venerdì 31 luglio 2015

Continuano gli scavi in Georgia

Gli scavi di Apsarus

Dal 27 giugno scorso sono in corso degli scavi nell'antica fortezza romana di Apsarus, odierna Gonio, in Georgia, scavi condotti dall'Università di Varsavia, il Gonio-Apsarus Museum e il Santuario di Conservazione dei Beni culturali, agenzia di Adjara in Georgia.
I mosaici trovati a Gonio sono eccezionali. Sono esempi rari di pavimentazioni di lusso per locali ad uso di bagno per le forze militari stanziate nel luogo. I mosaici di Gonio furono commissionati dal presidio romano nel I secolo d.C.. I balnea furono eretti durante il regno di Vespasiano (69-79 d.C.)

domenica 26 luglio 2015

Novità dagli scavi sul Monte Sion

Vista aerea degli scavi del Monte Sion
(Foto: Joel Kramer)
Gli archeologi stanno riportando alla luce a Gerusalemme, sul Monte Sion, quelli che ritengono essere i resti di una dimora di epoca romana. Finora è stata scoperta un ambiente con soffitto a volta intatto.
I Romani distrussero Gerusalemme nel 70 d.C.. Dopo la cruenta distruzione della città, il luogo rimase disabitato per 65 anni, fino a quando l'imperatore Adriano ricostruì quella che un tempo era Gerusalemme con il nome di Helia Capitolina. Nel periodo bizantino, le rovine vennero riempite di terra per potervi costruire sopra altri edifici.
Per la natura elaborata degli oggetti che sono stati rinvenuti negli scavi attuali di questo complesso romano e per la vicinanza di quest'ultimo al quartiere ebraico, gli archeologi pensano si tratti di una dimora aristocratica oppure dell'abitazione di un sacerdote. Si spera nel ritrovamento di iscrizioni o documenti che possano avallare una tesi piuttosto che l'altra e che possano illuminare sulla vita che le élite locali e straniere conducevano nella Gerusalemme del I secolo d.C.
Tra i segni della ricchezza in cui viveva chi abitava l'edificio che si sta riportando alla luce, vi sono le numerose conchiglie di murice, il maggior numero trovato finora a Gerusalemme. Il Murex, detto anche lumaca di mare, veniva utilizzato per tingere gli abiti del nobile color porpora.

sabato 25 luglio 2015

L'avanzatissima civiltà di Kultepe

Le famose tavolette di Kultepe (Foto: hurriyetdailynews.com)
La città commerciale di Kultepe Kanis Karum, in Anatolia, continua a stupire gli archeologi. Recenti scavi hanno portato alla luce tavolette che menzionano i diritti di cui godevano le donne in questo sito dell'Età del Bronzo.
Gli scavi in questo luogo sono cominciati nel 1948. Qui iniziò la storia dell'Anatolia e qui è stata trovata, nel 2013, la più grande struttura monumentale del Medio Oriente. Qui sono stati ritrovati un antico sonaglio per bambini e la tavoletta che documenta la vendita di un asino.
Le tavolette trovate nell'attuale campagna di scavo sono state definite, dagli archeologi, straordinarie e di valore inestimabile. Le tavolette hanno restituito informazioni sui commerci degli Assiri, la vita locale dell'epoca e i dati personali degli individui che vivevano all'epoca della compilazione delle tavolette medesime. Vi sono enumerati, anche i diritti di cui godevano le donne, le adozioni di bambini, i matrimoni organizzati dalla nascita, eventi di 4000 anni fa.
La maggior parte delle 23.500 tavolette scritte in cuneiforme rinvenute a Kultepe riguardano il commercio. Le persone che abitavano la città avevano un alto grado di alfabetizzazione rispetto ad altri luoghi dell'Anatolia.
Solo una piccola parte della città di Kultepe, che in turco vuol dire "collina di cenere", è stata finora scavata. Si è stimato che la città ospitasse 70.000 persone. Kanis (o Kanes o Kanesh o Nesa, in lingua ittita) è l'antico nome della città di Kultepe. Karum è, invece, il luogo più importante della città: il quartiere dei commercianti Assiri. Karum, in accadico, l'inglese dell'epoca, vuol dire porto e indicava, per estensione, qualsiasi colonia commerciale anche lontana dal mare.
Tra gli edifici della città alta sono stati recuperati vasi d'oro, gioielli, calderoni in bronzo, sigilli e cretule. In tutti i livelli del quartiere commerciale (il karum) sono state rinvenute sepolture di adulti e bambini, in fossa e in tombe, in vasi di ceramica e in tombe a camera di pietra e mattoni crudi.

Fattoria romana in Sicilia

L'insediamento appena scoperto in Sicilia occidentale
(Foto: La Repubblica)
Nella Pianotta di Vicari, lungo il costruendo percorso della statale Palermo-Agrigento, è stata scoperta una fattoria di età romano-imperiale. Già nei mesi scorsi era stata segnalata la presenza di strutture murarie e frammenti ceramici antichi. Sono intervenuti gli archeologi della Soprintendenza di Palermo.
E' emersa, così, una parte di un insediamento rurale di età romano-imperiale (I secolo d.C.), utilizzato fino all'età tardo-antica (IV-V secolo d.C.). La maggior parte della fattoria, però, si trova al di là dell'area espropriata per allestire il cantiere stradale. Sono stati, comunque, recuperati alcuni vani con alcuni materiali in situ, come una coppia di anfore da trasporto parzialmente interrate. Sono stati trovati anche una vasca quadrangolare impermeabilizzata con un rivestimento in cocciopesto ed un piccolo forno circondato da uno strato con cotto.
L'area dove si trovava l'antico insediamento, in età preistorica era già frequentata. Sono state trovate ceramiche preistoriche e tracce di bruciato risalenti all'Età del Bronzo. Successivamente il terreno venne occupato da una necropoli di età ellenistica (III secolo a.C.), dove sono stati trovati un'incinerazione e unguentari acromi piriformi, posti negli strati immediatamente al di sotto delle strutture murarie dell'edificio romano.
Si tratta di uno dei pochi casi di scavo di un insediamento rurale di età romana nella Sicilia occidentale.

Israele, decifrato un frammento di un'antica pergamena bruciata

Il frammento di pergamena trovato a Ein Gedi
(Foto: Shai Halevi/Asi)
Per la prima volta l'utilizzo di tecnologie avanzate ha permesso di decifrare parti di una pergamena completamente bruciata 1500 anni fa, all'interno dell'Arca Santa della sinagoga di Ein Gedi. Il frammento di pergamena reca i versi iniziali del Levitico, uno dei libri della Bibbia.
Il rotolo di pergamena venne disotterrato nel 1970 durante gli scavi archeologici nella sinagoga di Ein Gedi, diretti dagli scomparsi Professor Dan Barag e Professor Ehud Nezer della Hebrew University di Gerusalemme e dal Dottor Sefi Porath della Israel Antiquities Authority.
Parte di questa pergamena è l'inizio del libro del Levitico, scritto in ebraico e datato alla fine del VI secolo d.C.. Si tratta, ad oggi, della più antica pergamena recante un testo biblico mai ritrovata tra i rotoli del Mar Morto, la maggior parte dei quali è stata attribuita alla fine del periodo del secondo Tempio (I secolo a.C. - I secolo d.C.).
Ein Gedi era un villaggio ebraico di epoca bizantina (IV-VII secolo d.C.). Aveva una sinagoga con un bel pavimento a mosaico ed un'Arca Santa. L'insediamento venne completamente raso al suolo e nessuno dei suoi abitanti vi è tornato a vivere in seguito o a recuperare quanto vi era rimasto. Negli scavi della sinagoga bruciata sono stati rinvenuti diversi frammenti carbonizzati, un candelabro in bronzo a sette braccia, una sorta di cassaforte per i soldi della comunità con circa 3.500 monete, lampade ad olio in ceramica e vasi per profumi. Non si conoscono ancora le cause dell'incendio che distrusse la sinagoga e il centro abitato, ma si pensa che possa essere stato appiccato da predoni beduini provenienti da una regione ad est del Mar Morto.

Trovata una sepoltura nei pressi di Marden Henge, Inghilterra

Lo scheletro di adolescente scoperto nella valle di Pewsey, nel Wiltshire (Foto: Bt.com)
Gli archeologi hanno riportato alla luce nella valle di Pewsey, nel Wiltshire in Inghilterra, uno scheletro risalente a 4000 anni fa (Età del Bronzo), appartenente ad un individuo adolescente. Si tratta di una scoperta piuttosto rara, a farla sono stati gli archeologi dell'Università di Reading.
I ricercatori sperano che lo scheletro possa aiutarli a far luce sulla vita degli esseri umani che hanno vissuto e pregato nei pressi di Stonehenge. L'individuo al quale apparteneva lo scheletro era alto circa 1,50 metri, venne deposto in posizione fetale ed indossava una collana di ambra. Presto sarà possibile conoscerne l'età e il sesso.
La valle di Pewsey si trova tra Stonehenge e Avebury ed è oggetto di scavo da tre anni. In questi ultimi mesi gli archeologi si sono particolarmente concentrati su Marden Henge e Wilsford Henge. Costruito nel 2400 a.C., Marden Henge è il più grande degli "henge" del paese.

