domenica 26 aprile 2015

Scoperte tombe reali a Teotihuacan?

Ricostruzione grafica che mostra sia il tunnel che i tre ambienti che gli archeologi stanno scavando a
Teotihuacan e che potrebbero essere tombe reali, al di sotto della piramide del Serpente Piumato
(Foto: Handout - Reuters)
Il ritrovamento di grandi quantità di mercurio liquido al di sotto delle rovine di Teotihuacan, secondo i ricercatori che vi operano, potrebbe portare presto alla scoperta del luogo di sepoltura dei misteriosi sovrani della città.
Il mercurio è stato scoperto dall'archeologo Sergio Gòmez alla fine di un tunnel sotto la piramide del Serpente Piumato, la terza più grande piramide di Teotihuacan. Già nel novembre 2014 lo stesso Gòmez aveva annunciato il ritrovamento di tre ambienti alla fine del tunnel. Vicino all'ingresso di questi ambienti è stato ritrovato un inaspettato tesoro: statue di giada, una scatola piena di conchiglie intagliate e sfere di gomma. L'archeologo ha proseguito nel suo scavo malgrado la forte umidità e la presenza del mercurio, che ha richiesto, a quanti erano impegnati nei lavori, di dotarsi di appositi indumenti protettivi.
Il mercurio liquido non aveva, all'apparenza, alcuno scopo pratico per gli antichi Mesoamericani. Il mercurio è stato trovato in altri tre siti, due siti abitati dai Maya e uno appartenente agli Olmechi. Gòmez ritiene che la presenza del mercurio sia il segno che la sua squadra è vicina alla scoperta della prima tomba reale di Teotihuacan dopo decenni di scavi. Il mercurio, a parere dell'archeologo, potrebbe essere un richiamo ad un fiume o a un lago sotterraneo.
La scoperta di questa probabile tomba reale potrebbe contribuire a risolvere l'enigma della forma di governo con il quale era amministrata Teotihuacan. Del resto anche la concentrazione di manufatti al di fuori degli ambienti scavati da Gòmez nonché lungo il tunnel  che le precede, può sicuramente essere associata ad una tomba o a delle camere rituali. La presenza di una tomba reale potrebbe avvalorare la tesi che la città, che fiorì tra il 100 e il 700 d.C., fosse governata da una dinastia, come era consuetudine tra i Maya. L'archeologa Linda Manzanilla sostiene che Teotihuacan sia stata governata da quattro signori e fa notare che non vi è, nella città, un palazzo reale o la rappresentazione dei suoi sovrani tra i murales. Teotihuacan era una città in cui diverse fazioni erano in competizione tra di loro per il governo: militari, mercanti, sacerdoti e politici.
Al momento gli archeologi stanno cercando di mettere in luce quanto più possibile dei tre ambienti intercettati. Nel contempo si sta cercando di decifrare le pitture ed i geroglifici presenti in città e di analizzare la scrittura in uso.

Riapre la basilica di Porta Maggiore, un unicum

La volta della navata centrale della basilica sotterranea di
Porta Maggiore a Roma (Foto: AdnKronos)
(Fonte: AdnKronos) - Venti secoli di misteri tra sacralità e magia, gelosamente custoditi sotto nove metri di terra. E' la basilica pagana di Porta Maggiore a Roma, monumento "unico nel mondo occidentale romano per la sua pianta a tre navate, simile a quella delle successive chiese cristiane", spiega Ida Sciortino, archeologo della Soprintendenza Archeologica di Roma e curatore della basilica. Dopo un lungo e delicato restauro, finanziato con fondi Arcus per 500mila euro (che ha riguardato la statica, le infiltrazioni e l'inquinamento biologico), il monumento sarà svelato al pubblico attraverso visite guidate contingentate per piccoli gruppi di 6 o 8 visitatori, inizialmente solo di domenica a partire dalla prossima (26 aprile). Una scelta necessaria per consentire la continuazione dei lavori di restauro del delicato edificio sotterraneo, finanziati adesso con fondi della soprintendenza.
La basilica, scoperta per caso nel 1917 e mai prima aperta al pubblico, nasce come edificio sotterraneo, ed era probabilmente legata ai culti neopitagorici diffusi a Roma all'epoca di Augusto. Secondo alcuni studiosi, l'edificio sarebbe stato costruito da Tito Statilio Sauro, della famiglia degli Statili che avevano ampi possedimenti nell'area di Porta Maggiore e sulla via Prenestina, collaboratore stretto dello stesso Augusto e console nell'11 d.C.. Altri studiosi invece attribuiscono la sua costruzione a Tito Statilio Tauro, pronipote del precedente, suicidatosi nel 53 d.C. per non subire l'onta del processo in cui lo aveva trascinato Agrippina, madre di Nerone, con l'accusa di praticare la magia.
In ogni caso, la basilica nei suoi tre ambienti, presenta due diversi livelli successivi di decorazioni: il primo e più antico, a stucchi bianchi con temi della mitologia greca e romana, nella sala basilicale a tre navate di 12 metri per 9; il secondo con affreschi di epoca successiva, presenti nel vestibolo che immette alla sala basilicale. Nel Dromos, il lungo corridoio in discesa che costituiva l'accesso dalla via Prenestina, resta solo una parte. "Questo lascia supporre che il primo livello di decorazioni - spiega Sciortino - sia stato realizzato da Tito Statilio Tauro collaboratore di Augusto, mentre il secondo dal pronipote che si suicidò".
"La scoperta della basilica è avvenuta per caso il 23 aprile 1917 - spiega Sciortino - quando un treno della linea Roma-Cassino-Napoli fu fermato per una frana lungo la linea. E' stata proprio quella frana a svelare la presenza dell'edificio ipogeo e nel 1951 le FS costruiscono una grande calotta in cemento armato che inglobò l'intera basilica, proteggendola dalle vibrazioni dei treni e dal percolamento delle acque".
Nel 2003 è partito il restauro della stessa calotta, e un consolidamento strutturale del monumento. Il lavoro di restauro dell'edificio è curato da Giovanna Bandini. "Un onore straordinario ma anche un lavoro difficile", commenta la restauratrice, spiegando che "si è partiti da un consolidamento strutturale dell'edificio, per arrivare agli intonaci, fino agli stucchi e ai dipinti, molto compromessi da secoli di percolamento di acque calcaree". Un restauro finito un anno fa ma che ha impedito l'apertura del monumento per via della presenza del radon. "Il gas, secondo il professor Sandro Massa, uno dei massimi esperti che ha collaborato con noi, si è sviluppato dopo gli ultimi terremoti (Umbria-Marche del 1997 e Abruzzo del 2009), ma abbiamo messo a punto un sistema per eliminarlo e adesso il livello, costantemente monitorato, è a 125, ben al di sotto della soglia d'allarme fissata a 500", spiega Sciortino.
Il lavoro è stato completato nell'abside e nel catino absidale, dove è raffigurata la poetessa Saffo nell'atto di lanciarsi dalla rupe Leucade "in una rappresentazione tutt'altro che drammatica - aggiunge Bandini - anzi legata a un'idea di serenità del trapasso tipica del neopitagorismo, che vedeva nella morte un passaggio a un'altra forma di vita". In realtà, la massiccia presenza di figure femminili nelle decorazioni "lascia supporre che il Tito Statilio Tauro che la fondò, l'abbia dedicata a qualche donna della famiglia", aggiunge Sciortino.
Il restauro va avanti, a breve riguarderà l'intera copertura della navata centrale, "ma servono mecenati. Per l'intero intervento occorrono 2,5 milioni di euro - spiega Bandini - oltre i fondi Arcus già utilizzati, e un lavoro che va dai tre ai cinque anni. Ad oggi sono stati eliminati i rischi per il monumento, sia quelli derivanti dall'umidità, anche se non si riesce a risolvere un'infiltrazione di acqua che arriva dal basso, dovuta a una perdita della rete Acea della zona. Per questo nell'edificio ci sono delle pompe idrovore che si azionano automaticamente alla minima presenza di acqua".
Per sconfiggere i batteri "che hanno tormentato la basilica per parecchio tempo, sono state installate delle macchine che purificano l'aria, come quelle che si trovano nelle sale operatorie. Inoltre, la basilica necessita di una temperatura costante a circa 13 gradi e di un'umidità che deve essere compresa fra l'85 e il 93%. Ecco la ragione delle visite contingentate: la presenza di molte persone, infatti, fa soffrire il delicato monumento".
Trovare fondi però "non è facile - spiega il Soprintendente archeologico Francesco Prosperetti - perché i mecenati cercano monumenti famosi, come il Colosseo. Sicuramente c'è una ricerca di fondi aggiuntivi a quelli dei biglietti che pagano i visitatori dell'area archeologica di Roma, che è la nostra unica forma di finanziamento e non pesiamo sullo Stato. Questo purtroppo è un luogo segreto, concepito come tale e rimasto purtroppo segreto anche ai visitatori fino alla sua apertura domenica prossima. Intendiamo progressivamente rimetterlo in funzione man mano che l'interesse del pubblico nei suoi confronti crescerà. In ogni caso, il completamento dei restauri di questa straordinaria basilica è una delle priorità della nostra Soprintendenza", conclude Prosperetti.

mercoledì 22 aprile 2015

Ritrovate sepolture della necropoli di Alicarnasso

Sono iniziati, nella provincia turca occidentale di Mugla, nel distretto di Bodrum, scavi archeologici di salvataggio delle antiche tombe emerse durante lavori di perforazione nel sito. Le sepolture sono da ritenersi parte della necropoli di Alicarnasso.
Dieci sono le sepolture, di diverse tipologie e di epoca ellenistica, trovate nel mese scorso. Altre cinque sepolture sono emerse in un altro luogo a meno di cento metri di distanza. Sono stati recuperati anche dei resti umani che, attualmente, sono all'esame degli antropologi.

