venerdì 30 ottobre 2015

Antica chiesa medioevale riemerge a Pisa

I resti della chiesa medioevale riemersi a Pisa (Foto: Ansa)
(Fonte: Ansa) - Durante normali lavori di scavo per posizionare un'isola ecologica interrata a poca distanza da piazza dei Miracoli, a Pisa, sono emersi i resti di una chiesa dimenticata da secoli ed edificata nel 1193, San Lorenzo in Pellicceria.
Lo ha reso noto il Comune precisando che nell'area sono riemersi "la facciata dell'edificio religioso costruito in blocchi di pietra calcarea con un ampio portale con stipiti monolitici". Documenti hanno consentito l'identificazione certa della chiesa.

Scoperta la villa di Augusto in Campania?

A pochi chilometri da Napoli, a Somma Vesuviana, ci sono novità archeologiche: sta tornando alla luce la maestosa villa romana che certuni affermano essere appartenuta ad Ottaviano Augusto.
I resti si trovano ai piedi del Monte Somma, il monte che, con la sua eruzione, seppellì Pompei ed Ercolano nel 79 d.C.. Ad oggi sono stati scavati 2.000 mq di terreno. In questa villa, se verrà confermata la sua proprietà ad Augusto, l'imperatorie trascorse, stanco ed ammalato, i suoi ultimi anni di vita.
Dagli scavi sono emerse statue e pitture risalenti al III secolo d.C.

giovedì 29 ottobre 2015

Trovata una sepoltura etrusca a Città della Pieve

La voragine scoperta dall'agricoltore nei pressi di Città della Pieve (Foto: Tuttoggi.info)
Eccezionale scoperta di un agricoltore di Città della Pieve: un'urna cineraria con l'effige di un defunto disteso con il gomito appoggiato sul piano e un piatto in mano. Il passaggio del trattore ha aperto una voragine che ha letteralmente "scoperto" una camera funeraria di circa quattro metri per quattro.
Al momento la zona è stata delimitata e posta in sicurezza in attesa dell'arrivo degli esperti della Soprintendenza. Si tratterebbe di una tomba etrusca contenente almeno quattro sculture. Le figure sembrano essere di poco inferiori al reale e sulla parete di fondo della camera si staglia un fondale azzurro ed una scritta sinistrorsa, con lettere che potrebbero essere etrusche.

martedì 27 ottobre 2015

Il principe di Pylos, trovata una tomba straordinaria in Grecia

Anello d'oro con la raffigurazione di un uomo che volteggia su un toro
ritrovato nella tomba a Pylos (Foto: magazine.uc.edu)
Gli archeologi dell'Università di Cincinnati hanno fatto una scoperta stupefacente in Grecia: lo scheletro di un maschio adulto, disteso sulla schiena con armi alla sua sinistra e gioielli alla sua destra. Vicino alla testa e al petto è stata disposta una spada di bronzo con l'elsa d'avorio coperto d'oro. Altre armi sono state trovate ai piedi dell'uomo e vicino alle sue gambe. Sul petto dell'individuo sono state trovate delle coppe d'oro e vicino al collo una collana d'oro perfettamente conservata, con due pendenti. Al fianco destro e sul tutto il capo erano sparse oltre mille grani di corniola, ametista, diaspro, agata e oro. Sempre all'interno della straordinaria sepoltura sono stati recuperati quattro anelli d'oro, coppe e ciotole in bronzo, brocche e bacili.
Una delle pietre trovate nella tomba con un motivo minoico
(Foto: magazine.uc.edu)
La sepoltura, secondo gli studiosi, risale al 1500 a.C. ed è emersa a Pylos, in Grecia. Il defunto era certamente un ricco guerriero miceneo. La tomba è stata trovata mentre si lavorava nella zona del Palazzo di Nestore e potrebbe far riscrivere la storia della civiltà micenea. Molti degli oggetti ritrovati nella sepoltura sono stati forgiati a Creta e mostrano una forte connotazione minoica nello stile e nella tecnica.
La tomba del guerriero miceneo conteneva un ricco corredo. Il semplice fatto che i vasi ritrovati sono in metallo è un forte indizio della ricchezza e dell'importanza che doveva avere, in vita, quest'uomo. Nessun recipiente in ceramica faceva parte del corredo funebre. Tutte le coppe, le brocche e i bacili ritrovati sono in bronzo, argento e oro.
Collana in oro trovata nella tomba di Pylos, accanto al collo del
defunto (Foto: magazine.uc.edu)
Ad accompagnare il defunto vi erano anche circa 50 pietre scolpite con intricati disegni minoici raffiguranti dee, tori e acrobati che cavalcano questi ultimi. Quattro anelli d'oro ritrovati nella sepoltura riportano pregiate incisioni minoiche. Una targa in avorio con la figura di un grifone fa parte anch'essa del corredo. Vicino a quest'ultima è stato trovato uno specchio in bronzo con manico d'avorio. Le armi in dotazione al guerriero per il suo ultimo viaggio erano una spada con manico d'avorio, numerosi pugnali, una punta di lancia e un pugnale con pomelli in oro.
Lo specchio in bronzo con il manico in avorio facente parte del corredo
del defunto di Pylos (Foto: magazine.uc.edu)
Altri doni erano stati disposti sulla copertura della bara che, essendo in legno, con il tempo ha finito per crollare, rovesciando il suo prezioso carico di oggetti sullo scheletro sottostante. Tra questi oggetti vi erano brocche in bronzo, un grande bacile ugualmente in bronzo, fasce sottili che dovevano far parte della corazza dell'uomo sepolto e denti di cinghiale che dovevano far parte di un elmo.
Jack Davis e Sharon Stocker, dell'Università di Cincinnati, hanno identificato circa 1.400 manufatti nella tomba, "oggetti la cui qualità testimonia l'influenza dei minoici sui micenei". La tomba è lunga 2,4 metri e larga 1,5 ed è stata trovata durante uno scavo iniziato nel maggio scorso presso il Palazzo di Nestore, un imponente edificio risalente al 1300-1200 a.C. scoperto nel 1939.
Gli archeologi sono, ora, impegnati a cercare l'identità del defunto che potrebbe essere un militare che ricopriva anche un ruolo sacerdotale e che potrebbe aver accumulato i tesori dai quali era accompagnato durante guerre e razzie in terre lontane.

Riemerge un edificio romano al centro di Cagliari

Uno degli ambienti emersi negli scavi a Cagliari
(Foto: L'Unione Sarda)
(Fonte: L'Unione Sarda) - A Cagliari affiora un pezzo di storia romana: due ambienti appartenenti a un edificio (troppo presto per dire se pubblico o privato, in ogni caso un edificio che gli archeologi definiscono importante) vecchio di duemila anni sono emersi durante gli scavi nel corso Vittorio Emanuele II insieme a un tratto dell'antica rete fognaria.
La notizia è stata data in conferenza stampa dal sindaco Massimo Zedda e dall'assessore ai Lavori pubblici Luisa Anna Marras. Gli specialisti delle Soprintendenze (ai beni archeologici e ai beni culturali) hanno lavorato per un mese sui ritrovamenti e continueranno a farlo per un altro mese. I reperti, ha detto il sindaco, "saranno valorizzati".
I lavori per la realizzazione delle reti (fogne, gas, acque piovane) sono già ripresi il 19 ottobre scorso, dopo un mese di stop: si concluderanno il 30 aprile 2016, garantisce l'amministrazione, e per Natale la parte ora interessata dal cantiere dovrebbe essere già percorribile.
I soprintendenti Marco Minoia e Fausto Martino hanno definito di grande interesse i ritrovamenti, soprattutto per gli intonaci molto ben conservati. Tra i reperti, un pezzo di muro realizzato con i mattoni di terra cruda, piuttosto rari da ritrovare integri dopo tanti secoli.
Frammenti di intonaco con tracce di affresco riemersi dagli scavi nel centro di Cagliari (Foto: L'Unione Sarda)

domenica 25 ottobre 2015

Scoperta la tomba delle "Foglie d'Oro"

