta i piedi e le caviglie per poterlo trascinare a terra e finirlo con colpi di ascia al cranio. Seneb Kay morì tra i 35 ed i 40 anni di età. L'analisi delle ossa ha dimostrato che era abituato ad andare a cavallo.
Queste nuove analisi suggeriscono che Seneb Kay potrebbe essere il primo re egiziano morto in battaglia. Finora il primo faraone egiziano morto in battaglia era Seqnenre Tao, della XVII Dinastia, i cui resti si trovano custoditi al Museo del Cairo.

Trovata una interessate lapide romana in Inghilterra

La lapide di Bodica (Foto: BBC)
Una lapide romana, la prima del genere rinvenuta a Cirencester, nel Gloucestershire, in Gran Bretagna. Nei suoi pressi sono emersi anche dei resti scheletrici che si pensa appartengano alla persona menzionata sulla lapide.
Secondo gli archeologi la lapide e i resti umani apparterrebbero ad una donna di circa 27 anni di età, di nome Bodica. Accanto al corpo della donna, in una sorta di sepoltura familiare, sono stati trovati anche i resti dei corpi di tre bambini. L'iscrizione commemorativa di Bodica occupa solo la metà della lapide. Al di sotto c'è uno spazio vuoto in cui si vedono delle linee orizzontali, tracciate per poter scrivere qualcos'altro, forse il nome del marito di Bodica, il cui nome è di origine celtica.
La lapide è di buona qualità e deve essere stata anche molto costosa. Sono circa 300-400 le lapidi trovate in Inghilterra. La pietra utilizzata per la lapide di Bodica è quella calcarea di Cotswold.

Trovata una fortezza mongola

Le rovine della fortezza di Gengis Khan (Foto: Asahi Shimbun)
Una squadra di archeologi giapponesi e mongoli hanno scoperto i resti di un avamposto militare del XIII secolo fatto costruire da Gengis Khan (1162 - 1227) nel sudovest della Mongolia. Gli archeologi ritengono che questa scoperta potrebbe essere fondamentale per conoscere di più sulla strategia dell'impero mongolo.
I ricercatori hanno esplorato le rovine che si trovano a circa 880 chilometri ad ovest di Ulan Bator nel 2001 ed hanno scoperto che le caratteristiche geografiche della regione erano simili a quelle descritte in un diario redatto da un monaco taoista cinese durante il medioevo. Gli archeologi sono riusciti a portare alla luce frammenti di ceramiche cinesi risalenti al XIII secolo. Una fotografia aerea scattata nel 2001 mostra i resti di una fortezza circondata da un muro di terra.
La scorsa estate gli archeologi impegnati negli scavi hanno datato al radiocarbonio dei resti di legno rinvenuti sul territorio e delle ossa di animali. L'analisi ha restituito una datazione compresa tra il XII e il XIII secolo, mentre le ossa sarebbero del XIV secolo. Si pensa che la fortezza sia stata commissionata da un collaboratore di Gengis Khan nel 1212.

Turchia, gli "inviti" di Antioco I di Commagene...

Turchia, l'iscrizione di Antioco di Commagene (Foto: AA) Un'iscrizione trovata vicino a Kimildagi , nel villaggio di Onevler , in Tu...