Israele, trovate le più antiche tracce di culture domestiche

Ricostruzione di una capanna di Ohalo II, sul Mare di Galilea
(Foto: muschecht.haifa.act.il
Il Medio Oriente è la culla della civiltà, dove i cacciatori-raccoglitori si "trasformarono" per la prima volta in comunità di agricoltori. Recentemente si è scoperto che il primo tentativo di coltivare la terra è molto più antico di quanto si fosse sempre pensato.
Una squadra di archeologi e botanici dell'Università di Haifa, dell'Università di Tel Aviv e di Harvard ha pubblicato uno studio sulla rivista scientifica "PlosOne" in cui giunge a conclusioni sorprendenti riguardo la nascita delle comunità agricole in Medio Oriente. Lo studio ha rilevato la presenza, in Israele, di frumento e di orzo appartenente ad una tipologia domestica più che selvaggia e la contemporanea presenza di strumenti a lama utilizzati per il taglio e la raccolta dei cereali.
Il sito preso in esame dai ricercatori è quello di Ohalo II, un campo coltivato ben 23.000 anni fa da una comunità di cacciatori-raccoglitori che vivevano sulle rive del Mare di Galilea. Il sito si trova a circa 9 chilometri a sud dell'attuale Tiberiade e venne scoperto nel 1989, quando il livello del lago si abbassò a causa di una forte siccità che colpì Israele. Gli scavi vennero, allora, portati avanti per sei stagioni dalla Professoressa Dani Nadel, dell'Università di Haifa.
In precedenza si era pensato che le prime tracce di coltivazione razionale della terra risalissero al 12.000 a.C., in Mesopotamia e nelle attuali Iran e Turchia.
Gli scavi ad Ohalo II hanno riportato alla luce i resti di sei abitazioni a capanna, una sepoltura e resti abbondanti e ben conservati di alimenti animali e vegetali, unitamente a perline provenienti dal Mediterraneo ed a strumenti in selce.
Artefatti trovati nel sito di Ohalo II (Foto: Dani Nadel/Haifa University)
I resti di alimenti vegetali erano stati trovati ben conservati poiché carbonizzati e coperti da sedimenti. L'acqua del lago li aveva come sigillati, privandoli quasi di ossigeno e permettendone la conservazione. Questo ha permesso ai ricercatori di raccogliere molte informazioni preziosi su quello che è stato presto considerato uno dei migliori esempi in tutto il mondo di un villaggio di cacciatori-raccoglitori. Qui sono stati rintracciati i primi tentativi ben riusciti di semina e di raccolta.
Il villaggio ha restituito ben 150.000 resti vegetali, mostrando che i residenti del sito erano riusciti a mettere a coltura 140 specie di piante diverse. Tra queste i botanici hanno identificato specie di cerali commestibili come il farro selvatico, l'orzo selvatico e l'avena selvatica. Questi cereali erano mescolati con 13 specie di cosiddette "proto-erbacce", antenate di quelle erbacce che fioriscono attualmente nei campi coltivati.
E' stato trovato anche, in una di quelle che un tempo erano capanne, uno strumento in pietra fissato al terreno, da cui sono stati estratti granuli di amido di cereali che hanno fornito ulteriori prove che i cereali, dopo la raccolta, venivano portati nelle capanne per essere macinati e impastati e poi essere cotti, forse su pietre piatte trovate all'esterno delle stesse capanne.
Il Mare di Galilea, dove si affaccia il sito di Ohalo II
(Foto: Hanan Isachar/Alamy)
L'esame dei cereali trovati nel sito mostra un'elevata percentuale di piante addomesticate. Le spighe dei cereali come l'orzo e il frumento, nella loro forma selvaggia sono costituite da unità separate che vengono facilmente disperse dal vento, in modo da poter raggiungere il suolo e germogliare senza l'intervento dell'uomo. Quando gli esseri umani hanno iniziato a coltivare queste piante per diverse stagioni consecutive, le piante hanno mostrato un sostanziale cambiamento: si è sviluppata una sorta di "cicatrice" che ha bloccato le unità prima separate che, in questo modo, non hanno potuto autoriprodursi affidandosi al vento. E' questo il tratto distintivo delle culture cosiddette domestiche.
A confortare la presenza di coltivazioni domestiche nel sito di Ohalo II vi sono anche un certo numero di lame di falcetti, un tempo inserite in immanicature di legno o di osso. Si tratta delle più antiche falci finora rinvenute. Queste falci, studiate dai ricercatori, hanno rivelato di essere state utilizzate proprio per la raccolta dei cereali. Sono state notate tracce di silicio, su di esse, trasferitosi sulle lame dalle piante di grano e di orzo al momento del taglio.
Ad Ohalo II l'agricoltura domestica, dunque, si è diffusa molto prima di quanto si credesse ed è continuata anche per un notevole lasso di tempo. Ora i ricercatori stanno studiando, sempre ad Ohalo II, la comparsa delle prime erbe infestanti e i cambiamenti di uso del terreno nel corso del tempo.

giovedì 23 luglio 2015

Identificati i resti di Filippo II di Macedonia

La mascella inferiore che potrebbe appartenere a Filippo II, padre
di Alessandro Magno (Foto: Javier Trueba)
Quaranta anni dopo il loro ritrovamento, i resti presunti dei reali macedoni trovati in Grecia, trovano una conferma: i ricercatori sono sicuri che uno degli scheletri, quello maschile, appartenga al padre di Alessandro Magno, Filippo II di Macedonia.
Filippo aveva una ferita alla gamba che lo afflisse fino alla morte, avvenuta nel 336 a.C.. I ricercatori hanno trovato le prove di questa ferita, così come i segni della zoppìa, sui resti scheletrici trovati nella sepoltura di Vergina, antica capitale dei sovrani macedoni. La donna e il neonato sepolti con lo scheletro maschile potrebbero essere Cleopatra, moglie di Filippo II, e suo figlio appena nato. Il re di Macedonia aveva avuto Alessandro dalla sua quinta moglie, Olimpiade. Cleopatra Euridice, invece, era nipote del suo generale Attalo. Da lei Filippo II ebbe due figli, un maschio di nome Caranus ed una femmina di nome Europa, nata solo pochi giorni prima della morte di suo padre.
Nel 1977 e nel 1978 furono rinvenuti due scheletri nelle tombe reali I e II di Vergina, nel nord della Grecia, un tempo facente parte della Macedonia. Lo scheletro maschile della tomba II è stato sempre ritenuto quello di Filippo II. Ma lo scheletro non reca alcuna lesione che indichi una zoppìa. Ulteriori studi condotti sui resti contenuti nella tomba II hanno permesso di accertare che gli scheletri appartenevano al re Arrideo e a sua moglie Euridice. Arrideo era il fratellastro di Alessandro che salì al trono dopo la morte di quest'ultimo.
Ossa della gamba di Cleopatra, moglie di Filippo II di Macedonia
(Foto: Antonis Bartsiokas)
L'antropologo Juan Luis Arsuaga, della Universidad Complutense de Madrid, ha analizzato i resti delle due sepolture tramite radiografie e Tac, Lo scheletro maschile della tomba I apparteneva ad un uomo sorprendentemente alto, circa 180 centimetri. L'uomo avrebbe avuto circa 45 anni al momento della morte e le ossa della gamba mostrano un giunto rigido del ginocchio e segni di fusione ossea a dimostrazione di una ferita penetrante che deve aver causato all'uomo notevole sofferenza. I ricercatori hanno, inoltre, trovato prove di traumi legati ad infiammazioni e lesioni ossee del collo che suggeriscono che l'uomo deve aver sofferto di un costante torcicollo che deve avergli provocato un'andatura irregolare. Tutte queste notizie sono coerenti su quanto la storia racconta dei problemi fisici di Filippo II.
Resti ossei del bambino appena nato di Cleopatra e Filippo II
(Foto: Antonis Bartsiokas)
Per mezzo della stessa tecnica, i ricercatori hanno concluso che lo scheletro femminile appartiene ad una giovane donna di 18 anni, mentre il sesso del neonato sepolto con lei è ancora sconosciuto. Dopo la morte di Filippo si dice che Olimpiade, madre di Alessandro Magno, abbia fatto uccidere sia Europa che Caranus per permettere al figlio di salire al trono. Dopo di loro fu la volta della giovane Cleopatra.
Gli autori antichi, dunque, sembrano aver ragione quando affermano che i resti di re Arrideo e di sua moglie Euridice si trovano nella tomba II mentre i resti di Filippo II e di sua moglie Cleopatra, nonché quelli del loro bambino appena nato (forse si tratta di Europa) occupano la tomba I. Una terza sepoltura trovata nel medesimo gruppo è stata già saccheggiata in antico. All'interno rimane solo un affresco murale raffigurante lo stupro di Persefone ed alcuni resti ossei.
Il Professor Arsuaga ha affermato che l'attuale versione dei fatti vuole che Filippo II sia sepolto nella tomba II, ma lo scheletro trovato in essa non mostra nessuna lesione alle gambe che denoti zoppìa. Lo scheletro maschile della tomba I, invece, ha una cospicua anchilosi al ginocchio chiara causa di una zoppìa. Questa anchilosi sembra essere stata provocata da una grave ferita al ginocchio che ha causato un forte processo infiammatorio terminato qualche anno prima della morte dell'uomo.