L'interno della tomba etrusca delle "Foglie d'Oro", scoperta vicino
Pari (Foto: iltirreno.gelocal.it)
(Fonte: Il Tirreno) - Civitella Paganico. La provincia di Grosseto non smette di sorprendere con i suoi tesori che di tanto in tanto riaffiorano dal profondo passato e sono ancora in grado di emozionare.
Una tomba etrusca, subito battezzata con l'evocativo nome di "tomba delle Foglie d'Oro", è stata trovata, in modo del tutto fortuito, a Casenovole, nel Comune di Civitella Paganico, vicino Casal di Pari. La tomba a camera, in corso di scavo, è databile tra IV e III secolo a.C.. Seppure sconvolta e particolarmente difficile da indagare perché scavata nel bancone naturale a grande profondità e raggiungibile attraverso un lunghissimo dromos, ha restituito resti di individui inumati e di un ricco corredo che doveva in origine annoverare, oltre a materiale ceramico, vasellame metallico e oggetti di ornamento personale in oro.
Tra questi ultimi si distinguono numerose sottili lamine d'oro in forma di foglia lanceolata, forse parte di un più complesso diadema indossato da uno dei defunti, foglie d'oro che hanno suggerito il nome di questa sepoltura. A segnalarla alla Soprintendenza Archeologica della Toscana è stata l'associazione archeologica Odysseus. Negli ultimi anni l'associazione, insieme al Comune ha instaurato una proficua sinergia con la Soprintendenza che, tra il 2007 e il 2011, ha portato all'indagine di una significativa porzione della necropoli al servizio di un piccolo abitato etrusco non ancora individuato, non lontano dalla sponda destra dell'Ombrone, in un'area privata tra il Farma e l'Orcia.
Ricevuta la segnalazione, la Soprintendenza ha quindi eseguito lo scavo d'urgenza della tomba, sotto la guida del funzionario della Soprintendenza, la dottoressa Maria Angela Turchetti, del presidente dell'Associazione Odysseus Andrea Marcocci, dell'archeologo Leonardo Berbardi, dell'antropologo Stefano Ricci Cortili, del funzionario per le tecnologie della Soprintendenza, il professor Paolo Nannini.
Il rinvenimento della tomba non deve sorprendere. Il territorio intorno al massiccio dell'Amiata, nel bacino dell'Ombrone, anche se non fittamente popolato in epoca etrusca - spiega la Soprintendenza - doveva essere contraddistinto da insediamenti sparsi di piccole dimensioni dislocati lungo la valle, fondamentale via di penetrazione dalla costa verso l'entroterra chiusino, senese e volterrano.
Dopo le tombe dello Scarabeo, con pregevoli oreficerie auree, del Tasso, con corredo di urne e olle esemplificativo del tipo di ricchezza e benessere medio delle aristocrazie locali, e delle Tre Uova, che eccezionalmente ha restituito gusci d'uova pressoché perfettamente conservati, l'attenzione e la cura per la salvaguardia del patrimonio culturale locale che contraddistingue l'associazione Odysseus hanno portato all'ultima scoperta.
Molto resta ancora da fare, dopo lo scavo archeologico, per la tutela dei beni mobili e immobili rinvenuti. Bisogna salvaguardare il sito, mettere in sicurezza e conservare nel tempo le strutture indagate, restaurare i corredi, studiarli e renderli fruibili al pubblico.

Nuovi scavi all'Asclepion di Feneos

L'Asclepion di Fenos, in Grecia, visto dall'alto (Fonte: ancient-origins.net)
In Grecia gli archeologi hanno scavato un tempio antico dedicato ad Asclepio (Esculapio), dio della guarigione, sull'acropoli di Feneos. Oltre alle fondamenta dell'edificio sacro è stata scoperta anche un'enorme statua di Asclepio e di sua figlia Igea. Il tempio, risalente ad almeno 2400 anni fa, era conosciuto come Asclepion, tempio della guarigione, e venne intercettato per la prima volta nel 1958. Solo di recente, però, gli archeologi hanno potuto effettuare scavi estensivi nel sito e portare alla luce manufatti interessanti.
Asclepio era figlio di Apollo ed era, secondo la mitologia greca, il dio della medicina. Suo simbolo erano due serpenti attorcigliati attorno ad una verga. Il mito vuole che il giovane Asclepio sia stato allevato dal centauro Chirone, lo stesso che allevò Achille, il quale gli insegnò l'arte della medicina. Dal momento che Asclepio utilizzava la sua arte per resuscitare i defunti, il dio Ade si lamentò con Zeus perché il suo regno andava spopolandosi rapidamente. Zeus, allora, uccise Asclepio.
Gli Asclepion erano dei templi sacri in cui adorare questa particolare figura mitologica ma erano, al tempo stesso, i primi "ospedali" della civiltà occidentale. Ve ne erano almeno 320 in tutta la Grecia. La malattia era considerata il frutto dell'interazione di diversi aspetti: sociali, ambientali psicologici, spirituali, emotivi e fisici. I medici adottavano, pertanto, nei confronti delle patologie, un approccio che oggi definiremmo "olistico", con psicoterapia, massaggi, rimedi erboristici, fanghi, interventi chirurgici. Questi rimedi venivano applicati dopo che i pazienti avevano sperimentato, in sogno la visita di Asclepio. Negli Asclepion vi era anche un teatro che serviva ad intrattenere i pazienti che avevano necessità di rimanere nel tempio per qualche tempo.
Area dell'antico tempio della salute con frammenti di una statua
(Foto: Ministero Greco della Cultura)
Il Ministero per la Cultura greco ha rivelato che nell'Asclepion recentemente scavato a Feneos, Corinto, è stato trovato un piedistallo inciso con una grande statua di Asclepio insieme a sua figlia Igea, dea della salute, della pulizia e dei servizi igienico-sanitari, scolpita dal famoso scultore greco Attalo.
Al centro della sala principale del tempio vi era un pavimento a mosaico con forme geometriche e meandri. In una seconda stanza, a nord di quella principale, vi era un podio su cui dovevano essere installate due statue di bronzo, in seguito sostituite da due di pietra. Davanti a questo podio vi era una tavola in marmo per le offerte. E' stata scavata anche una stanza a sud di quella principale, la cui funzione non è ancora stata chiarita. Lo scavo ha anche mostrato che il cortile esterno - scavato alla fine degli anni '50 del secolo scorso - era a forma di "P" e che attraverso questo cortile si arrivava all'ingresso del santuario tramite una rampa. Il cortile era intonacato con malta ed era affrescato con colori diversi e decorato con grondaie a forma di testa di leone.
Gli archeologi hanno appurato che alcune parti del tempio sono state costruite nel IV secolo a.C., mentre la costruzione principale è stata eretta 200 anni più tardi. Il tempio venne distrutto per la gran parte da un terremoto verificatosi nel I secolo d.C.

Strada romana all'interno della pineta di Baratti

Lo scavo per cercare il proseguimento dell'antica via romana nella
pineta di Baratti (Foto: Paolo Barlatteni)
Gli archeologi hanno scoperto una strada antica che attraversa la pineta di Baratti. Si tratta di una strada di 15 metri di larghezza, che fa cambiare il panorama antico e che racconta una Populonia ellenico-romana, più che etrusca.
Gli scavi in loco sono condotti dall'Università di Milano e sono diretti dal Professor Giorgio Baratti del Dipartimento Scienze dell'Antichità. "Ci stiamo dedicando alla strada anche perché, in profondità, è stato possibile verificarne l'impianto", ha dichiarato l'archeologo. "Sappiamo, quasi per certo, che questo manufatto è stato costruito con un grosso taglio in profondità di base geologica. Una strada con circa 15 metri di larghezza, con uno scasso di più di un metro, riempito poi con le scorie. Un'opera immane fatta manualmente. Strati di materiale vario, non casuale, ma con pietre e sabbia oppure derivati dai forni per la lavorazione del ferro".
La strada era, dunque, prodotta utilizzando anche materiale di scarto, materiale inquinante, secondo quanto riprodotto in alcuni sarcofagi per quel che riguarda le strade consolari. Gli archeologi ritengono che la strada risalga ad un periodo compreso tra il II e il I secolo a.C., quando la Populonia etrusca si sta lentamente romanizzando.
Il selciato di quest'antica strada mostra ancora i segni del passaggio dei carri nei due sensi di marcia. Si trattava, con tutta probabilità, secondo gli studiosi, dei carri che trasportavano ferro dal e al porto. L'ampiezza notevole del percorso viario è segno della sua importanza rispetto all'ampiezza di alcune vie cittadine, che raggiungono i 7 metri, e persino rispetto all'ampiezza di alcune vie consolari che partono dai 12 metri di larghezza.

venerdì 23 ottobre 2015

Scoperto un tunnel hittita in Anatolia

Il tunnel del castello di Geval, in Anatolia (Foto: ancient-origins.net)
Gli scavi in corso nel castello di Geval, in Anatolia centrale, Turchia, hanno rivelato un tunnel segreto costruito dagli Hittiti circa 4000 anni fa. Finora sono stati indagati circa 150 metri di questo tunnel.
Il castello di Geval si trova sulla vetta della montagna Takkel, ad un'altitudine di 1700 metri, a soli 7 chilometri ad ovest di Konya, la settima città più popolosa della Turchia, in cui si alternarono la cultura hittita, ellenistica, romana, bizantina e selgiuchide. La posizione del castello è estremamente strategica, che spazia per 360 gradi sulla zona circostante.
Gli scavi archeologici del castello di Geval sono iniziati nel 2012 sotto la direzione del Comune, del Ministero della Cultura, della Direzione del Museo di Konya e dell'Università di Necmettin Erbakan. Sono stati recuperati molti reperti, tra cui pentole smaltate, ceramica, padelle ed alcuni oggetti in metallo. Lo scorso anno gli archeologi hanno riportato alla luce anche un tempio e numerose cisterne scavate nella roccia. Ora è emerso anche il tunnel segreto costruito dagli Hittiti ed utilizzato per tutta l'epoca selgiuchide (XI e XII secolo d.C.).
Gli archeologi pensano che il tunnel sia lungo 300 metri. E' collegato con una cisterna attraverso un passaggio segreto ed ha uno sbocco verso l'esterno del castello. 