Un rimedio egizio contro il mal di testa da sbornia

Il papiro con i consigli per il
mal di testa post-sbronza
(Foto: Egypt Exploration Society)
Per vincere una sbornia, nell'antico Egitto, non bisognava far altro che indossare una collana. Questo è il rimedio prospettato da un papiro recentemente tradotto e pubblicato con la ricetta per la cura del mal di testa da ubriachezza. La collana da appendere al collo era fatta, secondo la ricetta esposta nel papiro, di un arbusto chiamato Chamaedaphne alessandrina (Ruscus racemosus L.).
Il papiro contenente la ricetta contro la sbornia è stato datato a 1900 anni fa e fa parte di ben 500.000 documenti trovati nell'antica città di Ossirinco dai ricercatori Bernard Grenfell e Arthur Hunt circa un secolo fa. Lo studio e la pubblicazione di tutti questi papiri è stato lungo e difficile e va avanti da oltre un secolo. Finora sono circa 30 i papiri contenenti consigli medici ritrovati ad Ossirinco.
Gli autori di questi antichi papiri sono certamente di cultura greca. Gli antichi abitanti di Ossirinco, infatti, erano fortemente influenzati dalla cultura ellenistica, che si era diffusa in Egitto e in tutto il Medio Oriente dopo le conquiste di Alessandro Magno.
Una particolare attenzione, nei "papiri medici" di Ossirinco, era riservata alla cura delle malattie degli occhi. Un testo contiene circa una dozzina di ricette per confezionare una lozione molto simile al moderno collirio.
Vi sono anche frammenti che contengono relazioni su quelle che sembrano proprio tecniche di chirurgia oculare. Questi testi sono piuttosto lacunosi ed alcuni termini hanno una traduzione incerta.

Ritrovata una mastaba a Quesna, in Egitto

Il sigillo con il cartiglio del faraone Khaba e, a sinistra,
un disegno dei geroglifici che compongono il nome
del faraone (Foto: ees.ac.uk)
Un gruppo di archeologi della Egypt Exploration Society, guidati dalla Dottoressa Joanne Rowland (Libera Università di Berlino), hanno localizzato a Quesna una mastaba risalente all'Antico Regno.
Il monumento era stato già localizzato nel 2010 e si era intuito che poteva trattarsi di una mastaba, ma sono state necessarie altre indagini per capire appieno l'architettura e la datazione della sepoltura. Negli ultimi giorni del 2014 è stato effettuato uno straordinario ritrovamento, all'interno della tomba: un artefatto custodito in uno dei due loculi, forse si tratta di un sigillo che porta il nome del faraone Khaba, un sovrano poco conosciuto della III Dinastia che, probabilmente, fu faraone per sei anni. A lui si attribuisce la piramide non terminata di Zea ma non è stata mai trovata traccia della sua sepoltura.

martedì 21 aprile 2015

Danimarca, trovata una spilla a forma di gufo

La spilla ritrovata a Bornholm (Foto: Bornholm's Museum)
Nel sud della città di Nexo, sull'isola danese di Bornholm. è stata trovata una spilla di duemila anni fa in bronzo e smalto. La chiusura è a forma di civetta ed ha grandi occhi arancioni ed ali colorate.
Ci sono pochissime spille simili a questa, secondo l'archeologa Christina Seehusen, del Museo di Bornholm. Il gufo è stato forgiato nelle regioni che si trovavano lungo la frontiera romana sul Danubio e sul Reno. Forse veniva dalla città di Colonia o da qualche altro centro vicino.
La spilla era solitamente indossata dagli uomini e serviva per tenere chiusi i mantelli. Probabilmente un antico mercenario originario dell'attuale Danimarca, una volta finito il servizio di leva, ha portato con sé quest'oggetto. Bornholm si trova nel Mar Baltico; vi sono state scoperte tombe e insediamenti che parlano di frequenti contatti con diverse culture tra le quali l'impero romano.

Il latino di tutti i giorni dalla sigillata spagnola

Ceramica sigillata di epoca romana trovata in Spagna
(Foto: Universitat de Valéncia)
L'Università spagnola di Valencia sta studiando il latino parlato nella Spagna romana attraverso i graffiti rinvenuti sulla ceramica detta "terra sigillata". I reperti studiati sono custoditi attualmente nella Royal Academy of History di Spagna.
La ricerca si è concentrata sulle parole scritte sulla superficie della sigillata, una ceramica utilizzata nella vita di tutti i giorni, che possono fornire utili indizi linguistici, culturali ed etnologici. La sigillata di epoca romana era prodotta con uno stampo e talvolta recava figure e motivi vari. Fu in vigore in Italia, Gallia e Spagna dal I secolo a.C. al III secolo d.C.. Questi frammenti di ceramica recano, a volte, dei graffiti realizzati dai proprietari. Si tratta, a volte, di semplici segni, ma spesso si tratta di indicazioni sulla produzione e sulla distribuzione di beni alimentari. A volte i graffiti forniscono dettagli personali dei proprietari dell'oggetto oppure i loro nomi, o frasi colloquiali che permettono di entrare in contatto con un latino meno formale e più colloquiale.

Scoperte tracce del muro bianco di Memphis

La statua colossale di Ramses II da Memphis
(Foto: Thecairopost.com)
E' stato riportato alla luce un tratto delle mura che, 5200 anni fa, circondavano la città di Memphis, in Egitto. Si tratta di diversi frammenti di calcare bianco delle più antiche mura della città portati alla luce da una missione archeologica russa a Kom Tuman, a sud delle Piramidi di Giza.
Memphis venne fondata alla fine del IV millennio a.C. da Menes faraone della I dinastia, che fu anche il primo ad unificare i regni dell'Alto e del Basso Egitto in un unico Paese. La città è situata in posizione strategica, sul Delta del Nilo, e divenne capitale d'Egitto durante l'Antico Regno, tra il 2680 e il 2125 a.C.. Palazzi amministrativi e residenze reali sorgevano fianco a fianco. Gli edifici erano prevalentemente fatti di fango, come i palazzi dove era concentrata l'amministrazione del Paese. Ora Memphis è un museo a cielo aperto che, tra i tanti tesori, ha restituito una colossale statua in calcare dipinto raffigurante Ramses II ed una sfinge in alabastro. La statua, dal 2005, si trova al di sotto del Grand Egyptian Museum (GEM), vicino alle Piramidi di Giza, che dovrebbe aprire nel 2018.
Oltre ai frammenti di mura sono stati scoperti anche forni per la preparazione del vasellame e per forgiare utensili in bronzo.

domenica 19 aprile 2015

Sacrifici umani in Corea del Sud

La sepoltura ritrovata in Corea del Sud (Foto: News.Discovery.com)
Gli archeologi della Corea del Sud hanno scavato una sepoltura con i resti di un giovane uomo e di una donna sepolti uno accanto all'altra. Si tratta della prova di un sacrificio umano: l'uomo venne sacrificato e sepolto nella stessa tomba della donna.
La tomba, che si trova nei pressi della città costiera di Gyenongju, è fatta di terreno e di pietre e risale ad un periodo compreso tra la fine del V e gli inizi del VI secolo d.C.. La località costiera era, un tempo, la capitale dell'antico regno di Silla, che fiorì per quasi un millennio dal 57 a.C. al 935 d.C., con 56 monarchi e splendidi templi buddisti.
Secondo i ricercatori le ossa delle gambe ed i denti della donna sepolta mostrano che aveva un'età, al momento della morte, di circa trent'anni. Indossava una cintura che forse aveva decorazioni con foglie d'oro, aveva anche, come oggetti di corredo, gioielli di giada e una collana di perline mentre, in un vano della sepoltura, sono state trovate una spada e delle ceramiche.
L'uomo, invece, era più giovane della donna ed è stato seppellito con la testa accanto a quella di quest'ultima che era sicuramente una nobildonna. Durante il regno di Silla le donne godevano di uno status piuttosto elevato: la dinastia contò, tra i suoi governanti, tre regine. I ricercatori ritengono che la sepoltura sia stata scavata per contenere i resti della donna e che l'uomo sia stato, in seguito, sacrificato. 