Scoperta un'antica carrozzabile vicino Atene

Una parte della carrozzabile scoperta a Vouliagmeni
(Foto: Ministero greco della cultura)
Una sezione di 300 metri di un'antica strada carrozzabile risalente al IV secolo a.C. è stata scoperta dagli archeologi nei pressi della spiaggia di Megalo Kavouri, nel sobborgo meridionale di Vouliagmeni, nei pressi di Atene.
La strada, composta da piccole pietre posizionate molto vicine le une alle altre, ha una larghezza variabile da 1,90 a 6,10 metri ed è delimitata da un muretto di sostegno da entrambi i lati, che aveva il compito di mantenere stabile la pavimentazione.
Nel suo punto più largo, la strada corre su un muro di contenimento. Qui sono state trovate le fondamenta di un edificio a pianta rettangolare, con un pavimento simile a quello della strada, che gli archeologi pensano sia stato costruito nello stesso periodo in cui è stata costruita la strada. Sia l'edificio che la strada furono in uso per tutto il IV secolo a.C., come provano le ceramiche e le monete che vi sono state trovate.
La strada sembra collegasse l'antico demo di Aixonidai Alon con la spiaggia e di unirsi ad una rete stradale più grande, parti della quale sono state scoperte in diversi siti lungo la costa. La rete comprendeva una strada più grande, che collegava Atene con Sounion, il punto più meridionale della penisola Attica, e una strada che seguiva la costa di Faliro-Voula, da sudovest a sudest di Atene.

Trovati due rilievi nel porto di Berenice, sul Mar Rosso

Uno dei due rilievi scoperti nel porto di Berenice, in Egitto
(Foto: ahramonline)
Gli scavi della missione archeologica polacca dell'Università di Varsavia non cessano di stupire. La missione sta scavando nel porto di Berenice, sulla costa del Mar Rosso, ed ha disotterrato due rilievi incisi e numerose sepolture appartenenti a diverse epoche storiche.
Il primo dei rilievi scoperto reca il cartiglio del re Amenemhat IV, della XII Dinastia, il cui regno fu caratterizzato dall'aumento esponenziale delle importazioni del turchese e dell'ametista dal paese di Punt. Il secondo rilievo è, purtroppo, in pessime condizioni e può essere datato al secondo periodo intermedio.
Nel medesimo scavo sono emerse tre sepolture romane e parti della facciata del tempio di Berenice ed un numero di blocchi in pietra incisi con fiori di loto e papiri e la raffigurazione di una divinità femminile circondata da testi greci che, secondo i ricercatori, non sono che l'elenco delle offerte alla divinità.
Con l'ausilio delle foto satellitari, poi, è stato individuato un nuovo sito archeologico vicino al porto di Berenice, con un edificio lungo e stretto costituito da tre piattaforme. Gli archeologi sperano di saperne di più una volta che sarà iniziato il nuovo scavo.

La seconda Venere di Hohle Fels

I frammenti, ricostruiti, della nuova Venere di Hohle Fels
(Foto: Tubingen University)
Gli archeologi dell'Università di Tubinga hanno presentato al pubblico i frammenti di una nuova figurina femminile trovata nella grotta di Hohle Fels. Si tratta di due frammenti di una figurina femminile che presenta notevoli analogie con la nota Venere di Hohle Fels, il cui studio venne pubblicato nel 2009 dal Professor Nicholas Conard.
I due frammenti di statua sono in avorio di mammut e, riuniti insieme, hanno una dimensione di 23 x 22 x 13 millimetri. Da subito non sono sembrati essere parte di una rappresentazione di un animali, come è frequente trovare nelle grotte della Germania sudoccidentale.
Le raffigurazioni femminili da Hohle Fels risalgono a 40.000 anni fa e sono le più antiche raffigurazioni di esseri umani finora recuperati. Il nuovo ritrovamento è certamente modesto se paragonato alla Venere di Hohle Fels. I frammenti appena ricomposti rappresentano una parte dello stomaco e del seno che sembrano provenire da una scultura leggermente più grande rispetto a quest'ultima. Entrambi le figurine risalgono al periodo Aurignaziano, nel quale esseri umani moderni si diffusero rapidamente in tutta Europa.

Il più antico testo del Corano è custodito a Birmingham

L'antico testo coranico custodito nell'Università di Birmingham
(Foto: birmingham.ac.uk)
Un manoscritto del Corano custodito presso l'Università di Birmingham è stato inserito tra i manoscritti più antichi del mondo. L'analisi al radiocarbonio hanno datato la pergamena sulla quale è stato scritto il teso ad un periodo compreso tra il 568 e il 645 d.C., con una precisione del 95,4%. Il test è stato effettuato in un laboratorio presso l'Università di Oxford. Il risultato è clamoroso se si pensa che il profeta Maometto è vissuto tra il 570 e il 632 d.C.
I ricercatori hanno concluso che il manoscritto del Corano custodito a Birmingham è la più antica prova scritta testuale del libro sacro islamico. "La datazione al radiocarbonio ha prodotto un risultato eccezionale, che contribuisce in modo significativo alla nostra comprensione delle prime copie scritte del Corano", ha dichiarato Susan Worrall, direttore delle collezioni speciali presso l'Università di Birmingham. "Siamo entusiasti che tale importante documento storico si trovi qui a Birmingham, la città culturalmente più diversa del Regno Unito".
Il manoscritto del Corano è parte dei manoscritti della collezione Mingana dell'Università, finanziata dal filantropo quacchero Edward Cadbury. Il testo in possesso dell'Università inglese è composto da due fogli di pergamena che riportano le sure dal 18 al 20, con una scrittura che anticipa la scrittura araba conosciuta come Hijazi. Per molti anni il manoscritto era stato associato ai fogli di un manoscritto simile databile alla fine del VII secolo.
La tradizione vuole che il profeta Maometto ricevette le rivelazioni che formarono il Corano, tra il 610 e il 632 d.C., anno della sua morte. Parti del messaggio religioso sono state scritte su pergamena, altre edizioni vennero incise su pietra, o scritte su foglie di palma. Il califfo Abu Bakr, il primo leader della comunità musulmana dopo Maometto, ordinò la raccolta di tutto il materiale che formerà, in seguito, il Corano, in un libro. La forma scritta definitiva è stata completata e fissata sotto la direzione del secondo successore di Maometto, il califfo Uthman, nel 650 d.C.. I musulmani, oggi, credono che il testo sacro che leggono è lo stesso che è stato fissato definitivamente dal califfo Uthman.

