sabato 29 aprile 2017

Tiriolo, scoperto un edificio di IV-III secolo a.C.

L'archeologo Riccardo Stocco illustra i ritrovamenti archeologici alla
popolazione di Tiriolo (Foto: vita.it)
Le ultime campagne di scavo condotte a Tiriolo, in provincia di Catanzaro, hanno portato a scoperte interessanti. L'area era già nota, dal punto di vista archeologico, per il ritrovamento della tavola bronzea contenente il testo del Senatus Consultum De Bacchanalibus (186 a.C.), con il quale il Senato romano aboliva i culti orgiastici in onore di Bacco. La tavola è conservata al Kunsthistorisches Museum di Vienna.
Gli scavi recenti, invece, hanno permesso di recuperare delle strutture riferibili ad un grande edificio con splendide decorazioni e molto ben conservato, del quale sono stati riportati alla luce 120 metri quadrati di superficie, databile intorno al IV-III secolo a.C.. Sono state documentate le diverse fasi di costruzione, ristrutturazione e riuso dell'edificio prima che venisse distrutto da un violento incendio.
Frammenti di un pavimento musivo dell'edificio di Tiriolo
(Foto: catanzaroinforma.it)
"Le strutture rinvenute - ha dichiarato Giovanna Verbicaro, funzionario archeologo della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per le Provincie di Catanzaro, Cosenza e Crotone. - si articolano in un lungo corridoio colonnato, sul quale si aprono tre ambienti: una stanza pavimentata in cocciopesto e con un riquadro centrale in mosaico che raffigura due delfini e un terzo pesce non ancora identificato; una seconda stanza provvista di una porta monumentale dal ricchissimo apparato architettonico; una terza stanza, pavimentata con cocciopesto decorato a motivi geometrici e, infine, un grande atrio-vasca, parzialmente indagato".
Al momento, poiché le indagini sono ancora in corso, non è possibile chiarire quale fosse la destinazione d'uso dell'edificio. Numerosi indizi suggeriscono che, almeno in parte, esso dovesse avere una funzione religioso-sacrale. L'edificio è stato battezzato Palazzo dei Delfini e rappresenta un unicum relativo alla frequentazione brettia dell'entroterra catanzarese e fa di Tiriolo antica uno dei più rilevanti centri preromani.
Una delle colonne superstiti dell'edificio (Foto: catazanroinforma.it)
"Per quanto concerne le strutture murarie, di cui il Palazzo dei Delfini ha restituito un'ampia e articolata campionatura - spiega Riccardo Stocco, archeologo responsabile tecnico del progetto. - notevole importanza assume il ritrovamento, in ottimo stato di conservazione, di intere parti dell'edificio realizzate con la tecnica della terra cruda, compattata sul posto e quindi intonacata e dipinta. Ancor più straordinaria è la scoperta di gran parte della decorazione architettonica: coperti dal carbone e pressoché integri, sono stati infatti rinvenuti i capitelli degli stipiti e delle colonne, in pietra lavorata e dipinti in rosso e nero, insieme a grandi frammenti delle cornici e degli architravi, anch'essi in pietra e dipinti".
Tra i reperti mobili, spiccano un tesoretto costituito da oltre cento monete cartaginesi d'argento e tre gruzzoli di monete bronzee brettie, nascoste poco prima che l'edificio andasse a fuoco.
Le indagini archeologiche sono partite nel 2014, volute dall'amministrazione comunale di Tiriolo e coordinate dalla Soprintendenza Archeologica della Calabria. Tutto è iniziato con la realizzazione di una campagna estensiva di indagini georadar. "C'era un fitto reticolo di strutture murarie e di piani pavimentali sepolti a profondità comprese tra i 15 e i 90 centimetri dal piano della campagna attuale, copriva tutta l'area del vecchio campo sportivo comunale", ha affermato Riccardo Stocco.
I Bruzi (in latino Brettii o Bruttii) erano un antico popolo italico insediato nell'attuale Calabria. Si pensa fossero di origine indoeuropea, come gli Italici. Inizialmente erano pastori e servi dei Lucani, molti dei quali a carattere nomade, come li definisce il geografo Strabone ma anche Diodoro Siculo e Pompeo Trogo. Furono i Lucani a dare il nome Bretti, che vuol dire "i ribelli", a questa popolazione. I Brettii si coalizzarono, nel 356 a.C., in una lega ed elessero a loro capitale una città che non è dato sapere se fosse stata eretta ex novo oppure fosse preesistente. Chiamarono questa città Consentia, ad indicare il consenso esistente tra le varie tribù, che attualmente è conosciuta come Cosenza.

Fonti:
Liberamente adattato da "Archeo", aprile 2017 e da vita.it

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