I Traci ed i sacrifici umani

Uno dei pozzi sacrificali trovati a Mursalevo (Foto: BGNES)
Gli archeologi che stanno conducendo scavi di emergenza presso l'antica città di Mursalevo, nel sudovest della Bulgaria, hanno scoperto i resti di due bambini sacrificati dai Traci. La città, che è antica di 8000 anni, ben prima dell'arrivo dei Traci, conserva pozzi rituali che risalgono a quest'antica popolazione e proprio in uno di essi sono stati ritrovati i resti dei due bambini. I ricercatori hanno stabilito che il sacrificio è avvenuto nel VI secolo a.C. circa.
All'interno del pozzo rituale gli archeologi hanno rinvenuto diverse pietre che si pensa siano state utilizzate durante il rito sacrificale. Sono circa 20 i pozzi rituali trovati nella città di Mursalevo. In essi gli antichi Traci gettavano manufatti o cibo in offerta alle loro divinità, ma anche animali o esseri umani sacrificati alle medesime divinità.
Durante la campagna del 2014 i ricercatori hanno recuperato, da uno dei pozzi, lo scheletro completo di un vitello sacrificato, sotterrato con la testa rivolta verso il basso ed una lama che giaceva accanto ai resti.
Su un totale di quattro le tombe preistoriche scavate a Mursalevo, tre sono le tombe di adulti, che risalgono al VI millennio a.C., una è la tomba di un bambino. Tre altre sepolture risalgono al Tardo Neolitico e sono attualmente oggetto di ricerca. Mursalevo è il villaggio preistorico con la più vasta area scavata nel sudest dell'Europa.
Le case del Neolitico Antico di Mursalevo erano costruite con steli vegetali e argilla impastati insieme. La larghezza delle pareti era di circa 20 centimetri. Nel sito sono stati trovati altri oggetti interessanti, quali statuine in ceramica della Dea Madre, alcuni strumenti, un ago ed uno scheletro in posizione fetale. L'antichissimo sito è stato ritenuto sacro anche dai Traci che vi scavarono i pozzi rituali.

Scoperti quattro scheletri della civiltà di Harappa

Lo scavo delle sepolture di Rakhi Garhi (Foto: Manoj Dhaka)
Quattro scheletri umani, che si pensa risalgano a 5000 anni fa, sono stati trovati nel villaggio di Rakhi Garhi, vicino Harappa, in Pakistan. La scoperta è stata fatta dagli archeologi del Dipartimento di Archeologia di Haryana in collaborazione con la Seoul National University di Corea e con il Deccan College. E' la prima volta che questi scheletri vengono rinvenuti durante lo scavo di un villaggio. I resti appartengono a due uomini, una donna e un bambino.
Gli scheletri maschili appartenevano ad individui di circa 50 anni di età, mentre la donna doveva avere circa 30 anni al momento della morte. Il bambino, invece, si è stimato avesse circa 10 anni. Ora gli scheletri sono stati inviati in un laboratorio per il test del Dna. Il sito scavato ha restituito anche ceramiche con resti di cibo, braccialetti, giocattoli, piccoli dischi e palle da fionda.
Gli archeologi hanno trovato anche un sigillo che presenta la figura di una tigre che, forse, è stato utilizzato in ambito commerciale. Sono stati recuperati oggetti correlati alla pesca e alla caccia.

Sorprese dal sottosuolo a Istanbul

Tombe rinvenute nei sotterrane di un edificio di Istanbul
(Foto: Hurriyet)
Durante il restauro di un palazzo che porta il nome di Giuseppe Garibaldi, sull'Istiklal Caddesi, nel quartiere di Beyoglu di Istabul, sono emerse otto sepolture di epoca bizantina. Secondo i funzionari che si sono occupati del recupero, è la prima volta che si verifica, in questa zona, un ritrovamento del genere.
L'edificio venne costruito quando Garibaldi istituì una fondazione per i lavoratori italiani ed è noto anche come Società Operaia Building. Venne restaurato nel 1910 ed è stato sottoposto ad un ulteriore restauro lo scorso anno. Durante quest'ultimo restauro è stato rinvenuto un teschio che ha indotto gli archeologi dei Musei Archeologici di Istanbul a iniziare gli scavi, gli stessi che hanno portato alla scoperta di otto sepolture risalenti al IV-V secolo d.C. e pensano che ci possano essere altre sepolture simili al di sotto di edifici vicini. Con le tombe sono emersi altri reperti: ceramiche, lampadari e piatti di epoca sia ottomana che bizantina.

Resti di cremazione primitiva in Gran Bretagna

Parte delle ossa combuste trovate a Langford
(Foto: Oxfordarchaeology.com)
Durante gli scavi a Langford, nell'Essex, in Gran Bretagna, è stato trovato un deposito contenente ossa umane cremate datate al Mesolitico. Si tratta della prima testimonianza di cremazione di questo periodo accertata in Gran Bretagna.
I resti della cremazione sono stati deposti in un pozzo del diametro di circa un metro, riempito, in seguito, con della terra. Le datazioni del materiale e del terreno che lo ricopriva hanno rivelato una data intorno al 5600 a.C.. L'analisi di uno degli reperti combusti ha portato ad accertare che apparteneva ad un uomo adulto.
Prima di questa scoperta vi erano solo circa 20 esempi di ossa umane del Mesolitico ritrovate in Gran Bretagna. Nessuno di questi reperti umani era stato sottoposto a cremazione. Tuttavia sono state scoperte ossa di defunti cremati in Irlanda.
All'interno dello stesso pozzo che conteneva i resti combusti della cremazione sono state trovate anche tre selci scolpite. Anche queste, secondo i ricercatori, risalirebbero al Mesolitico. Altre parti del sito archeologico hanno restituito selci. Questo ritrovamento getta nuova luce sui primi siti umani in Gran Bretagna. Il Mesolitico era un'epoca dominata da cacciatori-raccoglitori nomadi, prima ancora dell'arrivo dell'agricoltura. Di quest'epoca sono poco note le credenze religiose.
Il ritrovamento dimostra che gli uomini dell'epoca avevano la conoscenza del fuoco e la tecnologia necessaria per ottenere l'alta temperatura necessaria alla combustione delle ossa. I ricercatori accennano cautamente ad alcune credenze religiose che spingevano a non abbandonare i defunti, ma a offrire loro una sorta di rito religioso.

Tomba romana e reperti egizi in Gran Bretagna

Piatto in mosaico di vetro proveniente dalla sepoltura
romana (Foto: north-herts.gov.uk)
A Kelshall, nello Hertfordshire, in Inghilterra, è stata fatta un'eccezionale scoperta: sono venuti alla luce reperti risalenti al 200 d.C. in un campo. I manufatti sono pertinenti una sepoltura, probabilmente appartenente ad una persona abbiente, e costituiscono un unicum per la Gran Bretagna.
La scoperta risale alla fine dello scorso anno. Ad essere trovata per prima è stata una brocca romana, poi è emerso un piatto in bronzo, una seconda e una terza brocca. In seguito, quando lo scavo è stato ampliato, sono stati recuperati altri reperti interessanti, quali una lampada in ferro con tanto di staffa di montaggio a parete e una scatola con angoli in bronzo. Sono stati trovati anche frammenti di tazze in vetro e una coppia di manici, anch'essi in vetro.
La brocca più grande è esagonale e conteneva delle ossa cremate e una moneta in bronzo del 174-175 d.C.. Accanto a questa brocca ve n'era una ottagonale, ma la scoperta più importante sono, sicuramente, dei piatti in mosaico di vetro, probabilmente realizzati ad Alessandria d'Egitto intorno al 200 d.C.. 