domenica 19 luglio 2015

L'incredibile spada vichinga di Langeid

Elsa della spada di Langeid (Foto: Ellen C. Holthe, Museo di Storia
Culturale, Università di Oslo)
Un'antica spada è stata trovata, nel 2011, a Langeid in Norvegia. Si tratta di una spada davvero unica, di tarda età vichinga, impreziosita da oro, iscrizioni e altri ornamenti. La scoperta della spada non è stata pubblicata finora. Forse apparteneva ad un uomo ricco vissuto in tarda età vichinga. Forse quest'uomo faceva parte dell'esercito del re danese Canuto, che attaccò l'Inghilterra nel 1014-1015.
Nell'estate del 2011 gli archeologi del Museo di storia culturale di Oslo hanno scoperto delle sepolture vichinghe in Norvegia meridionale. In una di queste sepolture, gli archeologi fecero una scoperta eccezionale. Innanzitutto la sepoltura era più grande e diversa dalle altre, a ciascuno dei quattro angoli c'erano dei fori che indicavano la presenza di pali che sorreggevano un tetto, segno che la tomba era posta in rilievo sul terreno di sepoltura.
All'interno della sepoltura sono state trovate scarne tracce di corredo, solo due piccoli frammenti di monete d'argento provenienti dal Nord Europa. Una risale, con tutta probabilità, all'epoca vichinga della Germania mentre l'altra moneta è un penny coniato sotto Ethelred II, risalente ad un periodo compreso tra il 978 e il 1016.
La spada di Langeid
(Foto: Ellen C. Holthe, Museo
di Storia Culturale, Università
di Oslo)
Su uno dei lati della sepoltura è apparso, agli archeologi, qualcosa di brillante che, una volta asportata la terra che lo ricopriva, ha rivelato essere l'elsa di una spada. Sulla parte opposta è stata estratta una grande ascia da battaglia. Anche se le armi erano coperte, ovviamente, di ruggine, gli archeologi hanno compreso che si trattava di speciale ed insolito. Si trattava di armi poste nella tomba per proteggere il defunto dai nemici o per indicarne il potere. La datazione al carbonio attribuisce la tomba al 1030, alla fine dell'età vichinga.
La spada apparteneva certamente ad un uomo ricco, vissuto in tarda età vichinga, è lunga 94 centimetri. L'elsa è ben conservata, è avvolta con filo d'argento ed ha il pomo coperto in argento con dettagli in oro, bordato con un filo in lega di rame. Esaminata da vicino, la spada ha mostrato la presenza anche di resti di legno e cuoio sulla lama, probabilmente appartenenti alla guaina nella quale era riposta. La spada è decorata con grandi spirali, varie combinazioni di lettere e croci a formare ornamenti. Nella parte superiore del pomo vi è l'immagine di una mano che tiene una croce.
Sia la raffigurazione della mano che stringe la croce, sia i simboli rimandano ad un'iconografia cristiana sorprendente a trovarsi in un sepolcreto pagano in Norvegia. Si trattava, con tutta probabilità, di quel che rimaneva di un importante tesoro fabbricato all'estero e portato in Norvegia da un uomo molto ricco. Le spade erano un elemento molto importante nella vita di un guerriero: rivelavano lo status sociale, la sua posizione di potere, la sua forza. Le saghe affermano che anche l'oro, come le spade, ha avuto un valore altamente simbolico nella società norrena. L'oro è un ritrovamento estremamente raro nelle tombe vichinghe, il che indica il suo enorme valore economico e simbolico.
Soprattutto le spade che recavano ornamenti erano particolarmente importanti. L'arte del fabbro era, poi, circondata di miti e di misteri che rimandavano ad una forma di conoscenza nascosta non disponibile alla maggior parte delle persone. Nella letteratura medioevale le spade erano oggetti potenti e magici.
L'ascia rinvenuta nella medesima sepoltura non ha nessuna decorazione aurea ma in ottone, che poteva risplendere come l'oro. Asce da guerra simili sono state trovate nel fiume Tamigi, a Londra, il che rende particolarmente importante quest'ascia trovata in una sepoltura in Norvegia. Ci fu una lunga serie di battaglie lungo il Tamigi, che coinvolsero i Vichinghi tra il X e l'XI secolo. Il re danese Sweyn Forkbeard e suo figlio Canuto condussero i loro eserciti a combattere contro gli inglesi. Il re norvegese Olav il Santo fu coinvolto nell'attacco di Londra del 1009. Forse le asce ritrovate nel Tamigi appartenevano agli uomini che facevano parte di questi eserciti.
Sia la spada che l'ascia di Langeid sono dell'epoca di Canuto. La spada è stata forgiata fuori dalla Norvegia, probabilmente è di origine anglosassone. L'ascia è molto simile a quelle ritrovate nel Tamigi, soprattutto per quel che riguarda il rivestimento in ottone. La tomba in cui sono stati rinvenuti i due oggetti, poi, conteneva anche l'unica moneta ritrovata in Langeid proveniente dalla regione anglosassone. Il tutto porta a pensare che il defunto abbia avuto parte negli eventi avvenuti in Inghilterra e che hanno coinvolto i Vichinghi.
Inoltre nella vicina valle di Setesdal è stata trovata una pietra runica in antico norreno che recita: "Arnstein eresse questa pietra in memoria di Francesco suo figlio. Ha trovato la morte quando Canuto "andò dopo" in Inghilterra. Dio è uno". La pietra venne eretta, probabilmente, dopo le incursioni di Canuto in Inghilterra. Questa pietra è la più antica del suo genere trovata in Norvegia. Sia la pietra, infatti, che la spada indicano che il cristianesimo era in procinto di mettere radici nella società norvegese.
Il tumulo di Langeid è uno degli ultimi tumuli funerari pagani che si conoscano in Norvegia, indice sia della grandezza che della fine dell'epoca vichinga.

Gli antichi abitanti d'America

Gli scavi sul sito di un insediamento preistorico di nativi americani
nei pressi del Black River (Foto: MArvin Fong/The Plain Dealer)
I primi residenti di Lorain County, in Ohio, non hanno lasciato traccia storica di come vivevano. Hanno lasciato solo frammenti di vita sepolti che ora stanno tornando lentamente alla luce grazie al paziente lavoro degli archeologi, guidati dal Dottor Brian Redmond, curatore di archeologia presso il Museo di storia naturale di Cleveland.
I ricercatori hanno scoperto, in una radura un tempo terreno coltivato, il piano di un'abitazione costruita 4000 anni fa. Si tratta del primo ritrovamento del genere in Ohio. Chi l'ha costruita è vissuto in quello che gli archeologi che lavorano sui siti nordamericani chiamano Periodo Tardo Arcaico.
Sono state portate alla luce anche punte di frecce ed altri manufatti che sono andati ad aggiungersi a quelli raccolti nel 1971 sullo stesso luogo. Il piano di abitazione riportato alla luce è costituito da strati di argilla gialla trasportata da zone vicine. Vi sono anche buche di deposito con gusci di noci americane, importante fonte di nutrimento. Materiale organico ha lasciato macchie scure d'argilla ai bordi del pavimento. Potrebbe trattarsi dei residui di ancoraggio di alberelli di noci americane, legate insieme per tenere le pareti della casa. In questo modo la casa risultava ben isolata e poteva ospitare una piccola famiglia.
Gli abitanti erano sicuramente migranti da sudest, erano cacciatori e raccoglitori che si nutrivano di pesce che pescavano dal vicino Black River e dal Lago Erie, che cacciavano scoiattoli, topi muschiati e cervi.

sabato 18 luglio 2015

Restaurata la tela del Portinari

(Foto: Il Corriere della Sera)
(Fonte: Il Corriere della Sera) - Il fondo dorato brilla, la spalliera di rose ha recuperato definizione, il panneggio si delinea con chiarezza. Ma soprattutto il protagonista di questa storia, il banchiere fiorentino Pigello Portinari, rappresentante del Banco Mediceo a Milano, ha ritrovato la sua fisionomia: naso sottile, fronte alta, zigomi sporgenti. I restauri fanno miracoli. Anche quello presentato ieri al Museo di Sant'Eustorgio, restauro che restituisce alla basilica di Porta Ticinese un vero e proprio gioiello: una pala risalente al secondo Quattrocento che raffigura San Pietro Martire con Portinari inginocchiato davanti.
Da sempre collocata dietro l'altare dell'omonima Cappella dove il banchiere è sepolto dal 1486, la pala è stata riportata al suo antico splendore grazie all'impegno della Fondazione Atlante, che nasce con l'obiettivo di sostenere la salvaguardia del nostro patrimonio culturale. "Il dipinto era in cattive condizioni", spiega la restauratrice milanese Anna Lucchini che ha operato l'intervento conservativo. "Durante il XIX secolo è stato trasportato da tavola su tela: in questa fase la superficie pittorica era stata danneggiata e la dimensione dell'opera ridotta".
La pulitura ha eliminato la patina di sporco e, dove è stato possibile, anche le stuccature dovute a ritocchi realizzati precedentemente: sono emerse così tracce prima illeggibili, tra cui le finiture e i decori dell'abito di Pigello che doveva essere in damasco oro e rosso. "La doratura dello sfondo è in buona parte dovuta a ridipinture ottocentesche, ma abbiamo recuperato molti frammenti originali. A cominciare dalla capigliatura del Santo, definita in punta di pennello, e dalle mani giunte del committente". Grazie alla possibilità di una lettura stilistica più chiara si sta precisando anche l'identità del possibile autore: gli studi sono tuttora in corso, ma gli storici dell'arte propendono per Benedetto Bembo, fratello del più celebre Bonifacio. Si conferma dunque la doppia identità della Cappella Portinari, dove il linguaggio toscano dell'architettura armonizza alla perfezione, a partire dagli straordinari affreschi di Vincenzo Foppa, con la migliore parlata pittorica lombarda.