Spagna, scavato il borgo medioevale di Arganzòn

Le sepolture medioevali di Arganzòn (Foto: ancient-origins.net)
Nella zona di Condado de Trevino, presso Burgos, in Spagna, è stato portato alla luce il borgo medioevale di Arganzòn. Gli scavi hanno permesso di trovare sepolture, case, e silos medioevali nonché un convento del XVII secolo. La scoperta è opera degli archeologi della Universidad del Paìs Vasco.
Il borgo si è rivelato ricco di edifici e corredato anche da una torre rettangolare con pareti di circa due metri di larghezza. E' stato portato alla luce anche un edificio residenziale in blocchi di pietra. E' stato individuato un grande cimitero con tombe antropomorfe delimitate da lastre di pietra e sepolture in roccia risalenti a prima dell'anno 1000. Il cimitero ospita sia bambini che adulti, praticamente l'intera comunità di Arganzòn.
Gli archeologi hanno anche individuato alcune case vicino al cimitero, in uso durante il Medioevo, nonché silos per lo stoccaggio del grano. Oltre a questi reperti, i ricercatori hanno scavato il convento francescano di Nostra Signora della Concezione, risalente al 1615. E' stato recuperato parzialmente un piano del monastero, che comprende la chiesa e il convento. Anche qui sono tornate alla luce diverse sepolture, una delle quali contiene lo scheletro di un individuo con indosso un rosario in osso. Dal monastero sono stati recuperati anche recipienti in ceramica. L'edificio religioso fu in uso fino al 1834 e venne ricostruito e restaurato più volte.
Arganzòn, che si trova alla periferia della città romana di Iruna, è stata fondata intorno al VI secolo d.C.. I primi riferimenti scritti su questo borgo medioevale partono dall'801, quando nei pressi vi venne combattuta una battaglia tra contingenti cristiani e truppe arabe. Nell'871 un documento menziona la chiesa di Santa Marìa de Arganzòn.
Il castello di Arganzòn venne costruito intorno all'anno 1000 ed è ancora in parte ben conservato. Il paese venne abitato almeno fino al XII secolo, poi venne abbandonato nel Tardo Medioevo, anche se la sua parrocchiale venne mantenuta in esercizio nei secoli successiva.

giovedì 22 ottobre 2015

Antiochia ad Cragum, trovata la testa di Medusa

La testa di Medusa trovata ad Antiochia ad Cragum (Foto: M. Hoff)
Tra le rovine di una città romana nel sud della Turchia gli archeologi hanno trovato una testa in marmo di Medusa, risparmiata, non si sa come, dalla distruzione delle opere pagane operata dai cristiani. La testa è venuta alla luce ad Antiochia ad Cragum, città fondata nel I secolo d.C., durante l'impero di Nerone. Antiochia ad Cragum era una città tipicamente romana, con negozi, strade colonnate, balnea, mosaici pavimentali.
Dopo i Romani, la città venne abitata da cristiani estremamente zelanti che si diedero alla distruzione dell'arte espressa dai pagani. Molte statue e ornamenti vennero buttati nei forni per ricavarne calce o malta.
Antiochia ad Cragum copre un'area di più di 3 ettari e si trova nella spopolata periferia di Gazipas, su scogliere scoscese, in una zona ancora oggi dominata da campi di grano. Poco si sa dell'antica città dalle fonti antiche. Il sito archeologico venne identificato nel XIX secolo. Antiochia ad Cragum era una città economicamente fiorente e questo ha permesso, alle maestranze locali, di raggiungere un alto livello nella produzione artistica.
Nel 2012 venne scoperto un mosaico enorme di 150 metri quadrati, poco distante da una piscina. Il mosaico ha, come decorazione, un intricato motivo geometrico. Nel 2013 è stata trovata una testa di marmo raffigurante Afrodite. Gran parte delle opere romane presenti ad Antiochia ad Cragum sono andate perduto. Nel IV secolo d.C., nel sito, sono state costruite diverse chiese. Sono state rinvenute diverse parti scultoree di statue, frantumate, nonché fornaci cristiane in cui le opere in marmo vennero frantumate e bruciate.
Un gruppo di studenti turchi ha scoperto la testa di Medusa in prossimità delle fondamenta di un edificio che potrebbe essere stato un piccolo tempio. Accanto alla testa vi erano altri frammenti marmorei che suggerivano che la statua non faceva parte di una statua ma era stata, con tutta probabilità, incorporata nel frontone di un palazzo.

Le maschere funerarie di Tashtyk, Siberia

Maschera funeraria da Tashty, rinvenuta
diverso tempo fa e custodite nel Museo
di S. Pietroburgo (Foto: B. Dolinin)
Arriva da Tashtyk, in Siberia, la notizia della scoperta di frammenti di diverse maschere funebri rituali. Una cripta contenente almeno 30 individui sta fornendo agli archeologi notizie in merito ai riti di morte delle antiche popolazioni siberiane. Le maschere funerarie sono in gesso e ricreano, in parte, l'aspetto che i defunti avevano in vita. Si tratta di persone dall'aspetto europeo che vivevano attorno al fiume Yenesei.
In precedenza i corpi dei defunti erano sepolti semplicemente nel terreno, qui, in vece, i corpi sono stati cremati, lasciando solo ossa di grandi dimensioni. I resti sono stati, poi, messi in artefatti di pelle o tessuto che rappresentavano i corpi. In alcune cripte sono state trovate repliche in miniatura di spade, frecce e faretre.
Il Dottor German Pavel, che guida gli scavi, ha affermato che sono stati rinvenuti anche recipienti in ceramica, in bronzo, nonché fibbie ed elementi di imbracature. Le maschere funebri sono frammentate, ma si spera di poterle ricomporre almeno in parte. Purtroppo il terreno in cui sono state rinvenute è piuttosto umido e pieno di radici, il che non aiuta certamente la conservazione dei reperti.
Gli archeologi ritengono di aver trovato almeno 20 maschere funerarie. L'area della cripta in cui sono stati rinvenuti i frammenti è di circa 40 metri quadrati. Sono stati trovati anche dei resti di bambini, privi però di maschere e sepolti fuori dalla cripta. Quest'ultima è stata utilizzata per almeno un anno e vi si sono tenuti riti e banchetti funebri. I tesori che costituivano il corredo funebre dei defunti, sono stati rubati. Di questi tesori rimangono poche cose, quali artefatti ricoperti di foglie d'oro.
La cripta in cui sono stati rinvenuti i frammenti di almeno 20 maschere funerarie in gesso
(Foto: German Pavel)

martedì 20 ottobre 2015

Cimitero primitivo trovato in Macedonia

Una delle sepolture a cista della Macedonia (Foto: Ethnos)
Un vasto cimitero preistorico, risalente al II millennio a.C., è stato scoperto ai piedi delle montagne della Pieira, nella parte meridionale della Macedonia, in Grecia.
Finora gli archeologi hanno catalogato 20 tumuli e 17 tombe a cista, allineate e coperte con grandi lastre di scisto. Un contadino ha consegnato alla Soprintendenza per le Antichità di Pieira una sezione di un kantharos fatto a mano proveniente dalla regione. L'archeologo Miltiadis Myteletsis ha affermato che i risultati degli scavi portano a pensare che si tratti di un vasto cimitero databile al Tardo Bronzo e utilizzato fino alla prima Età del Ferro.