Scoperti resti di un tempio a Il Cairo

Sarcofago di Nectanebo I (Foto: British Museum)
Un tempio di 2400 anni fa, in basalto, è stato riportato alla luce al di sotto dei distretti di Ain Shams e Mataria a Il Cairo. I resti sono stati scoperti durante una missione archeologica congiunta egiziano-tedesca. Si pensa che il tempio risalga alla XXX Dinastia, ai tempi del faraone Nectanebo I (379-360 a.C.).
Il faraone Nectanebo fu il fondatore della XXX Dinastia, l'ultimo faraone egiziano di nascita a governare l'antico Egitto prima di Alessandro Magno, che conquistò il Paese nel 332 a.C.. Nectanebo salì al trono, a quanto risulta dalle ricerche storiche, dopo aver rovesciato il suo predecessore, nonché ultimo faraone della XXIX Dinastia, Neferites II. Salì al trono anche grazie all'appoggio dei collegi sacerdotali che, in cambio, ebbero il riconoscimento di antichi privilegi.
La missione archeologica egiziano-tedesca ha anche portato alla luce un busto regale dell'epoca del Nuovo Regno (1580-1080 a.C.), rappresentante il faraone Merenptah in piedi mentre porge delle offerte alle divinità.
Poco rimane di Heliopolis, che corrisponde all'attuale Il Cairo, che fu una delle città più sacre dell'antico Egitto. Infatti gran parte del materiale con il quale venne costruita è stato riutilizzato per l'edificazione di edifici moderni. La zona sacra venne scavata nel XX secolo e i reperti in essa rinvenuti sono per lo più finiti in collezioni private. Tra i ritrovamenti più significativi effettuati in zona vi è l'obelisco del faraone Senusert, risalente al Medio Regno, probabilmente l'obelisco più antico ancora in posizione rimasto in Egitto.

sabato 11 aprile 2015

Le mummie di Cotahuasi

La sepoltura di una giovane donna trovata a Cotahuasi, in Perù
(Foto: Matthew Edwards)
Nel sito cerimoniale di Cotahuasi, in Perù, sono state scoperte decine di tombe contenenti oltre 40 mummie ciascuna. Finora gli archeologi hanno scavato sette sepolture contenenti almeno 171 mummie. Il sito è ora stato chiamato Tenahaha.
Le tombe si trovano su delle piccole colline che circondano il sito. Le mummie avevano le ginocchia poste al livello delle spalle e le braccia conserte sul petto. Sono stati composti così prima che sopravvenisse il rigor mortis. Poi i cadaveri sono stati, poi, legati con della corda e avvolti in strati di tessuto. I defunti sono sia feti che adulti che anziani. Alcuni bambini sono stati sepolti in vasi.
I resti mummificati sono in condizioni pessime, per via delle infiltrazioni d'acqua e del lavoro dei roditori. Alcune mummie, inoltre sono state intenzionalmente smembrate e le loro ossa sparse e spostate tutt'intorno. In una sepoltura gli archeologi hanno scoperto circa 400 resti umani tra denti, mani e piedi. Comprendere come mai alcune mummie, come alcuni oggetti di corredo sono stati frantumati mentre altri sono rimasti intatti è la prossima sfida dei ricercatori.
Le analisi al radiocarbonio dei resti umani e delle ceramiche, ha restituito una data indicativa compresa tra l'800 e il 1000 d.C.. Il vicino villaggio di Tenahaha, con i suoi magazzini ed i recinti all'aperto per feste e tombe per seppellire i morti, potrebbe aver costituito un polo di attrazione per i villaggi vicini della valle di Cotahuasi. Le indagini archeologiche indicano che i villaggi della valle erano in gran parte autonomi ed ognuno aveva, con tutta probabilità, un leader.
Le ricerche mostrano anche che il Perù, tra l'800 e il 1000 d.C., attraversava una fase di turbolento cambiamento. La popolazione era in aumento, l'agricoltura si espandeva velocemente e le differenze di classe andavano incrementandosi. Nei siti sulla costa del Perù gli archeologi hanno trovato chiare prove dell'uccisione violenta di alcuni inumati, i cui teschi mostravano chiaramente profondi traumi cranici.
A Tenahaha sono poche le prove di violenza sugli esseri umani. La ceramica ritrovata a corredo del defunto è decorata con raffigurazioni di persone sorridenti. Gli scavi sono stati effettuati tra il 2004 e il 2007 ed ha impegnato circa 30 archeologi provenienti dal Perù, dal Canada, dalla Svezia e dagli Stati Uniti.

lunedì 6 aprile 2015

Padova, Giotto nascosto

Il dottorando Giacomo Guazzini (Foto: La Nazione)
(Fonte: La Nazione) - Dietro la grata di un grande tabernacolo, oscurati dalle ben più evidente statua della Vergine, in una cappella laterale (dedicata alla Madonna Mora) quasi inghiottita nel ben più ampio contesto dell'edificio sacro. Serbati in una delle basiliche più conosciute, studiate e frequentate d'Italia, ma al contempo "nascosti" agli occhi dei più, dietro una spessa coltre di tempo e deterioramento che li avevano relegati a affreschi di natura ignota e neppure troppo prestigiosi.
Poi, un giorno, ecco l'intuito di un giovane dottorando alla Normale di Pisa a cambiare l'ordine delle cose, a spalancare uno scrigno il cui contenuto potrebbe riscrivere i manuali d'arte sfogliati finora. Non ha dubbi il pistoiese Giacomo Guazzini, 30 anni: "Quegli affreschi custoditi nella basilica di Sant'Antonio a Padova presentano tipicamente e unicamente lo stile di Giotto al tempo della cappella degli Scrovegni, se non poco prima".
Molti sono gli aspetti stilistici e tecnici che anche agli occhi dei meno esperti coincidono con quelli tipici del maestro fiorentino. Confrontando stile, tecniche e ornati, Guazzini ha chiuso il suo cerchio perfetto, come illustra nel saggio per la rivista "Nuovi studi" in uscita nel prossimo autunno (Un nuovo Giotto al Santo di Padova: la cappella della Madonna Mora). Quasi dieci metri quadrati di affreschi mai considerati prima, una vera e propria nuova cappella decorata dallo stesso Giotto.
Studio, intuito e grande passione per l'arte, così Guazzini è arrivato a dare una risposta sorprendente e così presenterà alla comunità scientifica i risultati di un'indagine accuratissima che si promette più che convincente. Una lunga tradizione di devozione quella che si è registrata nei secoli per questa cappella (luogo dell'antica sepoltura di Sant'Antonio), testimoniata anche dalla ricchezza degli affreschi qui custoditi concentrati intorno alla grande edicola con la statua della Vergine.
Allievo di Andrea De Marchi, Guazzini è rimasto profondamente colpito dalla qualità dei dipinti e ha deciso per questo di buttarsi a capofitto nel loro studio. La certezza per Guazzini sarebbe arrivata osservando nel dettaglio la figura di Isaia: monumentale, classicamente dignitoso e dai caratteri fisionomici inconfondibilmente giotteschi. Ma ora, che succede? "Ora sarà necessario - spiega lui - che nel restauro siano coinvolti istituti di comprovata qualità ed esperienza, per evitare che questi affreschi vengano irrimediabilmente corrotti e perduti". Specializzato sulla situazione artistica pistoiese tra XII e XV secolo, Guazzini dal 2011 ha collaborato alle iniziative promosse dal Museo Civico di Pistoia sull'arte pistoiese.
Guazzini ha inoltre portato a conclusione un altro importante studio su Piero della Francesca, ricostruendo il contesto architettonico e decorativo originale del polittico pierfrancescano (ora disperso in vari musei internazionali) per la chiesa di Sant'Agostino a Sansepolcro, lavoro che gli ha permesso di partecipare nel 2013 alla prima mostra monografica americana dedicata al grande pittore rinascimentale, organizzata dalla Frick Collection di New York, e di partecipare nel giugno prossimo a una conferenza al Courtauld Institute - National Gallery di Londra. "Se rimarrò in Italia? - Conclude lui. - Temo che sarà più facile trovare un lavoro fuori: in Italia avremmo sì un enorme patrimonio ancora da studiare, ma le prospettive di lavoro e di ricerca sono decisamente sconsolanti. Purtroppo è consentito guardare assai poco lontano, dal momento che non esiste un vero sistema di supporto economico alla ricerca".