Le misteriose mummie di Zeleny Yari

I resti del bambino trovato nella misteriosa necropoli di Zeleny Yar,
in Siberia (Foto: Yamalo-Nenets regional Museum and Exhibiton Complex)
In questi giorni i ricercatori che lavorano nella necropoli medioevale di Zeleny Yari, in Siberia, hanno aperto la bara in corteccia di betulla che avvolgeva i resti mummificati in modo naturale di un bambino. Il bambino apparteneva, probabilmente, all'élite sociale della cultura medioevale che seppelliva nella necropoli di Zeleny Yar, vicino l'artico siberiano, una cultura che aveva antichi legami con la Persia. Il corpo del bambino era mummificato completamente, tranne la mano destra e le gambe. Si tratta di un individuo di 6-7 anni di età, che i ricercatori pensano sia di sesso maschile, dal momento che è stata trovata una piccola ascia in bronzo accanto al corpo ed alcuni strumenti taglienti che ancora non sono stati analizzati e identificati.
Il corpo del bambino era stato avvolto in due strati di pelli, uno strato è costituito da pelle di renna, l'altro strato deve essere ancora analizzato. Con i resti del bambino sono stati rinvenuti anche degli oggetti: un ciondolo in bronzo a forma di orso, una piccola ascia in bronzo e degli anelli ugualmente in bronzo.
Come si presentava il corpo del bambino all'apertura della bara in corteccia
(Foto: Yamalo-Nenets regional Museum and Exhibition Complex)
Il corpo del piccolo era ricoperto di fogli di rame o bronzo sul viso, sul petto, sull'addome e sull'inguine, tenute insieme da lacci di cuoio. Per questo motivo è stato chiamato il "bambino-guerriero". La sepoltura di questo bambino sembra essere diversa dalle altre sepolture ritrovate in precedenza, che non contengono resti di femmine adulte. Tutti i bambini sepolti in questa località, però, erano stati avvolti in strati di pelliccia e non avevano altri vestiti indosso. A differenza di altre sepolture infantili, poi, questa appena aperta era stata fatta in corteccia d'albero ed il piccolo defunto era accompagnato da diversi oggetti.
La piccola ascia ritrovata accanto al corpo del bambino
(Foto: Yamalo-Nenets regional Museum and Exhibition Complex)
La mummificazione del piccolo, secondo i ricercatori, è del tutto casuale, non è stata determinata dalla volontà degli appartenenti al medesimo clan. La corteccia di betulla che avvolgeva il corpo del bambino era di 1,28 metri di lunghezza e seguiva i contorni del corpo umano. Inizialmente gli archeologi ritenevano che avvolgesse il corpo di un adolescente. In precedenza erano state ritrovate 34 sepolture poco profonde, tra le quali undici contenevano teschi e reperti ossei di scheletri. Cinque mummie sono state trovate avvolte in rame e in pellicce di renna, castoro od orso. Finora è stata trovata solamente una sepoltura femminile, quella di una bambina con il volto coperto da una lastra di rame. Non sono stati trovati resti di donne adulte.
La mummia dell'uomo dai capelli rossi, la cui cassa toracica era
protetta da una lastra di bronzo (Foto: Kate Baklitskaya, Go East)
Sono stati trovati diversi corpi mummificati e con maschere di rame, tutti appartenenti ad individui di sesso maschile. E' stato trovato anche il corpo di un adulto dai capelli rossi, con i piedi e il petto coperti da una sorta di corazza in rame. Accanto a lui un'ascia in ferro, pellicce e la testa di una fibbia in bronzo raffigurante un orso. I piedi del defunto erano posizionati verso il fiume Poluy Gorny, un fatto che doveva avere valenze religiose, anche se i rituali di quest'antica e misteriosa popolazione sono ancora sconosciuti ai ricercatori.
In queste sepolture sono stati trovati anche manufatti in bronzo provenienti dalla Persia, distante ben 3700 chilometri, risalenti al X-XI secolo d.C. Una delle sepolture è stata datata al 1282 grazie allo studio degli anelli del legno. In una delle sepolture di individui adulti sono stati trovati un coltello da combattimento in ferro, un medaglione d'argento ed una statuetta di bronzo a forma di uccello.
Il terreno di questa località è piuttosto sabbioso e non congelato del tutto. La combinazione di questo elemento con la presenza di rame ed un abbassamento della temperatura registrato nel XIV secolo, ha impedito il deterioramento dei resti umani. Ora gli archeologi stanno asportando quanto possibile dal terreno per poterlo meglio analizzare e studiare in laboratorio.

Dentisti...antidiluviani

Tracce di un intervento "dentistico" trovate sul dente del giovane di
Villabruna (Foto: Stefano Benazzi)
Tracce di una parziale cura odontoiatrica risalenti a ben 14000 anni fa sono state trovate su un dente di un giovane di circa 25 anni, il cui scheletro, molto ben conservato, è stato trovato nel 1988 in una sepoltura al riparo della roccia a Ripari Villabruna, nei pressi di Belluno, in Veneto. Si tratta del più antico esempio di intervento manuale su una condizione patologica, a dirlo i ricercatori dell'Università di Bologna guidati dal paleoantropologo Stefano Benazzi.
Nel tardo Paleolitico Superiore stuzzicadenti in osso e in legno erano frequentemente utilizzati per rimuovere residui di cibo dai denti, ma fino ad ora non era stata trovata traccia di un'effettivo intervento su una patologia dentaria.
Il cranio dell'uomo di Villabruna (Foto: Stefano Benazzi)
In un dente umano di 6500 anni fa, trovato in Slovenia, è stata trovata cera d'api che fungeva da otturazione e tracce di perforazione dentale servita a rimuovere della materia oramai deteriorata sono state individuate su dei molari di 9000 anni fa scoperti in un cimitero Neolitico del Pakistan.
Il Dottor Benazzi ed i suoi collaboratori hanno analizzato il terzo molare inferiore dello scheletro trovato a Villabruna ed hanno notato che il dente contiene una grande cavità occlusale con altre quattro cavità al suo interno, risultato di una serie di interventi. Le striature trovate su tre molari, inoltre, sono parse il risultato di graffi e scheggiature ottenute con oggetti appuntiti in legno od osso per sollevare ed asportare, ma non trapanare, il tessuto infetto.
Il Dottor Benazzi ha affermato che il tessuto infetto all'interno del dente è stato asportato con molta cura, utilizzando uno strumento in pietra piccolo e resistente. Questo dimostra che gli esseri umani del Tardo Paleolitico Superiore erano consapevoli degli effetti deleteri della carie e della necessità di intervenire con un trattamento invasi che pulisse la cavità del dente in profondità.
Gregorio Oxilia, dottorando dell'Università di Firenze, e Matteo Romandini, assegnista di ricerca all'Università di Ferrara, affermano che, nel caso del dente di Riparo di Villabruna, l'intervento con bastoncini di legno ed osso normalmente utilizzato per asportare residui di cibo, è stato intenzionalmente riadattato per sollevare e asportare il tessuto dentale infetto.

Eccezionale ritrovamento ad Oxford

Un paio delle antiche scarpe in cuoio rinvenute ad Oxford
(Foto: Oxford Archaeology)
Una scoperta eccezionale è stata fatta in uno scavo archeologico ad Oxford, in Inghilterra: scarpe in cuoio e oggetti in legno di 700 anni fa. Oggetti che raccontano la vita di uomini e donne vissuti in epoca medioevale.
Sono 50 le paia di scarpe ritrovate nello scavo del Westgate Shopping Centre di Oxford. Ed oltre alle scarpe è tornata alla luce anche una borsa in cuoio con tracolla, reperti estremamente rari che fanno la gioia dei ricercatori per il potenziale di notizie che "contengono". Il luogo del ritrovamento, in cui deve essere costruito un centro commerciale, ospitava, 700 anni fa, uno convento dell'ordine religioso dei Greyfriars, all'epoca appena fuori le mura della cittadina di Oxford.
Una parte del legname che è stato ritrovato unitamente ai reperti in cuoio, apparteneva ad una paratia che doveva contenere il flusso del fango. Il sito ed i reperti sono in buono stato di conservazione.
Una ciotola in legno trovata nello scavo di Oxford, il suo ottimo stato di conservazione è dovuto al fatto di
essere stata, per 700 anni, al di sotto del livello dell'acqua (Foto: Oxford Archaeology)

martedì 14 luglio 2015

Il velo di Hathor...