Punte di frecce e sangue umano in Guatemala

Fregio di maschera Maya (250-600 d.C. - Foto: CC BY-SA 3.0)
Cinquecento anni fa, in un tempio sperduto del Guatemala, durante una cerimonia religiosa, venne spillato da un corpo umano del sangue che rimase, nitido, impresso sulla punta di freccia di ossidiana utilizzata. Il rituale, secondo gli archeologi, serviva per alimentare le divinità Maya con la forza della vita di un individuo.
Punte di freccia recanti ancora tracce di sangue umano si sono trovate in un tempio nel sito di Zacpetén, nel Guatemala settentrionale. Durante i rituali veniva procurato un taglio ad una persona servendosi di un'affilata punta di freccia in ossidiana. Probabilmente al prescelto venivano incisi la lingua, i lobi delle orecchie o i genitali. Il sangue che ne sgorgava serviva a dare nutrimento agli déi. Gli archeologi ritengono che chi si sottoponeva a questo rituale lo faceva volontariamente e, probabilmente, sopravviveva a questa prova. I Maya credevano che il sangue versato fosse un dono eccellente per le loro divinità.
Prove di questa cerimonia sono venute alla luce in cinque siti del Guatemala. Si tratta di 108 punte di freccia databili ad un periodo compreso tra il XV e il XVIII secolo d.C.. L'analisi delle frecce ha rivelato la presenza di sangue di diversi animali su 25 di esse. Su due delle punte di freccia in ossidiana è stata accertata la presenza di sangue  umano. Il salasso, nelle antiche civiltà mesoamericane, giocava un ruolo fondamentale nelle funzioni religiose. Era uno strumento utilizzato dalle classi dominanti per legittimare la loro posizione politica e sociale.
Il sangue sgorgato dalla vittima veniva raccolto e bruciato in un rituale che simboleggiava il sacrificio di sangue che arrivava attraverso il fumo agli déi. Il salasso era onnipresente, nella vita dei Maya. Cerimonie del genere venivano svolte in occasione di qualsiasi grande evento: matrimoni, nascite, funerali o dediche di edifici.
Oltre alle frecce di ossidiana venivano utilizzati, nei cerimoniali, altri strumenti come punte di giada, lame, spine o denti di squalo.

Le mummie di Chan Chan

I resti trovati a Chan Chan, Perù (Foto: ancient-origins.net)
Un gruppo di archeologi peruviani ha scoperto 32 mnummie pre-ispaniche in due siti distinti, situati tra Libertad e Lima. Le sepolture contengono resti scheletrici, gioielli, tessuti ed altri reperti. La maggior parte delle tombe si trovano nel sito archeologico di Chan Chan.
Chan Chan comprendeva nove piccole città ed è stata la capitale politica ed amministrativa della cultura Chimù (900-1500 d.C.). L'antica città copriva una superficie di circa 20 chilometri quadrati e per questo è definita la più grande città in mattoni di fango del mondo. L'Unesco ha dichiarato Chan Chan Patrimonio dell'Umanità nel 1986.
Archeologi al lavoro nel sito di Chan Chan, Perà (Foto: La Repùblica)
I resti umani ritrovati appartengono ad adulti, per lo più donne. Con loro erano sepolti 87 vasi in ceramica, frammenti tessili, anelli di rame, orecchini e oggetti da cucito quali aghi e ditali. Gli artefatti risalgono al 1400 d.C. circa. Le donne erano state seppellite, con tutta probabilità, per accompagnare i maggiorenti della città. I corpi sono stati trovati in nove celle, situate su entrambi i lati della camera principale di sepoltura. Gli archeologi ritengono che siano stati seppelliti nello stesso momento in cui è stata inumata la salma del notabile che dovevano accompagnare. Quest'ultimo era, forse, un amministratore o un governatore.
A Lima, invece, nel quartiere La Molina, è stata trovata un'altra antica sepoltura contenente i resti di una donna ricoperti da svariati strati di tessuto. Cotone e mais sono stati trovati accanto al corpo. Un archeologo ha affermato che questo tipo di sepoltura potrebbe appartenere alla cultura preispanica di Ichma, detta anche Cultura di Lima. La cultura Ichma era preincaica e fiorì sulla costa centrale del Perù tra il 900 e il 1470 a.C.. Il centro cerimoniale di questa cultura era Pachacamac.

lunedì 19 ottobre 2015

Messico, la chiesa che è emersa dalle acque

Il Tempio di Quechula (Foto: latintimes.com)
Un monumento emerso improvvisamente dalle acque a causa della forte siccità che, quest'anno, ha abbassato il livello delle acque del fiume Grijalva, nello stato messicano del Chapas. Il fiume alimenta la diga di Nezahualcoyotl, facendo calare il bacino di 25 metri e permettendo al Tempio di Santiago, detto anche Tempio di Quechula, risalente al XVI secolo, di emergere.
L'eccezionale evento si è ripetuto dopo 15 anni dalla prima emersione, nel 2002, quando le acque del fiume si erano abbassate a tal punto da permettere ai visitatori di passeggiare all'interno della chiesa.
L'edificio religioso venne abbandonato una prima volta nel 1773-1776, a causa della peste. Era stata costruita da un gruppo di monaci guidati da Friar Bartolome de las Casas e dipendeva da un convento vicino, fondato nel 1564. Gli architetti, dopo aver analizzato la struttura della chiesa e del vicino convento, ritengono che possano essere stati entrambi edificati dallo stesso costruttore.
La chiesa era situata sulla via maestra del Chiapas, realizzata dai Conquistadores e rimasta in uso fino al XX secolo. Dell'epoca si conservano il coro ligneo e le travi ed anche un grande ossario che venne utilizzato durante l'epidemia di peste.
La chiesa è lunga 61 metri, larga 14 e alta 10. Il campanile raggiungeva i 16 metri.

Bulgaria, Isola di San Giovanni, trovati i resti dei fondatori di un monastero

Uno dei due scheletri trovati nella sepoltura della basilica paleocristiana
di IV-V secolo d.C. sull'Isola di San Giovanni (Foto: 24 Chasa daily)
I due scheletri umani scoperti recentemente nella sepoltura paleocristiana sull'Isola di San Giovanni, nella zona del Mar Nero, al largo della città bulgara di Sozopol, appartenevano, con tutta probabilità, ai monaci siriani che avevano portato con loro le reliquie del Battista, trovate sull'isola stessa nel 2010.
Questi due scheletri sono stati trovati dagli archeologi sepolti insieme allo scheletro di un ariete all'interno di un sepoltura. L'importante ritrovamento è opera del team bulgaro guidato dal Professor Kazimir Popkonstantinov. Quest'ultimo scava tra i resti dell'antico monastero da diversi anni.
Nel 2010 aveva suscitato scalpore, nel mondo della cultura, la scoperta di reliquie di San Giovanni Battista sull'isola omonima. In realtà si tratta dei resti di un uomo originario del Medio Oriente, vissuto nel I secolo d.C., come è stato accertato dai ricercatori dell'Università di Oxford. Accanto alle reliquie gli archeologi hanno trovato una scatola delle dimensioni di una scatola di fiammiferi, in pietra arenaria tipica dei paesi del Medio Oriente come la Siria e la Palestina. Su questa scatoletta vi era una scritta in greco che recita: "Dio, salva il tuo servo Toma. A San Giovanni. 24 giugno". La data indica la festività cristiana di San Giovanni Battista.
Il Professor Popkonstantinov afferma di essere certo che gli scheletri da lui rinvenuti nella sepoltura paleocristiana di IV e V secolo d.C. appartenevano proprio a monaci provenienti dalla Siria. L'archeologo pensa che uno dei due possa essere il Toma citato nella scritta sulla scatoletta di arenaria. La sepoltura paleocristiana è stata ritrovata a 3,5 metri di profondità, durante gli scavi a nord dell'altare della basilica del monastero. All'epoca (IV-V secolo d.C.) Sozopol e l'Isola di San Giovanni facevano parte dell'Impero Romano d'Oriente. Il Professor Popkonstantinov ha accertato che la sepoltura è lunga 2,8 metri e larga 1,8 ed è stata costruita nello stesso periodo in cui è stata edificata la basilica.
La struttura della sepoltura paleocristiana dell'Isola di San Giovanni
(Foto: 24 Chasa daily)
Gli scheletri sono alti entrambi 160 centimetri e sono stati ritrovati distesi sul pavimento della tomba, a 40 centimetri l'uno dall'altro. Accanto a loro gli archeologi hanno rinvenuto 40 chiodi di ferro che, apparentemente, doveva tenere insieme le bare in legno di ciascuno. L'analisi antropologica dei resti ossei, condotta dalla Professoressa Viktoriya Ruseva, ha rivelato che uno dei due scheletri apparteneva ad un uomo di età compresa tra i 50 e i 60 anni, mentre l'altro era di un uomo di circa 45-50 anni, entrambi afflitti da artrosi. Lo scheletro di ariete è stato rinvenuto 25 centimetri al di sopra dello scheletro più giovane e sono perfettamente integre. Evidentemente era stata posta nella sepoltura dei monaci come ex voto. Secondo la tradizione siriana e palestinese la tomba dei fondatori di un monastero doveva essere posta accanto all'altare della basilica. Pertanto gli archeologi pensano che i due uomini fossero considerati i fondatori del monastero dell'Isola di San Giovanni.
Di fronte la sepoltura paleocristiana è stata scoperta una parte di lampada che dimostra che ci si trovava nel luogo di sepoltura di un sacerdote anziano. Il monastero patriarcale che sorgeva sull'Isola di San Giovanni era il più grande e più antico monastero del V secolo d.C. nell'intero territorio del Mar Nero.
Molto probabilmente il monastero venne distrutto da un disastro naturale