Felix Romuliana, il tempio di Cibele e l'imperatore Galerio

Visione aerea del sito di Felix Romuliana (Foto: topoi.org)
In una valle tra le montagne della Serbia, nel 300 d.C., i Romani costruirono una città in onore dell'imperatore Gaio Valerio Galerio Massimiano, nato nella zona. Questa città, chiamata Felix Romuliana, attuale Gamzigrad, ospitava un tempio dedicato alla dea Cibele, orientato in modo diverso rispetto alle altre costruzioni. Gli studiosi di acustica pensano che gli antichi progettisti abbiano disposto il tempio di Cibele, nel quale venivano effettuati sacrifici animali, in modo da sfruttare il suono ipnotico e le vibrazioni dell'acqua che scorre sotto terra nei dintorni.
Gli archeologi hanno utilizzato quelli che chiamano strumenti archeoacustici ed i sensori elettromagnetici ed hanno accertato che il tempio di Cibele di Felix Romuliana era orientato in direzione di vibrazioni e sonorità a bassa frequenza emanate da un flusso d'acqua. Questi suoni a bassa frequenza avrebbero influenzato le onde cerebrali dei partecipanti ai riti e sarebbero stati di sollievo alla psiche.
Uno dei mosaici palaziali di Felix Romuliana (Foto: Globosapiens.net)
I ricercatori ritengono che Romula, madre di Galerio, che abitò in questa città fino alla morte, utilizzasse veggenti per divinare il percorso delle acque e che, con la "consulenza" di costoro, fece costruire, in seguito, il tempio di Cibele vicino alla sorgente di queste acque. I suoni e l'oscurità nella quale i fedeli venivano a trovarsi durante la celebrazione dei riti, sicuramente devono aver creato un clima di eccitazione tra i presenti.
Il tempio di Cibele è l'unico, all'interno della città, a non essere orientato sull'asse est-ovest, secondo la tradizione romana. Gli archeologi sono sicuri che gli antichi costruttori fossero a conoscenza dell'effetto dell'influenza delle basse vibrazioni sul cervello umano.
Galerio e Romula sono sepolti nei pressi della città, su una collina sacra che, nel 1500 a.C., era stata un luogo di sepoltura. Si tratta della collina di Magura, dove è stata scavata una necropoli dell'Età del Bronzo. Galerio venne divinizzato proprio su questa collina, dopo la sua morte. Venne, in seguito, onorato in un tempio a lui dedicato a Felix Romuliana, mentre la madre veniva adorata come una dea in un altro tempio. Sulla collina di Magura, tra il 1989 e il 1993, sono stati messi in luce due mausolei e due monumenti commemorativi alla coppia imperiale e sul versante sudest dell'altura, lungo la strada che conduce alla città, sono stati trovati i resti di un imponente tetràpylon, costruiti tutti in un periodo tra il 305 e il 311 d.C..
Il palazzo di Galerio a Felix Romuliana (Foto: Wikipedia)
Il mausoleo in cui fu sepolta Romula è a pianta quadrata mentre quello di suo figlio Galerio ha pianta poligonale. Entrambi furono demoliti e saccheggiati durante il V secolo d.C.. Sotto i tumuli sono stati rinvenuti vasi d'argento deformati dal fuoco e monete d'oro, identificati come i resti di una pira (il rogus consecrationis).
Gli autori antichi affermano che Galerio visse raramente nella città a lui dedicata, mentre sua madre Romula vi abitò stabilmente. Costei era solita adorare, sulla collina di Magura, divinità non romane, ed era, anche, una fervente seguace dei riti di Cibele.
Quali erano le divinità adorate da Romula? Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio, storico del tempo, fa cenno soltanto a riti misteriosi che definisce nocivi sia per Romula che per gli accoliti di queste divinità. Cibele, alla quale si riferisce, probabilmente, lo storico, era la Grande Madre dei Frigi, una divinità della natura i cui seguaci praticavano riti orgiastici. I Greci identificarono Cibele con la loro dea Madre Rhea. Il culto di Cibele venne introdotto a Roma nel III secolo d.C.
La fossa sanguinis del tempio di Cibele a Felix Romuleia
(Foto: SB Research Group)
Romula era, dunque, una sacerdotessa di Cibele. Con i seguaci della dea, la madre dell'imperatore sacrificata tori fuori dal tempio e altri animali all'interno dello stesso. Romula e gli altri fedeli usavano, poi, bagnarsi con il sangue delle vittime. I sacrifici all'interno del tempio non erano un uso romano. Si credeva che i riti di Cibele fossero collegati strettamente al culto imperiale. Il tempio di Cibele a  Felix Romuliana, però, ha una fossa sanguinis molto piccola che non consentiva certamente di porvi un toro. Probabilmente l'animale sacrificato, hanno accertato gli studiosi, era un altro, diverso da quello stabilito nella tradizione romana.
Felix Romuliana è citata in due fonti storiche: le Epitomi del cosiddetto pseudo-Vittore (360 d.C.), in cui si afferma che Galerio Cesare (Cesare dal 293 al 305 d.C. e Augusto dal 305 al 311 d.C.) era nato e venne sepolto in una località che egli chiamò Romulianum, dal nome della madre Romula; e nel De Aedificiis di Procopio (553-555 d.C.) che cita Felix Romuliana solo di sfuggita, comprendendola nella lista delle città restaurate da Giustiniano.
Pianta della città di Felix Romuleia. Cerchiato in rosso il tempio
di Cibele (Foto: SB Research Group)
Per molto tempo l'esatta ubicazione di Felix Romuliana è rimasta sconosciuta. Scavi sistematici iniziati nel 1953 a Gamzigrad hanno portato alla scoperta di un monumentale complesso architettonico, circondato da mura poderose e costruite in due riprese. Nel 1973, quando venne scoperta una struttura identificata come tempio-mausoleo, gli archeologi avanzarono l'ipotesi che Camzigrad fosse la misteriosa Felix Romuliana, ipotesi che venne confermata nel 1984 dal ritrovamento di un blocco di pietra che, un tempo, era coronamento di un archivolto, con l'iscrizione Felix Romuliana.
L'area su cui sorgeva la città era trapezoidale e si estendeva su circa sei ettari di terreno. L'ingresso principale era sul lato est, verso il quale erano orientate le facciate di tutti gli edifici posti all'interno delle mura. Gli archeologi hanno identificato con certezza solo un asse stradale orientato est-ovest. La stratigrafia di Felix Romuliana è piuttosto complessa e ricca di reperti archeologici che hanno permesso di distinguere quattro fasi di vita della città: residenza imperiale (fine del III primi due decenni del IV secolo d.C.); centro ecclesiastico e luogo di riparo (seconda metà del IV secolo e prima metà del V secolo d.C.); insediamento protobizantino (metà del V secolo fino ai primi decenni del VII secolo d.C.); città medioevale.
I tumuli di Galerio e Romula sulla collina di Magura
(Foto: SB Research Group)
Fra i tratti della cinta muraria portati alla luce è notevole quello della porta occidentale, fiancheggiata da torri ottagonali e da una parte del muro di recinzione occidentale con una torre quadrangolare e un porticato. Sono state ritrovate anche porte monumentali con facciate riccamente decorate dal punto di vista architettonico.
All'interno delle mura l'area più importante era destinata a due templi: uno, quello di Cibele (alcuni ritengono fosse dedicato a Libero e Libera) nel settore nord, su un alto basamento con una cripta cruciforme sotto la cella; l'altro nella parte centrale del settore meridionale, del quale si è conservato solo il basamento di 4 metri di altezza, contenente una doppia cripta. Le sculture rinvenute nei pressi di quest'ultimo (parte di una statua imperiale colossale e le statue di Giove e di Ercole) fanno pensare che la cella fosse riservata al culto dei tetrarchi, che si identificavano con Giove e con Ercole.
La città di Felix Romuliana mantenne la sua funzione originaria per un breve periodo. Alcuni edifici vennero ricostruiti già nel IV secolo d.C.. La sala centrale di un palazzo venne riadattata a basilica cristiana con una navata centrale e due laterali. Felix Romuliana mantenne, comunque, la sua funzione di rappresentanza almeno fino al V secolo d.C., quando tutti gli edifici all'interno della cinta muraria vennero incendiati e demoliti con tutta probabilità dagli Unni. Felix Romuliana venne ricostruita nei decenni successivi ma ebbe un aspetto diverso, con edifici di proporzioni molto più modeste dei precedenti. Persino le chiese vennero edificate con materiale più povero, con mattoni spezzati e pietrame e senza alcuna decorazione architettonica.
La terza chiesa del complesso urbano venne costruita verso la fine del VI secolo d.C. con mezzi molto limitati e venne completata solo in parte. Nel corso di questo secolo Felix Romuliana era solo un modesto insediamento agricolo privo di una vera e propria struttura urbana.
Agli inizi del VII secolo d.C. venne abbandonata a causa dell'arrivo degli Avari e degli Slavi e rimase deserta fino all'XI secolo, quando vi si insediarono i Serbi.