Il telo scoperto a Sheikh Abd el-Qurna recante il nome di Tolomeo XII
(Foto: A. Cwiek)
Il dono del padre della leggendaria Cleopatra VII ad un tempio egizio, un panno di lino, è stato scoperto dagli archeologi polacchi durante gli scavi a Tebe ovest, in Egitto.
La scoperta è stata effettuata durante lo scavo di un pozzo profondo parecchi metri nella tomba di un dignitario del Medio Regno nella necropoli di Sheikh Abd el-Qurna. Nel VI d.C. il luogo venne occupato da monaci eremiti cristiani.
Il ritrovamento è costituito da un frammento di lino con un testo geroglifico tracciato con inchiostro. Ci sono anche due colonne di cartigli con il nome del faraone Tolomeo XII Aulete, padre di Cleopatra. Non tutti i geroglifici sono leggibili, ma il nome di Tolomeo è piuttosto chiaro. Secondo i ricercatori il pezzo di lino era una sorta di velo destinato a coprire un'immagine sacra, forse una statua raffigurante una divinità, posta nel tempio di Hathor a Deir el-Medina, il villaggio degli operai che lavoravano alle tombe reali della Valle dei Re.
Il velo doveva essere un dono di Tolomeo XII ad Hathor. Tra l'altro cartigli del faraone sono presenti sul cancello del tempio della dea. Tra gli altri ritrovamenti effettuati dagli archeologi polacchi vi sono frammenti di mattoni di fango, ceramiche del periodo faraonico e copto e bare di legno. Sono emerse dal terreno anche piccole perle di faience ed amuleti e ushabti d'argilla.

Antiche voci da Soli Pompeipolis

La strada romana colonnata di Soli Pompeipolis
(Foto: DHA)
Inizieranno presto gli scavi nell'antica città di Soli Pompeipolis, situata nel distretto di Mezitli, nel sud della provincia turca di Mersin. Gli interventi si concentreranno sui resti di una strada romana fiancheggiata da colonne già in parte tornata alla luce.
Gli scavi a Soli Pompeipolis sono iniziati nel 1999 a cura del Dipartimento di Archeologia dell'Università di Mersin. Lo scorso anno gli scavi hanno confermato che la città era un porto molto attivo a cavallo tra i primi secoli a.C. e d.C.. Nel 2013 è tornata alla luce la strada romana fiancheggiata da colonne. Gli scavi in fase di partenza impiegheranno ben 80 persone tra archeologi, architetti e studenti. Priorità è il restauro della strada colonnata e delle botteghe che vi si affacciavano.
Soli Pompeipolis venne danneggiata da un forte terremoto ma, nonostante questo, molte delle sue strutture sono sopravvissute e gli archeologi sperano di trovare molti altri reperti nell'attuale campagna di scavo.

Le meraviglie della sinagoga di Huqoq

la Professoressa Magness e gli studenti dell'Università
della Carolina che scavano ad Huqoq
(Foto: UNC)
Gli scavi diretti dalla Professoressa Jodi Magness della University of North Carolina at Chapel Hill College of Arts and Sciences, hanno rivelato nuovi bellissimi mosaici che decoravano il pavimento di una sinagoga tardo romana (V secolo d.C.) dell'antico villaggio ebraico di Huqoq.
Huqoq si trova nella bassa Galilea, gli scavi qui sono iniziati nel 2012. Un mosaico, scoperto nella navata est della sinagoga tra il 2013 e il 2014, mostra tre registri orizzontali contenenti figure umane ed animali, tra i quali degli elefanti. Il registro superiore, il più grande, raffigura l'incontro tra due uomini, uno dei quali potrebbe essere Alessandro Magno mentre l'altro è un sommo sacerdote ebraico.
Gli scavi di quest'anno hanno rivelato un'iscrizione posta al centro di un grande pannello quadrato con figure umane, animali e creature mitologiche, disposti simmetricamente intorno ad esso. Tra le creature mitologiche figurano putti alati, dischi circolari che racchiudono maschere teatrali, figure maschili che sostengono ghirlande, un gallo e volti maschili e femminili. Putti e maschere vengono solitamente associate alla figura di Dioniso, divinità greca del vino e degli spettacoli teatrali.
Dagli ultimi scavi sono emerse anche delle colonne facenti parte della sinagoga, dipinte con motivi vegetali. Colonne simili non sono mai state ritrovate in una sinagoga.

Un antico relitto nel mare di Marsala

(Fonte: Giornale di Sicilia) - Il relitto di una nave da carico risalente al I o al II secolo a.C. è stato scoperto nel mare di Marsala, di fronte l'antico porto a nord di Capo Boeo chiuso nel 1575 per porre un freno alle incursioni dei pirati barbareschi. A darne notizia, a margine di una conferenza sul progetto "Culturas" su ricerche archeologiche sottomarine sull'asse Marsala-Tunisi, è stato il soprintendente del mare Sebastiano Tusa.
"E' un relitto - ha detto Tusa - di cui si vede lo scafo ligneo, di cui si è capito il carico grazie al materiale circostante. E' una scoperta importante che aggiunge un ulteriore tassello di conoscenza storica in questo mare che è già tanto ricco. E' importante anche per arricchire l'offerta turistica". Dice l'archeologo Stefano Zangara, anche lui della Soprintendenza del mare: "Su indicazione di un sub marsalese che qualche giorno fa ci ha segnalato la presenza di alcuni reperti sporadici in questa zona di mare, a nord della cosiddetta barriera spagnola, oggi siamo andati a fare un sopralluogo e abbiamo trovato una parte del carico dell'antica nave, per lo più anfore, dei frammenti lignei, una macina in pietra lavica, un'ancora in ferro. Non sappiamo ancora se si tratta di nave romana oppure no e quali erano le sue dimensioni. Una fiancata dello scafo, comunque, l'abbiamo individuata. C'è il fasciame e ci sono elementi in metallo".

domenica 12 luglio 2015

Lo scheletro di Noè...

Lo scheletro di Noè, ritrovato ad Ur, nell'attuale Iraq
(Foto: Ancient Origins)
Gli scienziati del Museo di Philadelphia hanno recentemente riscoperto un raro ed importante reperto "ospitato" nel deposito del Museo. Si tratta dello scheletro di un uomo vissuto 6500 anni fa, nell'antichissima città sumera di Ur. Lo scheletro è stato ribattezzato Noè ed è stato trovato all'interno di uno strato di limo profondo, a dimostrazione che è vissuto dopo una grande inondazione oppure che è sopravvissuto ad essa.
Lo scheletro appartiene ad un uomo di mezza età e di tutto quel che riguarda il suo ritrovamento poco rimane. Secondo alcune notizie, colui che scoprì per primo lo scheletro fu l'archeologo britannico Sir Leonard Wooleey, nel 1929-1930, durante gli scavi ad Ur, vicino all'odierna città di Nassirya, in Iraq.
Lo scheletro giaceva sotto un profondo strato di limo, sotto il cimitero cittadino dell'antichissima città, cimitero che risalirebbe al periodo di Ubaid (5500-4000 a.C.). Nello strato furono rinvenuti altri 48 resti umani, ma quello di Noè era l'unico scheletro in condizioni sufficientemente buone da poter essere rimosso. Quello di Noè è il solo scheletro completo recuperato in questa regione ed appartenente ad un'epoca così lontana.
Noè nacque dopo la grande inondazione che provocò la stratificazione del limo in cui venne trovato, oppure sopravvisse ad essa. Dunque è certo che una grande inondazione invase la terra di Ur in periodo ubaidico. Molti ritengono che è questa l'inondazione alla quale la Bibbia fa riferimento quando parla di "diluvio universale".

Il misterioso Uomo di Gristhorpe

Lo scheletro dell'Uomo di Gristhorpe (Foto: Ancient Origins)
Il 10 luglio 1834 William Beswick scoprì, nel suo terreno situato a Gristhorpe, nel North Yorkshire, in Inghilterra, una bara ricavata dal tronco di una quercia. Dentro la bara giaceva lo scheletro di un uomo vissuto nell'Età del Bronzo che oggi è conosciuto come l'Uomo di Gristhorpe.
Alla scoperta hanno assistito anche i membri della società filosofica di Scarborough, tra i quali figuravano dei dottori, che si adoperarono per salvaguardare le ossa del defunto, apparse subito estremamente fragili. Il loro intervento ha permesso di far arrivare lo scheletro dell'Uomo di Gristhorpe fino a noi ma i processi di conservazione messi in atto all'epoca non hanno permesso, oggi, di studiare il Dna del defunto.
Ricostruzione del volto dell'Uomo di Gristhorpe
(Foto: Scarborough Museum's Trust)
L'Uomo di Gristhorpe, la sua bara e il suo corredo sono stati donati al Museo Rotunda di Scarborough. Dal 1834 sono state fatte nuove e interessanti scoperte sull'Uomo di Gristhorpe. Una delle caratteristiche più evidenti dello scheletro è senz'altro l'altezza, insolita per un uomo vissuto durante l'Età del Bronzo: 1,80 metri. Questo sviluppo in altezza straordinario per l'epoca è, forse, dovuto ad una buona dieta che, secondo gli archeologi, sta ad indicare che l'uomo doveva ricoprire un ruolo importante all'interno della sua comunità.
Prima di essere deposto all'interno della bara di legno di quercia, inoltre, il corpo dell'Uomo di Gristhorpe è stato avvolto in un mantello di pelle del quale sono rimasti solo pochi frammenti. Nel corredo che lo accompagnava nel suo ultimo viaggio vi erano un pugnale, utensili in selce, un cestino di vimini (di cui rimangono solo i resti) contenente cibo ed un recipiente in corteccia che, secondo le analisi, conteneva latte.
Il pugnale era in rame ed aveva un pomo d'osso di balena. Basandosi sulla composizione del metallo, i ricercatori hanno suggerito che l'oggetto possa essere stato importato dall'Irlanda sudoccidentale. La scienza moderna ha anche rivelato che l'Uomo di Gristhorpe doveva essere un guerriero: sono state rilevate numerose fratture rimarginate sul suo scheletro.
Gli scienziati hanno provato a ricostruire il volto dell'antico guerriero, utilizzando moderne tecniche di programmazione.