Curiosità: il Papiro di Derveni

Il Papiro di Derveni (Foto: hannibalector.altervista.org)
Il Papiro di Derveni è stato recentemente inscritto nelle opere poste sotto la protezione dell'Unesco, nel libro della Memoria del Registro Mondiale dell'Umanità. E' stato definito il "libro più antico d'Europa" e la sua scoperta e la sua decodifica è interessante quanto il suo contenuto.
Il papiro venne scoperto per caso a Derveni, nei pressi di Salonicco, in Grecia, nel 1962. Il documento era gravemente compromesso da bruciature e poté essere decodificato solamente nel 2006. Si tratta di un insieme di antichi insegnamenti religiosi che hanno scatenato non poche polemiche.
Quando si cominciò a costruire un collegamento stradale tra Salonicco e Kavala, vennero rinvenute numerose sepolture con ricchi corredi. In una di queste tombe, appartenente ad un gruppo di due sepolture affrescate, è stato trovato il Papiro di Derveni, carbonizzato, sopravvissuto grazie all'umidità del suolo, ma il cui recupero si mostrò subito difficoltoso, dal momento che bisognava mettere insieme più di 200 frammenti. Le tombe contenevano dei vasi in cui erano state raccolte le ceneri dei defunti dopo la cremazione, in accordo con quanto predicava l'Orfismo, che voleva il corpo essere la tomba dell'anima. Quando i frammenti di papiro furono finalmente ricomposti, si individuarono 22 colonne di testo.
Il papiro si stima fosse lungo più di tre metri, scritto su numerose colonne disposte verticalmente. Ogni colonna conteneva dalle 11 alle 16 righe. Questo significa che quello che è stato rinvenuto è solo un decimo del papiro originale. La lingua in cui il papiro è stato composto è un dialetto ionico con elementi attici.
Orfeo ed Euridice (Foto: liceomontale.it)
Il Papiro di Derveni è stato datato ad un periodo compreso tra il 350 e il 320 a.C.. L'autore è sconosciuto, ma alcuni studiosi suggeriscono possa trattarsi di Euthyphron di Prospaldta o di Diagora di Milo o, ancora, di Stesimbroto di Taso. Sono occorsi molti anni prima che il papiro potesse essere pubblicato. Nel 1982 un anonimo pubblicò una versione non autorizzata dell'antico testo alla quale ne seguirono altre, ugualmente non autorizzato. Infine, nel 2006, il contenuto del papiro è stato tradotto e si è compreso che si tratta di istruzioni religiose e commenti su un poema allegorico orfico.
La tecnologia ha permesso agli studiosi di decifrare altre quattro colonne del Papiro di Derveni che, con le altre già individuate, formano ora 26 colonne all'interno delle quali è ravvisabile uno scritto filosofico incentrato sulle divinità, sul cosmo, le pratiche religiose e la natura dell'anima.
Richard Janko, uno dei principali ricercatori che ha studiato il Papiro di Derveni nonché uno dei primi a pubblicare la versione non ufficiale dell'antico documento, ha affermato che il testo indica che nell'antica Atene era vivo il dibattito culturale tra scienza e religione. Secondo il parere dello studioso, lo sconosciuto autore del testo contenuto nel papiro, con lo svelare i misteri dell'Orfismo si proponeva di mettere in guardia e di allontanare gli aspiranti adepti di questa religione. Secondo Janko, l'autore era convinto che gli iniziati fossero dei creduloni che stessero sprecando il loro denaro perché accettavano quanto veniva loro detto senza accertarsi che fosse vero.
Protagonista del Papiro di Derveni è Zeus, la cui sovranità, secondo quanto viene affermato nel papiro, venne stabilita dopo aver inghiottito l'aidoion, un principio di potenza generativa non ben comprensibile. Zeus, nel papiro, viene identificato con l'aria e con la Mente universale.

domenica 18 ottobre 2015

Riscoperto un tempio romano in Turchia

Il tempio romano scoperto nel 1932 ad Hatay, in Turchia ed ora sottoposto nuovamente a scavo (Foto: AA)
Continuano i lavori per portare alla luce un tempio scoperto per la prima volta dai francesi nel 1932, nel sud della provincia turca di Hatay. Il tempio potrebbe risalire all'epoca romana.
Hatice Pamir, accademico dell'Università Mustafa Kemal e responsabile degli scavi, ha affermato che l'edificio scavato è stato definito un tempio dalla Princeton University nel 1932, ma che nessun lavoro è stato condotto su di esso prima del 2011, quando sono state condotte ricerche geofisiche per determinare la forma e la struttura dell'edificio.
Il tempio è una delle strutture più rare in Turchia per dimensioni. E' grande come il tempio di Artemide ad Efeso e il tempio di Apollo a Didyma, sembra sia andato bruciato e ricostruito.

giovedì 15 ottobre 2015

Scoperta una villa dove si produceva il Falernum

Scavi della villa rustica di Mondragone (Foto: corrieredellumbria.corr.it)
Durante una campagna di scavo archeologico condotta in una località individuata di Mondragone, sono stati trovati ambienti di vaste dimensioni, destinati, con tutta probabilità, ad un'attività produttiva. Questi ambienti sono pertinenti una casa colonica del III secolo a.C., una villa specializzata nella produzione del vino, non di uno qualunque ma del prelibano Falernum.
La scoperta è dovuta alla straordinaria sinergia tra il Comune di Mondragone, il Museo Civico Archeologico "Biagio Greco", l'Università degli Studi di Perugia e la Soprintendenza Archeologica della Campania. Lo scavo archeologico ha restituito, oltre agli ambienti, numerosi frammenti ceramici pertinenti contenitori di derrate alimentari. Sono tornati alla luce anche i pavimenti in cocciopoesto decorati con meandri di tessere calcaree, conservati in ottime condizioni e la sala di un torchio vinario. In quest'ultima erano pigiati gli acini d'uva per ricavarne la celebre bevanda.
La casa colonica era stata costruita su un basamento in opera poligonale di calcare. Nelle prossime campagne gli archeologi hanno in progetto di tracciare una pianta completa dell'edificio che risulta essere uno degli impianti produttivi più antichi di Sinuessa. La missione archeologica è guidata da Luigi Crimaco, Direttore archeologico del Museo Civico di Mondragone, da Gianluca Grassigli, professore di Archeologia Classica dell'Università di Perugia e da Graziella Ruggi D'Aragona, archeologo della Soprintendenza della Campania e Direttrice dell'Ufficio Scavi di Mondragone.

domenica 11 ottobre 2015

Trovato l'anfiteatro di Anavarza

La strada lastricata di Anavarza (Foto: DHA)
Gli scavi nell'antica città di Anavarza, che significa "invincibile", nella provincia di Adana, in Turchia, hanno permesso il ritrovamento di una palestra per l'allenamento dei gladiatori. Anavarza è il più grande centro romano dell'Anatolia con i suoi bagni, le sue chiese, il suo arco di trionfo, gli acquedotti, le tombe rupestri, lo stadio, il mosaico e il teatro.
La città venne fondata dall'imperatore Augusto nel 19 a.C. su un precedente insediamento. La strada che attraversava la città era larga 34 metri e lunga 2.700 ed aveva colonne su entrambi i lati. La chiesa più antica di Anavarza fu costruita nel V secolo d.C. sulle fondamenta di un tempio romano e venne, probabilmente, dedicata a Dioscoride, considerato il padre della farmacopea, nato probabilmente in città, abile nella preparazione di rimedi farmaceutici utilizzando le piante che coltivava personalmente.
Gli archeologi pensano che Anavarza avesse anche scuole molto simili a delle università, dove poterono studiare filosofi e medici. Gli scavi nell'antica città coprono una superficie di 40.000 metri quadrati. Quello che un tempo era uno stadio presenta alte colonne di granito. I ricercatori stanno scavando l'anfiteatro dove hanno già rinvenuto le stanze destinate ai gladiatori e quelle in cui erano rinchiusi gli animali selvatici. 