Padre e figlio deposti insieme a Linlithgow, Scozia

La sepoltura di padre e figlio ritrovata in Galles
(Foto: Past Horizons)
I resti di un padre e di un figlio sepolti insieme duemila anni fa, sono stati rinvenuti di recente a Linlithgow, in Scozia. Gli archeologi hanno appurato, dall'analisi della sepoltura, che i due erano ricchi tessitori.
I resti ossei appartengono ad un uomo di circa 40 anni di età e a suo figlio di circa 20 anni, morti in momenti diversi ma deposti nella stessa sepoltura, una cista in pietra trovata nei pressi dell'attuale House of the Binns, dove è sito il Consorzio Nazionale Scozzese. Da una prima analisi delle ossa si è accertato che il padre morì in un periodo compreso tra il 92 a.C. e il 65 d.C., mentre il figlio morì tra il 44 a.C. e il 79 d.C.. Entrambi gli uomini erano alti circa 165 centimetri ed avevano la medesima malformazione: i piedi rivolti verso l'interno a causa di un attacco difettoso del muscolo della coscia che li faceva camminare con le dita dei piedi rivolte le une verso le altre.
I resti della donna ritrovati sotto la chiesa di S. Maria a Nefyn
(Foto: CR Archaeology)
Lo scheletro più anziano presenta una consistente usura dentale, comune anche al più giovane. Non vi sono segni di malattie, sulle ossa. L'uomo più anziano aveva una spilla ovale in ferro sul petto e sono state trovate anche tracce del suo abito, un ritrovamento estremamente raro.
Il terreno intorno alla House of the Binns è stato abitato per diversi secoli a partire dal XVII secolo. Una leggenda locale vuole che qui sorgesse, un tempo, una fortezza. Al momento sono in corso degli scavi archeologici. La House of the Binns risale al XVI secolo. Per 400 anni fu la dimora della famiglia Dalyell. Thomas Dalyell, mercante di Edimburgo, costruì la canonica nel 1612 e fece affari d'oro alla corte del re Giacomo VI.
Sepolture dell'Età del Ferro, come quelle ritrovate recentemente, sono piuttosto rare in Scozia ma anche altrove, nel Regno Unito. Gli archeologi hanno ritrovato, sotto la chiesa di Santa Maria, che attualmente ospita il Llyn Maritime Museum di Nefyn a Gwennyd, lo scheletro di una donna morta a 60 anni di età. Anche costei era sepolta, come i due uomini, in una cista in pietra.

Il viaggio di Ibn Fadlan tra i Vichinghi

Una pagina del manoscritto di Ahmad Ibn Fadlan
(Foto: Wikimedia Commons)
Per il giurista persiano Ahmad Ibn Fadlan, vissuto nel X secolo d.C., lo spettacolo messo in piedi per il funerale di un capo vichingo in Bulgaria deve essere stato scioccante.
Nella tradizione musulmana, alla quale apparteneva Ibn Fadlan, il corpo dei defunti veniva lavato dai parenti, si pregava su di esso, lo si avvolgeva in un lenzuolo e lo si seppelliva in una fossa relativamente poco profonda il giorno stesso della morte.
Nella tradizione vichinga, "il capo morto è messo in una tomba provvisoria che è stata coperta per dieci giorni fino a che non si fossero cucite vesti nuove per lui", riferisce Ibn Fadlan. Durante questi dieci giorni si faceva una lunga festa in cui si beveva e si facevano orge di ogni tipo. Il corpo del defunto veniva riesumato il giorno della cremazione. Sulla sua pira venivano bruciati anche le sue schiave ed i suoi schiavi, gli animali, le offerte di cibo, le armi e la sua nave.
E' stata fatta una traduzione dall'arabo del resoconto del funerale di un capo vichingo riferito da Ibn Fadlan. L'impressione che Ibn Fadlan ha del modo di vivere dei Vichinghi è piuttosto negativa: "Essi sono la più sporca di tutte le creature di Allah: essi non si purificano dopo aver evacuato o urinato o lavano se stessi quando sono in stato di impurità rituale dopo il coito e nemmeno si lavano le mani dopo i pasti".
Eppure Ibn Fadlan descrive i Vichinghi come una popolazione sostanzialmente di bell'aspetto: "Non ho mai visto un fisico più perfetto di loro, sono come le palme da datteri, sono biondi e rubicondi, e non indossano né tuniche né caftani".
La nave Oseberg, una nave vichinga scoperta in un grande tumulo nella
fattoria di Osemberg, nella contea di Vestfold (Foto: norskevaapen.no)
Ibn Fadlan descrive una scena molto inquietante che si è svolta sul rogo a forma di nave sul quale un capo vichingo venne bruciato. "Mi era stato detto che quando i loro capi muoiono, l'ultima cosa che fanno è cremarli. Ero molto ansioso di verificare questa consuetudine, quando sono venuto a conoscenza della morte di uno dei loro grandi uomini. Lo deposero in una tomba ed eressero una tettoia sopra di essa per dieci giorni, fino a quando ebbero finito di cucire gli abiti funerari. Nel caso di un povero, costruiscono una piccola barca, lo mettono in questa e bruciano il corpo. Nel caso di un uomo ricco, radunano i suoi beni e li dividono in tre: un terzo per la sua famiglia, un terzo da utilizzare per le vesti del suo funerale e un terzo con cui si comprano alcool che bevono il giorno in cui la schiava del defunto si suicida e viene cremata con il suo padrone. Essi sono dipendenti dall'alcool che bevono notte e giorno. A volte qualcuno muore con la coppa in mano".
Nel 921 il califfo al-Muqtadir aveva inviato Ibn Fadlan, che era un faqih, un dottore nella legge e nella fede musulmana, presso il re bulgaro del Volga Almis. Il fine del viaggio era quello di indurre quest'ultimo a rendere omaggio formale al califfo, in cambio delle somme necessarie alla costruzione di una fortezza contro i Cazari. Del manoscritto di Ahmad ibn Fadlan ibn al-'Abbas ibn Rashid ibn Hammad (questo era il nome completo di ibn Fadlan) non è pervenuta alcuna copia originale, ma solo una versione abbreviata presente nella biblioteca di Mashhad, in Iran.
Il funerale di un capo vichingo visto dal pittore polacco Heinrich
Semiradzki, sulla scorta della descrizione fatta da Ibn Fadlan
Ibn Fadlan scrisse tutto quello che aveva osservato durante il suo viaggio, compresi i riti di morte di questo popolo. Scrisse che era consuetudine, alla morte di un capo vichingo, che la famiglia chiedesse ai giovani schiavi e alle giovani schiave se c'era qualcuno che volesse morire con lui. Chi si offriva volontario non aveva diritto di ripensarci.
Il defunto veniva vestito dieci giorni dopo la sua morte. Gli venivano fatti indossare dei pantaloni, degli stivali, un caftano di seta con bottoni dorati e un copricapo di senta con frange e pellicce di zibellino. Il capo veniva così deposto nel padiglione della sua nave, su cuscini trapuntati, circondato da alcool, frutta, erbe aromatiche, pane, carne e cipolle. Accanto a lui venivano disposte le sue armi, ma anche animali che sarebbero stati sacrificati per il suo funerale.
La schiava che si era offerta volontaria per morire con il suo padrone, scrive Ibn Fadlan, prima di essere bruciata con lui doveva avere rapporti sessuali con diversi altri capi vichinghi presenti al funerale. Al termine, dopo una serie di altri rituali, Ibn Fadlan riferisce che la schiava si toglieva bracciali e cavigliere, le veniva dato da bere dell'alcool ed ella cantava per dare l'addio alle sue compagne. Poi saliva sulla pira a forma d'imbarcazione dove giaceva il defunto e qui veniva uccisa.
Il parente più prossimo del defunto, dopo l'uccisione della schiava, si avvicinava alla nave-rogo, ne prendeva un pezzo di legno e dava fuoco alla pira. Solo a questo punto i presenti erano autorizzati a gettare un tizzone ardente sull'imbarcazione funebre. Quando il fuoco si era spento, i Vichinghi gettavano sulla pira molta terra, a formare un tumulo. La morte di un capo vichingo significava la morte di 400 uomini e 40 schiave con lui, a detta di Ibn Fadlan. Questo era il rito in essere presso i capi vichingi che vivevano lungo il Volga. Probabilmente contadini, cacciatori, fornai, artigiani che vivevano nelle grandi pianure e che costituivano la maggioranza nella società vichinga, non praticavano questi riti.
In tutta la Scandinavia ci sono molti tumuli eretti in onore di re e capi vichinghi, oltre a pietre runiche ed altri monumenti. La sepoltura in nave era una delle tradizioni più importanti di questa popolazione.