Iran, scoperta una necropoli dei Parti

Una delle sepolture della necropoli dei Parti scoperta in Iran (Foto: Iran Front Page)
Scavi nel nord dell'Iran hanno portato alla scoperta di un antico cimitero dei Parti nei pressi del villaggio di Vastmin, nella provincia settentrionale di Mazandaran.
La scoperta è avvenuta durante le operazioni di posa di tubature del gasdotto di Damghan-Neka. Le autorità sono state subito informate del rinvenimento. Finora sono state individuate 15 sepolture, delle quali nove sono state danneggiate e il resto sono state depredate dai tombaroli o distrutte dalle ruspe che hanno scavato per la posa dei tubi.
Le sepolture sono costituite da camere di 0,7 metri di larghezza per un'altezza variabile tra gli 1,7 e i 2,5 metri. I defunti venivano depositati facendoli passare, come il corredo funebre, attraverso un buco nel terreno che, in seguito veniva chiuso con del fango o una pietra. Si ritiene che in ciascuna sepoltura siano stati collocati almeno tre defunti.

venerdì 10 luglio 2015

I tesori di Aquae Calidae

L'iscrizione di Aquae Calidae (Foto: Comune di Burgas)
Un'antica iscrizione che può contenere preziose informazioni per la storia dell'antica Tracia prima della conquista romana, è stata scoperta dagli archeologi durante lo scavo della città di Aquae Calidae, nella città bulgara di Burgas, sul Mar Nero.
L'iscrizione è in greco antico ed è stata incisa su una lastra di marmo. E' stata datata al 20-30 d.C. ed appartiene ad un certo Apollonio, figlio di Eptaikentus, stratega (governatore militare) delle terre intorno alla città di Anchialos, che corrisponde all'attuale Pomorie, sul Mar Nero.
Gli anni in cui è stata incisa l'iscrizione furono gli ultimi del regno Odrisi, lo stato più potente dell'antica Tracia, la cui durata è stata fissata ad un periodo che va dal V secolo a.C. a I secolo d.C. L'iscrizione è stata scoperta nel giugno scorso ma è stata rivelata solo in questi giorni nel corso di una conferenza presso il Museo regionale di storia di Burgas.
L'iscrizione è stata trovata inserita in un altare nell'antico balneum di Aquae Calidae (nota, nel Medioevo, con il nome di Thermopolis), le cui rovine sono attualmente in fase di scavo e sono state anche parzialmente ripristinate.
Un pettine in legno dell'XI-XII secolo scoperto ad Aquae Calidae
(Foto: Comune di Burgas)
L'iscrizione è una dimostrazione che Aquae Calidae era, un tempo, un importante centro amministrativo dell'antica Tracia. Si tratta della prima fonte storica mai scoperta che menziona i figli di re traci, Roementalce II (18-38 d.C.) e sua sorella Pitodorida II (36-46 d.C.). L'iscrizione menziona anche un santuario costruito da Apollonio Eptaikentus, strategos della regione di Anchialos sotto il re di Tracia Sapaean Rhometalces II. Il santuario era dedicato all'antica divinità greca e tracia Demetra. La lastra di marmo dove è stata trovata l'iscrizione era, probabilmente, parte di un tempio a lei dedicato. Gli archeologi sperano di trovare presto il santuario della dea.
Durante gli scavi ad Aquae Calidae gli archeologi hanno scoperto anche parte di un reliquiario cristiano, una vera sorpresa per gli archeologi. Tra le scoperte precedenti a quella dell'iscrizione vi è un'altra iscrizione con parte del nome di Gaio Pantuleius Graptiacus, governatore della provincia romana di Tracia durante il regno dell'imperatore Marco Aurelio (161-180 d.C.). Il nome di Pantuleius Graptiacus era già stato rinvenuto su altre due iscrizioni ritrovate una a Philipopolis (odierna Plovdiv) e un'altra a Pizos, nel sud della Bulgaria.
Ma Aque Calidae ha restituito anche frammenti di mazze di bronzo, fibule, fibbie, piombini bizantini, pettini in legno del XII-XIII secolo d.C., un pettine in osso del VI-VII secolo d.C., un sigillo dell'imperatrice bizantina Teodora, appartenente alla dinastia macedone (1055-1056), con raffigurazione della Vergine.

Gli affreschi romani di Arles

Il frammento di affresco di Arles raffigurante un fanciulla che suona
l'arpa (Foto: Julien Boislève, Inrap, Musée Départemental Arles Antique)
Degli antichi ed estremamente rari affreschi romani, paragonabili a quelli trovati nella Villa dei Misteri a Pompei, sono stati scoperti ad Arles, nella Francia meridionale. Il primo di tali affreschi è stato datato ad un periodo compreso tra il 20 e il 70 d.C..
Gli studiosi ed i ricercatori stanno ora confrontando l'iconografia degli affreschi francesi con quelli delle ville romane di Boscoreale e con la Villa dei Misteri di Pompei. Gli affreschi di Arles sono costituiti da 11 immagini, tra le quali compare una donna che sta pizzicando le corde di un'arpa, dipinta con il prezioso blu egizio e con pigmenti di colore rosso vermiglio.
L'estrema ricercatezza di questi affreschi è un sintomo della grande ricchezza della zona di Arles in epoca romana. La cittadina venne abbandonata nel 260 d.C. a causa di un incendio. Gli archeologi devono, ora, rimettere insieme oltre 12.000 frammenti di affresco per avere un'idea generale dell'iconografia che era rappresentata.

Una longhouse vichinga nel centro di Reykjavik

Gli archeologi che stanno scavando nel centro di Reykjavik, in Islanda, alla ricerca di una fattoria del 1799, hanno trovato una longhouse vichinga di circa 900 anni prima.
La longhouse ha una lunghezza di almeno 20 metri e 5,5 metri di larghezza. Il grande focolare centrale è uno dei maggiori mai trovati in Islanda. E' stata una sorpresa per tutti coloro che lavorano allo scavo. L'edificio risale ai primi anni della colonizzazione dell'Islanda (870-930 d.C.).
Gli archeologi hanno trovato, nei pressi della longhouse, un anello d'argento e una perla.
Il focolare al centro della Longhouse vichinga (Foto: Kristinn Ingarsson)

giovedì 9 luglio 2015

Spirali d'oro trovate in Danimarca

Le spirali dorate ritrovate in Danimarca (Foto: Vestsjaellands Museum)
Gli archeologi danesi hanno trovato 2.000 spirali d'oro seppelliti in un campo in Zelanda che pensano siano stati utilizzati per ornare gli abiti cerimoniali di un sacerdote del sole durante l'Età del Bronzo. Le spirali sono state recuperate in un sito già scavato in precedenza, dove erano stati rinvenuti quattro braccialetti d'oro.
Alcune delle spirali d'oro sono state datate al 900-700 a.C.. Ogni spirale è costituita da fili d'oro puro e misura fino a tre centimetri di lunghezza. I reperti pesano intorno ai 200-300 grammi. E' la prima scoperta del genere effettuata in Danimarca. Forse le spirali erano fissate ad un copricapo o ricamate su un abito cerimoniale, gli archeologi conservano ancora qualche dubbio.
Molto probabilmente l'area in cui sono stati trovati sia i braccialetti che le spirali doveva avere un importante significato religioso per gli adoratori del sole dell'Età del Bronzo, Qui, forse, si svolgevano importanti cerimonie rituali in onore dell'astro celeste. Il sole era uno dei simboli sacri dell'Età del Bronzo e forse l'oro aveva una valenza magica.