Il Mosaico di Lod in mostra a Venezia

Particolare del Mosaico di Lod (Foto: Repubblica.it)
Dal 9 ottobre 2015 al 10 gennaio 2016 l'Isola di San Giorgio Maggiore, a Venezia, ospiterà un evento promosso dalla Fondazione Giorgio Cini in collaborazione con la Israel Antiquities Authority. L'evento è "Il Serraglio delle Meraviglie" e presenta il mosaico romano di Lod.
Il mosaico è un reperto straordinario per qualità e stato conservativo. E' stato trovato nel 1966 nei pressi di Lod poco lontano da Tel Aviv, in Israele, la patria, secondo alcuni, di San Giorgio. Il reperto risale al III secolo d.C. ed è uno dei più importanti pavimenti musivi di larghe dimensioni ritrovati in Israele. E' composto di riquadri che restituiscono, a chi guarda, immagini realistiche di mammiferi, uccelli, pesci, piante e navi dell'epoca: leoni e leonesse marine, delfini, pesci, un cigno, una lumaca di mare, leopardi ed una lepre.
Gli archeologi ritengono che l'edificio che ospitava il pavimento musivo fosse, un tempo, una domus di III-IV secolo d.C.. Il mosaico è composto da tessere in pietra e cubi di vetro di vari colori: blu, ocra, rosso, giallo, marrone, bianco, grigio e nero in tutte le loro sfumature. Dopo la sua scoperta il mosaico venne sepolto per poterlo meglio conservare e venne nuovamente esposto nel 2009, anche se per breve tempo.
Nel 2010 il prezioso reperto è partito per un tour internazionale che lo ha visto esposto al Metropolitan Museum of Art di New York, al Louvre di Parigi, all'Altes Museum di Berlino e all'Ermitage di San Pietroburgo. Quella di Venezia sarà l'unica tappa italiana per poter ammirare questo straordinario reperto. Quello che si potrà vedere è uno dei due tappeti musivi principali dell'ambiente intero ritrovato. L'ambientazione rievoca l'Etiopia, con le sorgenti del Nilo oppure un riadattamento del famoso Mosaico di Palestrina del II secolo a.C.
Alla fondazione saranno esposti, oltre al Mosaico, anche due frammenti che restituiscono le orme e l'impronta di una mano degli artigiani che crearono questo capolavoro.
Il mosaico di Lod nell'ambiente in cui è stato trovato (Foto: Repubblica.it)

Informazioni
"Il Serraglio delle Meraviglie. Il mosaico romano di Lod alla Fondazione Giorgio Cini"
dal 9 ottobre 2015 al 10 gennaio 2016
Orari: 11.00 - 19.00 (chiuso il mercoledì)
Sede: Venezia, Isola di San Giorgio Maggiore, Sale del Convitto
Costo biglietto: € 5,00 (intero)

Carovane spagnole e cannibalismo indigeno in Messico

Alcune ceramiche trovate in un pozzo, segno dell'abbandono improvviso
del villaggio di Zultepec-Tecoaque (Foto: Meliton Tapia/INAH)
Uno scavo archeologico nel sito di Zultepec-Tecoaque, nello stato di Tlaxcala, in Messico, hanno fatto luce su eccidio di cinquecento anni fa, quando gli indigeni Alcolhua, che abitavano questa parte del Paese, catturarono una carovana composta da 550 conquistadores e da loro alleati. Gli Alcolhua li tennero in prigionia e li mangiarono nell'arco di 9 mesi. I conquistadores vennero sacrificati, ritengono i ricercatori, per propiziarsi le divinità.
All'epoca, siamo nel 1520, Hernàn Cortés si trovava nei pressi di Tenochtitlan e si stava preparando a stroncare la ribellione a Città del Messico. La carovana catturata dagli Alcolhua era composta da Spagnoli, Cubano-Africani e discendenti da popolazioni Indiane-Messicane. Vi erano 45 fanti, 15 conquistadores, 350 tra Maya ed altri alleati indiani tra i quali 10 bambini ed anche animali, nella carovana. Una volta catturati, gli Alcolhua li sacrificarono e li mangiarono assieme agli animali, eccetto i suini che erano considerati animali sgradevoli.
Negli spazi abitativi di Zultepec-Tecoaque gli archeologi hanno trovato segni dei sacrifici umani effettuati durante lo svolgimento di determinati riti celebrativi di varie festività del calendario azteco, riti che si sono protratti per sei mesi. Lo scopo di questi sacrifici umani era quello di chiedere, alle divinità, protezione nei confronti degli invasori stranieri. Dopo il sacrificio gli abitanti di Zultepec-Tecoaque misero alcuni dei crani delle vittime bene in mostra.
Hernàn Cortés aprì un'inchiesta su questo tragico fatto, alla fine della quale ordinò la distruzione del villaggio e l'uccisione di tutti i suoi abitanti.
Vista degli scavi di Zultepec-Tecoaque, in Messico
(Foto: ancient-origins.com)
Lo scavo archeologico a Zultepec-Tecoaque è condotto dagli archeologi Enrique Martinez e Ana Maria Pacheco Jarquìn, che hanno scoperto pozzi in cui erano stati occultati quanto restava dei componenti della carovana catturata dagli Alcolhua. Il sito ha cominciato ad essere scavato nel 1993, ma solo quest'anno i ricercatori hanno individuato una cisterna, all'interno di un'unità abitativa, in cui gli indigeni nascosero numerosi oggetti per non farli cadere nelle mani degli Spagnoli. Tra gli oggetti sono emersi uno sperone di cavallo, un cameo, anelli, figure in ceramica smaltata e chiodi di ferro. Precedentemente erano stati ritrovati circa 200 oggetti di origine europea in altre 12 cisterne esplorate in diverse fasi dello scavo.
Enrique Martinez ha escluso che i componenti della carovana spagnola siano stati catturati per essere ridotti in schiavitù. L'archeologo pensa che il fine della cattura della carovana era proprio quello del cannibalismo rituale. In seguito all'attacco spagnolo al villaggio di Zultepec-Tecoaque, alcuni abitanti fuggirono, altri furono uccisi. In una delle case gli archeologi hanno trovato una serie di frammenti di ceramica pre-ispanica, compreso vasellame di uso quotidiano e la statua di un cane. Per Martinez si tratta delle prove evidenti di un abbandono frettoloso. La popolazione del villaggio, prima di cadere nelle mani degli Spagnoli, concentrò tutto quanto possedeva in questi pozzi e poi si affrettò a nascondere i resti dei componenti della carovana in una sorta di cisterne.

giovedì 8 ottobre 2015

Scoperta la tomba di un nobile dei Marcomanni

Archeologi al lavoro sulla sepoltura trovata nella
Repubblica Ceca (Foto: A. Polpanova-Reszczynska)
Gli archeologi dell'Istituto di Archeologia dell'Università di Rzeszòw, in Polonia, stanno studiando la tomba di un importante rappresentante del popolo germanico dei Marcomanni. La sepoltura si trova a Nezabylice, nel nordovest della Repubblica Ceca.
Sono state scoperte decine di tombe, nel corso di pochi anni, risalenti a 2000 anni fa, ma la tomba scoperta di recente è veramente particolare. Il defunto era sicuramente un membro importante della comunità alla quale apparteneva. I ricercatori pensano che la camera sepolcrale fosse inserita in un tumulo più antico, risalente all'Età del Bronzo.
Il defunto venne deposto supino in una bara di legno, forse ricavata da un tronco scavato all'interno. Dietro la testa vi erano due recipienti, una casseruola con manici decorati con teste di uccelli e motivi dionisiaci, in bronzo, e un vaso in argilla. I vestiti del defunto erano fissati con un fibbia di colore marrone, che si è conservata insieme alla fibbia della cintura che ha una punta decorata. Purtroppo il tessuto non è sopravvissuto al tempo. Studi antropologici hanno accertato che il defunto era un giovane maschio di costituzione piuttosto robusta, alto 180 centimetri.
Si trattava, con tutta probabilità, di un rappresentante dell'aristocrazia locale dei Marcomanni, il cui leader fondò il regno di Maroboduo agli inizi del I secolo d.C.. Fu la prima organizzazione di genti barbare su modello dell'impero romano. Oltretutto costoro mantennero relazioni commerciali e politiche con Roma. La prova di questi contatti si trova proprio nelle tombe, dove sono stati trovati diversi oggetti provenienti da ogni parte dell'impero.
Il cimitero è stato scoperto nel 2010 da scavatori clandestini armati di metal detectors. L'intervento tempestivo degli archeologi locali ha permesso di recuperare spade, parti di scudi, punte di freccia, speroni, vasi in bronzo, fermagli e diversi altri oggetti tipici del periodo romano.

lunedì 5 ottobre 2015

Trovato lo scheletro di un cane a Tusba, capitale di Urartu

Lo scheletro di cane di 3000 anni fa trovato durante gli scavi a Tusba (Foto: AA)
Lo scheletro di un cane di 3000 anni fa è stato scoperto sotto le fondamenta di una casa durante gli scavi a Tusba, capitale dell'antico regno di Urartu. Questa scoperta contribuisce a chiarire gli usi e le consuetudini del regno di Urartu, soprattutto nella vita quotidiana.
I sudditi di Urartu praticavano l'allevamento degli ovini e sembrano aver avuto in particolare considerazione i cani. Per questo, forse, avevano l'abitudine di seppellirli sotto le loro case. Sono stati già scoperti resti di animali un pò dovunque, durante gli scavi nella zona della necropoli, ma è la prima volta che è stata scoperta la sepoltura di un cane.
Lo scheletro è, probabilmente, quello di un cane pastore e il modo di sepoltura indica un attaccamento emotivo ai cani da parte della gente di Urartu.