domenica 5 aprile 2015

Cambridge, il cimitero del vecchio ospedale

Gli scavi sotto il St. John College a Cambridge (Foto: Craig Cessford,
University of Cambridge)
Recentemente gli archeologi inglesi hanno scoperto un cimitero e centinaia di scheletri nel luogo dove, un tempo, sorgeva un ospedale medioevale. La scoperta è stata fatta a Cambridge, il cimitero era rimasto nascosto per più di un secolo.
La vecchia Divinity School del College di St. John, uno dei college dell'Università di Cambridge, venne costruita su un luogo di sepoltura nel tardo XIX secolo. Un progetto per restaurare la vecchia Divinity School è stata l'opportunità per esplorare il cimitero nascosto. Gli archeologi pensano che le persone sepolte in quest'ultimo siano circa 1.300 nel periodo compreso tra il XIII e il XV secolo. La maggior parte di costoro erano pazienti dell'Ospedale di S. Giovanni Evangelista, istituito nel 1195 e chiuso nel 1511.
La croce ritrovata all'interno di una sepoltura
maschile (Foto: Craig Cessford, University of
Cambridge)
Al momento gli archeologi hanno disotterrato più di 400 scheletri che giacevano nel vecchio cimitero. Dopo aver esaminato le ossa, i ricercatori sono giunti alla conclusione che la maggior parte delle persone sepolte non avevano lesioni e non soffrivano di disturbi gravi. Questo rientra in quanto affermato in alcuni antichi documenti, cioè che l'ospedale era stato istituito per prendersi cura di studiosi poveri o altre persone miserabili, non accettava donne incinte, lebbrose e persone gravemente ammalate.
Non è stato ritrovato nessuno scheletro di bambini al di sotto dei 5 anni di età, il che suggerisce che i bambini fossero sepolti altrove o non fossero ammessi nell'ospedale. I ricercatori ritengono che le operazioni di sepoltura siano state effettuate ogni periodo preciso di mesi. Molte tombe sono state scavate nuovamente e ridimensionate per far posto ad altre sepolture.
La maggior parte dei corpi giaceva direttamente sulla terra, senza bara, con il corpo allineato est-ovest. Non sono state riscontrate sepolture di massa associabili alla Morte Nera, che raggiunse l'Europa tra il 1348 e il 1350 e che uccise almeno 75 milioni di persone. Questo particolare ha fatto pensare che il ruolo principale dell'ospedale fosse la cura spirituale e fisica dei poveri e degli infermi piuttosto che fornire medicamenti per malati e feriti.
Gli unici oggetti personali che si può ipotizzare fungessero da corredo per i defunti, trovati dagli archeologi, sono una spilla in lega di rame, trovata accanto a parte dello scheletro di una donna di circa 27-35 anni di età, e un ciondolo a forma di crocifisso, trovato nella sepoltura di un maschio adulto.

sabato 4 aprile 2015

Continuano gli scavi a Cipro

Statua maschile in calcare trovata durante la
campagna di scavi del 2014 a Idalion
(Foto: Wikimedia Commons)
Una squadra di archeologi sta studiando tre siti chiave dell'antica Idalion, a Cipro. Gli scavi in corso continuano a restituire reperti risalenti all'Età del Bronzo.
Nel primo dei siti indagati, i ricercatori hanno scoperto prove di occupazione umana risalenti all'XI secolo a.C. in quello che, secondo gli archeologi, era un santuario dedicato a Adone. Ci sono diversi indizi che fanno pensare che il culto di Adone fosse praticato già nel I millennio a.C. in Israele.
Il secondo sito, noto come il "Santuario delle Divinità appaiate" è anch'esso stato identificato come centro religioso. Qui gli archeologi stanno scavando dal 2002 ed hanno portato alla luce altari in pietra, pozzi, menhir e statue in calcare. Nel 2012 sono stati trovati i resti di una coppia di colonne in legno, apparentemente distrutte durante la conquista di Idalion nel 450 a.C.
Il terzo sito era, probabilmente, un insediamento industriale. Qui, nel 2013, sono stati scoperti una serie di reperti che fanno pensare ad un complesso dedicato alla tintura delle stoffe, che continuò la sua attività fino al periodo ellenistico.
Gli antichi resti di Idalion, al centro dell'isola di Cipro, sono stati indagati fin dal XX secolo. Gli scavi più importanti sono stati quelli del 1927-1931, diretti da Einar Gjerstad. Idalion era storicamente conosciuta come un importante centro per il commercio del rame già a partire dal III millennio a.C.. Idalion era una delle undici città di Cipro menzionate nella Stele di Sargon (707 a.C.) ed era considerata il centro più importante dei dieci regni ciprioti, così come citati sulla tavoletta del re assiro Esarhaddon (680-669 a.C.).
Placca bronzea che reca, su entrambe le facce, un'iscrizione cipriota
Si tratta del decreto di Stasicypros, re di Idalion
(Foto: Wikimedia Commons)
La città di Idalion era divisa in tre parti, con due acropoli ed una città bassa. Sono tuttora visibili le mura che cingevano la città. Venne fondata, secondo la leggenda, da Chalcanor e nell'Età del Bronzo divenne una rocca fortificata con un luogo di culto. Quest'ultimo, in seguito, divenne il Temenos di Atena, divinità che i Fenici identificarono con Anat. La sommità dell'acropoli est venne occupata da un Temenos di Afrodite e nella valle tra il Temenos di Atena e quello di Afrodite sorse il Temenos di Apollo, che i Fenici identificarono con Reshef.
I santuari di Afrodite e di Apollo sono stati scavati alla fine del XIX secolo ed hanno restituito una serie di sculture in pietra e terracotta risalenti all'età arcaica, a quella classica e a quella ellenistica.
Idalion cadde in mano ai Persiani dopo un assedio. Venne, in seguito, governata da Kition, a sua volta governata da una dinastia fenicia. La presenza dei Fenici a Idalion all'indomani della sua caduta è testimoniata da alcune iscrizioni. La città continuò a fiorire durante tutto il periodo ellenistico e greco-romano. Prima di cadere sotto l'egemonia di Kition, Idalion batteva moneta con sul dritto una sfinge e sul verso un fiore di loto.
Kition, conosciuta dai Romani come Cizio, era anch'essa una città cipriota, situata sulla costa meridionale dell'isola e corrispondente all'odierna Larnaca. Venne fondata nel XIII secolo a.C.. In un'iscrizione egizia risalente al periodo di Ramses III (1198-1116 a.C.) e presente nel tempio di Medinet Habu, tra i nomi delle città cipriote vi è un termine, Kathian, che molto probabilmente si riferisce proprio a Kition.

Un cammello viennese...

Lo scheletro di ibrido di cammello e dromedario trovato a
Tulln, in Austria (Foto: Alfred Galik, Vetmeduni Vienna)
Gli archeologi che stanno lavorando ad uno scavo di recupero nei pressi di Tulln, nella bassa Austria, hanno scoperto lo scheletro completo di un cammello. Secondo le prime analisi, lo scheletro risalirebbe al XVII secolo, all'epoca della seconda guerra ottomana. Le analisi genetiche hanno rivelato che si tratta di un ibrido tra un dromedario (per parte di madre) e un cammello della Battriana (in linea maschile). Si tratta di un ritrovamento unico per quel che riguarda l'Europa centrale.
Nel 2006 l'inizio della costruzione di un centro commerciale a Tulln permise il ritrovamento di alcuni oggetti di valore archeologico, tra questi vi erano i resti del grande mammifero. All'inizio si era pensato che le ossa appartenessero ad un cavallo di grande stazza. Poi sono state osservate con più attenzione le vertebre cervicali, la mandibola e le ossa del metacarpo che hanno permesso di riconoscere quanto rimaneva di un cammello.
Finora le ossa di cammello ritrovate in Europa risalivano al periodo romano. Alcune ossa isolate del mammifero sono custodite sia in Austria che in Belgio. L'esercito ottomano utilizzava questi animali in aggiunta ai cavalli per il trasporto di armi e di vettovaglie. Addirittura i soldati, in caso di necessità, potevano mangiare la carne dell'animale. Lo scheletro trovato a Tulln è, però, intero, il che significa che il cammello non è stato macellato. Si trattava, certamente, di un animale esotico per la gente del posto che, probabilmente, non sapeva come nutrirlo e se si poteva mangiare. Così il cammello finì per morire di morte naturale e venne sepolto senza essere stato macellato.
L'analisi del Dna ha dimostra che l'animale era un ibrido tra un dromedario e un cammello della Battriana. Molte delle sue caratteristiche fisiche erano proprie di un dromedario. Altre appartenevano, invece, ad un cammello. Gli ibridi sono in genere più facili da gestire e più longevi. Ibridi come quello trovato a Tulln erano particolarmente adatti per uso militari.
Oltre alle ossa del cammello, gli scavi hanno restituito diversi altri oggetti: una moneta dell'epoca di Luigi XIV, una bottiglia per il famoso Theriacum nonché un oggetto che fa riferimento ad una farmacia viennese attiva tra il 1628 e il 1665.