Israele: scoperti i resti del castrum della VI Legione Ferrata

I resti di una strada romana trovati nel castrum della Sesta Legione
Ferrata (Foto: Jezreel Valley Regional Project)
In Israele gli archeologi hanno trovato i resti del campo della Sesta Legione Ferrata di stanza in Galilea 2000 anni fa. Qui vivevano 5.000 uomini destinati a mantenere l'ordine durante la rivolta di Bar Kochba. E' il primo accampamento romano permanente scoperto nella regione.
Legio, il luogo del ritrovamento, si trova nei pressi di Tel Megiddo, nel nord di Israele, ed era il quartier generale della Sesta Legione Ferrata negli anni seguenti la prima guerra giudaica. Gli scavi sono diretti dall'archeologo della Israel Antiquities Authority Yotam Tepper.
Nel secolo successivo alla prima guerra giudaica (66-70 d.C.), i Romani presidiavano la Palestina con due legioni incaricate di mantenere l'ordine: una di stanza a Gerusalemme, l'altra in Galilea. Fino a poco tempo fa la posizione del castrum di alloggiamento della Sesta Legione era incerto. La presenza sul luogo di un campo militare romano, del resto, è rimasta nella toponomastica, visto che il vicino villaggio arabo si chiama Lajjun. Sono state le indagini aeree a dare una svolta alla ricerca, evidenziando la presenza della struttura militare romana poi portata alla luce.
Durante questa stagione di scavi sono state portate alla luce numerose tegole in ceramica, contrassegnate dal bollo della Sesta Legione Ferrata, tubi di argilla, canali fognari e diversi edifici che testimoniano l'alto livello di pianificazione del sito. I reperti riguardano un grande accampamento imperiale in grado di ospitare fino a 5.000 soldati.
Quest'anno sono state portate alla luce anche i resti delle strade principali del castrum ed un grande edificio che, probabilmente, corrispondeva al preaetorium, dove alloggiava il comandante di questa sorta di fortezza ante litteram. Questi ritrovamenti contribuiscono ad una migliore comprensione dell'architettura militare e dell'ingegneria romana e sono rari, se non unici, nell'Oriente romano.
Megiddo si trova ad un crocevia storico, che collega la strada litoranea e la strada che porta nell'entroterra, verso il mare di Galilea e Damasco. La fortezza romana doveva, inoltre, costituire una sorta di punto di partenza per sviluppare strade, acquedotti ed altre infrastrutture in Galilea durante il II e il III secolo d.C.

Nuove, interessanti sepolture scoperte nel deserto egiziano

I resti del defunto con tagli intenzionali sul femore
(Foto: Czekaj-Zastawny)
Sui resti di uno dei defunti trovati durante gli scavi di quest'anno nel deserto occidentale in Egitto sono state rinvenute le tracce di tagli intenzionali sul femore. E' il primo caso conosciuto di questo tipo di ferita per quel che riguarda il periodo neolitico in questa parte dell'Africa.
Autori della scoperta gli archeologi dell'Istituto di Archeologia ed Etnologia polacco guidati dal Professor Jacek Kabacinski. La località dove hanno operato i ricercatori è chiamata Gebel Ramlah e si trova vicina al confine meridionale dell'Egitto con il Sudan, a circa 140 chilometri ad ovest di Abu Simbel. La missione polacca opera in questo sito dal 2009.
Gli archeologi quest'anno hanno scoperto e studiato 60 nuove sepolture di adulti. Una di queste conteneva i resti di due defunti, tracce di un cuscino e di deliberato danneggiamento del corpo sotto forma di tagli sul femore. In un'altra sepoltura sono stati scoperti i resti di un'altra deposizione precedente, costituiti da lastre in pietra che occultavano una cavità.
Un'altra scoperta interessante, a detta del Professor Kabacinski, è quella riguardante la sepoltura di un uomo il cui corpo è stato ricoperto di frammenti di terraglie frantumate, manufatti e grumi di colorante rosso. Anche il defunto presentava aspetti morfologici particolari: è stata notata una forma di crescita eccessiva dell'osso femorale, fratture e anormali aderenze dell'osso. Al di sopra della testa gli archeologi hanno trovato i frammenti del cranio di una gazzella Dorcas, con le corna, che probabilmente fungeva da copricapo e veniva indossata durante qualche cerimonia.

La dieta degli antichi abitanti della Spagna

Spagna, Cova do Santo, resti umani tra i quali il cranio di un bambino (Foto: canal.ugr.es)
Ricercatori dell'Università di Granada, di Santiago de Compostela e di Reading (Inghilterra), hanno studiato le ossa umane trovate nella Cova do Santo, una grotta nel nordovest della Spagna utilizzata come luogo di sepoltura collettiva.
Le analisi sui resti ossei hanno rivelato che gli antichi abitanti del luogo avevano una dieta prevalentemente vegetariana: la presenza di carne e di pesce era estremamente scarsa. Nella grotta di Cova do Santo sono stati rinvenuti i resti di 14 individui di entrambi i sessi, compresi i bambini.
Non è stata trovata prova del consumo di miglio, per cui non si è potuto confermare che questo cibo facesse parte della dieta dell'uomo che viveva nella penisola Iberica durante l'Età del Bronzo.

sabato 4 luglio 2015

Trovato l'approdo di Enea a Castro

Il busto di Minerva dal Tempio di Castro
(Foto: Il Corriere del Mezzogiorno)
(Fonte:Corriere del Mezzogiorno) - La conferma che la "rocca con il tempio di Minerva" raccontata da Virgilio nell'Eneide, dove approdò Enea in fuga da Troia, fosse l'attuale Castro, era nascosta sotto tre metri di terra in pieno centro storico nella piccola località del basso Salento: è il busto di una statua di donna, dal raffinato drappeggio, di proporzioni doppie rispetto a quelle naturali. Secondo gli archeologi che l'hanno scoperta e che oggi la sveleranno al mondo, l'opera di pregevole fattura da datarsi con quasi certezza al III secolo a.C. (ma potrebbe essere ancora più antica di almeno un altro secolo), raffigurerebbe proprio la dea Minerva a cui era dedicato l'antico tempio. Una scoperta eccezionale, per gli autori del ritrovamento, che spazzerebbe ogni dubbio circa l'esatta dislocazione dell'approdo dell'eroe condottiero.
Il busto è stato localizzato a tre metri esatti dal piano di partenza degli scavi. La struttura basale è ricavata in blocchi monolitici di pietra leccese lunghi anche un paio di metri. Quello portato alla luce sinora è mancante della testa e della parte inferiore del corpo ma gli archeologi sono convinti che nascosti nei paraggi ci siano i pezzi mancanti. Ieri, ad esempio, è stato recuperato un braccio e la falange di un dito di una mano. Le dimensioni intere della figura, compreso il piedistallo, dovrebbero sfiorare i quattro metri. La statua era adagiata su un lato quasi come una vera e propria deposizione. Questo ha fatto avanzare agli studiosi la suggestiva ipotesi secondo cui l'interramento non sia stato casuale, ma fatto allo scopo di conservare tracce della divinità dopo la demolizione del vecchio edificio templare dove era esposta e venerata. Per il suo stile scultoreo si pensa che possa essere un'opera prodotta da raffinate scuole tarantine che operavano in tutto il Salento Messapico.
Il luogo del ritrovamento del busto di Atena
(Foto: Il Corriere del Mezzogiorno)
Questa ipotesi supportata anche dal ritrovamento nei mesi scorsi dei pezzi del basamento o della balaustra di protezione della statua che presentano un motivo floreale a traforo che oggi si potrebbe confondere con il barocco leccese. Per i suoi autori, la scoperta chiude un'antica querelle durata per secoli sull'esatta localizzazione del tempio virgiliano che fa da sfondo all'epica del troiano Enea.
Altra località che contende lo stesso merito storico è Porto Badisco. Gli scavi che occupano un'area comunale espropriata dieci anni fa a privati, portano la firma dell'archeologo responsabile Amedeo Galati, impegnato sul sito da quasi sei anni, assistito dai topografi Fabrizio Ghio e Alessandro Rizzo. La direzione scientifica è invece del professore Francesco D'Andria dell'Università del Salento mentre la sorveglianza per conto della soprintendenza di Taranto è della dottoressa Laura Masiello. La campagna di scavi è finanziata da fondi della Comunità Europea e del Comune di Castro. L'eccezionale reperto di cui nel 2009, sempre a Castro, fu ritrovato un modello bronzeo dalle fattezze identiche, sarà custodito nel Museo Archeologico di Castro nel castello aragonese in corso di ristrutturazione per l'allargamento e il rinnovo degli spazi di esposizione. Nel Museo saranno esposti tutti i reperti recuperati dai primi scavi della Grotta Romanelli ed anche pezzi dell'arte vascolare e degli strumenti dell'Età del Bronzo ritrovati nella Grotta Zinzulusa e nel villaggio della Palombara.

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