Napoli: scoperto tratto dell'Acquedotto Augusteo

Tratto dell'Acquedotto Augusteo ritrovato
(Foto: Salvatore Agizza)
I ricercatori sapevano che, nell'antichità, Napoli era approvvigionata d'acqua attraverso l'Acquedotto di Augusto, costruito sotto Ottaviano e più volte restaurato. In una zona tra il Parco di Capodimonte e Piazza Grande ne sono visibili alcune arcate chiamate Ponti Rossi, dal colore dei laterizi con cui vennero costruite. L'acquedotto augusteo era lungo ben 96 chilometri e attingeva acqua alla sorgente del Serino, sull'altopiano irpino, per terminare nella Piscina Mirabilis, a Capo Miseno. La maggior parte del suo percorso era all'aperto.
E' notizia di questi giorni che sono tornati alla luce i resti di parte del percorso sotterraneo dell'acquedotto nel rione Sanità. La scoperta è stata, in realtà, fatta nel 2011, ma solo recentemente quanto è stato trovato è stato attribuito, dagli archeologi, al percorso sotterraneo dell'acquedotto di Augusto. Si conosceva, da numerose fonti che vanno dal VI al XIX secolo, che esisteva questo tracciato sotterraneo.
A fare la clamorosa scoperta, nel 2011, è stato Ciro Galiano, dell'Associazione "Riformisti nel Mezzogiorno". Durante un sopralluogo sotterraneo per conto dell'Arciconfraternita dei Pellegrini, proprietaria del Palazzo Peschici-Maresca in via Arena alla Sanità, Galiano notò un cedimento ne solaio. Attraverso questo cedimento notò un arco. Si trattava di parte di due serie di archi e piloni di varia fattura che fanno da fondamenta del palazzo.
Il seminterrato in cui sono stati trovati gli archi era ingombro di materiali di risulta di inizio secolo, che hanno richiesto quattro anni per lo sgombero e lo studio delle antichità ritrovate. L'arcata di età augustea è realizzata in tegole analoghe a quelle dei Ponti Rossi. Un intervento successivo è visibile negli archi in laterizio. Per un tratto le arcate corrono parallelo. Il Professor Giuseppe Camodeca, docente di Storia Romana all'Orientale di Napoli, queste arcate sono un bypass realizzato in seguito ad un danneggiamento.
Le arcate attraversano due ipogei ellenistici. L'acquedotto si è salvato poiché sommerso da materiale alluvionale e inglobato nelle fondamenta di un palazzo. L'acquedotto cessò di funzionare con la caduta dell'impero romano. Nel '500 Don Pedro de Toledo incaricò alcuni studiosi di ricostruirlo. Lo studioso Antonio Lettieri, incaricato del progetto, trovò le tracce dell'interno percorso dell'acquedotto, una struttura alta 2,10 metri per 0,82 di larghezza. Tra i progetti di restauro si annoverano quelli di re Carlo III di Borbone, in occasione della costruzione della Reggia di Caserta e quello del Governo Reale Borbonico, nel 1841.

Nuove scoperte nella Vecchia Heliopolis

Un bassorilievo ritrovato dalla missione tedesco-egiziana nella Vecchia Heliopolis (Foto: Luxor Times)
La missione archeologica tedesco-egiziana che lavora a Matariya, nella Vecchia Heliopolis, ha portato alla luce una serie di blocchi di pietra appartenenti alla cappella reale del re Nectanebo I, della XXX Dinastia. Lo scorso aprile la stessa missione aveva scoperto la parte inferiore della cappella reale.
Il Ministro per le Antichità, Dottor Mamdouh El Damaty, ha affermato che la missione ha anche scoperto piccole parti calcaree di antiche colonne e la parte di un soffitto affrescato con stelle, tutti pezzi pertinenti il tempio di Nectanebo I. La scorsa stagione di scavo è stata portata alla luce una parte della statua raffigurante il faraone Merenptah accanto a parte della statua di Nectanebo I.
I blocchi in pietra appena trovati misurano tra i 75 e i 125 centimetri e sono in basalto. Presentano delle iscrizioni con i nomi delle provincie egiziane ed un bassorilievo con il dio Hapi che porta delle offerte lungo il Nilo. Si aspetta l'annuncio di altre scoperte.

domenica 4 ottobre 2015

Trovata una moneta del nonno di Dracula

Moneta d'argento del principe Mircea il Grande trovata nel sito del
monastero di Kireka, in Bulgaria (Foto: Darik Shumen)
Una moneta d'argento molto rara, coniata da Mircea il Vecchio, principe di Valacchia e nonno di Vlad Dracula, alla fine del XIV secolo, è stata trovata durante gli scavi del monastero medioevale di Kireka, vicino il centro urbano di Madara, nel nordest della Bulgaria.
Mircea il Vecchio è stato il sovrano del principato di Valacchia, a nord del Danubio, nell'attuale Romania, fedele alleato degli ultimi governanti del secondo Impero Bulgaro nella lotta di quest'ultimo contro gli invasori turco-ottomani.
La moneta raffigura l'immagine di Mircea il Vecchio su un lato e quella di un santo cristiano o un cavaliere sul lato opposto. Monete del sovrano della Valacchia sono state rinvenute altrove, in passato, nel nordest della Bulgaria. La moneta attualmente scoperta è tornata alla luce nei pressi di alcune sepolture medioevali tra le rovine di un monastero medioevale nella regione di Kireka. La moneta appare perforata ad un'estremità, appena sotto la raffigurazione del santo o del guerriero.
Il principe (voivode) Mircea il Grande è una figura di spicco nel panorama della storia bulgara, rumena e balcanica, poiché animò la resistenza bulgaro-valacca contro i turchi-ottomani. Nemico irriducibile di questi ultimi fu suo nipote Vlad III l'Impalatore, conosciuto come Dracula. Mircea il Grande morì nel 1418, quando il Paese era oramai vassallo dell'Impero Ottomano.
Secondo l'archeologo Georgi Maystorski, la moneta d'argento appena scoperta è collegata agli ultimi anni di esistenza del monastero medioevale di Kireka a Madara, quando, accanto al centro religioso si era sviluppato anche un piccolo insediamento di artigiani specializzati nel tagliare la pietra. Il compito che si sono dati i ricercatori è, ora, quello di trovare questo insediamento medioevale.
Finora gli archeologi hanno scavato il 60% di quello che, un tempo, era il monastero medioevale. Questo monastero era in auge già nel III secolo d.C.. Accanto venne costruita anche una basilica paleocristiana nel V secolo d.C.. Il complesso monastico era funzionante ancora durante il primo impero bulgaro (632/680 - 1018 d.C.) ed era stato probabilmente costruito su un precedente tempio pagano. Il monastero venne distrutto nella metà dell'XI secolo dalle tribù Pecheneg e dai Bizantini (Bisanzio sconfisse il primo impero bulgaro nel 1018 d.C. e lo governò fino al 1185). Malgrado questo, gli archeologi hanno rinvenuto prove che il monastero fu abitato fino al XIII-XIV secolo d.C.

Restaurata la più antica icona bulgara

L'icona di San Teodoro Stratilate, la più antica icona bulgara, dopo
il restauro nel quale sono stati aggiunti frammenti scoperti di
recente su spalla, barba e faccia (Foto: TV grab from BNT)
Sono stati scoperti nuovi frammenti della più antica icona bulgara, un'opera in ceramica raffigurante San Teodoro Stratilate, risalente al X secolo d.C.. Si tratta di uno dei simboli nazionali della Bulgaria, mostrata, in questi giorni, completa dei frammenti da poco ritrovati presso l'Istituto Nazionale e Museo Archeologico dell'Accademia bulgara delle Scienze a Sofia.
L'icona di San Teodoro Stratilate è stata trovata agli inizi del XX secolo durante gli scavi archeologici del monastero medioevale di Patleyna, a due chilometri da Veliki Preslav, piccola città nel nordest della Bulgaria, un tempo capitale del primo grande impero bulgaro, età dell'oro della letteratura e della cultura di questo Paese.
San Teodoro Stratilate è un santo del III secolo d.C., vissuto in Anatolia (attuale Turchia) e morto martire nella città di Eraclea Pontica nel 319 d.C., durante il regno dell'imperatore romano Licinio I (308-324 d.C.). L'attribuzione dell'icona al santo anatolico non è, comunque, certa al cento per cento, dal momento che alcuni pensano che appartengano ad un altro Teodoro, proveniente da Tiron di Amasea.
E' la prima volta che l'icona di San Teodoro Stratilate è stata restaurata ed è anche la prima volta che vengono aggiunti ad essa frammenti scoperti di recente nei magazzini del Museo Archeologico di Veliki Preslav. Questi frammenti comprendono anche delle iscrizioni laterali prima sconosciute, che citano il nome "Theodore" e frammenti del volto del santo, della barba e di parte del corpo. Da questo i ricercatori ed i restauratori hanno desunto che l'icona fosse, un tempo, molto più grande di come appaia oggi, raffigurando il santo nell'interezza, in piedi mentre regge una croce.
Una foto del momento della ricomposizione dei frammenti dell'icona di
San Teodoro Stratilate (Foto: TV grab from BNT)
I restauri effettuati nei primi anni del XX secolo non si sono dimostrati adatti alla conservazione del reperto. Sono stati utilizzati materiali inappropriati ma coerenti con l'epoca in cui il restauro venne effettuato. Il recente restauro si è reso necessario dal cattivo stato di conservazione in cui versava l'icona che, è bene dirlo, costituisce un reperto che non ha analogie nel mondo intero. I frammenti erano stati fissati con il gesso, che non è notoriamente un materiale elastico e che ha provocato profonde crepe durante il trasporto dell'icona. Il restauro di questi ultimi anni ha riportato l'icona all'antica lucentezza, restituendo la brillantezza originaria ai colori e applicando sull'icona tecniche e materiali più vicini a quelli originali.
Teodoro Stratelates o Stratilate, conosciuto anche come Teodoro di Eraclea, era un soldato e un martire molto venerato nella chiesa ortodossa orientale. Si fa ancora molta confusione tra lui e Teodoro di Amasea, al punto di ipotizzare che fossero, in realtà, la stessa persona. Secondo una tradizione, Teodoro, per il suo coraggio, venne nominato comandante militare (Stratelates) della città di Eraclea Pontica. Subì il martirio per decapitazione.