Scoperte due tombe a Saqqara

Interno della tomba di Ankhty, scoperta a Saqqara
(Foto: MOA)
Il Ministro egiziano per le Antichità ha annunciato la scoperta di due tombe appartenenti alla VI Dinastia nei pressi del sito di Tabit el-Geish, a sud di Saqqara. Si tratta delle ultime dimore terrene di due sacerdoti vissuti durante il regno di Pepi II (2240-2150 a.C.). La scoperta è opera della missione della IFAO (Institut Français d'Archéologie Orientale) diretta dal Dottor Vassil Dobrev.
La prima sepoltura appartiene ad un sacerdote di nome Ankhti. Nella camera sepolcrale è stato trovato un pozzo di 12 metri di profondità. La seconda tomba appartiene ad un sacerdote di nome Saby ed aveva un pozzo di 6 metri di profondità. In entrambe le sepolture ci sono, sulle pareti, scene di offerte.
Sono stati trovati anche i resti mortali dei proprietari delle tombe. I resti degli scheletri giacevano sparsi sul pavimento, ad indicare che le tombe erano state saccheggiate durante la VII o l'VIII Dinastia. Gli archeologi hanno comunque recuperato vasi di alabastro e resti di ceramiche.
La parte superiore delle tombe è stata edificata con mattoni di fango mentre le camere funerarie sono state scavate nella roccia calcarea. Gli affreschi che adornano le tombe sono tutti in ottimo stato di conservazione e raffigurano rituali religiosi dell'epoca con l'elenco delle offerte, i nomi dei defunti, l'incenso bruciato e le collane indossate dai sacerdoti.
Interno della tomba di Sabi scoperta a Saqqara (Foto: MOA)


Ebrei d'Egitto...

Alcuni degli oggetti egizi trovati nella galleria
sotterranea in Israele (Foto: Clara Amit)
Gli archeologi israeliani hanno trovato, in una grotta sotterranea in Israele, manufatti egizi di circa 3000 anni fa. Con gli oggetti gli ispettori dell'Unità per la prevenzione dei furti della Israel Antiquities Authority hanno recuperato anche dei picconi utilizzati per gli scavi clandestini.
Archeologi ed ispettori non sanno come questo deposito sotterraneo sia stato utilizzato e perché gli antichi oggetti sono stati accatastati lì. Hanno recuperato diversi vasi intatti in ceramica, gioielli in bronzo, lampade ad olio, piccoli amuleti, vasi di alabastro, contenitori per cosmetici risalenti al XV e XIV secolo a.C.. Durante questo periodo Canaan era sotto la giurisdizione egizia.
Uno scarabeo ha l'incisione di una sfinge sdraiata di fronte al nome del faraone Thutmosis, che regnò dal 1504 al 1450 a.C.. Un altro scarabeo reca il nome di Amenhotep, che regnò dal 1386 al 1349 circa a.C.
Questi ritrovamenti contribuiranno certamente a conoscere meglio la grande influenza esercitata dall'amministrazione egizia sulla cultura e gli abitanti di Israele durante i periodi del Tardo Bronzo e Ferro.

Scoperta villa romana nello Yorkshire

Gli scavi alla villa romana scoperta nello Yorkshire
(Foto: North Yorkshire County Council)
In Inghilterra, nello Yorkshire, è stata scoperta una vasta villa romana con corridoi, un padiglione, un sistema di riscaldamento al di sotto del pavimento e tracce di mosaico.
Lo scavo nella località di Bedale, nello Yorkshire, è iniziato nel 2014 ed ha portato alla scoperta, inizialmente, di ceramiche del III e IV secolo d.C.. Il sito oggetto di scavo non è lontano da un'antica strada romana che conduceva a Catterick. La villa si trova sul crinale di un grande terreno e le prime indagini geofisiche hanno rivelato che si tratta di un complesso piuttosto grande che, attualmente, sorge all'interno di un'area protetta.
Parti della villa sono state già asportate in passato, probabilmente per costruire altri edifici nelle vicinanze. E' stata rinvenuta quasi intatta la superficie pavimentale di una stanza, colma di frammenti di intonaco dipinto crollato probabilmente quando la villa venne demolita. Questa stanza era riscaldata da un sistema ad ipocausto, com'è intuibile dai resti di colonnine che sostenevano il pavimento sospeso. L'aria calda penetrava al di sotto del pavimento, alimentata dai forni che si trovavano sul lato nordovest della stanza. Canali che trasportavano la medesima aria calda sono stati individuati anche all'interno di quanto rimane delle pareti della stanza. La superficie interna di questi canali era foderata in gesso.
Depositi di carbone trovati accanto alla villa
(Foto: Prospect Archaeology)
I resti della demolizione presenti in questa stanza contenevano grandi quantità di intonaco dipinto in diversi colori. Probabilmente si trattava di una stanza arredata lussuosamente che poteva essere utilizzata come stanza di ricevimento, dal momento che era riscaldata.
Sono stati recuperati anche tegole del tetto, un certo numero di chiodi di varie dimensioni, usati per fissare le tegole e gli elementi in legno della casa, piccoli vetri che appartenevano alle finestre dell'edificio. La maggior parte del vetro sicuramente è stata asportata già nell'antichità.
Una fossa, allineata est-ovest, a breve distanza dai resti della villa romana, conteneva materiale di scarto proveniente dalla domus. La fossa era stata riempita con materiale di vario genere, tra cui cenere che potrebbe essere le scorie dell'ipocausto. Nella fossa vi erano anche diverse ossa animali e resti di ostriche e mitili, ma anche oggetti personali quali spille in osso e in lega di rame, coltelli in ferro ed una mannaia utilizzata per macellare gli animali.

venerdì 3 aprile 2015

Volterra, trovata tomba villanoviana

In località Ortino, nei pressi di Volterra, durante indagini archeologiche preventive, è tornata alla luce una sepoltura in dolio di epoca villanoviana.
La tomba è un grande contenitore di 80 centimetri di diametro per un'altezza di un metro. La parte summitale del vaso è stata intaccata, con tutta probabilità, dai lavori agricoli, ma il vaso è in ottime condizioni di conservazione. Era stato inserito in una fossa circolare ed era stato stabilizzato con tre filari di pietre disposte a raggiera alternate a strati di sabbia.
Dai resti del corredo che è stato possibile recuperare si suppone che si tratti di una sepoltura di età villanoviana. Ora quest'ultima si trova al laboratorio di restauro della Soprintendenza Archeologica della Toscana.

La prima autostrada siciliana...

Nuove indagini archeologiche testimoniano l'esistenza di una sorta di autostrada che collegava Siracusa alle sue colonie, Akrai e Kasmenai, ma anche Gela e Akragas. L'antica autostrada è stata costruita dai Greci ed è la seconda arteria stradale della Sicilia sudorientale, dopo la via Elorina, che un tempo collegava Siracusa a Eloro (presso Noto).
Attraverso queste vie gli antichi abitanti delle città siciliane scambiavano i loro prodotti e si spostavano per motivi strategici o bellici. Le strade erano percorse a piedi o dai carri trainati dai buoi. Un tratto di strada con resti di carraie è stato, appunto, individuato nell'area archeologica di Cozzo Pantano.
L'indagine e, conseguentemente, la scoperta è frutto di uno studio del sito, che si trova alle porte di Siracusa. Proprio in questo luogo l'archeologo Paolo Orsi trovò una necropoli preistorica e precoloniale, risalente al 734 a.C. circa. Si era nell'anno 1893 quando vennero trovate i resti di 50 tombe a grotticella artificiale e a forma di tholos, databili all'Età del Bronzo Medio. Questo ritrovamento è un'ulteriore dimostrazione che il sito di Cozzo del Pantano è un importante sito della cultura di Thapsos.
Le tombe di Cozzo Pantano vennero utilizzate fino all'età greca. Vennero, dunque, riaperte e riutilizzate per seppellire i morti in epoca greca, romana ed anche successiva. Nei magazzini del Museo Archeologico Regionale "Paolo Orsi" sono custoditi gli oggetti rinvenuti da Paolo Orsi a Cozzo Pantano, che non venne più esplorato dopo l'intervento dell'archeologo.

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