lunedì 6 aprile 2015

Il viaggio di Ibn Fadlan tra i Vichinghi

Una pagina del manoscritto di Ahmad Ibn Fadlan
(Foto: Wikimedia Commons)
Per il giurista persiano Ahmad Ibn Fadlan, vissuto nel X secolo d.C., lo spettacolo messo in piedi per il funerale di un capo vichingo in Bulgaria deve essere stato scioccante.
Nella tradizione musulmana, alla quale apparteneva Ibn Fadlan, il corpo dei defunti veniva lavato dai parenti, si pregava su di esso, lo si avvolgeva in un lenzuolo e lo si seppelliva in una fossa relativamente poco profonda il giorno stesso della morte.
Nella tradizione vichinga, "il capo morto è messo in una tomba provvisoria che è stata coperta per dieci giorni fino a che non si fossero cucite vesti nuove per lui", riferisce Ibn Fadlan. Durante questi dieci giorni si faceva una lunga festa in cui si beveva e si facevano orge di ogni tipo. Il corpo del defunto veniva riesumato il giorno della cremazione. Sulla sua pira venivano bruciati anche le sue schiave ed i suoi schiavi, gli animali, le offerte di cibo, le armi e la sua nave.
E' stata fatta una traduzione dall'arabo del resoconto del funerale di un capo vichingo riferito da Ibn Fadlan. L'impressione che Ibn Fadlan ha del modo di vivere dei Vichinghi è piuttosto negativa: "Essi sono la più sporca di tutte le creature di Allah: essi non si purificano dopo aver evacuato o urinato o lavano se stessi quando sono in stato di impurità rituale dopo il coito e nemmeno si lavano le mani dopo i pasti".
Eppure Ibn Fadlan descrive i Vichinghi come una popolazione sostanzialmente di bell'aspetto: "Non ho mai visto un fisico più perfetto di loro, sono come le palme da datteri, sono biondi e rubicondi, e non indossano né tuniche né caftani".
La nave Oseberg, una nave vichinga scoperta in un grande tumulo nella
fattoria di Osemberg, nella contea di Vestfold (Foto: norskevaapen.no)
Ibn Fadlan descrive una scena molto inquietante che si è svolta sul rogo a forma di nave sul quale un capo vichingo venne bruciato. "Mi era stato detto che quando i loro capi muoiono, l'ultima cosa che fanno è cremarli. Ero molto ansioso di verificare questa consuetudine, quando sono venuto a conoscenza della morte di uno dei loro grandi uomini. Lo deposero in una tomba ed eressero una tettoia sopra di essa per dieci giorni, fino a quando ebbero finito di cucire gli abiti funerari. Nel caso di un povero, costruiscono una piccola barca, lo mettono in questa e bruciano il corpo. Nel caso di un uomo ricco, radunano i suoi beni e li dividono in tre: un terzo per la sua famiglia, un terzo da utilizzare per le vesti del suo funerale e un terzo con cui si comprano alcool che bevono il giorno in cui la schiava del defunto si suicida e viene cremata con il suo padrone. Essi sono dipendenti dall'alcool che bevono notte e giorno. A volte qualcuno muore con la coppa in mano".
Nel 921 il califfo al-Muqtadir aveva inviato Ibn Fadlan, che era un faqih, un dottore nella legge e nella fede musulmana, presso il re bulgaro del Volga Almis. Il fine del viaggio era quello di indurre quest'ultimo a rendere omaggio formale al califfo, in cambio delle somme necessarie alla costruzione di una fortezza contro i Cazari. Del manoscritto di Ahmad ibn Fadlan ibn al-'Abbas ibn Rashid ibn Hammad (questo era il nome completo di ibn Fadlan) non è pervenuta alcuna copia originale, ma solo una versione abbreviata presente nella biblioteca di Mashhad, in Iran.
Il funerale di un capo vichingo visto dal pittore polacco Heinrich
Semiradzki, sulla scorta della descrizione fatta da Ibn Fadlan
Ibn Fadlan scrisse tutto quello che aveva osservato durante il suo viaggio, compresi i riti di morte di questo popolo. Scrisse che era consuetudine, alla morte di un capo vichingo, che la famiglia chiedesse ai giovani schiavi e alle giovani schiave se c'era qualcuno che volesse morire con lui. Chi si offriva volontario non aveva diritto di ripensarci.
Il defunto veniva vestito dieci giorni dopo la sua morte. Gli venivano fatti indossare dei pantaloni, degli stivali, un caftano di seta con bottoni dorati e un copricapo di senta con frange e pellicce di zibellino. Il capo veniva così deposto nel padiglione della sua nave, su cuscini trapuntati, circondato da alcool, frutta, erbe aromatiche, pane, carne e cipolle. Accanto a lui venivano disposte le sue armi, ma anche animali che sarebbero stati sacrificati per il suo funerale.
La schiava che si era offerta volontaria per morire con il suo padrone, scrive Ibn Fadlan, prima di essere bruciata con lui doveva avere rapporti sessuali con diversi altri capi vichinghi presenti al funerale. Al termine, dopo una serie di altri rituali, Ibn Fadlan riferisce che la schiava si toglieva bracciali e cavigliere, le veniva dato da bere dell'alcool ed ella cantava per dare l'addio alle sue compagne. Poi saliva sulla pira a forma d'imbarcazione dove giaceva il defunto e qui veniva uccisa.
Il parente più prossimo del defunto, dopo l'uccisione della schiava, si avvicinava alla nave-rogo, ne prendeva un pezzo di legno e dava fuoco alla pira. Solo a questo punto i presenti erano autorizzati a gettare un tizzone ardente sull'imbarcazione funebre. Quando il fuoco si era spento, i Vichinghi gettavano sulla pira molta terra, a formare un tumulo. La morte di un capo vichingo significava la morte di 400 uomini e 40 schiave con lui, a detta di Ibn Fadlan. Questo era il rito in essere presso i capi vichingi che vivevano lungo il Volga. Probabilmente contadini, cacciatori, fornai, artigiani che vivevano nelle grandi pianure e che costituivano la maggioranza nella società vichinga, non praticavano questi riti.
In tutta la Scandinavia ci sono molti tumuli eretti in onore di re e capi vichinghi, oltre a pietre runiche ed altri monumenti. La sepoltura in nave era una delle tradizioni più importanti di questa popolazione.

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