sabato 3 ottobre 2015

Gran Bretagna: trovata un'imbarcazione dell'Età del Bronzo

Un raro esempio di imbarcazione di legno dell'Età del Bronzo è stata scoperta sotto uno strato di fango nei pressi di un cantiere nel Kent, in Gran Bretagna.
I proprietari del cantiere hanno chiamato l'archeologo Dottor Paul Wilkinson per fargli esaminare l'imbarcazione. Il Dottor Wilkinson l'ha provvisoriamente datata al 2000 a.C., Età del Bronzo in Gran Bretagna ed ha dichiarato che si tratta di un reperto estremamente raro.
Per evitare che l'imbarcazione si sfaldasse, è stata in parte immersa nuovamente in acqua. Il sito dove è stata trovata sarà presto oggetto di ulteriori esplorazioni archeologiche.

Trovate le mura di Castrum Novum

Gli scavi del muro di cinta di Castrum Novum (Foto: Terzobinario.it)
Castrum Novum era una città romana fortificata risalente alla prima guerra punica (264 a.C.). Qui gli archeologi attendevano da tempo ritrovamenti importanti e proprio nei giorni scorsi, in seguito alle segnalazioni dei georadar, si è cominciato a scavare in un luogo preciso, là dove le apparecchiature aeree avevano evidenziato le mura che proteggevano la fortezza romana.
Il muro tornato alla luce è dello spessore di 3 metri circa e di oltre 100 metri di lunghezza per un'altezza compresa tra i sette e gli otto metri. A coordinare gli scavi l'archeologo Flavio Enei, che ha guidato i volontari specializzati del Gruppo Archeologico del Territorio Cerite.
Immediatamente dopo la segnalazione del ritrovamento del muro di cinta dell'antica città romana, è intervenuta sul luogo la Dottoressa Rossella Zaccagnini, ispettrice di zona della Soprintendenza Archeologica del Lazio e dell'Etruria Meridionale. I reperti trovati vengono attentamente esaminati, catalogati e imbustati. Tra gli altri sono emersi decine di gusci di patelle semifossilizzate, raggruppate tutte in un luogo, probabilmente dai legionari a guardia del lato sud del castrum.

Israele: scene egizie su un mosaico pavimentale bizantino

Il mosaico pavimentale scoperto in Israele (Foto: antiquities.org.il)
Due anni fa è stato rinvenuto, in Israele, un mosaico di 1500 anni fa, raffigurante una mappa con strade e palazzi. La scoperta venne fatta durante gli scavi archeologici condotti dalla Israel Antiquities Authority. Questo mosaico era, un tempo, il pavimento di una chiesa di epoca bizantina. E'stato rimosso dalla sua collocazione originale per fini conservativi e solo recentemente è stato ricollocato al suo posto.
Secondo gli archeologi Sa'ar Ganore e Rina Avner, della Israel Antiquities Authority, la raffigurazione di edifici su mosaici pavimentali è estremamente rara in Israele. Nel mosaico in parola, gli edifici appaiono disposti lungo una strada principale colonnata di una città collocata su un'antica mappa. Un'iscrizione greca accanto ad uno degli edifici raffigurati sul mosaico, indica una località posta in territorio egiziano. Secondo la tradizione cristiana, il profeta Abacuc venne sepolto proprio in questa località.
Il pavimento musivo era parte di una chiesa della quale non è rimasto quasi nulla. Sono state conservate due sezioni del mosaico, nel quale sono visibili degli animali ed una coppa con frutti rossi. Uno studio sul reperto ha permesso di comprendere che l'artista ha utilizzato 17 diversi colori per la sua preparazione. Su un'altra parte del mosaico è raffigurato un paesaggio nilotico.

La tomba di Amphipolis era un monumento ad Efestione?

Il monogramma di Efestione trovato in tre iscrizioni diverse
all'interno della tomba di Amphipolis (Foto: Ministero
Greco della Cultura)
Nuove prove sono emerse in merito al fatto che la meravigliosa tomba di Amphipolis, in Grecia, sia stata commissionata da Alessandro Magno per il suo amico e amante Efestione.
La tomba di Amphipolis si trova all'interno del tumulo di Kasta, a circa 100 chilometri ad est di Salonicco. Lo scorso anno la scoperta e lo scavo di questo sepolcro catturò l'attenzione del mondo intero. Il monumento funebre fa parte di quella che un tempo era la città di Anfipoli, conquistata da Filippo II, padre di Alessandro Magno, nel 357 a.C.. Misura 500 metri di circonferenza ed ha restituito sculture di cariatidi, un mosaico e monete con l'effige di Alessandro.
La responsabile degli archeologi che scavano ad Amphipolis, Katerina Peristeri, ha suggerito che la tomba possa essere stata commissionata per un generale dell'esercito di Alessandro Magno. La scoperta di rosette dipinte in blu, rosso e giallo, simili a quelle della tomba appartenente a Filippo II, ha fatto pensare che la tomba di Amphipolis fosse, in realtà, l'ultima dimora terrena di Olimpiade, madre del macedone.
Il sito greco Ekathimerini riporta che sono emerse nuove iscrizioni, all'interno del sepolcro, che potrebbero porre fine al mistero sull'identità del proprietario della tomba. Durante una conferenza tenuta a Salonicco, Katerina Peristeri e Michalis Lefantzis hanno annunciato pubblicamente di aver trovato tre iscrizioni all'interno del sepolcro di Amphipolis con il monogramma di Efestione, generale e intimo amico di Alessandro Magno. Le iscrizioni sono contratti a progetto per la costruzione del monumento che, secondo Katerina Peristeri, sono la prova che quest'ultimo sia stato commissionato da Alessandro in persona.
Ricostruzione della tomba di Amphipolis (ancient-origins.net)
Efestione era un nobile macedone cresciuto insieme ad Alessandro Magno, allievo anche lui del filosofo Aristotele. Divenne molto intimo del macedone e fece  parte della guardia del corpo personale di Alessandro, comandando la cavalleria macedone. Gli vennero affidati molti incarichi di fiducia, tra i quali missioni diplomatiche e la fondazione di nuovi insediamenti.
Quando Efestione morì improvvisamente a Ecbatana, in Iran, nel 324 a.C., Alessandro chiese all'oracolo dell'oasi di Siwa, in Egitto, di concedere al suo amico lo status divino. Poi organizzò per lui un sontuoso funerale a Babilonia, dove il corpo di Efestione venne cremato alla presenza di tutto l'esercito. Secondo lo storico Plutarco, Alessandro ordinò la costruzione di una serie di monumenti in onore di Efestione in tutto l'impero da lui conquistato.
Anche la sepoltura trovata ad Amphipolis potrebbe essere stata costruita in onore di Efestione, anche se - secondo l'opinione di Katerina Peristeri - non c'è alcuna prova che i resti dell'amico intimo di Alessandro siano stati mai sepolti in questo luogo. Quando gli archeologi hanno rinvenuto un sarcofago all'interno del mausoleo di Amphipolis, hanno trovato al suo interno un totale di quattro scheletri, appartenenti ad una donna anziana, due uomini, un neonato unitamente ai resti cremati di un individuo di età e sesso sconosciuti. Si pensa che la tomba sia stata in uso a partire dal IV secolo a.C. fino all'epoca romana. Venne saccheggiata nell'antichità, per cui non si può essere certi dell'identità dei resti che sono stati trovati al suo interno.

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